Alla vigilia dell’ultimo turno di stagione regolare i Ravens guardano dall’altro verso il basso l’intera lega, grazie ad un incontrastato dominio con il quale hanno messo sostanzialmente in riga ogni avversario fattosi loro di fronte. Il tutto subito dopo un discontinuo primo quarto stagionale, nel quale i soliti alti e bassi avevano fatto storcere il naso ai molti detrattori di Jackson e soci, incappati difatti in un paio di sconfitte clutch per i consueti errori pacchiani sotto forma di drop, scellerate decisioni in red zone e fumble clamorosi di regista e halfbacks.

Tre macchie che infatti una volta limitate hanno portato i Corvi a dilagare in largo e in lungo, forti della consueta ferocia difensiva imbastita da Mike Macdonald e di una offense nuova in Todd Monken, upgrade determinante per innalzare le doti del regista corridore e generare un breakout nel rookie delle meraviglie Zay Flowers, nonché riportare a protagonista l’agilità sul profondo del disperso Odell Beckam Jr.

Nomi quindi assolutamente non di spessore rispetto ai vari Hill, Lamb o AJ Brown, target che cambiano d’incanto le prospettive di una franchigia e la visuale del proprio qb, come l’arsenale a disposizione di Purdy a San Francisco, lui MVP front runner che però rispetto a Lamar gode dunque di un dream team offensivo!

Che i designati numeri 1 per via aerea e terrena, Agholor e lo sfortunato Dobbins, non siano oggi i protagonisti dell’incontrastabile cavalcata offensiva di Baltimore conferma perciò quanto detto finora: i Ravens schiantano le difese più con i giochi che con le individualità.

Jackson è tornato d’incanto un crack come nel 2019, ma se in quel periodo la sua fama emerse con 36 passaggi TD e soprattutto 7 su corsa per 1.206 iarde totali, oggi è il Lamar pocket passer che sorprende, dato che persino Stroud, Purdy e Tagovailoa vantano meno yard per tentativo in tale contesto.

La differenza, basilare, che distingue le sue performance odierne dalle vecchie, è data al solito dall’ottima protezione di Stanley e soci e dalla propria capacità di movimento, che disorienta le difese, a quel punto concentrate sulle corsie laterali o big play in secondaria, ma che si ritrovano nella versione di Monken ad affrontare poi molteplici passaggi nello slot fra le 10 e 20 yards post scrimmage, che oltre a causargli la più alta qb rate (96.1) in codesto frangente e limitare rispetto al passato recente gli intercetti, lo portano inoltre a concedere ai suoi ricevitori ben 1800 yard after catch, che nel caso di Baltimore sarebbe più opportuno denominare run after catch, dato che, a parte tight end e WR, ad avvalersi di tali servigi sono soprattutto i running back usciti dai blocchi.

Questa varietà d’azione permette comunque a Baltimore di farsi rispettare pure sul profondo, con la 12° performance per rilasci superiori alle 40 e la 14° oltre le 20!

Stessa cosa per i giochi di corsa, mantra ventennale della casata e tuttora primizia di lega in mete, portate e iardaggio totale, nei quali Harbaugh e Monken chiamano a rapporto quasi tutto il roster, partendo (ovvio) da Jackson, il closer Edwards (13 TD) e il resto dei runnung back, fino ad arrivare agli handoff per i ricevitori.

Baltimore ha così facendo 10 elementi che procacciano yard via terra e 15 su passaggio: numeri che giustificano quindi l’impossibilità di lettura altrui e rivalutano in negativo gli ultimi lavori di Greg Roman, troppo monodimensionale verso gli umori dell’atletico regista. Costui mantiene comunque ancora adesso l’alone di inarrestabile corridore, con 821 rushing yard (200 in più di qualunque altro qb) per 5 segnature e la leadership NFL per aspettative su guadagni terreni!

Se tutto ciò sarà ripetuto ai playoff solo il destino lo stabilirà, specialmente perché di viaggi lunghi in postseason Jackson e i suoi compagni ne hanno fatti ben pochi sinora e non possiedono dunque quell’esperienza adatta a tirar fuori quid necessari per distinguersi nei winner take all.

