Trust The Process. TTP. Ritornello troppe volte ripetuto e rimbombato. Interviste, post sui social, divise di squadra. Tutto era in nome del processo. Ogni boccata d’aria che si respirava intorno al Wells Fargo Center di Philadelphia era in nome del grande Processo che avrebbe dovuto portare i 76ers al titolo. Per anni. E poi il vuoto.

O meglio, una crepa che si è formata a fine stagione 2021-2022. E che si è dilatata progressivamente fino a tirare giù tutto il castello che, più che di cristallo, era fatto di aria e slogan. Dalla saga Ben Simmons, una delle rare volte in cui un coach (per di più del calibro di Doc Rivers) se la prende così direttamente con un suo giocatore.

Alla saga James Harden, terminata pochi giorni fa con l’ennesima trade nella carriera del Barba. Fino al “Processo che non finirà mai” per Joel Embiid fino alla damnatio memoriae di quel termine sui social. Anche lui, che come soprannome ama proprio the Process. Due annate di fila chiuse sopra 50 vittorie in regular season. Quella scorsa come terzi a Est. Il risultato è sempre lo stesso però. Perché i playoff, per i Sixers del MVP in carica, sembrano stregati.

Questa stagione sembrava ancora una come le altre. Harden che fa i capricci, i bisbigli di corridoio che riferiscono di un malumore da parte di Embiid, il president of basketball operations Daryl Morey che fa muro su qualunque cosa. Il 27 ottobre inizia la stagione, a Milwaukee. Nel giorno del debutto del nuovo power-duo Antetokounmpo-Lillard. Il risultato è 117-118 per i padroni di casa. È una partita su 82, non è niente.

Eppure sembra già una spada di Damocle sul collo del nuovo coach Nick Nurse. E poi? W,W,W,W,W,W,W,W. Fino al 15 novembre non si parla più di sconfitta. Cadono due big come Phoenix Suns e Boston Celtics. Cade anche Indiana, la sorpresa dell’anno. Phila non sembra mai stata meglio di ora. 9-3 dopo 12 partite, secondo miglior record dell’intera NBA e secondo posto della Eastern Conference dietro solo ai Boston Celtics. Ma soprattutto un gioco efficiente, plasmato dalle sapienti mani di Nurse.

Il nuovo attacco ‘nursiano’ di Phila

Covington, Morris, Batum e KJ Martin. Più scelte al Draft. A livello di contropartite già pronte a giocare lo scambio che ha spedito Harden a Los Angeles non ha fornito a Nurse un grande potenziale umano con cui operare. Non certo al livello di Harden. Quello che però il conflitto Morey-Harden ha permesso è di liberare e scatenare Tyrese Maxey, finora relegato a gestore della second unit. I risultati direi che si vedono.

Un ambito fin da subito evidente nella filosofia nursiana è il ritmo. Nelle ultime due stagioni Philadelphia era stata tra le 5 squadre più lente a impostare il gioco (pace di 96.2 e 96.9). Quest’anno, con un pace di 99.9, sono tredicesimi nella NBA. Possibile che possa essere solo merito di Maxey? Sì.

O meglio. Merito di Maxey e merito di Morey. Perché se è vero che Harden è uno dei migliori giocatori sul pick-n-roll, è anche vero che il suo pace in questa stagione è tra i più bassi della lega (97.74). Per intenderci, è 433esimo su 471 giocatori in classifica. E contano anche quelli che hanno giocato mezzo secondo.

Tyrese Maxey, invece, registra nella stessa statistica un ben più alto 100.62. Ma soprattutto è impressionante la differenza che fa per Philly avere l’ex Kentucky sul parquet o in panchina. Con lui in campo, il pace di squadra è 100.94 (sarebbe il decimo della lega). Con lui out cala a 98.0 (27esimo). Una differenza abissale.

Un chiaro esempio di questo è l’introduzione da parte di Nurse della cosiddetta FLIP action. Si tratta di un semplice dribble hand-off in cui una guardia (tendenzialmente Maxey) alza la palla a un attaccante che la riceve in corsa.

