Dopo sette gare e una combattutissima finale NBA abbiamo finalmente i nuovi campioni, la settima squadra diversa negli ultimi sette anni: gli Oklahoma City Thunder concludono un’annata in cui hanno dominato la regular season vincendo 68 partite (nel ventunesimo secolo solo i Golden State Warriors del 2015-16 fecero meglio, con 73 W) con il secondo titolo NBA della storia della franchigia, il primo da quando è stata spostata da Seattle.
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Il progetto di Sam Presti ha quindi trovato la sua piena realizzazione dopo anni di paziente lavoro di rebuilding per il quale possiamo datare l’inizio al 2019, quando i Thunder cedettero Paul George ottenendo in cambio il loro attuale leader Shai Gilgeous-Alexander che aggiunge anche il titolo di MVP delle Finals a quello di miglior giocatore della stagione regolare; un 2025 a dir poco magico per il canadese, che prima dell’inizio della stagione 2021-22 (ovvero dopo un’annata da sole 22 vittorie per i suoi Thunder e prima di un’altra con 24 W) si era definito lo Steve Nash nero.
Negli ultimi anni SGA ha tuttavia prediletto i fatti alle parole e ha fatto in modo che la sua pallacanestro parlasse per lui, crescendo esponenzialmente insieme alla sua squadra che ha utilizzato il draft NBA per arrivare al Larry O’Brien Trophy; così Presti ha scelto Jalen Williams nel 2022, oggi secondo violino offensivo di Oklahoma City, usando una delle scelte prese dai Clippers con la trade per George (che dal canto suo non è riuscito a disputare neanche le Finals coi Clippers) e Chet Holmgren con la numero 2 nella stessa annata, facendosi una ragione del fatto che avesse saltato l’intero anno da rookie per infortunio.
Un grande attacco non va però da nessuna parte senza una grande difesa e così Luguentz Dort, ad Oklahoma City dal 2019 e spalla difensiva di Gilgeous-Alexander tra gli esterni anche nella Nazionale canadese, è stato affiancato quest’anno da Alex Caruso e Isaiah Hartenstein senza farsi troppi scrupoli nel sacrificare Josh Giddey che sembrava parte integrante del progetto di Presti ma che è stato mandato senza troppi complimenti ai Chicago Bulls dopo l’eliminazione dei Thunder al secondo turno della scorsa stagione. Una mossa che ha costituito l’ultimo passo per arrivare all’anello NBA.

Sam Presti con Shai Gilgeous-Alexander e i Thunder campioni 2025
Sulla settima gara, vinta dai Thunder per 103-91, il destino ha voluto però gettare un’ombra con gli Indiana Pacers che dopo soli sette minuti hanno visto crollare a terra tra le lacrime il loro giocatore franchigia Tyrese Haliburton che aveva iniziato mettendo tre triple su 4 tentativi due passi dietro l’arco. Un epilogo amaro e ingiusto per la squadra di Rick Carlisle la cui cavalcata playoff aveva conquistato il cuore di tanti appassionati e una diagnosi ancor più impietosa: torn ACL.
Nello sport come nella vita i proverbiali se e ma contano davvero poco e non avremo mai la controprova che con Haliburton i Pacers sarebbero arrivati a strappare l’anello agli avversari davanti al loro pubblico. Quello che possiamo dire senza timore di smentita è che Indiana avrebbe meritato di giocare i 48 minuti più importanti della loro storia, gli ultimi della loro seconda finale NBA dopo quella che nel 2000 diede inizio alla dinastia dei Lakers di Kobe Bryant e Shaquille O’Neal, al massimo delle proprie possibilità e che alla squadra di Indianapolis va concesso l’onore delle armi anche per come ha cercato di rispondere alla perdita di Haliburton cedendo solo negli ultimi minuti del terzo quarto.

