Ripartono le analisi della sconfitta del martedì, l’appuntamento settimanale – per quelle poche settimane che ci restano – con le lacrime, il rimpianto e la collera.
Normalmente il Wild Card Weekend, anzi, il Super Wild Card Weekend, è quello che ci mette davanti alle analisi di sconfitta più leggere e ottimiste in quanto, spesso, vengono eliminate squadre che potevano considerarsi contente per il semplice fatto di essere arrivate in postseason. Questa settimana dovrò pure parlarvi di grandi, grandissime deluse da questo primo weekend da dentro o fuori.
Potete rinfacciare quello che volete a questa stagione, ma non sicuramente di essere noiosa.

I Cleveland Browns non possono in alcun caso dichiararsi delusi. La maggior esperienza dei Marroni – in particolar modo di Flacco – avrebbe dovuto permettere loro di spuntarla sui Texans in barba al fattore campo: non è proprio andata così.
La freschezza dei Texans ha sopraffatto i poveri Browns smascherandoli per quello che sono, una squadra troppo infortunata per essere davvero competitiva. Quanto fatto da Cleveland in questi mesi resta comunque assurdo, hanno raddrizzato una stagione – trascinandola ai playoff – in cui sono stati costretti a rinnegare la propria identità, ossia il gioco di corse.

Ripeto, è un miracolo che Cleveland sia riuscita ad arrivare ai playoff senza il quarterback per cui hanno ipotecato il proprio futuro. La loro stagione deve essere celebrata, anche se immagino che la missione dell’offseason, oltre a recuperare Watson, sia quella di trovare una formula magica che permetta al reparto difensivo di acquisire il potere della costanza in quanto dominante in casa e non particolarmente minaccioso in trasferta.
Con Chubb e i tackle titolari nuovamente a disposizione dovrebbero tornare a essere una squadra run first, non quella vista nelle ultime settimane che correva esclusivamente per tenere bilanciate le difese. Cleveland è arrivata ai playoff grazie al braccio destro di Joe Flacco, non sicuramente grazie a Ford o Hunt – che come ariete da sfondamento sulla goal line è risultato essere inarrestabile.

Fra gli imminenti free agent troviamo ovviamente Joe Flacco, l’utile Za’Darius Smith, Shelby Harris e Kareem Hunt. Credo proprio che la riconferma di Flacco sia dovuta, se non addirittura indispensabile. Il 2024 sarà l’anno della verità per Deshaun Watson che alla terza stagione in Marrone dovrà dimostrare per forza qualcosa: anche solo scendere in campo settimanalmente costituirebbe un fondamentale passo in avanti.
Cleveland deve essere orgogliosa della propria stagione che, se non altro, ha ribadito a front office e opinione pubblica che Kevin Stefanski sia un ottimo allenatore. Trascinare ai playoff una squadra macabramente sfigurata dagli infortuni resta un’impresa che, in quanto tale, deve essere celebrata.

Alziamo un po’ il pathos per i Miami Dolphins?
Perdere in trasferta contro i campioni in carica non è assolutamente umiliante, soprattutto se una squadra che vive sul mare è stata costretta a utilizzare un freezer come stadio. Il fatto che Miami si sia messa nella posizione di giocare questa partita a Kansas City e non nell’umidità della Florida, invece, lo è.
Non troppe settimane fa i Dolphins erano in lizza per il primo seed AFC. Un paio di settimane dopo sono precipitati fino al sesto posto. Qualche giorno fa si sono congedati dalla stagione nel modo più anonimo possibile.

Non c’è stata storia. E no, la miriade di infortuni lungo il versante difensivo non c’entra niente. Il reparto di Fangio il suo lavoro l’avrebbe anche fatto costringendo Kansas City al field goal – quasi – sistematico. È l’attacco dei Dolphins che è rimasto incastrato nell’angolo sul fondo del freezer.
Fuori ritmo, senza capo né coda e fastidiosamente sterili. Hill, Waddle, Mostert e Achane neutralizzati dalla scelta di giocare in orizzontale, oltre che dal freddo.

