Dopo due gare-7 e la fine immediata della corsa playoff per Luka Doncic e LeBron James si è concluso il primo turno playoff nella Western Conference con gli Oklahoma City Thunder raggiunti dai Denver Nuggets, prossimi avversari della squadra di Daigneault, dai Minnesota Timberwolves vincitori contro i Lakers e dai Golden State Warriors che questa notte hanno eliminato gli Houston Rockets secondi in regular season e se la vedranno proprio contro Anthony Edwards e soci al secondo turno.

Molte le cose di cui parlare così come gli aspetti da approfondire; facciamo quindi il punto sulle prime 4 serie playoff della parte occidentale del tabellone NBA.

DENVER NUGGETS – LOS ANGELES CLIPPERS 4-3

Denver fa valere il fattore campo e dopo essersi ripresa da una prima parte di serie quantomeno difficile in cui ha rischiato di essere spalle al muro in più di un’occasione supera in 7 gare i Los Angeles Clippers per regalarci al secondo turno lo scontro diretto tra i due candidati all’MVP: Shai Gilgeous-Alexander per gli Oklahoma City Thunder e manco a dirlo Nikola Jokic per i Nuggets.

Che la sfida abbia inizio

Che la sfida abbia inizio

La squadra ora allenata da David Adelman legittima il suo successo con due vittorie casalinghe nette, rispettivamente per 131-115 in gara-5 e 120-101 nella decisiva gara-7, rendendo inutile la vittoria dei Clippers nella sesta partita del 1 maggio e sancendo quindi la terza uscita consecutiva al primo turno della squadra californiana che rimanda ancora l’appuntamento con la finale NBA mai raggiunta nella sua intera storia comprensiva di Buffalo Braves e San Diego Clippers.

Dopo la schiacciata per la vittoria di Aaron Gordon al termine di gara-4 i Nuggets, che potevano essere sotto 3-1 con l’unica vittoria arrivata al supplementare in gara-1, dimostrano a chiare lettere di avere in mano l’inerzia della serie nel frattempo tornata in Colorado e si aggiudicano il vantaggio per 3-2 prendendo da subito la testa della gara, andando in doppia cifra di vantaggio sul 25-15 dell’8′ e mantenendo il controllo delle operazioni per tutto il confronto. Jokic non è in serata al tiro (4/13) ma registra un’altra tripla doppia aggiungendo 10 rimbalzi e 12 assist ai suoi 13 punti e lasciando i riflettori a un’altra grande prova di Russell Westbrook e soprattutto a Jamal Murray, fondamentale nel bene e nel male per i Nuggets.

Westbrook chiude con 21 punti di cui 16 nel primo tempo per contenere i tentativi di rientro dei Clippers che arrivano al massimo a -7 prima di cedere definitivamente nel terzo quarto sotto i colpi di Murray che registra la sua terza miglior performance ai playoff con 43 punti e 8/14 da tre. Come accennato il canadese negli anni è sempre stato un vero ago della bilancia per Denver che nella florida e titolata epoca Jokic ha vissuto i momenti migliori quando il fenomeno serbo ha potuto contare anche sulla vena realizzativa del nativo di Kitchener, Ontario; non è quindi un caso che il quarantello di Murray sia coinciso con la netta vittoria Nuggets.

I Clippers, traditi da James Harden che si ferma a 11 con 3/9 dal campo e a cui non bastano la conferma di Ivica Zubac (27 con 11/15) e la doppia doppia di Kawhi Leonard da 20 punti e 11 rimbalzi (ma 1/4 da tre e 3/7 ai liberi) sono così chiamati ad allungare la serie davanti al pubblico dell’Intuit Dome ed eseguono il compito portando a casa gara-6 per 111-105. Dopo un primo tempo in cui i Nuggets sembrano poter rispondere ai tentativi di allungo locali propiziati dal ritrovato Harden, che mette 21 dei suoi 28 punti nella prima metà di gioco, LA mette il turbo nella seconda parte del terzo quarto raggiungendo il massimo vantaggio del +15 con i punti di Norman Powell e il lavoro sporco di Nicolas Batum, solo 6 punti con 2/5 da tre ma prezioso nell’aprire il campo.

