1) Baltimore Ravens (12-3) (+1) Come si risponde alla sfida più catalizzante dell’anno, con tutti gli occhi della nazione addosso, dovendo provare di poter battere la miglior squadra NFL? Esattamente come hanno fatto i Ravens, i quali hanno messo in campo una difesa fisica e aggressiva, sovrastando i 49ers con i muscoli e vincendo la determinante battaglia nei turnover, con ben 5 palloni intercettati che hanno permesso a Baltimore di sopravvenire alla maggior produzione offensiva degli avversari. Ora la discussione sul MVP di Lega si sposta su Lamar Jackson, che sta giocando con la stessa efficienza di quattro anni fa, quando ancora gli infortuni non gli troncavano le stagioni sul più bello, con la conseguenza che l’accreditamento per il Super Bowl è dannatamente concreto stavolta. Sette drive consecutivamente a segno contro una difesa come quella di San Francisco sono lì a testimoniare come Baltimore sia da titolo.

2) San Francisco 49ers (11-4) (-1) A guardare le statistiche offensive è indubbio che i 49ers abbiano preparato la ricetta giusta per rimanere produttivi anche contro la difesa dei Ravens, contro la quale i big play non sono certo mancati. Oltre a non sapere come fermare Lamar Jackson per serie di giochi multiple, i Niners si sono dovuti arrendere alla pessima giornata di Brock Purdy, firmatario di 4 intercetti che hanno rivoltato l’inerzia della gara come un calzino, più un quinto lanciato da Sam Darnold in una fase oramai insignificante della partita. Kyle Shanahan aveva preparato molto bene la gara come dimostrano le 429 yard di total offense, delle quali 308 su passaggio e 121 su corsa, tutte cifre superiori rispetto a quelle avversarie. Tuttavia, la cura del pallone è sempre tra le leggi non scritte più spietate del football, e la lezione sarà senz’altro utile se, come auspicabile, le due squadre dovessero incrociare i caschi anche in febbraio.

3) Miami Dolphins (11-4) (=) Affermazione molto attesa contro Dallas, per modalità di esecuzione e perché i Dolphins sono sempre in debito nel dimostrare di poter vincere anche contro quelli grossi, riuscendo finalmente a togliersi un pò di pressione dalle spalle. La forza di Miami non è stata infatti rappresentata dal consueto gioco ad alta velocità offensiva, ma dalla precisione di un Jason Sanders che ha spedito in mezzo ai pali ben tre conclusioni superiori alle 50 yard, nonché da una difesa che ha limitato le corse avversarie atterrato quattro volte Dak Prescott, perseguitato da un Andrew Van Ginkel in strepitosa forma. Si dice sempre che le squadre ambiziose devono saper conquistare la vittoria in ogni modo in cui riescono, e la prova dei Dolphins è stata della maturità necessaria per fugare i dubbi, in attesa dello scontro con i Ravens che delineerà ancor di più le prospettive del team della Florida.

4) Buffalo Bills (9-6) (=) Costretti a vincere con le spalle al muro ogni santa settimana i Bills hanno tirato fuori il carattere, e approfittando di un favorevole giro di eventi che ha visto molte delle concorrenti ai playoff cadere, si sono messi una posizione insperatamente ottimale per le graduatorie di postseason. Dopo la sonante vittoria contro Dallas, l’attacco ha faticato parecchio a entrare in gara contro i Chargers, alcuni errori ridondanti si sono ripresentati, ma la differenza rispetto alla prima parte di campionato è rappresentata dal modo di reagire diverso, da squadra composta e conscia delle proprie possibilità. Oltre a ciò, il reparto difensivo ha alzato i toni grazie alle determinanti giocate di una secondaria dove spiccano Rasul Douglas e Taron Johnson, oltre al solido lavoro nascosto di personaggi come Ed Oliver, che occupano spazio liberando le giocate dei compagni, o le effettuano di persona, nel caso specifico ammazzando il drive decisivo dei Chargers. Assieme ai Browns, sono la squadra attualmente più scomoda da incontrare ai playoff.

