I più attenti avranno immediatamente notato un cambiamento nel titolo: il giorno domenica ha lasciato spazio al sabato perché questa settimana il nostro meritato football è iniziato il sabato sera alle 19.
E che inizio!

Non saprei nemmeno io come introdurvi la partita di cui sto per parlare: facciamo che prima riassumo tutto in una riga.
I Minnesota Vikings, sotto 33 a 0 al termine della prima metà di gioco, hanno messo insieme la più grande rimonta nella storia della National Football League calpestando il già trafitto cuore degli Indianapolis Colts ai tempi supplementari: 39 a 36 il punteggio finale.
I primi trenta minuti sono stati un vero e proprio incubo per i Vikings che, con lodevole dedizione, hanno commesso ogni errore possibile: permettetemi di elencarvi asetticamente il risultato di ogni loro drive in questo intervallo temporale.
Punt bloccato e riportato in end zone per un touchdown, fumble, turnover on downs, turnover on downs, three n’ out, pick six e un sobrio punt: in un certo senso è un miracolo che con un ruolino di marcia del genere fossero sotto “solamente” di 33 punti.

In tutto ciò l’attacco di Indianapolis, incarnazione della parola delusione, è stato capace di mettere a segno solamente un touchdown collezionando non uno, non due, non tre ma ben quattro piazzati di Chase McLaughlin: poco male, nessuna squadra nella storia di questa lega è stata capace di risalire da un baratro così profondo.
Inizia la seconda metà e l’attacco di Minnesota, timidamente, comincia a dare segnali di vita mettendo a segno due touchdown consecutivi – di Osborn e del fullback Ham – intervallati da un puntuale piazzato di McLaughlin: tutto quello che volete, ma quando i punti da rimontare superano i minuti rimasti sul cronometro non ha particolarmente senso credere nella rimonta.
Giusto?
Vedete, il problema dei Colts sta tutto nella paralizzante inettitudine che da anni li tormenta e, ovviamente, rispondono alla sfuriata di Minnesota scomparendo dal campo su entrambi i lati del pallone. L’attacco, il cui contributo al 33 a 0 è stato minimo, si smaterializza dimostrandosi assolutamente incapace di mettere insieme un drive da tre-quattro minuti il cui fine ultimo non deve essere quello di aggiungere punti ma “semplicemente” di far correre il cronometro.

Mentre Minnesota continua a risalire la china con il touchdown del 36 a 21 firmato da Justin Jefferson, Indianapolis prosegue imperterrita nella propria opera di autodistruzione restituendo il più in fretta possibile il pallone agli avversari, a questo punto incentivati a scrivere una pagina di storia.
Fortunatamente per loro Cousins fa quello che ci si aspetta da Cousins, ossia sparacchiare un inutile intercetto che, sotto di 15 a otto minuti dalla fine, sembra mettere in ghiaccio la vittoria Colts: ovviamente Ryan e compagni non riescono a tenere il pallone per più di un minuto prima di restituirlo a Minnesota che, incredula e sollevata, si porta sotto di 8 lunghezze grazie al touchdown di Thielen.
Cinque minuti rimasti sul cronometro, un possesso pieno di vantaggio, l’impossibile sta per trasformarsi in ovvietà: cosa si inventeranno ora i ragazzi di Saturday?

Un bel fumble, ovviamente!
Il finale sembra già essere scritto, è naturale che Cousins e compagni pareggino la partita, l’inerzia è totalmente dalla loro parte ma, forse più per amor proprio che per altro, la difesa di Indy abbassa la saracinesca costringendoli a un drammatico turnover on downs nei pressi della metà campo: un primo down, una decina di yard per mettere McLaughlin nella posizione di portarli nuovamente sopra di due possessi, qualsiasi cosa va bene.
Siccome si sta parlando di Colts nulla può essere semplice.

Con due minuti e mezzo rimasti sul cronometro, Indianapolis si trova sul 4&1 sulle 36 di Minnesota: un tutt’altro che banale piazzato da 53 yard di McLaughlin regalerebbe loro la tranquillità del doppio possesso di vantaggio mentre una misera iarda sarebbe sinonimo di vittoria visto che Minnesota ha esaurito i timeout a disposizione.
Che fare?
Un bel turnover on downs, ovviamente: il quarterback sneak di Ryan si spegne con un esaltante guadagno di zero yard.
Palla a Minnesota, quindi, che grata per l’opportunità ci impiega solamente uno snap per acciuffare la chimerica parità: Cousins getta il pallone a Cook che sfruttando l’inettitudine della difesa dei Colts – angoli di tackle, questi sconosciuti – copre tutte e 64 le yard che separavano la sua squadra dalla end zone. La conversione da due, mi sembra inutile specificarlo, è un successo e siamo sul 36 pari.
Indianapolis era sopra 33 a 0.

Un paio di three n’ out accompagnano la partita ai supplementari dove entrambe le squadre assemblano buoni drive da otto giocate che, però, non mettono i rispettivi kicker nella posizione di aggiungere tre provvidenziali punti al già ricco bottino.
Il plausibile ultimo possesso della giornata è dei Vikings che ricevono il pallone con circa un minuto e mezzo da giocare e Cousins, clutch come poche altre volte in carriera, raccoglie una cinquantina abbondante di yard tramite Osborn, Thielen e Jefferson: Greg Joseph firma la storia con un piazzato da 40 yard sulla sirena, i Minnesota Vikings sono riusciti nell’impossibile.