Nell’ultima frazione di gioco però Denver chiude l’area (4 stoppate, 2 di Jamal Murray che chiude con 21 punti e 9/19) e tenta il rientro arrivando a -5 con 28” sul cronometro ma Zubac stoppa Jokic sul tiro del -3 e la gara si chiude sul 111-105 Clippers. Tutto rinviato a gara-7 in cui però Los Angeles sparisce dal campo dopo appena 12′, quelli del primo quarto chiuso 26-21 per la squadra allenata da Tyronn Lue.

Da qui la partita decisiva è un monologo Nuggets con tutto il quintetto in doppia cifra e la soddisfazione per Aaron Gordon, autore di un’ottima serie e del canestro che probabilmente a posteriori l’ha decisa, di fregiarsi del titolo di top scorer con 22 punti e 9/13 dal campo. Ancora una volta Russell Westbrook si unisce ai protagonisti della gara con 16 punti e la capacità di produrre al massimo anche con pochi minuti; sicuramente una delle migliori serie degli ultimi anni per l’MVP del 2017.

La partita si chiude già nel terzo quarto in cui Denver supera i 20 punti di scarto e porta a casa la serie con un eloquente +19 dopo un’ultima frazione di gioco di garbage time. I Nuggets sono ancora vivi dopo le alterne vicende che hanno preceduto l’inizio della regular season (su tutte Mike Malone messo da parte) e si preparano alla sfida con i Thunder partendo con gli sfavori del pronostico ma anche dalla consapevolezza che con un Nikola Jokic sempre migliore col passare delle stagioni nulla è precluso.

Di contro i Clippers archiviano un’altra stagione deludente con James Harden che affonda con tutta la barca; 13 assist per il Barba ma solo 7 punti con 2/8 in gara-7. Molti puntano il dito sull’ex Rockets che però era stato tra i principali artefici dell’ottima seconda parte di regular season della squadra di Lue; la realtà però vede la Los Angeles non titolata ancora a spendere fior di milioni e ancora a mani vuote avendo ottenuto solo una finale di Conference dall’arrivo di Kawhi Leonard. L’ora di ricostruire è arrivata da tempo e sarà bene per il suo pubblico che la dirigenza dei Clips se ne renda conto.

HOUSTON ROCKETS – GOLDEN STATE WARRIORS 3-4

Grandi emozioni, botte da orbi e spettacolo garantito nella serie tra Houston e Golden State con i dominatori della seconda metà degli anni ’10 in vantaggio 3-1, poi raggiunti sul 3-3, infine vincitori al Toyota Center nella settima gara e pronti al secondo turno contro i Timberwolves. La squadra di Steve Kerr ribalta quindi il fattore campo eliminando i Rockets che erano qualificati come secondi e che malgrado la rimonta che ha poi forzato gara-7 sono costretti a chiudere amaramente il proprio ritorno alla postseason con più di qualche riflessione in vista per fare il definitivo salto di qualità.

La grinta di Draymond Green nella decisiva gara-7

La grinta di Draymond Green nella decisiva gara-7

Gara-4 si apre con la migliore delle notizie per i Warriors: Jimmy Butler è abile e arruolabile dopo l’infortunio patito in gara-2 (che non aveva comunque impedito a Golden State di portarsi in vantaggio 2-1 nella serie) La partita è un’altalena di emozioni: Curry e compagni partono fortissimo con le triple di Draymond Green e di un Brandon Podziemski subito infuocato (chiuderà a 26 punti con 6/11 da tre) ma i Rockets rispondono portandosi sul +7 nel secondo quarto spinti da Fred VanVleet che dopo un inizio difficile di serie ritrova la mira e mette 3 triple su 4 nei secondi 12′.