5) Detroit Lions (11-4) (=) Portano a compimento nel miglior modo possibile l’aspra battaglia contro i Vikings, in uno scontro divisionale con implicazioni importanti per entrambe le rivali. L’affermazione, sigillata dall’intercetto decisivo di Ifeatu Meliwonfu, rompe definitivamente un digiuno durato trent’anni, letteralmente un’epoca, donando a Detroit il primo titolo divisionale dal 1993 a oggi, a conclusione di un lavoro di resurrezione della franchigia che Dan Campbell aveva non solo promesso, ma anche eseguito alla lettera dopo una stagione scorsa portata a conclusione in maniera del tutto positiva. Ora c’è il prosieguo dei vari step che staff e management hanno messo assieme in questi due anni, ovvero il mantenere questo livello di prestigio puntando su una squadra giovane, futuribile, ricca di scelte azzeccate al Draft e attrezzata con un condottiero come Jared Goff, che nulla aveva da perdere dopo che i Rams si erano sbarazzati di lui, contribuendo inconsciamente a un pezzo dell’esemplare ricostruzione che i Lions sono stati capaci di mettere assieme.

6) Philadelphia Eagles (11-4) (+2) Tornano finalmente a vincere ma faticano oltre le aspettative contro i Giants, che tra le due sono la compagine sicuramente inferiore, e neanche di poco. Riescono quasi a bruciarsi un confortevole vantaggio per 20-3 con altri due turnover evitabili, tra cui un pick six che fa rientrare New York nel giro di brevissimo, tendenza auto-infilitta alimentata da un’efficienza nelle ultime 20 yard drasticamente diminuita rispetto alla semi-perfezione di un anno fa, con troppi punti lasciati sul tavolo. Preoccupano le troppe giocate concesse dalle secondarie con relativa difficoltà di comunicazione in alcune marcature, alla fine è necessario un intercetto in area di meta per porre fine alla minaccia dei Giants, salvando una vittoria provvidenziale ma eccessivamente faticosa.

7) Dallas Cowboys (10-5) (=) Seconda sconfitta consecutiva contro un’avversaria della AFC East, che delinea il brusco termine di un mese dove l’idea che i Cowboys potessero essere pronti all’assalto del Super Bowl non era poi così fuori luogo. Le ultime due settimane di gioco hanno fatto emergere parecchie problematiche sull’identità di una franchigia che negli ultimi anni ha avuto ogni potenzialità per vincere, senza tuttavia far seguire i risultati. Se a una difesa che ha retto molto bene costringendo gli ultra-produttivi Dolphins ad accontentarsi perlopiù di calci piazzati poco si può imputare, al reparto offensivo pesano le tante occasioni sprecate senza ottenere punti, nel senso che l’efficacia del gioco di Dallas non sempre corrisponde alla bellezza messa dei big play che si riescono a confezionare con soddisfacente continuità. Determinante la pressione concessa su Prescott – e qui l’assenza di Tyron Smith in trincea non può non pesare – così come l’assenza di un gioco di corse in grado di imporsi e l’improvvisa sparizione di CeeDee Lamb da alcuni drive, togliendo al reparto una risorsa essenziale, lasciando l’idea che Vic Fangio abbia nettamente vinto, al di là del punteggio finale ristretto, la gara di scacchi contro Mike McCarthy.