Occorre riflettere seriamente sul futuro di Tagovailoa. Quest’anno è riuscito a iniziare, vivere e concludere una stagione intera in uno stato fisico sufficientemente buono da permettergli di scendere sempre in campo. Dopo un settembre da videogame, Tua è calato sulla distanza fino a spegnersi completamente nel momento in cui una squadra con ambizioni importanti ha davvero bisogno del proprio sedicente franchise quarterback.

Raramente l’ho visto adatto alla situazione quando dall’altra parte si trovava una squadra non per forza più forte, anche solo dello stesso livello.
Adoro Tagovailoa e tifo intensamente per lui, però non posso chiudere gli occhi e girarmi dall’altra parte. Miami, quando conta, perde sempre e mai “nonostante” Tua. Anche se non perfetto, il roster è di primo livello… eppure Miami è impantanata nella mediocrità dell’one-and-done ai playoff. Quando riescono a qualificarsi.
Manca qualcosa a livello mentale. La differenza di rendimento non può essere così marcata contro le avversarie dirette. Non puoi pretendere ne segnino 40, ma almeno che giochino un football efficiente e concreto.

Hanno il roster per fare bene, hanno tutto per fare bene, eppure sono sempre lì.
Qual è il piano per il futuro? Perseverare sperando di arrivare ai playoff in uno stato di forma migliore di quello di quest’anno? Chubb, Phillips e Van Ginkel non giocano in attacco. Ciò che per me rimane sconcertante è come una squadra capace letteralmente di segnarne 70 si spenga quando davvero conta producendone solamente un decimo, 7.
Indipendentemente dalle condizioni climatiche, quanto successo sabato notte resta inaccettabile e non sono sicuro che limitarsi a riprovarci sia sostenibile. Potremmo aver già visto abbastanza.

L’analisi della sconfitta dei Cowboys è quella su cui potrei spendere più parole ma di cui, invece, parlerò meno.
Prendete quanto detto sui Dolphins ed elevatelo al cubo. Sostituite inaccettabile con scandaloso. È scandaloso che io, tu che leggi e voi che leggete riusciamo a farci abbindolare ogni anno: complimenti, ma sentiti, a chi invece si è dimostrato scettico. Tanto di cappello ai negazionisti dei Cowboys perché sì, non credere nei Cowboys a questo punto è sinonimo di sanità mentale – nonché un buon modo per tutelarla.

Ogni anno la stessa identica storia, un disco rotto, scegliete voi l’immagine che preferite. Ottima regular season, tanti punti, un buon numero di vittorie, un paio di giocatori con statistiche individuali eccellenti che conducono all’inevitabile e fisiologico fallimento.
Domenica Dallas non ha perso, è stata umiliata da Green Bay. Il reparto difensivo si è fatto mangiare vivo da Jordan Love e compagni che li hanno sopraffatti senza alcuna difficoltà. Qualsiasi cosa provassero portava a casa guadagni importanti. Ne hanno imbarcati 48: tre touchdown via terra, tre touchdown via aria. Nessuno si è salvato.

Non vorrei però che la debacle difensiva mettesse in ombra quanto – non – fatto dall’attacco. Hanno segnato 16 punti in 54 minuti, un terzo di quelli raccolti fino a quel punto da Green Bay. I due touchdown finali hanno decorato e ridato dignità al punteggio, ma se avete visto la partita avrete sicuramente convenuto che non ce ne sia mai stata una.
La domanda a questo punto è solo una: come possiamo tornare a fidarci dei Dallas Cowboys? Chi se ne deve andare? Chi deve restare per aiutarci a ritrovare la fiducia in una squadra che sta riuscendo nell’ardua impresa di non farsi prendere sul serio malgrado massicce dosi di talento a roster? Cosa diremo l’anno prossimo quando a metà a un certo punto di novembre li troveremo inevitabilmente sull’8-3 o qualcosa del genere? Perché dovremmo fidarci?
Pure in questo caso, siamo sicuri che una continuità facilmente confondibile con inerzia rappresenti la miglior scelta possibile?

Chi non ha nulla da rimproverarsi è Los Angeles. Quanto fatto quest’anno da McVay e Stafford è semplicemente glorioso. Dopo essersi visti presentare il conto dalla win now mode non hanno battuto ciglio, hanno salutato affettuosamente veterani che hanno reso possibile il Lombardi di un paio d’anni fa e dato a un plotone di giovani l’opportunità di giocare con continuità.
Qualche mese dopo possono tirarsi una collettiva pacca sulla spalla e per aver scoperto giocatori che vi indurranno il vomito da quanto ve ne ho parlato recentemente. È mortificante perdere una partita di un punto, ma Los Angeles può guardare al futuro con relativa serenità, hanno trovato le persone giuste attorno a cui costruire le fortune di domani – Stafford permettendo, chiaramente.

