I New York Giants sono reduci da due tra le peggiori stagioni degli ultimi quarant’anni. L’arrivo di coach Shurmur in sostituzione del pessimo McAdoo dopo la stagione 2017 da appena 3 vittorie, non ha impresso il cambio di trend che ci si aspettava e anche in vista del 2019 le previsioni sembrano abbastanza negative.

Il GM Gettleman e il front office sono stati particolarmente attivi da marzo ad oggi ma difficilmente si sono letti o ascoltati pareri particolarmente favorevoli riguardo a quanto è stato messo in atto dalla dirigenza e anche se siamo aperti all’evenienza che la prossima o le prossime stagioni della franchigia della Grande Mela ci contraddicano, i dubbi sul percorso intrapreso rimangono molti e fondati.

Nell’agosto scorso Gettleman aveva reso Odell Beckham jr. il wide receiver più pagato della NFL. Meno di un anno dopo OBJ è stato spedito direzione Cleveland. Un’operazione che può trovare delle spiegazioni anche valida ma che dà chiaramente l’idea di una franchigia che naviga a vista. La squadra risulta ulteriormente depauperata dagli addii di Vernon – coinvolto nello scambio insieme a Beckham – e soprattutto di Landon Collins, ad oggi la miglior strong safety in circolazione ma che malgrado ciò è stato lasciato andare in free agency – e stando a quanto Collins stesso ha lasciato intendere senza fare neppure troppa opposizione – firmando infine coi rivali divisionali di Washington.

Non si può poi tralasciare la questione quarterback, la quale da qualche stagione rappresenta una costante nella polemica mediatica che inevitabilmente – e d’altronde siamo a New York – avvolge la franchigia e che è stata ulteriormente rinvigorita da quella che è la più clamorosa (e inspiegabile) mossa dell’offseason dei Giants, ossia l’aver selezionato con la sesta chiamata assoluta al draft il prodotto di Duke Daniel Jones. Una scelta che ha scatenato tumulti ancora oggi non placati, sia perché Jones sarebbe stato verosimilmente disponibile più in basso nel draft sia perché ci si aspettava un altro tipo di scelta volta ad andare a coprire uno i tanti buchi del roster.

Jones è diventato un incolpevole bersaglio anche fin troppo semplice, come del resto, negli ultimi anni un bersaglio a cui sparare a profusione è Eli Manning, che sebbene sia in declino palese ha subito critiche troppe volte ingenerose e oltremisura. Il due volte campione NFL sarà comunque il titolare per il 2019 con il compito ulteriore di favorire la maturazione del suo giovane backup.

Se vogliamo trovare un elemento brillante nella complicata realtà dei Giants dobbiamo inevitabilmente andare su Saquon Barkley. Forse l’unico vero motivo in grado di spingere gli appassionati a seguire i match dei NYG nell’ultima annata di football. Il running back da Penn State ha rispettato le previsioni che lo accompagnavano in uscita dal college, anzi possiamo dire che ha anche esagerato, mostrando domenica dopo domenica una combinazione di potenza, resistenza, velocità, equilibrio e intelligenza muscolare che ne fanno uno dei giocatori più elettrizzanti in circolazione, oltre che uno dei primi tre running back del campionato.

La separazione da Beckham carica di responsabilità Sterling Shepard tanto più se consideriamo che il miglior free agent acquisito in offseason da New York ovverosia Golden Tate salterà per squalifica le prime quattro partite. Saranno presenti anche per il 2019 i due ex Broncos Cody Latimer e Bennie Fowler con la speranza che il loro rendimento possa migliorare un 2018 abbastanza anonimo. Completano il pacchetto ricevitori l’ex Carolina Russell Shepard, T. J. Jones in cerca di un rilancio dopo le annate complesse in quel di Detroit, Alonzo Russell e le due matricole Scott e Slayton.

Uno dei giocatori da tenere sotto osservazione è il tight end Evan Engram, reduce da una stagione da “sophomore” deludente e dunque chiamato a rimettersi in carreggiata. I due backup Rhett Ellison e Scott Simonson non sembrano comunque in grado di metterne in discussione il ruolo da starter anche nel caso in cui le sue prestazioni non dovessero essere soddisfacenti.