8) Cleveland Browns (10-5) (+1) Vittoria meno spericolata rispetto alle due settimane precedenti, quando questi pazzi Browns avevano fatto saltare tutti dalla sedia confezionando gare elettriche fino all’ultimo, ma fondamentale perché lascia Cleveland in una posizione solidissima, distante dalla confusione che regna nella AFC giusto pochi gradini più in basso. I Browns stanno gestendo i loro destini in maniera esemplare, puntellando un campionato ricco di difficoltà in termini di infortuni, trovando addirittura modo di giocare molto meglio in attacco nonostante la corsa al rimpiazzo. L’intesa tra Joe Flacco e Amari Cooper è cresciuta al punto che il wide receiver è tornato ad essere incontenibile, come dimostrato dalle 265 yard (record di franchigia in singola gara) con due mete con cui il medesimo ha distrutto le secondarie dei Texans, mentre la difesa concede solamente 250 yard recuperando due palloni, mettendo in difficoltà Davis Mills per tutto il pomeriggio. La morfologia della squadra è nettamente cambiata, pungono come prima in difesa, ma hanno aggiunto una dimensione verticale all’attacco, grazie a un trentanovenne dal braccio ancora spettacolare.

9) Kansas City Chiefs (9-6) (-3) Affondati dalle loro stesse mancanze, i Chiefs perdono l’occasione di festeggiare un nuovo titolo divisionale ottenendo la sesta sconfitta stagionale, il numero più alto dell’era Mahomes. E’ fin troppo evidente lo stato nevrotico e pressato di un reparto chiaramente responsabile di un bilancio a cui la squadra non è chiaramente abituata, gli errori letali si sommano e le frustrazioni aumentano, soprattutto per una difesa che ha tenuto Aidan O’Connell e i Raiders a zero completi per tre interi quarti di gioco. La differenza la fa uno snap mal trattato da Mahomes e il conseguente intercetto riportato in meta da Jack Jones, creando 14 punti a passivo nel giro di sette secondi di gioco effettivo. Da lì in poi il tema della partita è sempre lo stesso, la difesa regge qualsiasi cosa e l’attacco non porta a casa niente, lontano anni-luce dall’esplosività che ha contraddistinto gli ultimi quattro anni di dominio.

10) Los Angeles Rams (8-7) (+4) I Rams non sono nemmeno lontani parenti di ciò che furono, dati per morti prima della bye week con un record nettamente perdente. Da allora i ragazzi di Sean McVay sono 5-1 grazie a un corretto bilanciamento tra le prestazioni generali di squadra, soprattutto grazie alla ritrovata stabilità offensiva, che ritrovando i suoi migliori giocatori e per merito di contributi inattesi hanno reso possibile una striscia tra le più calde del momento. Contro i Saints, annientati ben presto prima di farli un pò troppo cordialmente recuperare, i protagonisti sono i soliti, con Stafford a dirigere l’attacco all’unisono con un coach con cui il rapporto è idilliaco, Puka Nacua prosegue nella sua annata da concorrente per matricola dell’anno, Kyren Williams è produttivo al di là dei fumble commessi nelle ultime settimane, Demarcus Robinson sta segnando più di Cooper Kupp ed è una pedina preziosissima nello scacchiere offensivo. Restano da sistemare gli evidenti problemi di special team, con l’ennesima preoccupazione per l’affidabilità del kicker.

11) Tampa Bay Buccaneers (8-7) (+6) Possono questi essere gli stessi Buccaneers che avevano perso sei partite su sette a fine novembre e parevano destinati ai bassifondi di una Division troppo poco competitiva? Ebbene sì, e la rivoluzione porta il nome di Baker Mayfield a caratteri cubitali, grazie ad alcune tra le migliori prestazioni di carriera di un quarterback gettato al rogo per non aver risposto alle potenzialità espresse al College nei primi anni di carriera e ora incaricato di fare da ponte sobbarcandosi la responsabilità di traghettare i Bucs nel dopo-Brady, compito tutt’altro che agevole. Mike Evans continua a essere decisivo con altre due mete, il gioco di corse funziona con la stabilità desiderata grazie alla fioritura di Rachaad White a stagione in corso, e la difesa ha finalmente messo assieme i big play che latitavano in precedenza, facendo dei Buccaneers una squadra degna dei playoff, al contrario di Atlanta e New Orleans.

