I principali nuovi arrivi per i Raptors: Fields e Lowry

Dopo la mancata, quanto annunciata, qualificazione ai playoff nella stagione 2011-2012 la franchigia canadese proverà a dare un seguito al progetto di ricostruzione post-Bosh che coach Dwane Casey ha sposato con tanto scrupolo e dedizione.

L’obbiettivo è lo stesso dello scorso anno: i playoff. La qualificazione non è un’utopia ma di certo si rivelerà un’impresa alquanto ardua visti i cambiamenti che il mercato estivo ha portato sulla sponda atlantica del nuovo continente.

L’Est è una conference più dura dello scorso anno ma anche Toronto sembra essere una squadra più solida di quella che la passata stagione solcava il parquet del maestoso Air Canada Centre.

Conference: Eastern Conference

Division: Atlantic

Arrivi: Landry Fields (FA da NY), Kyle Lowry (scambio con HOU), John Lucas III (FA da CHI)

Partenze: James Johnson (scambio con SAC), Gary Forbes (scambio con HOU), Rasual Butler (tagliato)

Scelte al draft: Terrence Ross, Quincy Acy

PG: Kyle Lowry
SG: DeMar DeRozan
SF: Landry Fields
PF: Andrea Bargnani
C: Jonas Valanciunas

ROSTER
Guardie: Jose Calderon, DeMar DeRozan, Landry Fields, Kyle Lowry, John Lucas III, Terrence Ross, Ben Uzoh.
Ali: Andrea Bargnani, Linas Kleiza, Quincy Acy, Alan Anderson, Ed Davis, Dominic McGuire.
Centri: Jonas Valanciunas, Solomon Alabi, Aaron Gray, Amir Johnson, Jamaal Magloire.

HEAD COACH: Dwane Casey

I Raptors del 2011-2012, targati per la prima volta Dwane Casey, non hanno chiuso in modo brillante la passata stagione: sotto le franchigie minimamente competitive della Eastern Conference e sopra quelle che ad inizio anno non covavano alcuna vera ambizione. Il discorso è però più complesso di come appare. Tra arrivare ultimi ad Est o arrivare noni infatti non cambia poi molto ma tra costruire qualcosa o lasciare la squadra allo sbando la differenza è sostanziale.

Casey è infatti l’artefice di una ricostruzione che sta proseguendo, seppur lentamente, sui giusti binari. Migliorare la difesa pur dovendo lavorare all’incirca con gli stessi giocatori dell’anno precedente è stato già un gran passo avanti ed è soprattutto per questo che l’ex assistente di Rick Carlisle si è rivelato uno scultore di gran lunga migliore rispetto a Jay Triano. Per capirci: stessa argilla ma risultati migliori.

E’ innegabile infatti che la difesa dei Raptors sia stata perlomeno rimessa in sesto da Casey. Dai 105.4 punti subiti a partita si è passati ai ben più accettabili 94.0, un lavoro non da poco vista l’assenza di difensori puri e di razza all’interno del roster canadese. Non a caso il lavoro dello staff e dell’allenatore si è focalizzato sull’insieme più che sull’individualità e in particolar modo, quindi, sulla tanto acclamata “chemistry“.

Ripartire da quanto di buono fatto e superare gli ostacoli dello scorso anno per i Raptors del 2013 significherà, in parole povere, produrre di più. E’ proprio in previsione di questo che dai Rockets, con strategie di mercato texane alquanto opinabili, è arrivato Kyle Lowry. Oltre ad essere un tenace difensore il ragazzo classe ’86 è anche un buonissimo attaccante.

L’anno scorso KLow7 ha chiuso con quasi 15 punti di media a partita, in una squadra, come quella di Houston, non proprio a corto di armi offensive. Negli “scouting report” americani non era affatto difficile trovare la dicitura “plays hard” nella descrizione di Lowry. Voci importanti come quelle di Clyde Dexter, ora telecronista dei Rockets, ne hanno più volte sottolineato l’intensità e l’agonismo. “He plays basketball with the football mentality” fu ciò che disse il telecronista di Houston lo scorso anno, dopo una stoppata del numero 7 seguita da canestro su contropiede fulmineo.

