Gli ultimi giorni di mercato NBA hanno regalato agli appassionati italiani una notizia di grande interesse: la trade che ha portato Nicolò Melli a vestire la maglia dei Dallas Mavericks. 

Il giocatore reggiano, settimo italiano a giocare in NBA dopo Rusconi, Esposito, Bargnani, Belinelli, Gallinari e Datome, ha potuto così abbandonare New Orleans e una situazione che gli stava a dir poco stretta approdando ai Mavericks nell’ambito di un affare che ha portato in Texas anche il veterano JJ Redick in cambio di un Wes Iwundu mai entrato nelle rotazioni di Rick Carlisle e di James Johnson che malgrado le premesse non si è rivelato il fit giusto per far fare a Dallas il salto di qualità.

Nicolò Melli con JJ Redick, ambedue passati da New Orleans a Dallas

Nicolò Melli con JJ Redick, ambedue passati da New Orleans a Dallas

Sembrava che l’innesto più importante per i Mavs fosse proprio quello di Redick, ma a prescindere da quello che potrà dare a Carlisle il quasi trentasettenne tiratore ex Magic al rientro dal suo infortunio al tallone del piede destro quanto visto nelle ultime gare dice che l’arrivo di Melli ha portato un contributo già prezioso, di cui a New Orleans, nell’ultimo anno, si è voluto di fatto fare a meno.

L’arrivo ai Pelicans di Stan Van Gundy aveva portato infatti il minutaggio di Melli a crollare impietosamente dai 17.4 minuti della sua stagione di debutto agli 11.2 nel 2020-21. Van Gundy non ha mostrato di credere nelle possibilità di Melli, così come non aveva creduto in quelle di Gigi Datome a Detroit, e così l’ex Fenerbahce si era ritrovato a non entrare in campo in 21 delle 43 gare disputate da New Orleans e a giocare solo 11 volte per più di 10 minuti, nonostante le parole di apprezzamento di Zion Williamson che elogiò la prestazione dell’azzurro contro i Boston Celtics del 21 febbraio e in generale la sua grande professionalità.

Stan Van Gundy; con lui Melli è finito ai margini delle rotazioni

Stan Van Gundy; con lui Melli è finito ai margini delle rotazioni

Ora però per Nico, come lo chiamano i commentatori americani, le cose sono già cambiate.

Melli ha trovato a Dallas un ambiente diametralmente opposto a quello che ha lasciato a New Orleans. Nella sua gara di debutto contro Oklahoma City Luka Doncic ha subito provveduto a coinvolgerlo nel gioco offensivo di Dallas fornendogli l’assist per il suo primo canestro in maglia Mavericks; da allora i texani hanno vinto tutte le 5 gare giocate da Melli, l’ultima delle quali contro i terribili Utah Jazz possessori del miglior record di quest’anno in assoluto e provenienti da 9 vittorie di fila.

Lo scontro con la capolista vedeva Dallas in pessime condizioni iniziali soprattutto nel settore lunghi. Agli ormai tristemente consueti problemi fisici di Kristaps Porzingis (che adesso, a quanto pare, perderà altre gare per problemi al polso) si affianca da un po’ di partite anche l’assenza del centro titolare Willie Cauley-Stein a causa dei protocolli Covid.

Rick Carlisle ha quindi deciso di dare piena fiducia, si potrebbe dire per la prima volta nella sua carriera NBA, proprio a Nicolò Melli che parte in quintetto al fianco di Maxi Kleber sopravanzando nelle rotazioni un Dwight Powell in costante regressione e ormai lontano dall’ottimo rollante e giocatore d’atletismo che era prima di rompersi il tendine d’Achille.

Il risultato ha visto i Mavericks interrompere la striscia vincente dei Jazz nonostante una rotazione di soli otto uomini e i due lunghi titolari entrambi a zero punti (Melli e Kleber) Ma il lavoro dei due e di Dorian Finney-Smith per disinnescare uno dei migliori attacchi della lega (nonchè il primo in assoluto per percentuale da tre, che però all’American Airlines Center si è fermato al 27,3% con 0/8 sia per Royce O’Neale che per Donovan Mitchell) è stato inestimabile e prezioso per portare a casa la quinta vittoria di fila.
In pochi avrebbero scommesso sul fatto che Dallas avrebbe vinto soprattutto in difesa; qui risalta ancora di più l’importanza dell’innesto di Melli.