12) Seattle Seahawks (8-7) (+3) La ricetta adottata da Pete Carroll funziona per la seconda settimana consecutiva, nella quale gli ‘Hawks vincono all’interno dell’ultimo minuto con un touchdown che li mette avanti nel punteggio, prima di effettuare la giocata difensiva giusta per sigillare il tutto. Dopo la straordinaria vittoria nel Monday Night con gli Eagles arriva l’affermazione pure con Tennessee, mettendo assieme una serie di 14 giochi per 75 yard e il passaggio decisivo che il rientrante Geno Smith recapita presso il tight end Colby Parkinson, raggiungendo l’ottava vittoria stagionale che consegna a Seattle il settimo provvisorio posto nella griglia della NFC, davanti a numerose concorrenti uscite sconfitte dall’ultimo turno. Nei momenti più scottanti Seattle alza il proprio livello di gioco e rimane una squadra pericolosa quando non pecca in esecuzione, come dimostrano la freddezza offensiva dimostrata, e la puntualità nel chiudere i discorsi con due sack portati a segno con il cronometro agli sgoccioli.

13) Cincinnati Bengals (8-7) (-1) Ricadono nella fitta rete di pretendenti della AFC dopo aver concesso una delle migliori giornate di carriera a Mason Rudolph, il terzo quarterback degli Steelers, con il neo di concedere una vittoria potenzialmente determinante ai rivali divisionali. La difesa elargisce 34 punti e mete di 66 e 86 yard a un attacco assai problematico, Jake Browning vive una serata difficoltosa lanciando tre intercetti, che portano tutti a conseguenti segnature avversarie, complicando la visuale di una postseason che passa ora da Kansas City l’ultimo giorno dell’anno, tentando un’impresa che comincia ad assaporare di disperazione.

14) Houston Texans (8-7) (-3) C’è un chiaro problema in regia, e il trauma cranico che sta tenendo fuori C.J. Stroud da due settimane è un problema troppo rilevante per non essere notato. L’esplosivo attacco dei Texans ha vissuto un pomeriggio durissimo, con Case Keenum e Davis Mills incapaci di confezionare un completo più lungo di 18 yard in una gara sfuggita presto di mano, dove i Browns hanno pasteggiato a furia di passaggi lunghi. La stagione di Houston sarà comunque un successo viste le attese di pre-campionato, ma meriterebbe quella qualificazione ai playoff oggi molto più dura di prima, per coronare la bellissima storia di Stroud. Non resta che sperare nel suo recupero, vincere tutto ciò che si può, e sperare nei passi falsi degli altri.

15) Indianapolis Colts (8-7) (-3) Impreparati contro un’avversaria mediocre come Atlanta, i Colts rischiano di veder ripetere la triste storia di due anni fa quando, nella stessa situazione odierna, sarebbe bastato loro vincere fino in fondo per assicurarsi i playoff. La situazione si ingarbuglia invece parecchio a causa di una prova offensiva priva di mordente, con Gardner Minshew ben al di sotto delle ultime tre performance, un gioco di corse abbandonato troppo presto nonostante il rientro di Jonathan Taylor, e una difesa che fa correre Bijan Robinson a piacimento. Pesa l’altissima percentuale di completi concessa a Tyler Heinecke, mai pressato sul serio, in un quadro che vedeva i Falcons in netta crisi dal punto di vista della regia, ma più di ogni altra cosa i Colts non sanno valorizzare il loro momento di forma e la contemporanea caduta dei Jaguars, che avrebbero potuto superare in testa alla Division, gettando i presupposti per un finale che potrebbe vederli vincere clamorosamente il gruppo, qualificarsi semplicemente ai playoff, o restarne addirittura fuori.

