Ci sono voluti tredici anni e un lungo e paziente lavoro di ricostruzione ma dopo una regular season da dominatori della Western Conference gli Oklahoma City Thunder hanno raggiunto la finale NBA per la seconda volta da quando hanno raccolto l’eredità dei Seattle Supersonics, che a loro volta vantano tre finali di cui una conclusa con il Larry O’Brien Trophy nel 1979.

La squadra di Mark Daigneault veniva dalla sudata vittoria contro i Denver Nuggets di Nikola Jokic in sette gare ma ha trovato un’opposizione molto meno incisiva dai Minnesota Timberwolves che come lo scorso anno, quando affrontarono i Dallas Mavericks, perdono le Conference Finals dell’Ovest per 4-1.

La festa dei Thunder che alzano il trofeo, intitolato ad Oscar Robertson, di campioni della Western Conference

La festa dei Thunder che alzano il trofeo, intitolato ad Oscar Robertson, di campioni della Western Conference

Un risultato netto che parla di una vittoria assolutamente meritata per i Thunder i quali pur andando in difficoltà quando la serie si è spostata a Minneapolis, perdendo gara-3 addirittura di 42 punti, hanno giocato il resto della serie da squadra vincente ed affiatata quale ormai sono ed ora attendono la vincitrice tra i New York Knicks e gli Indiana Pacers con la consapevolezza di essere i favoriti, contrariamente a quanto accadde nelle Finals 2012 quando dovettero vedersela con i Miami Heat di LeBron James, Dwyane Wade e Chris Bosh e cedettero per 4-1 permettendo a James (e Bosh) di agguantare il primo titolo della carriera.

I Minnesota Timberwolves dal canto loro mancano ancora una volta le prime NBA Finals della loro storia, iniziata nel 1989, e si trovano ora ad affrontare una situazione molto complessa: il progetto di rilancio della squadra attualmente allenata da Chris Finch, costruito su Anthony Edwards, ha raggiunto l’obiettivo di portare stabilmente i lupi ad alti livelli nella Western Conference ma per due anni di fila è mancato l’ultimo passo per arrivare a giocare davvero per il titolo e in entrambe le occasioni la sconfitta è stata netta malgrado quest’anno si fosse deciso di sacrificare Karl-Anthony Towns sostituendolo con un Julius Randle dimostratosi effettivamente più funzionale.

Anthony Edwards, nuovamente sconfitto in semifinale, ma arrivandoci due volte già a 23 anni

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La serie è parsa andare nella direzione di Oklahoma City fin da gara-1 in cui i Thunder hanno concesso agli avversari solo 88 punti totali e davanti al proprio pubblico hanno preso il largo nel terzo quarto senza più voltarsi indietro. Un aspetto forse sottovalutato nelle analisi preliminari della serie riguardava il frontcourt: Rudy Gobert si era esaltato contro i Lakers privi di un centro e poi contro i Warriors per i quali un vero numero 5 raramente è stata una priorità (con rispetto parlando per il lavoro di gregariato attivo di Kevon Looney) ma ora era chiamato ad affrontare Isaiah Hartenstein, giocatore difensivo e rimbalzista come il francese.

Il tabellino di gara-1, da questo punto di vista, parla chiarissimo: questa volta ad esaltarsi è toccato all’ex Knicks. 12 punti con 6/8 dal campo per il naturalizzato tedesco, preso insieme ad Alex Caruso proprio per aggiungere difesa e rimbalzi (e visto anche come Caruso ha affrontato Jokic nella serie precedente l’innesto ha, diciamo, funzionicchiato) solo due (e con la miseria di 3 rimbalzi) per Gobert, entrambi con un minutaggio intorno ai 20′.

Il vero dominatore della gara inaugurale è stato però, manco a dirlo, Shai Gilgeous-Alexander, Most Valuable Player della stagione 2024-25. SGA ha chiuso a un assist dalla doppia doppia con lo 0/4 da tre unica macchia su una prestazione da 31 punti, ben supportato da Jalen Williams, altro giocatore chiave della serie e che ha aggiunto 18 punti con 8 rimbalzi.

Entrambi sono stati protagonisti del succitato allungo del terzo quarto dopo che nel primo tempo i Timberwolves erano andati anche sul +9; dall’altra parte Julius Randle scrive 28 ma di cui 20 proprio nella prima metà di gara mentre Edwards, che ha anche rimediato una brutta storta alla caviglia nel primo quarto fronteggiando Caruso, si ferma a 18 con 5/13.

Shai Gilgeous-Alexander riceve il titolo di MVP prima di gara-2, legittimandolo anche nella serie contro i Wolves

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Il finale di gara-1 dice +26 per i Thunder sul 114-88 e l’andamento della partita successiva, sempre al Paycom Center di Oklahoma City, non è molto diverso: primo tempo equilibrato ma stavolta con i Thunder subito avanti, terzo quarto in cui la squadra di Daigneault dilaga ancora grazie a Gilgeous-Alexander che mette subito da parte l’emozione per il premio di MVP ricevuto prima della gara e firma 38 punti con 8 assist. 

Anthony Edwards stavolta è quello delle grandi occasioni ma i suoi 32 punti con 9 rimbalzi e 6 assist, sporcati peraltro da un 1/9 da tre, non trovano stavolta l’apporto di quelli di Randle che si ferma a 6 con 2/11 e ad affiancare Ant-Man nel cercare di mantenere in vita i Wolves in un disperato tentativo di rientro nell’ultimo quarto dopo aver toccato il ventello di scarto è soprattutto Nickeil Alexander-Walker, 11 punti sui suoi 17 nel quarto finale, mentre Jaden McDaniels chiude con 22 punti e 4/8 da tre ma rimedia un flagrant 2 a metà dell’ultimo quarto per un brutto spintone su SGA.

