Sono passati solo dieci giorni dall’inizio della regular season di una NBA tutta nuova, ma è già tempo di esprimere i primi affrettati e poco incisivi giudizi sulle prime prestazioni delle squadre. Vi sono sicuramente molti fattori da tenere in conto, non ultimi gli infortuni e il nuovo morbo che sembra infastidire molte contenders: il così detto Bubble-virus.

La Bolla, insomma, pur avendo regalato agli amanti e appassionati due mesi di libidine pura che hanno sicuramente alleggerito una situazione pesante, sembra invece essere andata a infiacchire le energie di molte squadre che avevano lasciato la bolla di Orlando tra settembre e ottobre.

Andiamo, quindi, a vedere le squadre che, in questa prima settimana, sono partite col piede peggiore, pur iniziando il campionato sulla scorta di eccitazione o desiderio di riscatto.

GOLDEN STATE WARRIORS (2-3)

Klay Thompson ha rovinato tutto. Basterebbero queste parole per descrivere il pensiero più ricorrente nella testa di Steve Kerr. Era davvero tutto perfetto per la squadra di San Francisco: Klay e Steph avevano avuto tutto il tempo del mondo per recuperare dagli infortuni, erano in possesso della seconda scelta assoluta al draft. Quando, però, Thompson è stato costretto ai box dalla rottura del tendine di Achille per un altro intero anno, le carte in tavola si sono rimescolate completamente lasciando gli Warriors senza più fiches da giocare.

Il disperato tentativo con la trade per Oubre Jr e la mediocre offseason con l’aggiunta di Wanamaker e Bazemore sicuramente non posso tappare la falla lasciata da Klay Thompson. L’unica nota positiva in questo inizio di stagione sembra essere il rookie Wiseman, che con 14 punti e 6 rimbalzi di media a partita sta creando solide basi per crescere notevolmente come giocatore.

Gli Warriors, per sciorinare qualche dato, sono il peggiore attacco della lega per quanto riguarda il field-goal percentage, inchiodato su un misero 37,4% con i 30% da tre e il 42% da due. Sul punto di vista offensivo certo non sono aiutati dai loro uomini di punta. Steph, pur aggirandosi intorno ai 25 punti di media, sta sparando a salve dalla lunga distanza con una percentuale di 25,7% su 11 tentativi a partita.

Se poi vogliamo far piangere gli occhi, possiamo guardare a Oubre Jr, presunto sostituto di Thompson, che con un sonoro 1/21 dall’arco non sembra avere niente in comune con Klay se non i colori della maglia.

Come se non bastasse, hanno la seconda difesa peggiore della NBA, concedendo agli avversari un field-goal percentage del 50%, con il 48% da tre, e subendo la bellezza di 130 punti a partita (facendone di media solo 109).

Le prime due sconfitte arrivano contro i Nets (125-99) e contro i Bucks (138-99), per poi chiudere la prima settimana con una sudatissima vittoria con i pessimi Bulls (129-1289 e la seconda contro i Detroit Piston (116-106). La ciliegina sulla torta ci pensa poi a metterla Marquise Chriss, che, infortunatosi alla gamba, dovrà saltare l’intera stagione. La magia del Natale non sembra essere entrata in casa Warriors.

Salvate il soldato Kerr.

MILWAUKEE BUCKS (3-3)

Alla vigilia della stagione erano considerati i favoritissimi a Est. Dopo una manciata di giorni sono già inseriti nell’elenco delle delusioni di inizio stagione. Sia chiaro, non sono in questa lista perché reputo non faranno i playoffs, al contrario. Semplicemente, ci si aspettava molto di più da Giannis e compagni.

Sul piano delle statistiche, la squadra del due volte MVP non ha numeri che danno ragione delle 3 vittorie incise nel record. Sul piano offensivo, il gruppo di Budenholzer viaggia a grande velocità, soprattutto grazie al 42,8% da tre e 124 punti a partita di media, terzi nella lega in entrambe le statistiche. Il tiro da tre ha avuto un netto miglioramento dall’anno scorso soprattutto grazie al 45% di Middleton, il 38,5% di Holiday e il 61,5% di Donte DiVincenzo, che ha preso il posto di Bledsoe nella starting lineup.

