Si è concluso il primo turno playoff nella Western Conference con poche sorprese, due sweep su quattro e la conferma del termine di un’era. Molti campioni del passato recente hanno infatti raggiunto Steph Curry nel poco desiderato girone degli eliminati: la coppia LeBron James e Anthony Davis, quella Kevin Durant e Bradley Beal, il trio Kawhi Leonard, Paul George e James Harden sono tutti fuori malgrado gli ingenti investimenti delle rispettive squadre di appartenenza.

A passare il primo turno sono quindi le prime tre classificate della stagione regolare coi campioni in carica Denver Nuggets raggiunti da due franchigie ancora a secco di anelli (se si eccettua quello vinto da Seattle nel 1979) come i Minnesota Timberwolves, che hanno peraltro già iniziato la serie con i Nuggets espugnando il loro campo in gara-1, e gli Oklahoma City Thunder. Completano il quartetto delle semifinaliste i Dallas Mavericks di Luka Doncic e Kyrie Irving che hanno faticato più delle altre tre squadre per superare il loro turno ma che non per questo non possono dirsi alla loro altezza.

Analizziamo quindi ciò che è avvenuto nel finale delle quattro serie ad Ovest con un occhio anche agli scenari futuri di chi deve abbandonare il tabellone playoff.

OKLAHOMA CITY THUNDER (1) – NEW ORLEANS PELICANS (8): 4-0

Nella precedente analisi avevamo prospettato un 4-0 per la serie tra Thunder e Pelicans ed è andata esattamente così con Oklahoma City che si prende il passaggio del turno per la prima volta dal 2016 e lo fa con il più autorevole dei risultati finali: sweep ai danni di New Orleans con una gara-4 anche meno rischiosa per la squadra del neo Coach of the Year Mark Daigneault di quanto non dica il 97-89 finale.

Dopo la battaglia di gara-1 coi Thunder vincenti di 2 punti in casa è andato più o meno tutto liscio per gli eredi dei Seattle Supersonics che anche nell’atto finale hanno confermato l’efficacia delle armi a loro disposizione, dalla leadership di uno Shai Gilgeous-Alexander in doppia doppia con 24 punti e 10 rimbalzi (col piccolo neo del 7/13 ai tiri liberi) alla consistenza del quintetto base interamente in doppia cifra con Jalen Williams co-top scorer anche lui con 24 punti (21 abbondanti di media nella serie) e la grande difesa di Lu Dort.

Shai Gilgeous-Alexander si era autodefinito lo Steve Nash nero: sicuri che abbia esagerato?

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A proposito di consistenza, in questa serie c’è chi ha dimostrato di averla e chi no, almeno a livello playoff: Brandon Ingram ha clamorosamente steccato quella che poteva considerarsi una prova del nove per le sue capacità di guidare una squadra da postseason e ha concluso la serie con una pessima prova da 8 punti con un ancora peggiore 2/14 dal campo (0/3 da tre) che porta il suo fatturato offensivo a un niente affatto esaltante 14.3 di media.

Ingram è stato tuttavia il più classico dei capitani che affondano con tutta la barca data l’arrendevolezza con cui la squadra di Willie Green ha affrontato la serie una volta trovatasi in svantaggio senza dimostrare di avere un piano B per l’assenza di Zion Williamson (e date le precedenti garanzie fisiche date dall’ex Duke un’alternativa era quantomeno auspicabile averla) e senza ritrovare il gioco corale che l’aveva portata per molti mesi in zona playoff diretti nella stagione regolare finendo per affidarsi agli hero ball dello stesso Ingram e alla vena di CJ McCollum che ha prodotto da par suo quattro gare con il 24.1% da tre.

Senza mai superare i 92 punti delle prime due gare New Orleans alza quindi bandiera bianca al cospetto dei Thunder leader della Western Conference con le primissime reazioni della dirigenza che sembra voler pensarci seriamente su rispetto al rinnovo di Ingram che andrà in scadenza il prossimo anno. OKC si gode invece le prime semifinali di Conference dall’era Durant/Westbrook e guarda a un secondo turno in cui l’aspetterà una sfida molto più difficile e incerta.

