Per il rotto della cuffia, letteralmente. Il decimo posto nella Eastern Conference è prenotato e consolidato dagli Atlanta Hawks, a danno di una Brooklyn orrifipilante in quest’ultima stagione. E con cinque partite alla fine della regular season, il massimo desiderabile per la squadra di coach Quin Snyder è agguantare quel nono posto – ora occupato dai Chicago Bulls – che dista meno di una vittoria. E che garantirebbe di giocare il dentro-fuori del Play-in tra le mura di casa.

Il record, 36-41, è lo specchio di una stagione mediocre, fatta di alti e bassi. Ma anche e soprattutto di infortuni, non di poco conto: da Trae Young a Onyeka Okongwu fino a Saddiq Bey. Le ultime settimane hanno confermato, però, le potenzialità di questa franchigia. Giovane ma esperta, combattiva e ultra-offensiva. Ma che si trascina dietro il peso di un futuro a dir poco incerto.

Spade senza scudi

Di questi tempi le metafore militari forse non sono troppo azzeccate. Eppure per gli Atlanta Hawks ce ne sarebbero varie calzanti, perché la squadra della Georgia è costruita davvero come un Giano bifronte. Letale offensivamente, colabrodo dall’altra parte del parquet. Una filosofia di gioco – quella del vince chi segna almeno un punto in più dell’avversario – che in realtà sopravvive in quel della State Farm Arena almeno dal 2019 e dalla Bolla di Orlando.

Dati alla mano, in tutte le ultime 4 stagioni le Aquile hanno registrato un offensive rating tra i migliori dieci della lega. La vetta nel 2021-2022 con il secondo valore (116.5 punti ogni 100 possessi), superato nei due anni successivi. Compreso questo corrente, durante cui i rossogialli stanno segnando 117.3 punti ogni 100 possessi. Un aumento numerico cui non corrisponde un miglior piazzamento statistico: 9° dato della lega. Il motivo? Quel famoso discorso sull’evoluzione della lega già trito e ritrito.

Bisogna dire la verità. Il dato chiave per comprendere l’attacco degli Hawks è il pace, cioè il numero di possessi giocati (offensivi e difensivi) in 48 minuti di gioco. In questo ambito, Atlanta con 100.8 si piazza al sesto posto nell’intera NBA dietro a squadre molto meglio piazzate come Indiana Pacers, Los Angeles Lakers e Milwaukee Bucks. Un volume di gioco elevatissimo che si traduce in altrettante possibilità di muovere la retina.

Anche perché, in effetti, l’efficienza al tiro non è delle migliori e non giustificherebbe un offensive rating di ottimo livello. Si parla di 46.8% dal campo (19° nella lega), 36.7% da tre (14°), 53.7% da due (20°) e 54.2% di effective field goal percentage (16°). La mediocrità perfetta, se non fosse per il numero di tentativi. Proprio grazie al ritmo alto del gioco di Snyder: quasi 93 tiri tentati a partita (secondi nella NBA), di cui 38 da dietro l’arco. Nonché 28 tiri liberi, settimo dato più alto. Insomma, quando la parola d’ordine è tirare-tirare-tirare, a questi livelli è facile immaginarsi che prima o poi la retina si muova. Nelle sere in cui, poi, si è in stato di grazia… Tutt’altro discorso per la fase difensiva: il 120.1 di defensive rating vale il terzultimo posto in questa statistica. E tendenzialmente se vai a combattere senza scudo, puoi saper usare bene quanto vuoi la spada ma vincere diventa alquanto complicato.

I giocatori chiave

Inutile dire chi occupi il ruolo di stella ad Atlanta. Trae Ice Young ha assunto quel ruolo da quando è entrato nella lega con i Dallas Mavericks ed è stato ceduto pochi minuti dopo in cambio di Luka Doncic. Uno scambio che forse ora gli Hawks eviterebbero di fare, sebbene Young non sia in nessun modo considerabile un flop. Ma del senno di poi sono piene le fosse. Per lui nel 2023-2024 un anno di ordinaria amministrazione a 26.4 punti, 2.7 rimbalzi e 10.8 assist (massimo in carriera) a partita.