Terzo quarto ancora sull’ottovolante con i Warriors che riprendono gli avversari e vanno sul +10 cavalcando un Buddy Hield da 10 punti (sui 15 totali) nella frazione ma concedono spazio in area ad Alperen Sengun che a sua volta piazza una doppia doppia da 31+10 rimbalzi e spinge i Rockets al pareggio.
Ultima frazione di gioco equilibratissima: Butler incide quando conta, Sengun e VanVleet rispondono colpo su colpo fino all’adrenalinico minuto finale in cui sul 104 pari Jimmy Buckets trova e segna tre liberi sul fallo di Dillon Brooks (11 punti, 0 nella quarta frazione).

Sengun accorcia le distanze a un solo punto di svantaggio Rockets con 40” sul cronometro, Curry sbaglia per il +3, dieci secondi per l’attacco di Houston che però vede Sengun murato da Draymond Green e Butler arpionare il rimbalzo decisivo. La battaglia di gara-4 finisce con l’Oracle Arena in festa per i suoi Golden State Warriors in vantaggio 3-1 e che sembrano avere le mani sulla serie; i Rockets, però, hanno idee diverse.

Al Toyota Center per il primo match point Golden State va in scena un copione totalmente diverso da quello delle due gare precedenti. I Rockets dominano la partita in lungo e in largo, segnano 40 punti già nel primo quarto chiudendolo sul +16 e rincarano la dose costringendo gli avversari addirittura al -27 alla pausa lunga. Amen Thompson è padrone di un’area che rappresenta un punto debole per i Warriors e firma 25 punti con 8/12 assistito dai 15 con 9 rimbalzi di Sengun; Dillon Brooks ci mette finalmente un contributo di sostanza e oltre a costringere Jimmy Butler a soli 8 punti con 2/10 regala a Houston la sua partita offensiva migliore con 26 punti (anche se 2/7 da tre)

Le percentuali non sorridono ai Warriors (35.6% dal campo nel primo tempo) e Steph Curry è condizionato da un problema al pollice sul quale peraltro i difensori di Houston non hanno e non avranno pietà; l’intero ultimo quarto è giocato senza i titolari e Golden State, probabilmente già con la testa a gara-6, cede il 3-2 con un +15 Rockets anche generoso. Al ritorno della serie in California la squadra texana mostra però di essere entrata a pieno titolo nella contesa e riesce a strappare la parità e a riprendersi il fattore campo.

La partita vede Houston mantenere il vantaggio guidata da un infuocato Fred VanVleet (29 con 6/9 da tre e 8 assist) e dominando ancora una volta in area con Sengun ancora sugli scudi (21+14 rimbalzi per il turco) affiancato dai 17 punti del redivivo Steven Adams che dopo mesi, se non anni, di guai fisici riprende il suo ruolo di uomo di sostanza e rimedia anche un accettabile (per lui) 9/16 ai liberi.

A 6’47” dal termine i Rockets sembrano trovare l’allungo decisivo dopo averci provato tutta la gara grazie al missile di VanVleet, la schiacciata di Adams vale il massimo vantaggio sul +17 con 4’40” da giocare e benchè il finale dica alla fine solo +7 Rockets la partita non ha più nulla da dire. 115-107 Houston il finale con Kerr che si lamenta per la difesa, secondo lui al limite della scorrettezza, su Curry e una gara-7 potenzialmente aperta ad ogni risultato.

Come per la serie tra Denver e Clippers però l’atto finale vede il dominio (terzo quarto a parte) della squadra vincitrice che questa volta è quella in trasferta. Non era certo necessario rimarcare come i Warriors fossero più abituati degli avversari alle gare da dentro o fuori e così Houston che aveva trovato la forza di riportare la serie in parità dopo essere stata spalle al muro cede sul più bello segnando solo 89 punti nell’intera partita.

Protagonista assoluto è Buddy Hield che non sarà un top player per una squadra vincente ma con Curry e Butler a sgravarlo da troppe responsabilità può esaltarsi e trova una gara da 9/11 da tre punti e 33 in totale. Da par loro le due stelle tornano a brillare con Curry che aggiunge 10 rimbalzi ai suoi 22 punti con 8/16 (anche se segnando il primo canestro dopo quasi due quarti) e Butler che torna ad incidere con 20 punti e 7/13.

