Sono le 12.50 a New York, le 18.50 italiane di un normale 6 aprile. Quando un disco in una partita di hockey viene scagliato con una violenza inaudita verso la porta, in un gol, un numero 8 esulta, è il minuto 7’26 del secondo periodo, poi si lancia pancia a terra sul ghiaccio ed esulta, ha segnato contro la squadra di casa ma tutta l’arena è in piedi a saltare, un quell’attimo la storia si è scritta, Alexander Ovechkin ha segnato il suo gol numero 895 in carriera, ha distanziato di un gol Wayne Gretzky (per La Gazzetta dello Sport G R E T Z K Y, non tale Gresky) presente in tribuna e pronto a passargli il timone della leggenda.
La leggenda del Great 8
Scusate il ritardo, ma Ovechkin è nella storia.
Son sempre il solito, vorrei ma non posso, posso ma non vorrei, ma quanto ho inseguito questo record? Sì, io, perché son cresciuto nella generazione di Ovechkin e Crosby. Oddio, non io, son più grande di Ovie, ma su Play.It abbiamo esordito quasi contemporaneamente.
La stagione di Ovechkin si chiuderà a quota 897 gol in 1491 presenze, con una tibia spezzata nel 2024 e guarita in 4 settimane, che ne ha rallentato l’ingresso nell’immortalità per questa ala sinistra che dal giorno del suo approdo in Nhl ha rivoluzionato il pianeta ghiacciato.
Sono 184 i portieri che hanno subìto un gol dallo Zar russo, da Pascal Leclaire in quel 5 ottobre 2005 ad Alex Nedejkovic dei Penguins lo scorso 18 aprile 2025, 20 anni di portieri traumatizzati da una furia con un sorriso accattivante.
Marc André Fleury è la vittima preferita di Ovechkin, battuto 28 volte, seguito dal Re Henrik Lundqvist a quota 24, poi a 22 Lehtonen insieme a Price, arrivando a goalie ben più giovani ma sempre battuti.
Il più grande?
Al momento del record erano 680 le partite con almeno 1 gol, 179 con almeno una doppietta e 32 con tripletta. E son 20 franchigie colpite dagli hat trick di Alex, con 420 gol dopo aver compiuto 30 anni.
Ecco, è qua che c’è il paragone con l’ex re dei cannonieri Wayne Gretzky. Gretzky capitò, quasi per caso (Play.It ve lo racconta nel libro Dinastie, le franchigie che hanno scritto la storia degli sport americani, si, si, ci ho scritto io, mica è una sponsorizzazione ad minchiam) in una squadra atomica, gli Edmonton Oilers, che di gol arrivarono a farne 446 in 80 gare nel 1983/84 (media 5.5 a partita) e che ad inizio anni ’80 annoverava oltre a Wayne anche Paul Coffey, Jari Kurri, Glenn Anderson e niente meno Mark Messier, totalizzando in Canada 583 reti in 696 partite (4 Stanley Cup). Gretzky però, per accontentare la moglie, decise di accasarsi ai Kings, distruggendo ogni regola di mercato in Nhl (Se vien scambiato lui, tutti possono essere scambiati), ma tra Los Angeles, St. Louis e NY Rangers la media gol scende drasticamente a 311 reti in 791 partite, segno che senza All Star intorno anche Gretzky divenne un giocatore normale, forse, questione di punti di vista, inferiore realizzativamente a Mike Bossy (573 gol in 752 match) e Mario Lemieux (690 gol in 915 partite).
Una bestia da festeggiamenti
Come fatto notare su Wayne Gretzky, Ovie non sempre ha avuto una squadra pronta per la Stanley Cup. Nella sua carriera spesso è andato a sbattere contro i Pittsburgh Penguins di Sidney Crosby, uno che ha esordito nella stessa annata ma che di Stanley Cup ne ha sollevato 3.
I Penguins hanno spesso rappresentato ciò che furono i Detroit Pistons per i Chicago Bulls di Jordan, ma una volta eliminati ecco la gloria, stagione 2017/18, anzi, playoff 2018, anzi, ancor meglio, finalissima 2018.
Mancano 6 decimi di secondo alla sirena finale e la sfortuna dei Caps è sempre stata presente, altrimenti 50 anni di storia con zero trionfi non si potrebbero commentare. Washington ha anche il record della squadra più disastrosa in Nhl, con 8 vittorie in 80 partite nel 1975, stagione d’esordio, arrivando ad una sola finale nel 1998, finita malamente contro i Red Wings con sweep, 4-0, e tra le altre perle un’eliminazione contro gli Islanders nel 1987 dopo 4 supplementari di gara 7.
Questa volta però tutto è diverso, il tempo, sottoforma di 6 decimi lunghi quanto secoli, accelera, suona come sirena finale e Ovechkin può sollevare la sua Stanley Cup, cui pare non abbia mai interrotto i festeggiamenti.
E dire che in quei playoff il turno contro Columbus vedeva avanti i Blue Jackets 2-0 nella serie, spazzati via dalla sveglia russa con 16 gol nelle successive 4 partite.
L’ostacolo successivo, appunto i Penguins, sistemato in 6 partite decretava il cambio di passo, con Tampa Bay e Las Vegas in mezzo al sogno di Ovie, realizzato tra fiumi di alcool e balli scatenati post coppa, ovviamente tutto strameritato!