Finora infatti il meccanismo di squadra di Daigneault ha funzionato bene ma rispetto ai Pelicans orfani di Zion e già con la testa alle vacanze a metà serie i Dallas Mavericks del duo Doncic/Irving saranno senza dubbio tutt’altro dipo di avversario. Un test molto importante per Shai e compagni che però finora ne hanno affrontati molti a testa altissima e senza cedere di un millimetro; sicuramente una semifinale di Conference tutta da giocare e da guardare. 

DENVER NUGGETS (2) – LOS ANGELES LAKERS (7): 4-1

Come dalla fondazione della National Basketball League ad oggi il miracolo non riesce e la vittoria Lakers in gara-4 si è effettivamente rivelata il proverbiale punto della bandiera: al ritorno a Denver i Nuggets campioni in carica hanno definitivamente chiuso la pratica L.A. eliminandola per il secondo anno consecutivo dalla postseason e possono proseguire nella difesa del primo anello della loro storia conquistato la scorsa stagione.

Gli ingredienti di gara-5 sono stati sostanzialmente gli stessi degli episodi precedenti. Apparentemente i Lakers hanno molto da recriminare avendo chiuso ancora una volta in vantaggio il primo tempo (come accaduto in tutte e quattro le altre gare della serie) per poi vedersi sfuggire la vittoria nel finale probabilmente anche a causa, in questa occasione, delle condizioni fisiche di Anthony Davis infortunatosi durante l’ultima partita.

Ma come rilevato nella precedente analisi se il copione si ripete per quattro partite (escludendo quindi gara-4) non si può tirare troppo in ballo la sorte ma bisogna rendere i giustissimi meriti a una Denver anche quest’anno nettamente superiore e pienamente calata nel ruolo di contender per il Larry O’Brien Trophy. A vestire i panni del killer è stato nuovamente Jamal Murray che ha banchettato sulla difesa Lakers con 32 punti, 7 assist, il 13/28 dal campo con 5 triple su 10 tentativi e il canestro della staffa che bissa quindi il buzzer beater di gara-2.

Ha tuttavia pesato moltissimo il confronto tra i supporting cast delle superstar di entrambe le squadre: ad affiancare Murray e il solito fantastico Nikola Jokic che ha tirato giù 20 diconsi venti rimbalzi, smazzato 9 assist e siglato 25 punti con 11/16 da due troviamo infatti i 26 di Michael Porter Jr. con 5/7 da tre, i 13 rimbalzi di Aaron Gordon (5 offensivi) e la solidità dei minuti, relativamente pochi, di Reggie Jackson bravo a non permettere cali d’intensità sostituendo Murray.

Di contro il trentello tondo di LeBron James con 11/21 dal campo e la doppia doppia di Davis da 17 (8/11 dal campo tutti da due) e 15 rimbalzi prima di uscire per infortunio ha visto a supporto un’altra gara da 2/10 da tre di D’Angelo Russell che non riuscirà certo con questo tipo di prestazioni a fugare i dubbi che da sempre lo accompagnano sulla sua efficacia ad alti livelli, nonchè lo 0/5 dal campo di Taurean Prince e un non esaltante 18/27 ai liberi di squadra (curiosamente i Nuggets sono invece andati in lunetta solo 9 volte, di cui 6 con Porter Jr.)

Il "Despicable Jokic" che ha fatto il giro del mondo

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Per quanto i Lakers si siano mostrati combattivi anche per Denver si può fare lo stesso discorso dei Thunder: primo turno superato d’autorità, prova molto più ardua al turno successivo con i Minnesota Timberwolves che hanno già iniziato andando a vincere gara-1 alla Ball Arena nella notte tra il 4 e il 5 maggio. I Nuggets hanno perso subito il fattore campo ma questo non significa che la serie non sia potenzialmente incerta e combattuta fino all’ultimo possesso data la sfida tra un roster affiatato e un sistema di comprovata efficacia come quello che ha portato Denver a fregiarsi dell’anello 2023 e una squadra arrembante e combattiva come quella allenata da Chris Finch.

A Los Angeles è invece arrivato il poco auspicabile momento dell’analisi della sconfitta: il primo a pagare è stato coach Darvin Ham che non sarà confermato dopo due anni sulla panchina Lakers ma ci vorrà ben altro del semplice cambio dell’allenatore per arrivare al ruolo di contender considerando anche che James a dicembre avrà 40 anni e che, come più volte rimarcato, il cast di supporto suo e di Davis ha dato ben poche certezze da cui ripartire.