Per scrivere la storia con la esse maiuscola raramente basta la propria virtù, è infatti necessaria un po’ di fortuna e la benevolenza di entità ultraterrene che, in questo caso, rispondono al nome di Indianapolis Colts e Jeff Saturday. Quanto successo sabato sera è abominevole, non è possibile che una squadra sopra di 33 punti a inizio della seconda metà di gioco non sia stata in grado di mettere insieme un drive da più di 6 snap e 26 yard guadagnate.
Tanto di cappello ai Vikings, ma i miei più sinceri complimenti ai Colts che si sono superati per permettere agli avversari di completare la miracolosa rimonta.

Una partita del genere non poteva che essere seguita dall’ennesima sagra dello sbadiglio gentilmente offertaci dai Baltimore Ravens che sono andati a complicarsi la vita perdendo 13 a 3 contro i Cleveland Browns. Il risultato finale in questo caso descrive piuttosto accuratamente quanto accaduto sul rettangolo di gioco, anche se a dirla tutta il gioco di corse di Baltimore è stato estremamente dominante raccogliendo ben 198 yard – 7.1 a portata. Decisivi sono stati un paio di atipici errori di Justin Tucker – due field goal sbagliati di cui uno bloccato – e i due turnover da loro commessi: Cleveland ha giocato una partita ordinata e intelligente nella quale Watson ha comandato con razionalità il reparto offensivo senza mai strafare e raccogliendo consistenti guadagni sul corto-medio raggio.
Non so se con Jackson under center la storia sarà chissà quanto diversa, la risaputa mancanza di ricevitori degni di nome rende impensabile la conversione di gran parte dei terzi down e basta mi fermo, parliamo dei Bills contro i Dolphins.

La situazione a Buffalo era così bucolica che le immagini trasmesse dai nostri schermi sembravano uscite da una cartolina: Buffalo Bills e neve, trovatemi una coppia più iconica.
Il testa a testa fra Bills e Dolphins può essere visto come un vero e proprio anticipo di una partita di playoff: i Buffalo Bills si sono assicurati un posticino ai playoff spuntandola 32 a 29 su degli ottimi Miami Dolphins.
Quella andata in scena ad Orchard Park è stata una partita vibrante e vivace fra due ottime squadre che, pur conoscendosi fin troppo bene, ci hanno offerto uno spettacolo tutt’altro che banale viste le condizioni climatiche: Miami, in particolare, non mi è sembrata affatto condizionata dal freddo e dalla neve.

Questa è una sconfitta che deve far veramente male ai Dolphins e ai propri tifosi perché, a un certo punto, l’inerzia della partita era totalmente dalla loro parte e sembrava che potessero farcela a espugnare un campo nel quale hanno vinto solamente una volta negli ultimi dieci anni.
Dopo un inizio col freno a mano tirato in red zone, Miami è salita di colpi fino a portarsi sul 26 a 21 grazie a un paio di touchdown lanciati da Tua a Waddle e Hill: il terzo quarto, infatti, è stato dominato dagli ospiti che hanno imbrigliato il letale reparto offensivo avversario costringendolo a quattro punt in meno di quindici minuti.
L’ultimo quarto, però, è servito a ribadirci come mai Allen sia un fenomeno generazionale in quanto dopo aver commesso un sanguinoso fumble a termine del primo snap del quarto – recuperato da Miami che ha aggiunto tre punti al bottino portandosi sul +8 – ha riacciuffato la parità con un touchdown ricevuto da Dawson Knox seguito dalla rocambolesca conversione da due firmata dalle sue gambe.

Miami, sciaguratamente, non è stata in grado di mettere punti a tabellone e con sei minuti rimasti da giocare ha riconsegnato il pallone ad Allen e compagni che hanno messo insieme un drive magistrale da 16 giocate che ha di fatto ucciso il cronometro. Buffalo ha convertito tre fondamentali terzi down percorrendo con pazienza il campo fino ad arrivare a mettere Bass nella posizione di trasformarsi in eroe convertendo il calcio della vittoria, un tutt’altro che banale piazzato da 25 yard complicato dalle impervie condizioni meteorologiche.
Il fatto che Allen sia stato in grado di lanciare quattro touchdown in un contesto simile è assolutamente insensato, anche se non posso esimermi dal dovere morale di complimentarmi con Tagovailoa per la buonissima prestazione.

Ci sentiamo domani per il “vero” recap del lunedì.

4 thoughts on “Il riassunto del sabato di Week 15 del 2022 NFL

  1. Non sarei sorpreso se nelle prossime ore i Ravens esonerassero Gregg Roman. Magari gli daranno l’ultima possibilitá con Atlanta con Jackson titolare; con quest’attacco non si va da nessuna parte e anche Harbaugh / DeCosta hanno le loro responsabilitá.

  2. Non sono del tutto sicuro che Miami non sia stata influenzata dalla neve: prima che iniziasse a nevicare abbondantemente, era avanti di otto; poi, quando nell’ultimo quarto ha cominciato a fioccare in maniera abbondante, Buffalo ha siglato un parziale di 11-0.

    Sono contento che abbiamo praticamente conquistato la division e che Allen stia tornando ai suoi livelli, dopo una fase centrale di stagione difficoltosa. Adesso possiamo concentrarci sulla corsa al primo posto della Afc. La sensazione è che si decida tutto la penultima settimana a Cincinnati: vincendo quella, potremmo essere primi; perdendola, potremmo addirittura scivolare terzi.

    Peccato che in una nottata così positiva abbiamo perso un primato a cui tenevo molto: quello della rimonta più ampia della storia. Ma i primati sono così: resistono per decenni e poi vengono infranti quando meno te lo aspetti.

  3. Non è tutto demerito dei Colts, i Vikings questa stagione non muoiono MAI .. vivono di palesi amnesie che riescomo poi a superare mettendo in campo TALENTO…nonsi vincono 11 partite a CASO…

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