In attacco il punto di riferimento resterà comunque Andrea Bargnani. Nell’ultimo anno gli infortuni lo hanno lasciato fuori dal parquet per un bel po’ di tempo ma ogni volta che è entrato in campo l’italiano ha mostrato progressi tangibili.

In attacco le sue cifre sono rimaste quasi invariate nonostante il numero maggiore di possessi che si è trovato a dover gestire. Mettere a segno punti del resto non è mai stato un problema per Bargnani, tantomeno in questo ultimo anno dove, pur tirando peggio dalla lunga distanza, ha mostrato di possedere un repertorio offensivo smisurato (pur dovendo migliorare ancora molto nel gioco in low post).

Nell’ultima stagione ha dimostrato di andare con continuità al ferro, di viaggiare spesso in lunetta e di poter riempire di falli i giocatori avversari. I progressi si sono visti anche in fase difensiva. In questo caso grande merito va dato alla “cura Casey” di cui si parlava poc’anzi. L’allenatore ha dato a Bargnani tranquillità e fiducia, due aspetti da non sottovalutare, sottolineando poi che un giocatore del suo calibro vada “tutelato” dai suoi stessi compagni in quegli aspetti del gioco in cui risulta essere più vulnerabile.

Andrea, a dirla tutta, non ha mai dimostrato di essere uno scarso difensore nell’uno contro uno e la maggiore organizzazione difensiva dei Raptors ha liberato il giocatore italiano da molte responsabilità rendendolo “fastidioso” in difesa sui pick and roll e maggiormente coinvolto nelle rotazioni difensive.

Non bisogna dimenticare infine che il lungo italiano è stato sempre usato in un ruolo non propriamente suo. Lui stesso sottolineò più volte di essere un quattro e non un cinque; d’altra parte non è apodittico affermare che Bargnani, almeno in NBA, è troppo “soft” per giocare da centro con buoni risultati. Ad avvalorare quest’ultima tesi bastino le non brillanti statistiche a rimbalzo (anche se a tal proposito sarebbe necessaria un discorso molto più completo e approfondito).

In vista del futuro, quindi, se il primo fattore per permettere a Bargnani di fare il salto di qualità potrebbe essere Dwane Casey, il secondo fattore potrebbe essere nientemeno che l’arrivo del centro lituano Jonas Valanciunas.

Sul giocatore proveniente dal Lietuvos Rytas Colangelo punta molto. Valanciunas, scelto alla 5 nel Draft del 2011, può essere un’arma importante dal punto di vista offensivo e ha le carte in regola per dare, fin da subito, una grossa mano a rimbalzo e in marcatura sui centri avversari (è un po’ passivo difensivamente ma ha notevoli margini di miglioramento) garantendo a Toronto maggiore qualità e fisicità sotto le plance.

L’arrivo (seppur posticipato) del centro europeo e quello di Landry Fields riescono a rimarginare, anche se solo parzialmente, la ferita inflitta quest’estate dal rifiuto di Steve Nash. Il GM dei Raptors aveva sognato, come tutti i tifosi, il ritorno del canadese nella terra d’origine ma nella trattativa si sono inseriti i Lakers. L’epilogo del thriller è noto a tutti. La macchina dei sogni di Colangelo si è schiantata contro il muro di Los Angeles che è riuscita nell’intento di convincere Nash ad intraprendere un progetto, seppur meno romantico, più ambizioso ed allettante.

Il contratto di Fields è un triennale da 19 milioni in totale, non pochi soldi per la verità, ma si sa, spesso in NBA se non sei disposto a spendere rischi di rimanere con un pugno di mosche. E’ per questo motivo che Toronto ha preferito strappare Fields ai Knicks e lasciar andare Jarred Bayless, giocatore che in tre anni ha saputo alternare con troppa facilità momenti brillanti a periodi opachi e poco convincenti.

Difesa ma soprattutto maggiore incisività dal perimetro: è questo che Fields porterà, o almeno così si spera, sulle sponde del lago Ontario. Nel quintetto di partenza ricoprirà presumibilmente il ruolo di ala piccola con DeRozan a fare da guardia tiratrice. Quest’ultima distinzione potrà risultare utile in marcatura, un pò meno in fase offensiva dove Casey potrebbe mischiare liberamente le carte in tavola e prediligere dall’ex Stanford un lavoro che solitamente si richiede più ad un “due” che ad un “tre”.

