Negli episodi precedenti di Breaking Bad…..

 

Quella che leggerete è una storia vera. 

I fatti esposti sono accaduti tra Los Angeles Clippers-San Antonio Spurs del 24 Febbraio e San Antonio Spurs-Sacramento Kings del 19 Marzo.

 

Niccolo’

Ripartire da Los Angeles dopo la pausa per l’All-Star Game è una cosa sempre molto piacevole per Popovich, che non perde l’occasione per ribadire quanto duramente bisogna allenarsi.

Con sette vittorie consecutive gli Spurs hanno agganciato Golden State al primo posto, prima di riscalare causa sconfitte contro OKC, Portland e Memphis. Dubito che centrare la prima seed sia un obiettivo importante, nonché raggiungibile, ma lo scatto fatto nel mese di marzo dimostra come ci sia voglia di assicurarsi almeno il secondo posto, di modo da inserire il pilota automatico il prima possibile e iniziare il DNP-Rest Tour che ad Aprile come tutti gli anni non manca mai. Le due vittorie contro Clippers e Houston hanno mostrato la faccia migliore degli Spurs da regular season; una squadra solida, profonda, che ti strangola attraverso la costanza di esecuzione e la disciplina. Non è una cosa nuova, ma è un buon segnale in vista della post season. Inoltre Kawhi ha deciso che nella lotta al premio di MVP vuole partecipare anche lui ed ha messo insieme delle prestazioni che ci hanno lasciato tutti più o meno così. (Tranquilli che sull’argomento ci torniamo presto)

Fate voi.

Un po’ a sorpresa ― e per sorpresa intendo che ce lo aspettavamo magari più tardi nella stagione ― Pop ha iniziato a lavorare con le rotazioni, complice anche l’infortunio alla mano di Pau Gasol. Con l’inserimento di Dedmon nello starting-five, e con il catalano in uscita dalla panchina, gli Spurs hanno preso due piccioni con un solo colpo. La presenza di Dedmon garantisce migliore rim-protection e una solidità difensiva maggiore (con lui in campo gli Spurs sono la migliore difesa della Lega); uscendo dalla panchina Gasol invece è un’arma tattica molto efficacie e complici anche i ritmi più bassi delle second-unit avversarie ha più margine anche in difesa.

Il lavoro svolto su Gasol però non riguarda solo le rotazioni, ma anche l’utilizzo tattico. Se mentre nella prima parte di stagione veniva usato da facilitatore della trasmissione della Motion e da punto di partenza di tanti giochi, dopo una ricezione statica in post al gomito, adesso gli Spurs lo tengono quasi costantemente al di fuori della linea da tre punti, creando spazio per il gioco interno di LaMarcus e soprattutto rendendo i loro pick-and-roll più difficili da difendere. Per adesso sta funzionando, tant’è vero che Pau non ha mai tentato ma soprattutto segnato tante triple come quest’anno. E Dewayne ringrazia a suon di schiacciate post alley-oop.

Come si trasforma l’AT&T Center, da Rodeo (<3) a casa degli Spurs (<3<3<3)

Con la vittoria al supplementare contro Minnesota (5 Marzo) gli Spurs hanno matematicamente raggiunto i playoff per la ventesima stagione consecutiva. Lo hanno fatto tra l’altro dopo una partita molto valida, contro dei T’Wolves in crescita, guidati da un Towns in versione Tutto Questo Sta Per Diventare Mio E Sono Cazzi. Nonostante i trentaquattro punti di Leonard ― con in sei giorni ne ha segnati 31 ad Indiana 31 a New Orleans 34 a Minnie appunto e 39 ai Rockets due giorni dopo, così per dire ― la notizia migliore di quella partita è stata la difesa di Aldridge. Specialmente nel quarto periodo e nel supplementare ha mostrato che quando vuole sa muovere quel #culone anche contro unicorni come Towns, facendomi riempire il cuore di lagrime e speranze. È inutile ripetere che se Aldridge avrà voglia di difendere anche da Maggio in poi la stagione cambia.