Chiudiamo la panoramica sull’attacco dei Giants con l’analisi della offensive line, reparto che nonostante l’aggiunta di Nate Solder nell’ultimo anno ha performato sotto le aspettative. Si riparte ovviamente dall’ex OT di New England, il quale dopo un 2018 mediocre sarà di certo motivato a dimostrare di valere anche al di fuori del sistema Patriots e senza la guida del maestro Dante Scarnecchia. Nell’ambito della trade con i Browns è arrivato poi Kevin Zeitler, che sarà la RG titolare e rappresenta indubbiamente un aggiunta di alto livello al fianco dell’altra guardia Will Hernandez. La slot di starting center è contesa tra Jon Halapio, reduce da una stagione 2018 chiusa molto presto per un infortunio, e l’ex Chargers Spencer Pulley, mentre nel ruolo di right tackle vedremo Mike Remmers con Wheeler come primo backup.

Il defensive coordinator James Bettcher non è riuscito a replicare quanto di buono aveva fatto in precedenza ai Cardinals e considerando l’impoverimento del reparto difensivo non sarà semplice arrivare imprimere una spinta positiva.

Esclusa l’enigmatica scelta di Jones alla sei, i Giants hanno draftato alcuni prospetti particolarmente intriganti. Tra questi i due cornerback DeAndre Baker e Julian Love. Il primo è probabilmente il migliore nel ruolo tra i rookies, viene da una scuola difensiva di alto livello, quella di coach Kirby Smart a Georgia, e ha tutto ciò che serve per poter incidere al piano superiore sin da subito. Mentre Love, uscito da Notre Dame, pur partendo indietro nelle gerarchie iniziali possiede le qualità per ambire a togliere il posto nell’undici titolare all’esperto Janoris Jenkins, soprattutto se l’annata dell’ex Rams dovesse continuare sulla falsariga della precedente. A Jabrill Peppers l’arduo compito di sostituire Landon Collins a fianco del veterano Antoine Bethea, già allenato da Bettcher ad Arizona. Dietro di loro Michael Thomas, riserva affidabile e asso dello special team.

I due giocatori chiave nella 3-4 di Bettcher potrebbero essere gli OLB Markus Golden e Lorenzo Carter. Dal prodotto di Georgia ci si attende un ulteriore step in avanti dopo una discreta rookie season mentre Golden ha ritrovato il suo ex defensive coordinator nella speranza di ritrovare la brillantezza del 2016 disputato in maglia Cardinals, la miglior stagione della sua carriera a cui sono seguite poi due annate complicate anche per via dei problemi fisici. Qualora i due edge rusher dovessero deludere le aspettative le conseguenze sarebbero nefaste considerando che Kareem Martin non è propriamente un falco mentre il rookie Oshane Ximines è un prospetto interessante ma difficilmente in grado incidere nel breve periodo. I due inside linebacker titolari saranno B.J. Goodson e Alec Ogletree, non troppo convincente nel suo primo anno a New York, con Stupar e Tae Davis a fare da riserve.

La defensive line potrà contare sul talento del prodotto di Clemson Dexter Lawrence, che in una 3-4 potrebbe tranquillamente giocare da nose tackle ma col ruolo già assegnato a Dalvin Tomlinson vedremo agire da three-technique. Il terzo della linea di difesa sarà in linea di massima B.J. Hill, già positivo durante il 2018, con Olsen Pierre come primo backup di indubbia qualità, in grado di sostituire chiunque dei tre titolari. Attenzione anche al prodotto di University of Miami R.J. McIntosh, giocatore interessante e versatile che nella sua prima annata tra i pro non ha potuto mostrare le sue doti.

Lo special team allenato da Thomas McGaughey è tra i migliori della lega e Aldrick Rosas e Riley Dixon, rispettivamente kicker e punter, sono stati confermati anche per il 2019.

La stagione che sta per iniziare si prospetta verosimilmente complessa per i Giants. Probabilmente sarà un’annata utile più che altro in funzione della crescita dei giovani, non solo Daniel Jones ma anche i vari prospetti difensivi di talento selezionati negli ultimi draft. Di certo New York e i Giants non sono il contesto ideale per lavorare a progetti di lungo respiro e nel caso in cui il 2019 dovesse prendere una piega oltremodo negativa c’è il rischio per Shurmur di chiudere mestamente dopo due sole stagioni la sua esperienza da head coach replicando quanto accaduto in passato nella sua unica precedente esperienza da allenatore in quel di Cleveland.

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