Certo che il lungo e decantato prologo sulle migliorie tattiche di un playbook così variegato in attacco potrebbe ripetersi anche nelle gare ad eliminazione, e rappresenta un inedito rispetto alle epoche vincenti, quando bastava una tigna fuori dal comune e i vari Ogden, Oher o Bryant McKinnie ad aprire varchi per le corse di Jamal Lewis e Ray Rice, affidandosi poi ai numerosi fuoriclasse difensivi divenuti icone per congelare le vittorie: Ray Lewis, Ed Reed, Ngata, Woodson, Adams e Peter Boulware fra i tanti.

Anche oggi come detto i D-men sotto il controllo di Mike Macdonald fanno la differenza, e se Patrick Queen è oramai il capitano del futuro nonché fuoriclasse all around e Clowney e il subentrante Van Noy rappresentano l’usato garantito, mette letteralmente i brividi vedere i progressi che Roquan Smith sia ancora in grado di compiere dopo 6 stagioni da autentico dominatore dietro la linea, fra intercetti ad una mano, regia intelligente e placcaggi post ricezione, responsabili del secondo posto generale per yard after catch subite.

Impressiona in aggiunta la breakout season di Madubuike, vero incubo delle guardie rivali, uno degli interior pass rusher che qui si è fatto le ossa a fianco di tanti veterani in 4 anni, sfruttando oggi le pressioni che Macdonald ordina nella Edge-zone per piazzare poi sack dall’interno, ben 13, a cui aggiungere 38 tackle, 12 for loss e 32 qb hits!

Anche in secondaria tanta roba, sebbene si registri il calo statistico di Humphrey e Marcus Williams, visto che come per Madubuike pure qui vanno annotate le annate monstre di Geno Stone, settimo giro 2020 da 68 tackle e secondo NFL per intercetti (7) dietro DaRon Bland, e del sophomore Kyle Hamilton, off-ball LB, safety, slot cornerback e persino edge rusher a seconda delle esigenze, nonché miglior coverage safety da 38.4 passer rating e 32.5 expected points added, fonte PFF e NextGen!

I Corvi per tutti questi motivi – e senza dimenticare l’eterno cecchino Tucker – sono adesso i favoriti al titolo secondo Vegas, avranno un salutare bye week fino al Divisional e possono perfino permettersi di schierare le seconde linee nell’ultimo match regolare, benchè contro gli acerrimi nemici di Pittsburgh.

Ulteriormente, scrutando l’eventuale tabellone, dovrebbero evitare sino all’AFC Championship Chiefs, Bills e Dolphins, spesso loro nemesi e  schegge impazzite che è sempre meglio schivare. La plausibile sfida col “rinato” Flacco avrebbe poi il sapore di una clamorosa rimpatriata, anche se con le tenaglie difensive dei Ravens sarà dura vederlo a proprio agio come fatto da quando rientrato.

Vincere è impegnativo e difficile ai livelli eccelsi che offre la NFL, ma l’occasione di arrivare al Super Bowl che si presenta di fronte a Baltimore ora potrebbe non capitare più, specialmente per le crisi (?) che hanno incrinato l’alone celestiale di Kansas City e gli scricchiolii difensivi di Buffalo e Miami.

Lo stesso Harbaugh deve ratificare una volta per tutte di essere un coach importante non solo nella (inarrivabile) gestione dello spogliatoio, ma anche nell’affrontare scelte difficili in gare ad eliminazione o punto a punto, situazioni fra l’altro capitate quest’anno solamente 5 volte con tuttavia ben 3 sconfitte: le uniche!

Il suo compito nella prossima postseason è dunque di continuare a gestire al meglio le tante armi offensive messe in mostra da Baltimore, per togliere al proprio qb tutte quelle responsabilità che in passato lo hanno portato a fallimenti epici nei momenti decisivi.

3 thoughts on “L’occasione della vita per questi Ravens

  1. Dai Mattia non aver paura di dirlo che questo è il vostro anno……GO BILLS 😂

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