Nei punti, come si può abbastanza prevedere, guidano la strada le due star Middleton (22,6) e Antetokounmpo (22,4) con Holiday che segue a 16 di media. Difensivamente i numeri condannano i Bucks a stare a metà classifica in quasi tutte le statistiche. Risaltano tra queste i punti concessi a partita, 113, un po’ troppi per una squadra con ambizioni da titolo e che ha appena acquisito via trade uno dei migliori difensori della lega in Holiday.

Allora i problemi dove stanno? Io credo che tre siano le piaghe che continuano a infliggere ai Bucks ferite non indifferenti.

Prima tra tutte è una certa superficialità con la palla, che risulta, dopo 6 partite, in 15 palle perse a partita. Certo, se le si compara alle 20 a partita di Miami Heat, le 15 della squadra del Wisconsin sembrano bazzecole. Quello che però fa la differenza sono le modalità con cui si perde la palla: il movimento di palla a tratti eccessivo della squadra della Florida rende più perdonabili le 20 palle perse a partita rispetto alle 15 di una squadra che gioca molto sull’isolamento uno contro uno di Giannis e Middleton.

Secondo viene, e mi prendo tutte le responsabilità nel dirlo, un pessimo apporto di Giannis Antetokounmpo. I giocatori che orbitano attorno a lui stanno facendo anche più del possibile per metterlo nelle condizioni di vincere, e lui invece per ora sta deludendo le aspettative. E il fatto che per Giannis fare di media 22,4 punti e 11 rimbalzi a partita sia deludente fa capire il motivo dei due MVP in back-to-back. Era stata gonfiata mediaticamente questa estate la notizia che il greco avesse lavorato sul tiro: i risultati sono il 25% da tre e il 62% dalla linea di tiro libero, decisamente numeri non da back-to-back MVP.

L’ultimo motivo, ma a mio parere il più grave, è la mancanza di consistenza e concentrazione lungo gli interi 48 minuti di gara. La prima sconfitta viene contro Boston (122-121) con un terzo quarto perso 37-25. La seconda sconfitta viene addirittura contro dei redivivi Knicks, che demoliscono la corazzata Bucks 130-110 con un parziale nel secondo quarto di 31-18.  Tra queste due, una agilissima vittoria nel Christmas Day contro dei disastrati Warriors per 138-99.

Poi segue un back-to-back a Miami: la prima partita è dominata per 144-97 dai Bucks, che firmano tra l’altro il record NBA per triple segnate in una partita con 29. Esattamente 24 ore dopo, dopo aver perso di 47, Miami vince agilmente 119-108 dopo essere stata sotto di 14 punti e aver vinto l’ultimo parziale 31-17. Da ultima, per iniziare a risalire da una situazione al limite del preoccupante, è arrivata una convincente vittoria 126-96 sui Chicago Bulls.

Insomma, la parola d’ordine per Budenholzer dovrà essere: ordine e concentrazione. Le prossime sei partite che attendono i Bucks sono tutte molto abbordabili, aspettiamoci dunque una risposta rabbiosa della favorita ad Est (se lo è ancora).

DALLAS MAVERICKS (2-3)

Probabilmente sarebbe stato più giusto mettere gli Wizards? Non credo sinceramente, anche perché dalla squadra della capitale non ci si poteva aspettare di più se non le prestazioni di Mr. Tripla Doppia e che fosse fornito un ennesimo motivo a Beal per scappare questa offseason come free agent.

Dallas invece aveva aspirazioni molto più alte e per questo la delusione è maggiore. Sicuramente pesa molto l’assenza, che durerà ancora qualche settimana, di Kristaps Porzingis, e gli accoppiamenti delle prime partite di campionato non sono stati dei migliori (Suns, Lakers, Clippers e Miami), però è evidente che vi sono problemi di fondo.

L’attacco si è affermato come uno degli ultimi della lega in punti fatti a partita (106) con un pessimo 31% da tre che li classifica terzultimi nella lega. La difesa invece riesce a tenere gli avversari a 103 punti di media a partita (con però le partite contro i Clippers e Miami che falsano un po’ la statistica in favore dei texani) e a forzare 9,6 palle rubate a partita (sesti nella lega).

