Moritz Seider eletto Rookie of the Year: cosa serve per la conferma?

Quando fu scelto nel 2019 come sesto assoluto, i fan dei Red Wings minacciarono la rivolta: Seider era un nome conosciuto solo dai fan più accaniti, che giocava nel campionato professionistico tedesco, sicuramente non uno dei più conosciuti negli States. Lo stesso Seider rimase sorpreso della chiamata, ma Steve Yzerman era convinto, vedendo in Moritz quel tipo di defenseman “guida” che a tutte le franchigie serve per poter costruire un progetto vincente, un modello alla Victor Hedman se vogliamo rifarci alla larga esperienza maturata dall’attuale GM di Detroit in quel di Tampa.

Seider passa la prima stagione post-draft tra Germania e Svezia, quindi passa in American Hockey League e brilla su tutti i livelli: i dubbi iniziano piano piano a diradarsi.

193 centimetri per 90 chili di peso parlano di un ragazzo attualmente ventunenne che possiede un profilo fisico di tutto rispetto. Se si aggiunge il fatto che sia abile nel giocare difensivamente in modo pulito e tecnico, così come di somministrare checks cattivi e con il tempismo giusto, già si capisce il talento difensivo del ragazzo in una NHL spesso troppo concentrata sul blue-liner “capace di produrre”.

Ma poi, vedendolo nel contesto della power play, ti rendi conto che Seider sa pure passare il disco. Anzi, lo sa fare eccezionalmente, e lo fa anche in even strength: è un giocatore già completo e maturo alla sua età (43 assist in stagione che lo portano ad essere il nono defenseman nella lega per passaggi vincenti).

I defensemen sono un ruolo particolare nell’hockey: spesso necessitano di maggiore maturità rispetto ai forward, hanno bisogno di qualche anno in più per dosarsi nel migliore dei modi e diventare efficaci in entrambe le fasi del gioco.

Il limite, difatti, è spesso proprio questo: prodigi con il disco che sfornano 40 assist a stagione ma che non sanno difendere, come Gustafsson o DeAngelo, piuttosto che carri armati ambulanti che poi, con il disco, non sanno che farci, prendendo un Justin Braun qualunque come esempio. Necessari, soprattutto i carri armati, ma non decisivi.

Il tedesco Seider invece, nella prima stagione nella massima lega, con la tranquillità del veterano mostra grande abilità su tutti i lati del gioco: difende i migliori forward avversari, fa sentire la sua presenza fisica senza andare incontro a penalità, passa il disco nel modo giusto per massimizzare le chance della squadra, esce dalla pressione, brilla tanto nella penalty kill quanto nella power play. Segna anche 7 goal, il che non è male.

Quello che va capito è se Seider abbia brillato per il fatto che i Red Wings ancora non siano un collettivo pronto, oppure se abbia brillato meno di quanto potrebbe, per il medesimo motivo.

Tendo verso la seconda opinione: Moritz, con più output offensivo ed un miglior goaltending, potrebbe fare un ulteriore salto di qualità, e perché no avvicinarsi a quella sfera di élite attualmente per pochi nel suo ruolo. Per la conferma, dunque, serve vedere se il collettivo riuscirà a superare quei difetti che lo ha contraddistinto l’anno passato, dando a Seider un contesto più agevole: a quel punto, vedremo realmente se stiamo parlando di un buon defenseman o di un futuro candidato al Norris Trophy.

Quando finirà la ristrutturazione targata Yzerman, e chi fa parte del progetto a lungo termine?

Secondo alcuni critici, la ristrutturazione è finita proprio l’anno scorso: i Red Wings sono stati in corsa per i playoff prima di un crollo difensivo importante, di cui parleremo nella domanda seguente, e quindi con qualche innesto ci si aspetta possano iniziare a ritornare in post-season, o perlomeno a vedere la cosa come un obiettivo tangibile. Yzerman, invece, predica pazienza: gli innesti veterani sono stati fatti più per permettere al gruppo di crescere che per avere una mentalità di “vincere subito”, oltretutto il cambio di coach con Lalonde al debutto come head coach NHL fa capire che la “mossa” per costruire una contender, tra qualche anno, è stata fatta ora.