Tyrese Haliburton, sfortunato leader dei Pacers; a lui l’augurio di un pronto recupero da un infortunio tra i peggiori
OKC vince il titolo NBA con merito, dunque, ma resta l’amaro in bocca per non aver potuto vedere Tyrese continuare a sfidare SGA per dare il primo anello della loro storia agli Indiana Pacers. Come del resto era avvenuto negli unici 7′ in cui l’ex Kings è stato in campo e le sue triple hanno impedito ai Thunder, che venivano dalla bruciante sconfitta di gara-6 col loro record negativo di punti nei playoff 2025, una partenza forte.
Il tendine d’Achille del numero 0 cede sul 16-16 a 5′ dal termine e a sostituire Haliburton è TJ McConnell che così si ritrova dal dover interpretare il ruolo di uomo d’energia dalla panchina, come ha magistralmente fatto in questi playoff, all’essere il play titolare. È però Pascal Siakam, l’altra stella designata dei Pacers, a mantenere la gara in equilibrio firmando la parità a quota 22 negli ultimi 20′ e segnando quasi metà dei suoi 16 punti finali nel primo quarto.
La difesa dei Thunder interpreta bene la gara riuscendo a rientrare molto velocemente per non concedere la transizione che è il punto di forza di Indiana ma l’attacco della squadra di Daigneault non fa molto di più del semplice affidarsi alle iniziative individuali di Gilgeous-Alexander e di Williams, a secco dal campo nella seconda frazione di gioco. In questo modo OKC trova al massimo il +5 sul 37-32 a 6’46” dal termine con la tripla di Cason Wallace ma i Pacers restano in partita guidati dalla grinta di McConnell ed Andrew Nembhard e da un Bennedict Mathurin oggi pienamente dentro la gara.
Mathurin riporta in vantaggio i suoi dall’arco con due minuti da giocare nel primo tempo e l’ultimo possesso prima della pausa lunga vede Nembhard prendere un tiro pienamente nello stile di Haliburton: approfitta del cambio che gli porta Holmgren in marcatura, finge di volerlo attaccare e scocca la bomba da otto metri. Il risultato è che dopo mezza partita i Pacers, privi del loro miglior giocatore e con la difesa di OKC che sta riuscendo a non farli correre, sono in vantaggio 48-47.
Andrew Nembhard stepback three to give us the lead at the half 👏 pic.twitter.com/u0Z5X8945W
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Il terzo quarto si apre con l’andazzo dei precedenti dodici minuti: i Thunder cercano la forza per allungare, i Pacers quella per restare in equilibrio. Uno Shai Gilgeous-Alexander fino allora alquanto impreciso (e che in effetti chiuderà con 8/27 dal campo e 2/12 da tre punti) emerge maestoso a metà della frazione di gioco inaugurando il 9-0 del primo massimo vantaggio OKC con la prima delle sue triple, seguita da un’altra di Chet Holmgren e dalla terza di Jalen Williams con SGA che si trascina addosso la difesa in penetrazione e trova il compagno di squadra libero sull’arco.
Indiana si aggrappa a un commovente McConnell che segna 12 dei suoi 16 punti con 8/13 da due nel terzo quarto comprensivi del jumper del -4 sul 70-66 Thunder a 3’50” dalla terza sirena ma Oklahoma City è micidiale nel trasformare in palle perse i tentativi di ripartenza ospiti ed è solo questione di tempo prima che Williams trovi il primo scarto in doppia cifra della gara col layup del 77-66 a due minuti dal termine del quarto. Un solco che i Pacers non riusciranno più a colmare.

TJ McConnell, ancora una volta con una prova di cuore che però in gara-7 non è bastata
Gli uomini di Carlisle fanno moltissima fatica nell’attaccare la difesa schierata dei Thunder e il discorso è ancora una volta lo stesso: senza Haliburton e con McConnell a fare il play titolare inevitabilmente la squadra perde in organizzazione malgrado il grande cuore dell’ex Sixers. Il +21 a 8 minuti e mezzo dal termine arriva di nuovo con una tripla di Jalen Williams, che chiuderà con 20 punti anche se tirando altrettante volte, su assist di Gilgeous-Alexander che compensa le percentuali basse con ben 12 passaggi per i canestri dei compagni. Indiana non segna più (9 errori consecutivi prima del +21) ed è costretta ad arrendersi.
L’ultimo piccolo sussulto della gara con il pubblico del Paycom Center già in festa arriva quando i Pacers tornano a -10 a 2’30” dal termine con Mathurin e Nembhard che non vogliono arrendersi fino all’ultimo; Mathurin sarà addirittura il top scorer dei suoi con 24 punti, 6/14 al tiro e 10/10 ai liberi mentre Nembhard chiuderà con 15 punti e 4/10 dal campo. Indiana non ha però la forza di tornare in singola cifra di scarto e la gara si conclude sul +13 per Oklahoma City e l’incoronazione dei nuovi campioni NBA.
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Una finale emozionante ed appassionante vinta da quella che era la squadra più accreditata ma con i Pacers che come più volte rimarcato escono dal Paycom Center a testa altissima, traditi dall’infortunio di Haliburton ma anche dalle 23 palle perse e con qualche effettivo a marcare visita. Non inficia in alcun modo una grande postseason, ma i numeri dicono che Obi Toppin, più volte eroe della Gainbridge Fieldhouse, stavolta fa virgola con 0/4, Aaron Nesmith fa poco meglio con 3 punti e 1/5 ma anche Pascal Siakam non è riuscito ad incidere: 16 punti ma 5/13 al tiro e solo 4 rimbalzi.
Indiana prende gli applausi dei suoi tifosi e di molti appassionati in giro per il globo ma il Larry O’Brien Trophy 2025 va agli Oklahoma City Thunder. E siccome l’appetito vien mangiando sarà naturale chiedersi se la squadra di Daigneault riuscirà a bissare il trionfo negli anni immediatamente prossimi; per il momento però ad OKC è giusto godersi una meritatissima festa.

Shai Gilgeous-Alexander, MVP della regular season, delle Finals e campione NBA 2025 con i suoi Oklahoma City Thunder
Sotto la copertura di un tranquillo (si fa per dire) insegnante di matematica si cela un pazzo fanatico di tutto ciò che gira intorno alla spicchia, NBA in testa. Supporter della nazionale di Taiwan prima di scoprire che il videogioco Street Hoop mentiva malamente, in seguito adepto della setta Mavericks Fan For Life.


Terzo (che io sappia) tendine d’achille rotto nel giro di poche settimane a giocatori completamente diversi. Sempre successo? Vedete voi.
Bella squadra, i Thunder, ma battere un’Indiana senza Halliburton non è propriamente un’impresa epica.
Dove non riuscirono Westbrook Harden e Durant. Grandi!