MINNESOTA TIMBERWOLVES (3) – PHOENIX SUNS (6): 4-0

Per la prima volta nella sua intera storia, iniziata nella stagione 1989-90, i Minnesota Timberwolves superano una serie playoff con un 4-0. Un risultato quantomai meritato per il roster allenato da Finch (che non ha potuto godersi appieno il trionfo a causa del doloroso quanto fortuito infortunio che si è procurato in gara-4) che come accennato non ha intenzione di fermarsi proseguendo il suo cammino playoff con il sacco di Denver nella gara-1 della semifinale di Conference.

Per le analisi della serie con Denver ci sarà ampiamente tempo e spazio, per il momento facciamo un passo indietro allo sweep del primo turno rifilato ai Phoenix Suns che malgrado il terzo budget più oneroso della lega usato per affiancare Bradley Beal a Devin Booker e Kevin Durant non sono di fatto mai riusciti a lottare alla pari con i lupi di Minneapolis guidati in campo dallo spettacolare Anthony Edwards.

Il 22enne ex Georgia si è preso di prepotenza le luci della ribalta in gara-4 piazzando il suo career high nei playoff di 40 punti, subito superato nella gara inaugurale di Denver dove ne ha messi 43. I Suns hanno fatto il possibile per prendersi almeno il punto dell’onore ma si sono dovuti inchinare al 13/23 dal campo con 7/10 da tre di Edwards che ha aggiunto 9 rimbalzi e la schiacciata in faccia a Durant che per molti ha saputo di passaggio di consegne tra l’ex Thunder e la giovane superstar di Minnesota.

Non sono bastati a Phoenix i 33 dello stesso Durant e soprattutto un pazzesco Booker da 49 punti, 13/21 dal campo e 20/21 ai liberi: i Timberwolves hanno dominato a rimbalzo vincendo 44-33 il confronto con gli avversari e da questo punto di vista è stato notevole il contributo di Karl-Anthony Towns con la sua doppia doppia da 28 (con 4/6 da tre) e 10 carambole catturate sotto i tabelloni.

Minnesota fa tremendamente sul serio quindi e dopo cinque gare è ancora imbattuta nella postseason e assolutamente motivata nel nuovo step verso la gloria: l’eliminazione dei campioni in carica Denver Nuggets che però sono a loro volta pronti, come già rimarcato, a dare battaglia fino alla fine per difendere il loro titolo.

La situazione in casa Suns di contro è ovviamente poco luminosa e lo è ancora meno se si dà uno sguardo al possibile futuro. La franchigia dell’Arizona ha infatti sacrificato praticamente tutte le scelte al Draft nell’immediato futuro e si trova ora coi contratti onerosissimi dei suoi presunti big three, nonchè con quello di un deludente Jusuf Nurkic a libro paga fino al 2026, a dire chiaro e tondo che a meno di clamorose ulteriori trade toccherà cercare di proseguire sulla strada che hanno forzatamente imboccato all’inizio di questa stagione.

La parola spetterà come sempre al campo, che però quest’anno ha già dato la sua sentenza: così come non è accaduto con Chris Paul e DeAndre Ayton, anche quest’anno la corsa all’anello dei Phoenix Suns si è bruscamente interrotta prima del tempo.

LOS ANGELES CLIPPERS (4) – DALLAS MAVERICKS (5): 2-4

Unica serie equilibrata a Ovest è stato il terzo atto, dopo quelli del 2020 e del 2021, della sfida tra Los Angeles Clippers e Dallas Mavericks che a differenza di quanto accaduto nelle prime due occasioni ha visto prevalere la squadra allenata da Jason Kidd che dopo non aver disputato i playoff lo scorso anno supera il primo turno con una vittoria nella serie meritata anche oltre il 4-2 finale.