Con le partenze di Butler, Forbes e J. Johnson il lavoro di Fields e di Kleiza (che entrerà dalla panchina) potrebbe non bastare, ecco perchè qualche minuto importante potranno ritargliarselo anche Dominic McGuire (appena arrivato) e Alan Anderson.

Quello che però conterà davvero, quest’anno più che mai, sarà la crescita dei tre giovani prospetti: il già nominato DeRozan, l’ala grande Ed Davis e lo strapagato (5 anni x 34 milioni) Amir Johnson. Gli ultimi due, rispettivamente classe ’89 e classe ’87, andranno a comporre, ancora una volta, il nucleo di lunghi su cui Casey dovrà fare affidamento quando Bargnani e Valanciunas avranno bisogno di rifiatare.

Davis è il miglior lungo che i Raptors possiedono nel gioco spalle a canestro mentre A. Johnson ha acquisito, con il passar del tempo. maggiore padronanza dei propri mezzi e l’hanno scorso ha più volte dimostrato di poter ricoprire continuativamente e senza troppi problemi il ruolo di centro.

Non bisogna dimenticare che quest’anno Toronto, in un draft di buonissima qualità, ha avuto la possibilità di scegliere con una chiamata piuttosto alta: l’ottava. Stern, per volere di Colangelo e del suo staff, ha pronunciato il nome di Terrence Ross, guardia tiratrice, all’occorrenza anche ala piccola.

Questo piccolo gioiello di poco più di due metri, che ha chiuso la stagione con gli Huskies segnando 16 punti di media, è dotato di un ottimo rilascio e di una buona capacità di penetrazione. Toronto ha quindi puntato su un atleta dall’ottimo potenziale che presenta indubbiamente un talento sopra la media, un talento però che sotto molti punti di vista risulta ancora grezzo e da levigare. Per certi aspetti è un giocatore molto simile a Derozan (certamente più temibile dalla lunga distanza!) e il suo ruolo di partenza, con molta probabilità, sarà proprio quello di sostituto di DeMar. Starà a lui dimostrare veramente il suo valore e ritagliarsi sempre più spazio nelle rotazioni di coach Casey.

Nel reparto “playmaker” i Raptors potranno contare ancora su José Calderon (più volte in procinto di andarsene) e sul nuovo acquisto John Lucas. Quest’ultimo, con giocate importanti, l’anno scorso ha saputo sorprendere più volte il pubblico di Chicago e sfruttando l’assenza di Rose ha dimostrato di poter essere utile a qualunque squadra NBA se usato sapientemente partendo dalla panchina.

Tirando le somme Toronto esce rafforzata dall’estate post lockout, pur con mosse di mercato ponderate ed equilibrate. E’ difficile definire quale sia l’obbiettivo reale dei Raptors per la stagione 2012-2013.

La lotta per un posto ai PO si è fatta più dura ad Est e quella di Casey non è, almeno sulla carta, una tra le squadre favorite per aggiudicarsi l’ottavo posto. Il team però potrà finalmente disporre del centro che bramava da tempo e di un giocatore che, al settimo anno di NBA, cercherà il definitivo salto di qualità; potrà contare sull’apporto di un rookie promettente e di un Fields che ha già dimostrato di essere un buonissimo giocatore di sistema, di un DeRozan quantomai desidoroso di mostrarsi migliorato in ogni aspetto del gioco e di un nuovo talentuoso playmaker capace di dare alla squadra punti ed intensità.

Davvero arduo fare previsioni con questi Raptors ma attenzione..ad Est il ruolo di “mina vagante” non è ancora stato assegnato.

3 thoughts on “Toronto Raptors: Preview

  1. Giusto, potrebbero rivelarsi mina vagante. Aspetto di vederli, interessanti. Mi aspetto belle cose dal romano questa r.s.

  2. L’unico appunto che mi sento di fare è Davis miglior giocatore dei Raps in post, questo non ci va manco per sbaglio in post.

  3. posso darti ragione sul fatto che Ed Davis non vada spesso in post e che i suoi canestri l’80% delle volte non siano costruiti, resto comunque dell’idea che tra i lunghi dei Raps, lasciando fuori il nuovo arrivato Valanciunas, sia quello messo meglio nel gioco in post… vista anche la scarsa concorrenza !

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