Golden State raggiunge il +14 nel primo tempo prima di subire la reazione d’orgoglio dei Rockets che affidandosi ad Amen Thompson (24 punti con 9/16 e 9 rimbalzi per il gemello di Ausar) riescono a raggiungere il -4 a metà terzo quarto per poi portarsi addirittura a un possesso pieno di distanza con la tripla di Jabari Smith Jr. (unico canestro dal campo) Si tratta però solo del preludio alla definitiva resa: Curry ha ritrovato la mira e segna 19 punti nel secondo tempo dopo i soli 3 del primo, Hield continua a bombardare da ogni dove e sul 104-89 finale i Warriors possono festeggiare il secondo turno playoff.

Houston mastica amaro subendo la quinta eliminazione dai Warriors negli ultimi dieci anni ma può ripartire dalla grande rimonta nella seconda parte della serie e da come Amen Thompson abbia mostrato una crescita importante potendo costituire con Alperen Sengun un’importante coppia di giocatori d’area in una NBA che sta tornando lentamente a riscoprire i lunghi dopo lo small ball della stessa Golden State. L’interrogativo più grande riguarda sicuramente Jalen Green, mostratosi ancora troppo altalenante per essere un vero scorer vincente (solo 8 punti in gara-4) ma anche Dillon Brooks si sta rivelando più bravo con le parole che con i fatti nel suo interpretare il ruolo di villain della squadra che in questa serie ha trovato il corrispettivo ideale ancora in Draymond Green.

I Warriors invece confermano di essere tutt’altra squadra con Jimmy Butler e anche se andranno valutate le condizioni del pollice di Curry la serie con i Timberwolves promette un altro più che interessante confronto tra una squadra ancora giovane alla ricerca dell’acuto definitivo e una ricca di campioni che non vogliono saperne di abdicare.

LOS ANGELES LAKERS – MINNESOTA TIMBERWOLVES 1-4

Non basta un Luka Doncic a fare una squadra da titolo anche se quella squadra si chiama Los Angeles Lakers e a maggior ragione se la stessa squadra, malgrado si fosse specchiata nella (presunta) magnificenza del duo costituito da LeBron James e dallo sloveno, presenta difetti strutturali importanti ormai da anni.

Così i Minnesota Timberwolves, che lo scorso anno liquidarono al primo turno un’altra potenziale squadra da sogno come i Phoenix Suns battuti 4-0 nonostante il trio Durant-Booker-Beal, impiegano solo 5 partite per superare il primo turno e rilanciano le proprie quotazioni per la finale di Conference dopo una regular season con vari alti e bassi.

Anthony Edwards festeggia con Naz Reid

Anthony Edwards festeggia con Naz Reid

Reduci dalla delusione di gara-4 col finale in volata vinto dai Wolves per il 3-1, i Lakers erano chiamati a dare tutto davanti al pubblico della Crypto.com Arena per continuare a credere nel passaggio del turno. Il risultato ha invece visto i lupi del Minnesota allenati da Chris Finch espugnare Los Angeles per 103-96 nonostante abbiano tirato col 15% da tre (0/11 per Anthony Edwards, 2/12 per Donte DiVincenzo) ma potendo contare su Rudy Gobert che senza nessun giocatore d’area in grado di contrastarlo firma una pazzesca doppia doppia da 27+24 rimbalzi e 12/15 dal campo.

Ad affiancare il francese come MVP di gara-5 un Julius Randle ancora una volta sontuoso che chiude con 23 punti e 7/10 da due (per la verità anche 1/6 da tre, seguendo il trend negativo di squadra) e dimostra come la trade che lo ha portato a Minneapolis sia stata vincente per la sua squadra ma anche per quella passata, coi New York Knicks che hanno apprezzato un Karl-Anthony Towns libero di segnare con la difesa di Tom Thibodeau a supportarlo e gli stessi Timberwolves che possono contare su un giocatore più atletico e portato alla difesa come Randle.