16) Jacksonville Jaguars (8-7) (-3) Stanno pericolosamente deragliando verso una stagione al di sotto delle aspettative, dopo un dicembre durissimo, colmo di infortuni e problematiche assortite, tra cui una difesa in calo, un kicker impreciso, e un Trevor Lawrence eroico per com’è sceso ugualmente in campo nonostante i molteplici infortuni riportati, ma il cui rendimento è nettamente calato sin dalla gara persa contro Cincinnati. Cinque gli intercetti lanciati nelle ultime tre settimane, uniti a otto sack subiti e un’efficienza drasticamente calata, frutto anche di un reparto ricevitori assai decimato, ma soprattutto quarta sconfitta consecutiva che complica assai le sorti di una squadra che fatica da morire a vincere in casa, in particolare contro squadre dal record vincente, un fattore da tenere fortemente in considerazione qualora i Jaguars riuscissero a qualificarsi per la postseason.

17) Pittsburgh Steelers (8-7) (+4) Vincono in maniera scioccante una partita delicatissima contro i rivali Bengals, cancellando tutto quanto di buono i medesimi avevano mostrato negli ultimi venti giorni. Ammassano ben 397 yard di total offense con Mason Rudolph a spingere i bottoni in attacco, facendo riacquistare quotazioni a un giocatore che ha umilmente accettato il ruolo di terzo quarterback nonostante l’affidabilità dimostrata negli anni, oltre che apportare un’ottimale intesa con il discusso George Pickens, autore di quattro ricezioni per 195 yard e due segnature. La difesa rende misera la giornata di Jake Browning con tre intercetti e un sack, Cincinnati non entra mai in gara e Pittsburgh si conferma così essere una delle compagini più misteriose di questa stagione, tornando a flirtare con la postseason dopo che il treno pareva definitivamente passato.

18) Denver Broncos (7-8) (-2) Lo stop contro i Patriots conferma gli enormi ostacoli offensivi vissuti per tutto il campionato, con il reparto improduttivo all’interno della redzone, fattore che i Broncos non pagano ancora aritmeticamente restando in corsa per i playoff, ma con un cambio in regia che sa di fine corsa per Russell Wilson. Sean Payton non ha nascosto troppo i disaccordi con il suo quarterback e, viste le implicazioni sul salary cap in caso di infortunio, ha deciso che le ultime due partite di regular season saranno condotte da Jarrett Stidham, parte di una serie di valutazioni che il coaching staff dovrà eseguire in ottica del 2024.

19) Minnesota Vikings (7-8) (-1) Non hanno mai una reale chance nonostante il 30-24 con cui escono sconfitti dal confronto con i Lions, diminuendo le possibilità di giocare in gennaio. Il vero problema dei Vikings è il non aver trovato un quarterback affidabile in sostituzione di Kirk Cousins, nonostante la notevole bravura del coaching staff nel rendere il più funzionale possibile l’attacco contando sull’apporto di una difesa molto forte. Nick Mullens lancia ben quattro intercetti demolendo le speranze di Minnesota, che spreca una performance straordinaria da parte di Justin Jefferson, circense nel convertire un terzo e 27 determinante per la prosecuzione di un drive. A corredo di una stagione disgraziata dal punto di vista medico, perdono anche T.J. Hockenson per la rottura del crociato.

20) Las Vegas Raiders (7-8) (+3) Escludendo la pallida figura contro i Vikings di quindici giorni fa, i Raiders sono una delle squadre maggiormente trasformate della seconda parte del campionato. Las Vegas è 4-3 da quando Antonio Pierce è diventato head coach a titolo provvisorio, in questo frangente la difesa ha giocato alcune gare di altissimo livello proprio come accaduto contro i Chiefs, annichiliti dai due touchdown difensivi rifilati a pochissimi istanti di distanza l’uno dall’altro, mostrando una sagace capacità di capitalizzare sugli errori dei campioni in carica. Tra le sorprese di giornata, il risultato finale va tuttavia ben analizzato, e da qui emergono numerose considerazioni da farsi sul ruolo di quarterback, con Aidan O’Connell impossibilitato a completare un solo passaggio per tre quarti consecutivi. Difesa e gioco di corse ci sono, se trovano un quarterback degno di tale nome, i Raiders sono senz’altro da playoff. La cosa curiosa? Sono ancora in corsa per vincere la Division, finché la matematica non li condanna.