Aldridge che tra l’altro ci ha fatto prendere un grosso spavento per via del riacutizzarsi di un vecchio problema cardiaco. Già nel 2007 a Portland gli era successo, diagnosi di Wolff-Parkinson-White e fuori per i playoff. Fortunatamente l’allarme è durato pochi giorni ― ha saltato solo due partite, entrambe vinte ― e basta vedere la (non) reazione (del cappello) di Popovich per capire quanto importante sia Aldridge per San Antonio. Scalare il tabellone dei playoff senza il tuo secondo miglior giocatore sarebbe stata un’impresa ardua. Bentornato #culone. PLUS: la questione-Aldridge è accaduta all’interno di un grosso annuncio della franchigia per quanto riguarda lo sviluppo medico, con l’annuncio della collaborazione con Methodist Healthcare System. Sempre un passo avanti.

La presunta assenza a tempo indeterminato di Aldridge mi aveva portato a pensare ad una configurazione diversa. Son sincero, sarebbe stata una defezione incredibilmente pesante ma mi ha fatto spostare l’attenzione ogni parte sempre di più se David Lee. Oltre ad un atteggiamento da professionista-veterano impeccabile Lee è anche un giocatore molto importante in uscita dalla panchina: va forte a rimbalzo, è intelligente tatticamente e sa giocare sulla linea di fondo muovendosi molto bene. In una bellissima intervista a Sam Hinkie, l’ex GM dei Sixers sosteneva di essere sempre stato stregato dalla bravura del coaching staff degli Spurs, ma (continuava) se Popovich riesce a far difendere anche Lee allora è davvero un mago. Quello per adesso siamo ancora indietro, ma tornerà utile anche lui. Per di più l’amicizia con Dedmon sembra essere solidissima e questo a me e Francesco piace parecchio.

Mancano tredici partite all’inizio della NOSTRA stagione. Iniziamo ad entrare in atteggiamento da battaglia (emoji di fuoco e bombe a mano a volontà).

BONUS TRACK:

  • una palla spaziale di Ginobili che non ero riuscito a mettere nello scorso episodio e che mi ricorda di quanto anche quest’estate avremo da piangere.
  • Manu che prova a sbagliare un tiro libero ma essendo il giocatore più forte di sempre segna con una parabola beffarda ma al tempo stesso romanticamente perfetta, un po’ come la sua mano mancina.
  • Hyped Pop is the best Pop.
  • Negli scorsi giorni mi è stato chiesto di descrivere cos’è l’amore. Io ho risposto con questa foto.

 

Francesco

Il piccolo principe amava ricordare un concetto fondamentale: L’essenziale è invisibile agli occhi.

La grandezza cestistica di Leonard va oltre le statistiche e ben aldilà del mero accumulo di rating aleatori e di numeri abbacinanti. Il suo impatto è simile ad un iceberg; quella visibile è solo una piccola parte, mentre il 90% del volume complessivo resta sotto la superficie marina. Kawhi fornisce alla causa la versatilità di un coltellino multifunzione (compreso un incremento notevole di efficacia nella pregiata arte del passaggio) e la ferocia finalizzatrice degna del miglior finisseur delle grandi classiche ciclistiche primaverili. Siamo di fronte ad uno dei pochi casi in cui la quantità va a nozze con la qualità e senza tracce di egoismo da superstar all’orizzonte, quale possibile elemento di rottura.

Il numero due nero-argento sta mettendo in scena il remake delle migliori annate di Duncan ma con un contesto probabilmente più fragile ed ancora immerso nella delicata fase di transizione tra il vecchio ed il nuovo corso. Gli Spurs in questa stagione si sono definitivamente aggrappati alla sua leadership silenziosa ed il risultato potrebbe condurre al miglior record ad Ovest. Uno dei maggiori attori co-protagonisti della Lega (di livello assoluto, diciamo il Kevin Bacon del caso) ha completato la sua metamorfosi in mattatore principe (camaleontico come il De Niro dei bei tempi) tanto da reclamare lo scettro di miglior interprete assoluto della tormentata “regular” 2016/2017.