Con spazio salariale e un draft “completo”, i Rams possono puntellare un roster che si è già dimostrato di livello. In particolar modo sono rimasto impressionato dalla costanza della linea d’attacco che ha garantito a Stafford una protezione sempre adeguata. Poi con playmaker come Nacua, Williams e un Kupp si spera in nuovamente al 100%, Stafford non dovrebbe aver problemi a dare continuità a quanto appena fattoci vedere.

Perdere così brucia, soprattutto perché Los Angeles si trovava nella mai banale posizione di farsi i playoff con la mente sgombra da pressioni: ciò che fa più male è constatare la realtà dei fatti, ossia che avrebbero potuto mettere in crisi chiunque. Sono andati veramente vicini a fare lo sgambetto ai Lions, per tutto il corso del campionato perlomeno una delle migliori quattro squadre della NFC. Non possono avere molto da rimproverarsi.
Los Angeles, ad agosto, sedimentava nei bassifondi della conference, ora parliamo di loro con grande rammarico per un’eliminazione troppo beffarda per non essere uno scherzo del destino. C’è tantissimo margine di crescita e nel 2024 possono seriamente competere.

Esattamente come Cleveland, Pittsburgh deve essere fiera di quanto fatto. Dopo gli scivoloni contro Cardinals e Patriots avevamo dato per scontato che la loro stagione fosse finita, che in nessun caso potessero qualificarsi ai playoff: un Mason Rudolph dopo siamo costretti a rimangiarci ogni parola.
Con Rudolph under center Pittsburgh si è scoperta efficiente ed esplosiva, due “E” che seppur non esaltanti come le quattro “B” di qualche anno fa li hanno resi comunque pericolosi e concreti.

Ora resta da capire come muoversi per il futuro: a settembre chi sarà il titolare? Daranno un’altra – presumibilmente l’ultima – chance a Kenny Pickett o insisteranno con Mason Rudolph?
Su Pickett hanno investito una scelta al primo round e, solitamente, alle scelte al primo round si dà ogni occasione di questo mondo per farcela e affermarsi come titolari, tuttavia con Pickett l’attacco degli Steelers soffriva di una sterilità che sfociava senza ostacoli nella disfunzionalità.
Con Rudolph, invece, l’attacco funzionava. Anzi, spesso si è rivelato addirittura esplosivo: non a caso Pittsburgh ha cominciato a vincere segnando più di 30 punti, rarità paranormale per ciò che erano diventati gli Steelers negli ultimi anni.

Non sono in alcun caso da includere nella cerchia delle contender, tuttavia con un po’ di chiarezza e stabilità under center hanno dimostrato di saper essere pericolosi per chiunque.
Resta da capire se l’exploit di Rudolph sia sostenibile nel tempo o, per l’appunto, sia stato solamente un magnifico exploit che ha salvato la loro stagione nel momento del massimo bisogno. Chi invece esce da questo campionato con le ossa rotte è Pickett, relegato in panchina nelle settimane decisive della stagione per scelta tecnica, non per infortunio.

La “prestazione” – termine importante per lo scempio di cui si sono resi protagonisti – degli Eagles contro i Buccaneers è destinata a trovare spazio nei libri di storia. Il collasso di Philadelphia degli ultimi mesi è destinato a diventare una dei temi più interessanti della offseason, immagino che non manchi troppo al momento in cui inizieranno a uscire i retroscena perché sì, ce ne saranno tanti.
Non ho parole per commentare quanto visto sul campo, gli Eagles non hanno giocato a football americano. Li ho visti affrontare la partita con l’intensità con cui una squadra sul 15-1 porterebbe a termine l’allenamento del venerdì prima di Week 18. Ho visto gente non completare tackle volontariamente. Ai playoff.