Julius Randle, arma in più dei Timberwolves di quest'anno

Julius Randle, arma in più dei Timberwolves di quest’anno

Minnesota parte subito fortissimo in gara-5 andando in doppia cifra di scarto e trovando il solo Rui Hachimura (losing effort da 23 punti e 5/8 da tre per il giapponese) a tentare di opporsi con continuità, tra Austin Reaves con la mira spuntata (2/10 da tre) Doncic fermo a 2/7 dal campo e Gobert pronto a trasformare in schiacciata ogni pallone che trova. Non che abbia fatto tanta fatica a trovarne: questa volta non c’è neanche la finta partenza in quintetto di Jaxson Hayes che resta a sedere tutti i 48′, il ruolo di 5 è affidato a Dorian Finney-Smith e di fatto per vari tratti è LeBron James a provare a fare l’uomo d’area.

I Lakers provano una reazione nel terzo quarto in cui Doncic inizia a segnare con continuità e arrivano prima al -2 con la tripla dell’ex Mavericks a 4′ dalla terza sirena e poi passano in vantaggio con Finney-Smith che colpisce dall’arco con uno di quei tiri totalmente aperti che Luka gli garantiva già a Dallas. Gli ultimi 5′ vedono Minnesota sopra solo di 1 punto a causa delle triple che continuano a non entrare ma la partita finisce definitivamente quando Mike Conley finalmente segna dall’arco dopo 18 errori consecutivi dei Wolves per il +6 con soli novanta secondi da giocare. Da lì i Lakers segnano solo due punti e alzano quindi bandiera bianca; vittoria Timberwolves e stagione finita per i californiani.

Come dicevamo non basta ritrovarsi Doncic per tornare ad essere una squadra da titolo e senza nessun centro (addirittura si è visto per 4 minuti Maxi Kleber) oltre che ruotando praticamente sempre gli stessi giocatori per tutta la serie non si va avanti nei playoff. La verità è che gli errori di costruzione del roster di Rob Pelinka sono sempre lì da quando Los Angeles ha vinto l’anello nel 2020, il coaching di JJ Redick (di cui si diceva che era un predestinato) non può rivoluzionare la situazione e se davvero i gialloviola vogliono una squadra da titolo dovranno fare tabula rasa e mettere su attorno a Doncic una squadra che abbia un senso.

Minnesota guarda ovviamente con fiducia al prossimo turno con i Golden State Warriors potendo contare su più giorni di riposo rispetto agli avversari, già da par loro mediamente stagionati, che hanno vinto in sette gare. Edwards avrà segnato solo 15 punti con 5/19 (tutti pesanti coi Lakers a cercare di allungare) ma ormai è una stella lucente del firmamento NBA ed è più che mai determinato a fare strada anche in un Ovest quantomai competitivo guidando un collettivo affamato di vittorie quanto lui e ben equilibrato tra le prime punte e gregari di lusso come Naz Reid, fondamentale in difesa e nell’aprire il campo, e i difensori esterni Jaden McDaniels e Donte DiVincenzo arrivato con Randle da New York.

Sarà ovviamente il campo a decidere se tutto ciò sarà sufficiente per i Wolves nel tentativo di arrivare in fondo al tabellone della Western Conference, quel che è certo è che gli uomini di Finch non molleranno un centimetro per migliorare le Conference Finals perse lo scorso anno.

One thought on “NBA Playoffs Western Conference: Recap del 1° turno

  1. L’esito di questo primo turno a ovest mette a nudo una problematica del tabellone Nba: è assurdo che Denver, arrivata 4^, debba affrontare la testa di serie n. 1 con fattore campo avverso, mentre Minnesota, arrivata 6^, debba affrontare la n. 7 con fattore campo favorevole.

    Avrebbe avuto molto più senso un re-seed in stile Nfl, con un 1 vs. 7 (Oklahoma City – Golden State) e un 4 vs. 6 (Denver – Minnesota).

    Comunque, da amante delle squadre che non hanno mai vinto, mi auguro una finale Oklahoma City – Minnesota 😊 .

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