Sicuramente, ripeto, l’assenza del lituano Porzingis è una botta non da poco. Il problema, però, per ora rimane Luka Doncic, che era dato come candidato numero uno all’MVP di questa stagione (selezionato da più del 60% dei giornalisti americani). Anche qui – come con Giannis – ovviamente bisogna prendere la parola “problema” con le pinze perché viaggia a 23-6-5 a partita, però quando il tuo leader scorer nonché stella si presenta dopo quattro partite con un 5/31 dal campo da tre, sicuramente diventa più difficile portare a casa le partite. Per far capire, JaVale McGee ne ha messe 3…

Le uniche vittorie rimangono quella infrangi-record con i Clippers, sconfitti 124-73 con il massimo scarto nella storia NBA a fine primo tempo di 50 punti (77-27), e con gli Heat (93-83). Le sconfitte vengono, invece, con i Suns (106-102), con i Lakers (138-115) e con gli Hornets (118-99). In quest’ultima alquanto rivedibile la prova di Doncic, che è sembrato surclassato dal rookie LaMelo Ball.

Nelle prossime partite si saprà la verità riguardo a che anima ha questa squadra. Se non dovesse andar a buon fine questa risalita della china, Mark Cuban ha grande spazio salariale da impiegare nella prossima offseason.

Terminate tre delle tante candidate a “delusioni dei primi dieci giorni”, a cui erano un forte candidato anche i Denver Nuggets e i Miami Heat, passiamo ora invece alle tre squadre che sono partite in quarta sorprendendo un po’ tutti, chi più e chi meno.

ORLANDO MAGIC (4-2)

Chi se lo sarebbe mai aspettato? Orlando è stata l’ultima squadra dell’intera lega, Est e Ovest assieme, a perdere l’imbattibilità. Sono arrivati all’inizio di stagione con tanti dubbi, con la loro star Isaac nuovamente infortunata e avendo perso due o tre pezzi che contribuivano in maniera abbastanza consistente agli equilibri della squadra, tra cui DJ Augustin.

Se si vanno a guardare le statistiche, l’attacco è tra i primi dieci con 114 punti fatti a partita e percentuali non strabilianti al tiro – 32% da tre e 50% da due – e la difesa concede comunque 112 punti a partita. Sembra davvero una squadra difficile da decifrare, che sicuramente però è molto attiva difensivamente tanto da avere 9 palle rubate di media a partita e 16 palle perse forzate a partita (contro rispettivamente le loro 6 e 12). Una squadra, quindi, che gioca una pallacanestro semplice, ma con molta precisione e aggredendo molto i playmakers avversari.

Colonne portanti sono il solito Vucevic, con 19 punti e 11 rimbalzi di media, un resuscitato Terrence Ross, con 21 punti a partita, e la giovane promessa Markelle Fultz, che di media segna 16 punti a partita. Oltre ai soliti noti, però, la squadra con base in Florida ha trovato un enorme valore aggiunto in Cole Anthony, rookie da North Carolina, che viaggia a una media di 10 punti, 5 rimbalzi e 4 assist in soli 20 minuti a partita.

Sicuramente ha aiutato il calendario, che nelle prime quattro li ha visti vincenti contro degli esausti Heat (113-107), due volte contro gli Wizards (130-120 e 120-113) e contro gli Oklahoma City Thunder (118-107). Le sconfitte che hanno macchiato il record vengono contro i Philadelphia 76ers di Doc Rivers, per 116-92, e contro OKC per 108-99.

Vedremo se metterli tra le squadre rivelazione sarà stato un azzardo, un abbaglio o invece se saranno abbastanza coraggiosi da confermare il loro rendimento e guadagnarsi un posto nei playoffs.

ATLANTA HAWKS (4-2)

La compagine di Trae e compagni sta facendo strabuzzare gli occhi. Senza fare tanti giri di parole, il front office ha messo su una squadra a mio parere sottovalutata, che addirittura era data a malapena qualificata ai playoffs nelle predizioni di inizio campionato. Sinceramente, mi sembra una squadra che può puntare ad arrivare nelle prime 5 ad Est senza farsi troppi problemi.

Passa tutto, ovviamente, dalle mani di Trae Young, ma attorno a lui con numerose acquisizioni di alto livello nella offseason come Rondo, il Gallo e Bogdanovic, ad Atlanta sono riusciti a costruire il migliore attacco del campionato con 128 punti a partita, condito con solidissime percentuali da tre (40%) e da due (54%). Bisogna dire che l’enorme vantaggio con cui si è trovato Lloyd Pierce è avere una rosa lunghissima che ha in rotazione otto giocatori se non nove di grande qualità.