Ammutinamento è l’unica parola capace di rendere giustizia all’orrore di cui si sono macchiati gli Eagles. Non ho idea di cosa sia successo negli ultimi mesi perché malgrado un 10-1 decisamente bugiardo Philadelphia a football ci ha sempre giocato… finché non ha smesso. Qualcosa deve essere successo.
Credo che ci saranno movimenti molto importanti nei prossimi giorni o settimane. Non hanno perso per ragioni tecniche, anche acciaccati restano superiori ai Buccaneers, hanno perso perché evidentemente a tanti andava bene così. I Buccaneers, indubbiamente inferiori da un punto di vista di talento, hanno commesso una miriade di drop che, grazie alla generosità degli Eagles, non hanno avuto modo di presentare il conto.
Insomma, dall’altra parte non c’erano sicuramente i Patriots del 2007.

Si è chiaramente rotto qualcosa a Philadelphia. Le lacrime a bordocampo di Kelce sembrano suggerirci che per lui sia finita: un futuro Hall of Famer come lui meritava un epilogo migliore. Resta da vedere cosa decideranno di fare veterani come Cox e Graham. La posizione di Sirianni è tutto fuorché fuori discussione, ha perso chiaramente lo spogliatoio. L’insoddisfazione di A.J. Brown deve essere sanata il prima possibile. Matt Patricia, a settembre, non può essere il defensive coordinator.
Sarà una offseason lunga e dolorosa quella che si apprestano a vivere gli Eagles. Apprezzo però la coerenza dato che porteranno avanti quanto iniziato in questi ultimi mesi.
Restiamo in attesa di risposte.

12 thoughts on “NFL: lo stato di salute delle perdenti al Super Wild Card Weekend 2023

  1. Dovrà essere una post season di grande lavoro per i Dolphins. Bisognerà rispondere alle seguenti domande:
    – Tagovailoa è un QB in grado di portarti al SB? o forse , come qualcuno anche qui suggeriva, sarebbe meglio intavolare una trade e andare su un QB che dia più sicurezze?
    – Confermare il Coaching staff o apportare qualche modifica? alla lunga la difesa ha retto e dato cmq risultati incoraggianti quindi Fangio per me andrebbe confermato. Ho forti dubbi invece sull’attacco che , come successo lo scorso anno, è collassato sul più bello, o meglio, quando gli avversari hanno capito come contrastare la prima lettura . In quel caso non è esistito una piano B.
    – L’HC sta confermando i limiti che già erano emersi lo scorso anno per quello che riguarda le chiamate, la cura dei dettagli e soprattutto nell’infondere carattere e sicurezza alla squadra. quando il gioco si fa duro questi Dolphins si sciolgono.
    Insomma ci saranno da fare valutazioni a tutto tondo.

  2. Brutto vedere Kelce in lacrime. Spiace soprattutto per una squadra dall enorme potenziale che non è più tale.
    Spogliatoio rotto? Tutti vs siriani?
    Vedremo

  3. Non nomini ma Dak Prescott, sono curioso di sapere che futuro si prospetta per lui. Sia tenerlo che mandarlo via sembrano soluzioni non ideali…

    • Gli concederanno un’estensione paZZesca rovinando il futuro dei Cowboys per i prossimi 5 anni.

  4. A un certo punto leggendo dei Dolphins mi sono chiesto cosa avresti scritto dei Cowboys.
    E l’analisi ed i termini utilizzati sono stati impeccabili.
    Tifo DC fin dal lontano 1982 e mi sono sentito annichilito
    L’HC non è riuscito a trovare un rimedio, uno, a nessuna delle giocate di GB nell’arco della partita. E’ il caso di cambiare e bisognerebbe mandare con lui Prescott se non fosse per il contratto che ha
    Anche se il problema vero è sempre lui: JJ

    • Quella di Phila si sta contornando come una storia triste. Peccato, sembravano avere tutto per riuscire vincere. Ora invece commentiamo quella che non pare solo una sconfitta eccellente, ma addirittura la fine di un progetto.