Dopo il disastro assoluto di gara-1 in effetti Luka Doncic e soci sono andati pesantemente sotto solo nel primo tempo di gara-4 in cui i Clippers, privi di Leonard così come per il resto della serie, hanno rifilato a domicilio un massimo vantaggio di 31 punti di scarto nel primo tempo cannoneggiando dall’arco in qualsiasi modo possibile e immaginabile con James Harden e Paul George a chiudere con 33 punti a testa e 11/15 dall’arco in due (7/10 il Barba, 4/5 George)

Proprio l’ex Indiana è poi stato l’hombre del partido del quarto atto dopo la furiosa rimonta locale guidata da un maestoso Kyrie Irving da 40 punti e 14/25 dal campo con la quarta delle sue triple che annulla subito il sorpasso Mavericks nel finale e dà il la alla vittoria Clippers per il momentaneo 2-2 con Luka Doncic nervosissimo e limitato dal dolore a un ginocchio (tripla doppia da 29+10+10 ma 1/9 da tre per lo sloveno)

Le ultime due partite hanno però visto il dominio pressochè totale della formazione texana con Doncic a prendersi subito la rivincita in gara-5 malgrado al succitato ginocchio indolenzito si fosse aggiunta anche la febbre. I suoi 35 con 10 assist e 7 rimbalzi (anche se sparacchiando ancora dall’arco, 2/8 e poi 1/10 nella partita successiva) hanno suggellato una vittoria di ben 30 punti in trasferta per i suoi Mavs che si sono potuti permettere una gara non esaltante di Irving, fermo a 14 con 1/7 da tre, grazie alla difesa che ha tenuto i Clippers a 97 punti.

Dal canto suo la squadra di Tyronn Lue non ha potuto più contare su Harden e George che dopo la sparatoria di gara-4 si sono fermati a 15 con 4/13 per PG13 e addirittura un pessimo 2/12 per soli 7 punti messi su da Harden.

La reazione dei Clippers arriva solo a metà in gara-6: al ritorno a Dallas gli ospiti durano un tempo (anzi un quarto, il secondo, vinto 26-18 e che ha permesso di chiudere in parità all’intervallo lungo) prima di toccare il -24 e recuperare qualche punto nel garbage time finale che ha visto il trionfo definitivo di Dallas guidata da 58 punti totali di Luka&Kyrie (28 il primo, 30 il secondo) E ancora una volta a deludere sono i due leader designati: 16 con 0/6 da tre per James Harden, 18 con 2/10 da tre per Paul George.

A fare la differenza per i Mavericks però è stata soprattutto la difesa di squadra che aveva già permesso ai texani di riscattare una prima parte di stagione mediocre e che dopo gara-1 ed eccetto il primo tempo di gara-4 ha funzionato di nuovo alla grande. Per i Mavs c’è però la tegola dell’infortunio a Maxi Kleber che di questa difesa è un interprete di un certo peso (e favorito da Kidd nei finali di partita, talvolta senza troppi meriti) ma anche la conferma di Dereck Lively anche nella postseason: il rookie ha realizzato 21 dei 28 tiri nella serie (per la maggior parte schiacciate e canestri da sotto) segnando 8 canestri consecutivi nelle ultime 2 gare e confermandosi un’ottima alternativa a un Daniel Gafford che contro i Clippers ha subito molto Ivica Zubac.

La serie tra Oklahoma City Thunder e Dallas Mavericks si presenta incerta come l’altra semifinale a Ovest: da un lato i giovani di Daigneault e il loro sistema corale, dall’altro la difesa dei Mavs e soprattutto due top scorer come Kyrie Irving e Luka Doncic per il quale peraltro ci sono anche margini di miglioramento, ginocchio permettendo. Per i Clippers invece ad essere incerto è soprattutto il futuro, che vede come punto di partenza un’eliminazione al primo turno malgrado siano la seconda squadra ad aver speso di più nell’intera NBA.

Di fatto Paul George e Kawhi Leonard non sono riusciti a garantire quel salto di qualità necessario alla Los Angeles meno blasonata di raggiungere l’anello che agognano dai tempi di Chris Paul e Blake Griffin. Ormai sono passate un po’ di stagioni e i continui infortuni di Leonard e la poca consistenza di George quando si gioca per vincere non lasciano più troppi dubbi: sarà molto interessante vedere se la franchigia presieduta da Steve Ballmer opterà per uno stravolgimento del roster (e se avrà le capacità di farlo) che inizia ad essere piuttosto auspicabile.

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