Un indizio è un indizio, due sono una coincidenza ma tre indizi fanno una prova.
Non si tratta di un giallo, ma i suoi elementi tipici come stupore e sorpresa si addicono perfettamente al magico inizio degli Indianapolis Colts che, con 3 partite vinte su 3, sono la grande sorpresa di questo inizio stagione.
Chiariamoci: l’annata è ancora lunga, anzi lunghissima, l’intento dunque non è quello di ritrarre le caratteristiche di una possibile contender, poiché solo il tempo ci darà misura della reale consistenza della squadra di coach Steichen, allo stesso tempo però è impossibile ignorare o trascurare l’exploit offensivo di Jones e compagni nel corso di questo primo mese di NFL; lo scopo è quindi quello di analizzare quella che è stata sino ad oggi una delle vicende più inaspettate dell’intera lega.
Il calendario è stato sicuramente agevole, ma i Colts non hanno semplicemente vinto 3 partite: ciò che colpisce maggiormente, infatti, è la portata delle statistiche offensive messe a referto, rese ancora più sbalorditive dal fatto che sia stato Danile Jones a produrle.
Jones, infatti, è reduce da una stagione decisamente negativa, segnata dall’essere stato tagliato dai Giants dopo aver perso il posto da titolare, appena una stagione e mezza dopo il faraonico rinnovo.
L’ex New York però evidentemente non si è perso d’animo e, dopo essere stato messo sotto contratto da Indianapolis durante l’ultima off season, ha approfittato dell’occasione, per strappare il posto da titolare a Richardson tra lo stupore generale, relegando il ruolo dell’ex Gators a semplice backup.
I Colts nell’ordine hanno vinto a Miami battendo i Dolphins 33-8, successivamente hanno sconfitto in casa i Broncos 29-28 e nell’ultimo fine settimana hanno avuto la meglio sui rivali divisionali dei Titans grazie ad un roboante 41 a 20.
Nell’arco delle prime due partite la franchigia dell’Indiana ha segnato consecutivamente durante i primi 10 possessi avuti a disposizione (prima volta nella storia della NFL), il primo punt stagionale è arrivato solo nel corso del 20esimo possesso a disposizione e, al termine di questa striscia di 3 partite, i possessi conclusi con punti a referto sono stati 20 dei 26 avuti a disposizione (77%), valevoli per 103 punti ovvero il primato della lega in tale statistica.
Attualmente Jones è 3° nella lega per yards lanciate (816), ha una percentuale di completi del 72% ed il suo score personale recita 3 TD e 0 intercetti!
Questi sono solo i numeri, di per sé anonimi, utili però a rappresentare l’efficienza di un sistema che il campo ha premiato per la capacità di applicare una serie di principi e risultare funzionale per gli interpreti chiamati a eseguirlo, a partire da Jones stesso.
Il QB con il numero 17 sulle spalle ha saputo trarre profitto dal running game, guidato ovviamente da Jonathan Taylor, attualmente dal punto di vista statistico il migliore della lega viste le attuali 338 yards ottenute, cifre incredibili che chiaramente rendono più efficace anche l’uso della stessa playaction, utilizzata nel 37% per cento dei tentativi di passaggio del quarterback ex Giants.
Sommando l’efficienza del gioco di corse con la velocità del rilascio della palla, tenuta dal quarterback per meno di 2,5 secondi nel 50% dei suoi tentativi di lanci, il risultato è la capacità di ottenere successi nei primi down, riuscendo spesso a limitare le situazioni di terzi down lunghi ed evitando così per l’attacco circostanze particolarmente scomode o sfavorevoli.
Jones stesso è migliorato sotto un serie di punti di vista, in primis la presenza nella tasca che da statica, come risultava essere lo scorso anno, sembra migliorata; grazie a ciò, il numero percentuale di pressioni tradotte in sack è nettamente diminuita.
Inoltre, anche la precisione stessa dei lanci è stata perfezionata, questo risulta evidente dal miglioramento percentuale degli “on target throws” per passaggi tentati.
Probabilmente, soprattutto con il senno di poi, ciò che ha maggiormente influito nella scelta di privilegiare Daniel Jones rispetto a Richardson, oltre agli evidenti progressi già citati, è stata la stabilità e la costanza che il primo ha mostrato, caratteristiche decisamente più adatte ad un sistema ricco di playmaker come quello di questa squadra in cui militano, oltre al meraviglioso Taylor che forse è il vero campione del gruppo, il TE Warren al primo anno, duttile per capacità nel bloccare e ricevere, nonché le armi Pierce e Pittman JR.
Richardson, invece, è un giocatore più esplosivo ma incostante, meno adatto al controllo necessario per gestire e interpretare al meglio il sistema offensivo della squadra, ma attenzione a dare per morta la carriera del numero 5.
Quella di Jones è una storia che ripropone la parabola di chi è stato inizialmente penalizzato da una lega dai rapidi processi decisionali e condanne talvolta frettolose, ma a cui è stata offerta una seconda possibilità e maturità e talento hanno permesso di coglierla, vedasi le carriere di Mayfield e Darnold. Richardson è giovane, ha mostrato sprazzi di talento ma la sua avventura da starter si è conclusa prima del previsto, non è forse l’identikit perfetto per questo tipo di storie!
Quanto ai Giants invece, che necessariamente citiamo visto il record opposto maturato rispetto al QB da loro scaricato, personalmente non mi sento di farne le vittime di un ingiusto processo a posteriori, visto che io in primis lo scorso anno non ho stentato a immaginare il binomio Daboll-Jones come logicamente concluso date le indicazioni del campo. Cronache del genere, volendo, sono caratterizzate dalla presenza di porte girevoli: New York, dunque, dopo aver salutato Jones, ha messo sotto contratto Russell Wilson, ma soprattutto scelto Dart durante l’ultimo draft che, nella prossima giornata, esordirà indossando la casacca blu.
Un eventuale suo exploit renderebbe la redenzione di Jones un così detto effetto farfalla, gradito e sperato ovviamente dal pubblico della grande mela, che ripone in Dart le sue speranze.
Studente universitario, appassionato di football americano e, ormai piĂą in generale, degli sport a stelle e strisce, dopo essere rimasto stregato in etĂ adolescenziale dalla palla ovale e dal mito che la avvolge.
Tifoso delle franchigie di Chicago dopo aver vissuto qualche mese nella Windy City, qualora ve lo stiate domandando, tra Cubs e White Sox tifo per i Southsiders.