      • Beh oddio non la vedo così nera.. a parte i 3 giocatori.. kelce…cox e graham..che probabile lasceranno hanno un nucleo abbastanza giovane e forte. Credo più un cambio di qualche allenatore…

        • Il futuro non lo conosco, ma se veramente la squadra si ribella pur avendo come condizione di partenza il SB perso di 3 l’anno scorso, allora c’è qualcosa che tange di grosso.
          Per fare un esempio, non erano certo nella situazione dei Chargers, in cui forse si può anche capire che qualcuno si astenga per dare una spallata a Staley.
          Almeno da come la descrive Mattia, qui non c’è tanto da valutare che siamo di fronte ad un roster completo che se non ha vinto quest’anno, potrà farlo il prossimo. Il problema è che quel roster, per qualche motivo al momento ignoto ha scioperato. E non credo che possa essere un viatico per nulla di buono. Boh mi dà l’idea che questa storia ci allevierà la noia dell’offseason.

          • Anche io curioso di vedere gli sviluppi anche perché tifo Ravens ma dopo di loro vengono gli Eagles

  5. Parlando di Dolphins e Dallas, la situazione mi sembra abbia un nome: losing attitude. Magari ci sono delle spiegazioni tecniche, ma in giro non le trovo. Ci sono i Michael Jordan, ci sono i Joe Montana e i Tom Brady. E ci sono quelli che sono l’opposto, quelli che magari nella situazione tranquilla splendono, ma quando la pressione aumenta si svuotano.
    In genere ogni grande squadra ha dei trascinatori. Possono essere in qualunque ruolo, non conta molto. Certo ci sono un paio di ruoli, l’head coach e il QB, che per la loro centralità in genere possono trascinare il gruppo oppure frenarlo. Al di là del contributo tecnico che apportano. Evidentemente queste squadre non hanno molti di questi trascinatori. Perchè non è tanto la sconfitta (pur determinante, siamo ai playoff) ma il modo arrendevole con cui arriva, a non lasciare tante speranze per le prossime volte.

  6. Reparto difensivo degli Eagles in chiara modalita ammutinamento. I tantissimi ed elementari tackle mancati possono spiegarsi solo così. L’attacco non ha fatto molto meglio, ma non si può ignorare l’assenza di Aj Brown e un Hurts se va bene al 30%. A parte la bomba su D.Smith, l’infortunio al dito non gli ha permesso di lanciare lontano e anche la sua mobilità è parsa più che compromessa da quale problema non si sa. Comunque qualcosa si è rotto nello spogliatoio, vedremo i prossimi sviluppi.

    Non ho visto il suicidio di Dallas. Cowboys che come al solito si sciolgono alle prime difficoltà. Dovranno sicuramente cambiare qualcosa nel coaching staff, mentre molti additano le colpe del fallimento a Prescott alludendo all’estrema necessità di cambiare qb in offseason. E cambiarlo con chi esattamente? In nfl mica vendi uno e ti compri chi vuoi. Non sono il suo più grande fan, ma non trasformiamo DP 4 nel capro espiatorio della mancanza di successi recenti di questa franchigia. Pur con tutti i suoi difetti rimane un top 10/12 qb in nfl. Migliorare la posizione di qb per i Cowboys non è cosi scontato come molti vogliono far credere. Comunque Prescott ha sicuramente le sue colpe, ma io mi chiederei dov’era sabato la formidabile difesa che ha dominato in RS. 45 pts da Love, Doubs, Reed, Winks, Musgrave sono semplicemente inaccettabili. Ciò non toglie che Love da un po’ a questa parte stia giocando da élite qb. Lo stesso che a Ottobre sembrava inadatto per fare lo starter in nfl.

    Kc-Mia si è giocata a una temperatura percepita di -30 mi pare. Ecco, vi inviterei a vedere le statistiche di Tua quando gioca in trasferta al freddo. Condizioni meteorologiche e infortuni non hanno permesso ai Dolphins di essere competitivi per questo Wc. Come per Dak, tantissimi ora a chiedere la testa di Tua. Anche qui: prendendo chi al suo posto? Certo, c’è molto da registrare, dato il record dei dolphins vs le contender, ma aspetterei prima di mandare tutto all’aria.

    Da tifoso Ravens ho una fottuta paura di questi Texans. Hanno fatto sembrare la difesa dei Browns quella dei Chargers di questi anni. Vediamo contro di noi che combinano. E speriamo che l’attacco continui a sembrare quello della Rs, la difesa dei Texans sulla carta non dovrebbe essere inespugnabile.

    Comunque 6 partite, 5 a senso unico. Mi auguro qualcosa di meglio per questi divisional

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