Siamo concettualmente agli antipodi delle scintillanti triple doppie da giocatore Alfa di Westbrook, per certi versi siamo distanti dall’imperscrutabile numero di assist e di giocate dal palleggio prodotte da un sempre più creativo James Harden. Distiamo parecchio anche dal ritmo serrato e dal fascino-paparazzi del duo Curry-Durant.  Siamo poi anni luce lontani dal dominio assoluto (gestito per ovvie ragioni) di LeBron che a Cleveland è in qualche modo costretto  a mediare il ruolo sul campo e quello di executive sottotraccia dei Cavaliers. Se ne facciamo una questione di esplorazione di tutte le fasi del gioco, continuità, capacità di difendere con ragionevole efficacia contro chiunque e tutte le sere nessuno raggiunge il suo verticismo assoluto di completezza. Siamo alla sublimazione del two-way player. In fondo il basket è uno sport cinico e di errori. Se difendi senza stimoli e con scarsa lucidità spesso dominare in attacco non basta a condurre in porto una partita, senza contare l’esempio negativo trasmesso ai compagni ed il diffondersi di una cultura perdente/parassitaria in più di qualche caso. Giocare accanto ad un rapace dominatore di possessi e di inerzia non è mai facile per chi giostra ad un palmo dall’accentratore. Raramente le ultime edizioni dell’MVP hanno in qualche modo tenuto conto dell’aspetto difensivo. Forse solo Harden è stato pubblicamente rimproverato per una tenuta difensiva al limite dell’atteggiamento balneare nelle ultime stagioni.  La mancanza di concentrazione in difesa di RW spesso non è nemmeno oggetto di discussione tra gli analisti. Ovviamente sono compromessi accettabili considerando la mole di lavoro che svolgono per la squadra ed uno dei pochi segnali “umani” di fuoriclasse assoluti.  Compromessi in ogni caso. Il barbuto di Houston e la stella solitaria dei Thunder devono fare i conti con contesti meno ricchi di possibilità tecniche e spesso sono costretti ad indossare il mantello da super eroe per tenere a galla squadra e compagni. Leonard al contrario sembra aver trovato la ricetta dell’equilibrio perfetto tra effort individuale e supporto ai compagni.

In questo caso sono proprio loro che cercano di indirizzarlo verso un maggiore protagonismo in attacco, un concetto assolutamente fuori dal comune per un giocatore franchigia. Non ha bisogno di vedere un dato numero di possessi in attacco per rimanere assertivo, è più attento a non “distruggere” le spaziature dei compagni ed alla miglior selezione del tiro possibile che alla giocata da star, esplora ogni opzione possibile.  Ha sposato la via Duncaniana inserendola in un contesto da esterno con movenze degne dei più grandi interpreti degli ultimi venti anni. Tutto rigorosamente costruito, rifinito, smussato con una quantità e qualità di lavoro fuori dal novero dei comuni mortali. Se decide di inserire qualcosa nel suo arsenale non è mai questione di “se” ma di “quando”.  Nel corso di questa annata sono poi comparsi importanti segnali di leadership pura nei confronti di qualche collega eccessivamente lezioso sul parquet (soprattutto Gasol); elemento che solo un paio di anni fa decisamente carente e che oggi è un fiore all’occhiello.

Leonard fa tutto in silenzio, concede poco alla telecamera e non si abbandona a smodate celebrazioni successive ad una giocata adrenalinica; spesso festeggia guidando la transizione difensiva. Sottotraccia, quasi sempre fluido e poco propenso alla “smargiassata” ed al canestro di puro testosterone pur disponendo di uno chassis fisico in grado di far impazzire i tipografi e gli specialisti web a furia di poster notturni. Se il resto della lega si esalta col testosterone, il treccinato risponde con la concentrazione. I maggiori candidati al premio MVP quest’anno meritano tutti una straordinaria considerazione ed hanno probabilmente aggiunto al proprio gioco qualche elemento aggiuntivo. Kawhi senza ombra di dubbio è quello che in qualche modo riportato in primo piano l’attenzione ai dettagli ed alle fasi meno celebrate del gioco.

Leonard gioca a basket a 360 gradi. Sta viaggiando su cifre da scorer puro “Gervineggianti” senza sacrificare troppa attenzione nella sua metà campo. La sua giocata distintiva più che la schiacciata è la alla rubata con tempismo e prepotenza. Oggigiorno una clamorosa rarità che merita di essere premiata.

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