Questo permette ai Sixers di tenere il ritmo alto: si utilizza soprattutto a inizio azione, con possibilità di attaccare fin dai primi secondi. E mette pressione alla difesa avversaria. Anche perché è sistematica la FLIP action tanto quanto la Fake FLIP action. Che con un giocatore dell’agilità e rapidità di Maxey è potenzialmente letale.

Non solo. Sono aumentati i movimenti senza palla, ed è diminuita la percentuale di iso per Joel Embiid. Il 38% dei suoi tiri arrivano dopo che ha controllato la palla per meno di 2 secondi. Si affida all’isolamento solo il 13% delle volte e il 21.6% delle volte al post-up. Di contro, è molto accentuato il suo ball-handling entro un sistema che premia i movimenti e i tagli continui delle guardie. Risultato: career-high in assist per l’MVP in carica (5.8 a partita, il secondo dato migliore era il 4.2 dell’anno scorso).

Ah. In tutto questo Philly ha il terzo offensive rating della lega (119.5 punti ogni 100 possessi) e il quattordicesimo defensive rating (111.8).

I giocatori decisivi

Non si può che iniziare parlando di Joelone. Guida l’intera lega in punti a partita (31.9) e usage percentage (36.2%). Vi accompagna 11.5 rimbalzi, 5.8 assist, 0.9 rubate e 1.7 stoppate a partita. Le responsabilità come scorer non sono diminuite, ma sono aumentate quelle di playmaker.

Ma ora accanto a lui ora ha una guardia (Tyrese Maxey) che si adatta molto meglio a un gioco aggressivo e veloce. Esattamente quel tipo di basket che il neo-americano esprime meglio.

Proprio attraverso Maxey passa gran parte della rivoluzione di Nurse. Una cosa sorprende riguardo al classe 2000: non è aumentato di molto il suo minutaggio, nonostante la trade di Harden. È passato da 33 a 38 minuti a partita. Per quanto riguarda, però, scoring e efficienza sono due mondi opposti. Da 20.3 a 27.6 punti, da 2.9 a 5.1 rimbalzi, da 3.5 a 6.7 assist e da 0.1 a 0.9 stoppate di media. E cinque minuti non possono fare tutta questa differenza.

Un cambio di mentalità e di ritmo, premiato dalla vetrina della titolarità. E da un ruolo sempre più indispensabile entro i meccanismi della Città dell’Amore Fraterno. Fiducia nei propri mezzi… mai così alta. Ma la statistica più impressionante è questa. Quando Maxey è fuori dal campo, la squadra ha un offensive rating di 106.3. Quando è in campo, quella cifra sale in maniera esorbitante fino a 123.4 punti ogni 100 possessi. Cecchino, facilitatore, direttore d’orchestra. Maxey sembra essere per Phila quello che Harden non è riuscito a essere.

Oltre a loro due c’è ben poco da segnalare. Il che rende quel 9-3 ancora più incredibile. Tobias Harris sta facendo una buona stagione, a dire il vero una delle migliori della sua carriera. La statline media recita: 20.3 a partita, 6.9 rimbalzi e 2.9 assist.

Un altro contributore, per le partite che ha disputato, è Kelly Oubre Jr. Di sicuro, uno dei migliori value signings dell’ultima estate. Firmato al minimo contrattuale, in 8 partite ha viaggiato a 16.3 punti, 5.1 rimbalzi e 1.4 rubate a partita. Da quel momento è out per un infortunio misterioso. Avrebbe detto di essere stato investito da una macchina, cosa che però alla polizia della Pennsylvania non risulta. Insomma, dato via Harden, Morey non poteva resistere a rimpolpare i caratterini dello spogliatoio. Ma se non altro non lo paga oltre 30 milioni all’anno…

Previsione record: 56-26, anche se potrei essere ottimista e sopravvalutare la profondità della rosa

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