Alex Ovechkin non solo è come il vino, più invecchia e più è di classe, chiude la regular season a 39 anni con 44 reti in 65 partite, lontano certo dalle 65 marcature in 82 partite nel 2007/08, quando tutti avevano intravisto in Ovie una superstar degna di qualsiasi escamotage per esser draftato.
E si, perché i Capitals hanno rischiato di non avere Ovechkin tra le proprie file, in una storia che solo lo sport americano può raccontare.
Come far irritare un’intera lega
Come sapete, l’intero sport americano si basa sul dare una possibilità di vittoria a tutti, a partire dai più deboli, o più scarsi, che nella fortunata annata storta possono sperare di trovare il campione che scriva la storia. Negli ultimi vent’anni è successo a Penguins e Blackhawks ad esempio e nel 2003 ci hanno provato i Florida Panthers.
Certo, Pittsburgh con 3 prime scelte dopo Fleury e Crosby avrebbe aggiunto Ovechkin (invece presero Malkin scelta numero 2 nel 2004) chissà che macchina da guerra sarebbe stata, ma l’anno prima, proprio Fleury fu un regalo di Florida che 1) aveva già bobby Luongo in porta e 2) non riuscì in quello che sarebbe stato un capolavoro dirigenziale e macchinoso degno da Premio Oscar.
Andiamo con ordine, il giovane Alex gioca in Russia, nella Dynamo Mosca e ovviamente si mette in mostra sia in terra natìa che nei Mondiali Under 18 (bronzo) e Under 20 (oro).
Per una questione anagrafica però la Nhl non può draftare il futuro Zar, perché non è ancora maggiorenne, ma Florida sa che uno così nasce, oddio scusate la battuta… ogni morte di Papa, perciò vuol giocarsi ogni escamotage. Il proprietario, Alan Cohen, è un tipo che non conosce la parola NO ad ogni desiderio, parla con il coach Mike Keenan e con general manager Dudley. Il peccato di non avere Ovechkin pronto non è ammissibile. Cohen si legge e rilegge ogni minuscolo paragrafo del contratto collettivo dei giocatori NHL in cerca di un cavillo e si scopre che il giorno massimo per l’ammissibilità al draft di maggiorenni è il 15 settembre.
Ovechkin compie gli anni il 17 settembre.
A quel punto ecco la malsana idea, buttare sul tavolo che, a causa degli anni bisestili nell’anno tropicale, in quanto non specificato che annata prender in considerazione, con un calcolo disumano Ovechkin era già maggiorenne, dunque eleggibile.
La NHL vorrebbe prendere a pugni Cohen per l’enorme cavolata ma il proprietario non demorde, anzi, impone a Dudley di studiare a menadito il caso e imporlo ai capoccioni della lega il giorno del draft.
Che danno 5 minuti a Dudley per le spiegazioni.
Che restituiscono Dudley a testa bassa al tavolo Panthers.
Che vedono Dudley di corsa in altri 4 tentativi a vuoto contro la lega.
Ma non è finita. I Panthers, in un bluff da squadra che ci resta male scambia la prima scelta con i Penguins, appunto Fleury, prendendo la terza, Nathan Horton, dopo che la NHL minaccia la franchigia di toglierle la possibilità di scegliere al draft.
Tutto finito?
Ma neanche per sogno.
Al secondo giorno, altro tentativo di Dudley, altra minaccia, ma poi altro capolavoro: Florida ha la scelta numero 265, l’ultima.
Ed è qui che in barba alla NHL sono pronti ad annunciare Alexander Ovechkin, ma che succede? Il microfono dei Panthers viene spento!
L’ennesimo e ultimo colpo a vuoto, con ramanzina inenarrabile si chiude così, con Florida che neanche sa chi è ancora eleggibile e prenderà un buon Tanner Glass a caso, buona volontà ma di certo non un Ovechkin.
Così lo Zar mieterà gloria a Washington, vincerà subito il Calder Trophy come rookie d’oro (alla faccia del Re Mida Crosby, 106 punti Ovie, 102 Sid The Kid), farà riempire d’orgoglio il papà Mikhail ex calciatore professionista e mamma Tatiana oro alle Olimpiadi 1976 e 1980, rimarcherà la sua frase di ingresso negli Usa: “Non sono qui per turismo ma per vincere” e andrà a spodestare un record che pareva imbattibile.
Come imbattibile è Alexander Ovechkin!
Supereroe travestito di giorno da ragioniere e di notte da redattore, Francesco Fiori nasce il 30 maggio 1983 a Sassari e da subito capisce che lo sport è come una passione esagerata, allevato con pane e album Panini. Un sardo che ama il ghiaccio, impossibile, conosce la Nhl grazie ai compiti dell’ora di pranzo che rinvia a causa della dipendenza da TELEPIU2. E’ nel giugno 2008 che decide per curiosità di collaborare con Playitusa grazie ad un pezzo dedicato al grande eroe Mario Lemieux. Non solo Hockey tra le passioni di colui che è casinista, testardo e sognatore (più altri mille difetti), segnala l’amore per la bici (definita sua dolce metà) ma anche una dedizione totale a calcio (INTER), basket (DINAMO SASSARI) e qualsiasi cosa sia sotto la voce SPORT e non lo faccia dormire.
Se anche voi non dormite rintracciatemi alla mail fcroda@yahoo.it giusto per 2 risate.