L’ex Pelicans ha messo in campo un’energia pazzesca e uno spirito di sacrificio tale da cambiare senza paura sia su Bogdanovic, che su O’Neale che addirittura su Mitchell e ciò, unito alla propensione difensiva di Kleber, ha dato al gioco dei Mavericks nuova linfa pur senza snaturarne le caratteristiche di base (la squadra di Carlisle ha comunque preso 49 tiri da tre ma realizzandoli col 47%)

La grinta di Nico ha già contagiato i tifosi che sul profilo Facebook dei Mavs hanno richiesto a gran voce di assegnargli il simbolico premio di miglior difensore della gara che attribuisce ogni volta Dallas, cosa poi avvenuta con tanto di scambio di battute su Instagram con Doncic.

Melli festeggia su Instagram la cintura di difensore del giorno

Melli festeggia su Instagram la cintura di difensore del giorno

Insomma, i tempi bui dei Pelicans di Van Gundy sembrano già acqua passata e Melli può godersi un grande nuovo inizio della sua carriera NBA. Poi, è ovvio, la lega professionistica americana non fa sconti a nessuno.

Come accennato Rick Carlisle ha deciso di fidarsi di Melli lasciandolo in campo per 32 minuti in una gara importante e per più di 28 nella precedente sfida in casa dei Wizards (vittoria senza troppi problemi con 22 punti di scarto) ma questo minutaggio è sicuramente dovuto alle assenze dei titolari, al cui rientro Nico dovrà mantenere alti l’impegno e la concentrazione per continuare a guadagnarsi minutaggio.

La convivenza con Porzingis ha ottime prospettive ma richiederà grandi responsabilità; Melli potrebbe affiancare il lettone permettendo di non patire troppo il fatto che ormai l’Unicorno passi molto più tempo fuori dall’area che dentro, a patto che lo sforzo difensivo del reggiano sia costante e preciso.

Nella gara vinta da Dallas contro i New York Knicks un ritardo difensivo di Melli ha permesso a Julius Randle un gioco da tre punti che poteva sbloccarlo in una gara dove non stava praticamente mai segnando (cosa poi non accaduta); ci sta assolutamente, ma col tempo ci si aspetta un ulteriore salto di qualità affinchè Nico passi da ottimo a grandissimo difensore.

Per affermarsi definitivamente, però, Melli deve soprattutto ritrovarsi in attacco.

Nella sua carriera, sia europea che NBA, Nico non è mai stato un attaccante troppo prolifico (solo nella stagione 2016-17, giocata col Brose Bamberg, è andato in doppia cifra di media punti) ma è sempre stato un tiratore assolutamente rispettabile sia dall’arco che in palleggio arresto e tiro dalla media.

L’assenza di fiducia del periodo Van Gundy ha però fatto sprofondare la sua percentuale da tre punti a meno del 20% e nella gara contro Utah ha tirato 0/5 da tre; la maggior parte delle conclusioni è arrivata nel finale, dove di nuovo Doncic sul +18 per Dallas ha cercato di regalare a Melli la tripla ammazzapartita senza che però l’azzurro riuscisse a buttarla nel canestro.

Nel frattempo Utah rientrava però da -18 a -10 e allora è stato Doncic stesso, con un senso di responsabilità da leader consumato, a prendere il tiro dall’arco del sigillo definitivo sulla gara; l’ultimo quarto dell’AAC ha mostrato comunque un Melli ancora in attesa di ritrovare il suo ritmo offensivo.

Sarà fondamentale che ciò avvenga, perchè le prospettive di Melli, una volta affermatosi come arma difensiva e ostico giocatore d’area sotto il proprio tabellone, sono quelle di rappresentare anche un pericolo per le difese che raddoppieranno Doncic.

La fiducia di Carlisle c’è, l’ambiente di Dallas ora è più che favorevole e Luka Doncic è il leader ideale; manca solo che il tiro torni a entrare affinchè Nico possa togliersi soddisfazioni impensabili fino a giusto un mese fa.

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