Sotto canestro sono ancora una volta i Thunder a vincere il confronto con Chet Holmgren a banchettare in testa ai difensori di Minnesota (22 punti con 7/11 da due) e la reazione Wolves di cui sopra non riesce neanche a riportare il vantaggio OKC in singola cifra; finisce 118-103, 2-0 per la squadra di Daigneault e Minnesota già spalle al muro e chiamata a far valere il fattore campo per sperare di tornare nell’Oklahoma in parità.

Il risultato di gara-3, come accennato all’inizio, rappresenta però una grossa sorpresa non tanto nella vittoria dei Timberwolves quanto nelle proporzioni: Minnesota vola subito oltre i venti di scarto nel primo tempo e infligge alla fine una batosta tra le peggiori in assoluto per i Thunder da quando sono tornati ad essere una contender.

Edwards veste i panni del trascinatore e nel primo quarto segna 16 punti, due in più dell’intera squadra di Daigneault (34-14 Wolves il risultato dei primi 12′) che non riesce a replicare alla partenza rabbiosa degli avversari e si arrende praticamente subito.

Il secondo tempo serve infatti solo per le statistiche e per permettere ai Timberwolves di superare i 40 punti di scarto sul 143-101 finale nonchè per i momenti di gloria dei vari Terrence Shannon Jr., che coi suoi 15 punti nel garbage time si prende lo sfizio di superare i 14 con 4/13 di uno spento Gilgeous-Alexander, e Ajay Mitchell per i Thunder che aggiunge 14 ininfluenti punti. Potrebbe essere un momento di svolta per la serie, sarà alla fine l’unica vittoria di Minnesota.

I Thunder ipotecano la serie nella gara-4 del 26 maggio, unica tra le cinque partite a poter dirsi equilibrata per tutta la sua durata. SGA riscatta subito l’opaca prestazione precedente e offre una prestazione da MVP con 40 punti, 10 assist e 9 rimbalzi che sarebbe però probabilmente stato un losing effort senza l’apporto essenziale di Jalen Williams.

Nel finale, quando dopo il +9 Thunder a 6’30” dal termine Minnesota aveva trovato la forza di rientrare e giocare il finale punto a punto, Williams ha infatti realizzato 14 dei suoi 34 punti rispondendo colpo su colpo alle triple di Donte DiVincenzo (21 con 5/8 da tre) e Jaden McDaniels (22 con 3/6 dall’arco) La rimonta locale è però avvenuta più di cuore che di testa, con Edwards fermo a 16 punti e che ne realizzerà solo 6 nell’ultimo quarto, rappresentando a posteriori una reazione d’orgoglio puro destinata a fermarsi sul più bello.

La tripla del -2 di McDaniels a 23” dal termine dà il via alla classica guerra dei tiri liberi in cui OKC cerca continuamente il fallo per impedire di concedere il tiro decisivo da tre punti. La strategia paga, il finale vede i Thunder espugnare il Target Center per 128-126 (con l’ultimo pallone intercettato prima che toccasse terra fuori dal campo da uno spettatore, desideroso evidentemente di emulare le gesta di Lapo Elkann, a mezzo secondo dal termine…) e soprattutto mettere a segno il punto del 3-1.

La resistenza dei Timberwolves si ferma praticamente qui. La squadra di Finch approccia infatti in maniera completamente errata la decisiva gara-5 a Oklahoma City andando in balia degli avversari fin dal primo quarto, in cui Minnesota mette a segno solo 9 punti, e chiudendo il primo tempo con 33 punti sul groppone (66-31 è il risultato dei primi 24′)

La partita è una passerella per i nuovi campioni della Western Conference che dominano gli avversari sotto ogni punto di vista, aumentando anche l’aggressività della difesa sul perimetro e togliendo a Edwards l’apporto di McDaniels, 5 punti con 2/13, e di Alexander-Walker che registra la proverbiale virgola con 0/8 dal campo.

Dal canto suo Ant-Man non riesce a fare più di 19 punti con 1/7 da tre mentre le stelle di OKC si esaltano: 34 punti per Gilgeous-Alexander con 8 assist, 22 per Chet Holmgren con 8/13, 19 con 8 rimbalzi e 7/14 per Jalen Williams.

Come in gara-1 i Thunder tengono gli avversari sotto i cento punti e la partita termina con un eloquente 124-94 che incorona la squadra di Oklahoma City nuova campionessa dell’Ovest, succedendo ai Dallas Mavericks. Una prova di forza che non può che significare una cosa: il nuovo progetto di Sam Presti, dopo quello costruito intorno a Kevin Durant e Russell Westbrook, è pronto a migliorare il risultato del precedente e portare il primo titolo NBA all’Oklahoma (secondo per la franchigia) D’altra parte SGA e compagni hanno vestito a lungo i panni dei favoriti all’anello; per quanto sulla carta i Thunder abbiano dimostrato coi fatti di valere il top della NBA, sarà il campo unico giudice delle reali possibilità della squadra di Mark Daigneault.

Sam Presti, dopo aver costruito una squadra da Finals dalle ceneri dei Sonics, potrebbe averne messa su una da anello NBA quest'anno

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