Per Miami era la serata del colpaccio. L’opportunità di una vita, per prendere una serie sulla carta impossibile e dare il primo strappo. Per mettere già un dito su quel Larry O’Brien Trophy che a South Beach manca da dieci anni. Per battere, ancora una volta, qualunque logica legge probabilistica.

La verità, però, è che il miracolo sembra funzionare con tutti eccetto con Nikola Jokic. Non ce l’hanno fatta Kevin Durant e Devin Booker, non un Anthony Edwards in formato mini-LeBron, non LeBron stesso. E non Jimmy Butler e Bam Adebayo. Almeno per adesso. I Denver Nuggets vincono 109-94 e si portano sul 2-1 nella serie, riportando dalla loro il fattore campo. Soprattutto grazie a un secondo tempo da manuale, dominato 56-46. E il punteggio non racconta tutta la storia.

Le chiavi della partita sono state le stesse di gara 2 e le stesse di gara 1. Per Miami, il tiro: croce e delizia in questa postseason per i ragazzi di Spoelstra. Il 49% da tre nella scorsa partita registrava un abominevole 22% di field goal percentage over expected. Questa notte le percentuali si sono abbassate fino alla (triste) normalità floridiana. Il 31.4% dall’arco però è solo una parte della sconfitta. Perché in fondo Denver ha tirato ancora peggio (27%). E per la terza volta in tre gare sono gli Heat che vincono questa sfida nella sfida.

Il grande problema è che Miami non ha un facilitatore in attacco. Lo sarebbe Lowry, se ancora si reggesse in piedi e potesse giocare ad alto livello in maniera consistente. Lo sarebbe Tyler Herro, che però non ha preso parte alla partita per l’infortunio alla mano rimediato due mesi fa. E quanto servirebbe l’ex-Kentucky a Miami.
Perché quando Butler ha la palla in mano fin dall’inizio dell’azione, la manovra Heat rallenta. Troppo studio, poco istinto. Spostare la palla in mano a uno come Herro permetterebbe a Butler di giocare più il suo gioco: tagli, post alto, post basso. Ma anche di avere un’opzione affidabile nel jumper, che in questa serie è il tiro che Miami prende e sbaglia più facilmente.

Gli Heat tirano con il 37% dal campo, contro il 51% di Denver. Prendono 33 rimbalzi, contro i 58 dei Nuggets (+25!). Onestamente, è un miracolo che siano stati attaccati alla partita fino agli ultimi minuti. Ma tutto parte da una semplice considerazione: entrambe le squadre in campo dipendono molto dalle prestazioni dei role player. Quando Gabe Vincent piazza 23 punti, si vince. Quando il nigeriano e Max Strus tirano 3/17 dal campo, tornano i fantasmi di gara 1. In più, la strategia di Miami fin dal primo minuto era evidente: Adebayo e Butler, palla in mano, dovevano attaccare il pitturato a tutta velocità per mettere in difficoltà Jokic. Risultato? 5/16 nella restricted area per le due stelle di Miami, 18/45 dal campo. Troppo poco.

C’è però un lato positivo nella sconfitta. Butler sembra essere più aggressivo (28 punti per lui), ora gli manca solo di riprendere il ritmo e iniziare a segnare con costanza. Adebayo sta giocando delle Finals straordinarie: stanotte per lui 22 punti e 17 rimbalzi, il tutto marcando uno contro uno il più forte giocatore del pianeta. Miami ha commesso solo 4 palle perse, contro le 13 di Denver: una chiave su cui Spoelstra dovrà continuare a insistere se vuole riportare la serie sul 2-2.

Rimangono però molte domande. Prima: perché Duncan Robinson, che sta giocando come secondo miglior attaccante dopo Bam, gioca così poco? A cui si collega la seconda: se la risposta alla prima è ‘perché non è in grado di difendere’, allora com’è possibile che giochi Cody Zeller? Va bene far riposare Bam, ma c’è un limite a tutto. L’opzione migliore potrebbe essere marcare Jamal Murray con Highsmith o Butler, e lasciare per ogni secondo della partita Adebayo su Jokic. Altrimenti diventa una passeggiata nel parco.

Dalla parte di Denver, la chiave è stata accendere almeno una delle altre micce che circondano Jokic. Lo aveva già detto Spoelstra a fine gara 2: che Jokic tiri non è una scelta. Sarebbe assurdo lasciare che un due volte MVP ti disintegri. Ma Jokic lo fa ugualmente. Una partita monstre da 32 punti, 21 rimbalzi e 10 assist. Decima tripla doppia su diciotto gare di Playoff, e prima partita da 30-20-10 nella storia delle Finals. Il serbo sta viaggiando a cifre non concepibili: 33.3 punti, 14 rimbalzi e 9.3 assist contro una delle difese più ostiche della lega. E a tutto questo lui come risponde? Come al solito…

A differenza di gara 2, però, al Kaseya Center ha deciso di presentarsi anche Jamal Murray. La guardia ha spaccato la partita con una partita completa sotto ogni punto di vista. Chiude anche lui con una tripla doppia: 34 punti, 10 rimbalzi e 10 assist. Per la prima volta nella storia delle Finals due compagni di squadra hanno registrato una tripla doppia da 30+ punti nella stessa partita.

Perché se marchi Jokic non marchi Murray. Se marchi Murray, è difficile tu possa rallentare Jokic. Se neanche un mago come coach Spo riesce a capirci qualcosa, è perché evidentemente non si può fare molto.

Bisogna però dare a Cesare quel che è di Cesare. In questo caso, Cesari. Prima di tutti, a coach Micheal Malone. La delusione e frustrazione evidente dopo gara 2, le critiche alla squadra per una mancanza di sforzo. E la risposta è arrivata: +25 nei rimbalzi, vittoria fuori casa davanti a un pubblico che non si è mai spento.

Ma soprattutto il colpo di genio di togliere dal campo un Micheal Porter Jr in questa serie irriconoscibile, e fidarsi della cattiveria agonistica del rookie Chris Braun. Proprio lui è il secondo ‘Cesare’: 15 punti (12 nel secondo tempo) e 4 rimbalzi per l’ex Kansas. Difensivamente più presente e solido nei close-out rispetto a Porter. Offensivamente preciso: fa sempre la cosa giusta nel momento giusto. E non disegna qualche bella giocata per flexare i muscoli.

Nella notte tra venerdì e sabato si torna sul parquet di Miami. Gli Heat con le spalle al muro, e con l’opportunità di pareggiare i conti. Denver con l’occasione d’oro di mettere una seria ipoteca sulla vittoria del titolo.

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