21) Green Bay Packers (7-8) (-1) L’attacco diretto da Jordan Love ha trovato funzionalità e armonia, come dimostrato dall’ottima distribuzione nelle soluzioni offensive, e un’intesa cresciuta nei riguardi dei ricevitori. Finalmente in discreta salute, si rivede pure il vecchio Aaron Jones, con 127 yard a referto in quella che è sempre stata una componente fondamentale nella diversificazione dell’attacco dei Packers. La difesa è il chiaro punto debole, al punto da giungere a pensare che dopo aver concesso 30 punti a Carolina e aver rischiato di gettare alle ortiche una tale prestazione offensiva, il reparto sia completamente da ristrutturare.

22) Atlanta Falcons (7-8) (=) Proseguono i misteri che navigano la mente di Arthur Smith, che per l’ennesima occasione ha dato segni di discontinuità nell’utilizzo del suo rookie di punta, Bijan Robinson, messo nuovamente al centro dell’attacco con ottimi risultati. Funziona bene l’alternanza tra questi e Tyler Allgeier, anch’egli produttivo con 88 yard e una meta, fattore fondamentale per una partita agevole da parte di Taylor Heinicke, il quale tiene alta la percentuale di completi grazie a un piano schematico semplice, che punta finalmente sull’utilizzo dei migliori giocatori a disposizione. Vincono inaspettatamente contro i Colts limitandoli a 10 punti, asseverando la bontà del reparto difensivo, ma l’attacco resta il motivo per cui Atlanta non farà quasi certamente i playoff, nonostante ne avesse le potenzialità.

23) New Orleans Saints (7-8) (-4) Dominati dai Rams per tutta la prima parte della contesa, riescono a rimontare il punteggio rendendolo meno pesante, ma evasivo nei confronti del reale svolgimento della competizione. I Saints non sono una squadra da postseason e l’hanno dimostrato con la discontinuità messa in campo per tutto l’anno, rappresentata dalla disfunzionalità offensiva e la saltuaria resa difensiva, entrambi fattori preponderanti nel prendere uno svantaggio di 27-7 nella gara più importante dell’anno, contro un’avversaria di identico bilancio, stesse necessità, ma differente voglia di vincere.

24) Chicago Bears (6-9) (+1) Ottengono oltre 400 yard di total offense contro la povera difesa dei Cardinals, e proseguono nel loro percorso di costruzione a lungo termine vincendo la sesta partita di stagione, confermando una buona struttura di base difensiva in ottica dell’anno prossimo. Mettono in campo un attacco in grado di correre per 250 yard, ricevendo la solita grande prova a terra da parte di Justin Fields, ancora insufficiente tuttavia come passatore di fiducia.

25) Tennessee Titans (5-10) (-1) Perdono a 57 secondi dal termine una gara combattuta contro Seattle, con Ryan Tannehill a sostituire l’infortunato Will Levis in quello che sarà probabilmente il suo ultimo giro in giostra. Destino simile per Derrick Henry, il quale si riscatta con 88 yard e una meta, e per DeAndre Hopkins, elementi in là con l’età per una squadra che ha necessità di rifondare partendo da basi giovani e futuribili, e che dispone di ottime risorse in termini di salary cap. I Titans non sono stati competitivi in una Division non più dominata da Jacksonville come a inizio anno, una ragione in più per provare rammarico, dato che con un paio di vittorie in più ci si sarebbe addirittura azzardati a strappare un biglietto per il mese di gennaio.