Che Young sia il fulcro dell’attacco di Snyder è ovvio. Basti pensare che quando è sul parquet, circa il 45% di tutti gli assist di squadra partono dalle sue mani. Ed è forse anche per questo che l’infortunio al mignolo a inizio febbraio, che lo ha costretto all’intervento chirurgico, è stato una forte battuta d’arresto per le speranze di Playoff. Il ritorno di Trae è previsto in questi giorni, giusto in tempo per il Play-in contro Chicago. Ma il front office vorrà davvero forzare i tempi, consapevole che probabilmente un insperato passaggio del turno li vedrebbe sfidare i Boston Celtics?

Nel frattempo, a prendere le redini della squadra è stato Dejounte Murray. Sei stagioni a San Antonio, ora due in Georgia. Costretto a essere il secondo violino, Murray si è  liberato dalle sue catene negli ultimi 60 giorni. E le sue prestazioni, da pre a post-infortunio di Trae Young, ne sono il chiaro ed evidente esempio.

  • Punti: 21.4 –> 25.6
  • Percentuale al tiro: 46.6% –> 45.6%
  • Rimbalzi: 5.1 –> 5.8
  • Assist: 5.2 –> 8.7
  • Palle rubate: 1.3 –> 1.8

Il calo dell’efficienza al tiro combinata con l’aumento delle altre statistiche è proprio il classico approccio Snyder. Si pensi ai 44 punti rifilati da Murray a Boston, in altrettanti tiri. Efficienza bassa, scoring elevatissimo. Ma ciò che conta alla fine dei conti è vincere.

A sostenere le due gemme di Atlanta ci sono due altri ottimi gregari. Che sono uno l’opposto dell’altro. Da una parte abbiamo Bogdan Bogdanovic, veterano 31enne con enorme esperienza del basket di alto livello. Una stagione per lui altalenante, giocata in uno strano connubio tra titolarità e sesto uomo. I numeri tradiscono comunque un semplice fatto: che questo tal Bogdanovic a basket ci sa giocare eccome. Sono 17 punti, 3.5 rimbalzi e 3 assist con quasi il 38% dalla lunga distanza e il 91.3% dalla lunetta (quarto nella lega).

Dall’altra il giovane e inesperto Jalen Johnson, che è uno dei maggiori candidati al premio di Most improved player of the year. Dopo due stagioni a marcire nelle retrovie, quest’anno Johnson si è preso la scena affermandosi addirittura come terza opzione della squadra. Ecco un rapido confronto rispetto al 2022-2023:

  • Punti: 5.6 –> 16.0
  • Percentuale dal campo: 49.9% –> 51.0%
  • Tiro da tre: 28.8% –> 35.6%
  • Assist: 1.2 –> 3.6
  • Rimbalzi: 4.0 –> 8.8
  • Palle rubate: 0.5 –> 1.2

Certo, il minutaggio più che raddoppiato aiuta. Ma bisogna pur sempre guadagnarsi le opportunità in una lega iper competitiva come la NBA. E Johnson lo ha fatto eccome.

Da sottolineare, per concludere, un altro fondamentale apporto al reparto offensivo di Atlanta: i rimbalzi offensivi. Il 31.1% dei tiri che sbattono contro il ferro avversario sono ricatturati da Atlanta (il cosiddetto offensive rebound percentage). A dare un’enorme mano in questo la presenza di due grattacieli nel pitturato. Da una parte Clint Capela, per lui 11.4 punti a 10.6 rimbalzi a partita, di cui 6 offensivi. E dall’altra il ben più giovane Onyeka Okongwu, con 10.2 punti e 6.8 rimbalzi di cui oltre 4 nella metà campo avversaria.

Con il Play-in ormai alle porte è difficile stimare quale sarà la parabola di questa squadra. La sfida da dentro o fuori con i Bulls è sicuramente appassionante, e su questo direi che il format introdotto da Silver non ha fatto altro che aumentare l’intrattenimento per il pubblico e per i fan. Non sono state poche nell’ultimo mese le vittorie di lusso: due contro Boston, una contro Cleveland, New York e LA Clippers. Perché la squadra c’è, anche senza Young. Il talento e il gioco non mancano. Certo, un po’ di difesa in più non farebbe male… E il futuro, con  voci su una trade che coinvolgerebbe Dejounte Murray, fanno intendere un possibile cambio di rotta. In cerca di un nuovo partner per Trae Young.

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