Il leader è ovviamente Trae Young, che con giocate magiche, alley-oops sul vetro e passaggi no-look si sta sempre più avvicinando a un creatore di video di highlights per adulti. Trae ha una media di 33 punti e 8 assist a partita. Sarò esagerato, ma un Trae al posto di Doncic per la corsa MVP… la butto lì come provocazione. Il suo uomo di fiducia è un sempre più fondamentale Collins – 18 punti e 7 rimbalzi a partita, attenti che è unrestricted free agent a fine stagione e pare abbia rifiutato un rinnovo da 90 milioni di dollari.

In aggiunta, un supporting cast in cui possiamo annoverare Bogdanovic (15 punti e 6 rimbalzi), Reddish (12,8 punti), Hunter (12 punti e 6 rimbalzi). Per non parlare poi di Gallinari, sfortunatissimo con problemi fisici, il giovanissimo Huerter, che emerge sempre più come una solida guardia, e gli esperti Capela e Rondo. Ah, in tutto questo, deve ancora debuttare uno dei rookie più intriganti, Onyeka Okongwu.

Le quattro vittorie sono arrivate contro i Bulls (124-104), i Grizzlies (122-112), i Pistons (128-120) e la corazzata Nets, con un netto 114-96.  La prima sconfitta, per ora indolori, vengono contro gli stessi Nets (145-141), uno scontro letteralmente al cardiopalma e sicuramente classificabile come la migliore partita della stagione finora. La seconda viene da dei sorprendenti Cavs (96-91).

L’unico problema rimane la difesa, che imbarca acqua, con 112 punti di media concessi. Nonostante quest’ultima macchia, possiamo dire che sta nascendo una squadra che ci farà sicuramente tanto divertire, e chissà se tra una poster dunk di Collins e una tripla di Young non diventino silenziosamente una contender.

PHOENIX SUNS (5-1)

Mi perdonino Nash e tutti quelli che capiscono qualcosa di basket perché non ho messo i Brooklyn Nets tra le migliori squadre della lega. Mi perdonino anche Kyrie e KD perché non tesserò (ancora) le loro lodi per un inizio stratosferico di stagione. Però, si può forse lasciare fuori dalle tre più belle sorprese la squadra col miglior record?

La squadra di Monty Williams, comprendendo la Bolla di Orlando, è 13-1 nelle ultime 14. Inoltre, si è rafforzata questa offseason guadagnando in esperienza e leadership con Chris Paul e Jae Crowder, e questo si è trasferito subito sul parquet perché, che si creda o no, i Suns hanno la migliore difesa del campionato con soli 98 punti subiti a partita e solo il 30% da tre concesso agli avversari. Effetto Crowder (vedendo con il senno di poi gli effetti della perdita subita da Miami)? Effetto CP3?

Le risposte potrebbero essere svariate, ma l’unica giusta è quella che suggerisce il record: 5-1. In attacco sono la squadra con il pace più basso della lega, per intenderci tirano molto a ridosso dello scadere dei 24 secondi. Nonostante ciò, hanno una media di 108 punti a partita e ben 6 giocatori in doppia cifra di media: guidati dal solito fenomenale Booker da 20,5 punti, hanno dato un grande apporto ovviamente Paul (13 punti e 9 assist), Crowder (11 punti e 5 assist), Mikal Bridges (15 punti e 5 rimbalzi), l’altra giovane promessa Ayton (12 punti e 11 rimbalzi) e da ultimo Cameron Johnson (13 punti). Oltre a questi si vedrà sicuramente crescere l’apporto offensivo di Dario Saric e di Cameron Payne.

La squadra sembrava aver preso Paul semplicemente perché facesse crescere i giovani con il suo esempio. Eppure eccoci qui,  5-1 dopo aver battuto Mavs (106-102), Kings (116-100), Pelicans (111-86), Jazz (106-95) e Nuggets (106-103) e aver perso di misura con i Kings (106-103).

Quindi credo di dover correggermi – chiedo venia – e dire che questo è decisamente effetto CP3, avendo visto il miracolo dell’anno scorso di OKC. C’è tanta eccitazione nella Valley. E hanno tutti i buoni motivi per farlo.

Mi dispiace per i Pacers, 76ers e Cavs per non aver avuto lo spazio (per l’ultima confesso mi è mancato anche un po’ di coraggio) di metterli nelle piacevoli sorprese di inizio stagione. Ma chissà: magari tra un’altra ventina di giorni starò parlando di loro.

 

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