26) New York Jets (6-9) (+2) Partono fortissimo mettendo sotto i Commanders per 27-7 in maniera facile, sfruttando la splendida giornata di un Breece Hall incontenibile, che colleziona 191 yard totali e due mete. Misterioso, poi come una difesa che vorrebbe appartenere al top di Lega possa concedere agli avversari addirittura il vantaggio con un quarterback di riserva in campo, non trovando improvvisamente più alcun modo per fermare un reparto offensivo mediocre. Alla fine Trevor Siemian dirige il drive che porta alla conclusione della vittoria da parte di Greg Zeurelein, ma non elimina certo la sensazione di spreco e disfunzione che da troppo tempo aleggia presso i biancoverdi.

27) New York Giants (5-10) (-1) Finito – finalmente – il folklore dedicato a Tommy DeVito, i Giants tornano alla normalità, lasciando in panchina il backup dopo un primo tempo totalmente inefficiente. La difesa contribuisce a far rientrare i Giants in partita contro gli Eagles, Tyrod Taylor si dimostra essere il miglior quarterback a roster continuando a orchestrare drive produttivi, contribuendo ai 22 punti segnati nei due quarti conclusivi di una gara che sembrava già abbondantemente persa.

28) Los Angeles Chargers (5-10) (-1) Segni di vita contro Buffalo dopo la memorabile scoppola presa dai Raiders, tuttavia i Chargers hanno troppe problematiche offensive per demerito di resa nel gioco di corse e infortuni per poter seriamente pensare di sorprendere i Bills, per quanto la difesa sia riuscita a contenere gli stessi per lunghi tratti di competizione. Segnano una meta nel primo tempo, ma il maggior contribuente offensivo è Cameron Dicker con cinque field goal a bersaglio.

29) New England Patriots (4-11) (+2) Dominano inaspettatamente i Broncos per tre quarti di gara, per poi giungere quasi a cedere dinanzi alla furiosa rimonta avversaria. Bailey Zappe gioca una buonissima partita confermando l’altalenzanza del rendimento, in una gara dove spicca il contributo di Demario Douglas, determinante per sopperire al deserto offerto dalle corse. Risolve il criticato Chad Ryland, che centra i pali con un calcio di 56 yard dopo i disastri combinati in precedenza.

30) Arizona Cardinals (3-12) (+1) Difesa disastrosa, ma questo lo si sapeva anche a inizio anno, mal bilanciata da un attacco che dal rientro di Kyler Murray ha vissuto qualche lampo, ma nulla più. Con una posizione alta nel prossimo Draft sarà interessante capire la tipologia di manovra del front office, in una situazione che vede un quarterback in possesso di un contratto altissimo e numerosi prospetti che fanno gola, per una compagine che ha tantissimi vuoti da riempire prima di poter pensare di tornare a competere seriamente.

31) Washington Commanders (4-11) (-1) Per la seconda settimana consecutiva si ripete la stessa tematica, con Sam Howell completamente inefficace fino a giungere al richiamo in panchina, e Jacoby Brissett a dirigere più drive che terminano facilmente a punti, tanto da riacciuffare una gara contro i Jets che sembrava compromessa già a inizio terzo quarto. Dopo il touchdown del sorpasso riescono nell’impresa di far marciare New York in breve tempo per il field goal della sconfitta, utile solo a migliorare la posizione di scelta al Draft. Il pallone schizzato dalle mani di Jamison Crowder, senza alcun tipo di contatto, su un punt return, è il simbolo di una stagione disgraziata. Peccato sia l’ennesima.

32) Carolina Panthers (2-13) (=) Sconfitta che non migliora la posizione critica dei Panthers, ma solleva senz’altro il morale generale dopo una lunga battaglia portata a termine contro i Packers, grazie alla miglior prestazione professionistica di Bryce Young. Il giovane quarterback ha finalmente mostrato alcune delle capacità che l’avevano distinto al College effettuando big play con sufficiente costanza, donando una dimensione verticale sinora mai vista a un attacco altrimenti asfittico. Se la sono giocata fino in fondo, hanno perso segnando 30 punti, ma sentono comunque una sensazione di sollievo data dal visibile progresso delle ultime due uscite, dove sono stati se non altro competitivi.

 

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