Jeff Blashill non ha convinto, e Yzerman voleva cambiare passo, importando dalla Mecca dell’Hockey degli ultimi quattro anni buoni, ovvero la solita Tampa Bay. La cautela espressa da Stevie Y non la vediamo come una maschera per “nascondere” le intenzioni della sua Detroit, ma come una schietta affermazione: non siamo ancora pronti, ma sono stati fatti passi in avanti. Continueremo a crescere.
Seider sicuramente è la base del gruppo difensivo, che conta purtroppo pochi membri pronti e molti “segnaposto” ma che trova nel veterano Chiarot da Florida una sicurezza difensiva importante, che ci aspettiamo possa diventare la valvola di sfogo di Moritz similmente a come Cernak ha agito per Hedman a Tampa. Rimane il fatto che serve carne fresca probabilmente da recuperare nei prossimi draft, con l’unico prospetto William Wallinder abbastanza interessante per essere un rimpiazzo a lungo termine proprio di Chiarot.

Tra i forward, quattro nomi sembrano abbastanza intoccabili: Larkin e Bertuzzi sono i due sopravvissuti della “linea del futuro” costruita nella gestione precedente, e rimangono due capisaldi che, nel contesto giusto, sanno essere efficaci in entrambe le fasi. Vrana, arrivato per quell’Anthony Mantha ora a Washington, è un threat tutta velocità che sposa bene l’NHL moderna, e pur rimanendo un gregario può dire la sua. Sicuramente ad essere centrale sarà Lucas Raymond, giocatore designato ad essere il goal scorer per antonomasia negli anni venturi targati Motor City.

Rasmussen e Veleno sembra possano avere futuro come centri, magari con un ceiling ridimensionato ed un ruolo meno di spicco rispetto alle previsioni del loro draft year, ma si gioca con quattro linee ed il talento serve dappertutto. Aggiungiamo gli arrivi in free agency: se David Perron sembra essere un aiuto importante per crescere e magari cercare la qualificazione ai playoff, ma non può essere visto come elemento a lungo termine, Dominik Kubalik ha fatto vedere caratteristiche offensive importanti a Chicago e potrebbe essere acquisto sottovalutato, oltre che adatto in termini anagrafici.

Ma vediamo anche chi è in estremo dubbio: il cecchino Filip Zadina per ora non è riuscito a tradurre le sue abilità al livello NHL, e sta deludendo molto. Un cambio di casacca potrebbe ravvivare la sua carriera, similmente a come Philadelphia ha scommesso su Owen Tippett. Robby Fabbri, per quanto prezioso quando in campo, continua ad essere giocatore perennemente in discussione a causa del classico “fisico di cristallo” che intacca la credibilità dell’ala in un percorso di crescita.

Gruppo defensemen e porta sono i difetti maggiori: che mosse sono state fatte?

Quella già citata è l’aggiunta di Ben Chiarot alla blueline: a 31 anni di età con un contratto fino al 2026, Ben può offrire protezione a Seider e formare con lui una coppia a “due torri” che lascia aria al tedesco per spingere di più in fase offensiva. Questo non vuol dire che a Moritz serva un partner difensivo per “coprire lacune”, come fatto ad esempio da Tortorella nella gestione Seth Jones a Columbus, ma semplicemente per scaricare un talento offensivo importante di qualche responsabilità difensiva, consci di poter innescare un tandem pericoloso a livello fisico se si vuole “chiudere totalmente” l’attacco di una top line avversaria.

Tecnica invece utilizzata proprio come “tappabuchi” è quella che vede Maatta trasferirsi ai Red Wings per essere ancora di salvataggio di Filip Hronek, un esempio lampante di brillante arma offensiva priva di qualsivoglia istinto difensivo. Olli è ancora giovane, 27 anni, ma ormai è chiaro che per lui ci sia solo un futuro da defenseman “stay at home”, come piace dire agli americani. Un accordo di un anno per capire se Hronek possa essere “stabilizzato” dalla presenza di un armadio ambulante, oppure se non ci sono speranze.

Il già citato Wallinder ed il top pick Simon Edvinsson, che ho lasciato per questa sezione, sono invece altre due soluzioni che si candidano già per la stagione a venire: Edvinsson è straripante dal punto di vista fisico, non dico un Chara 2.0 ma quasi, e somiglia tanto all’ex capitano Bruins anche per le abilità sui pattini, dato che si muove eccezionalmente per la sua mole. Simon può diventare un profilo alla Seider, nel senso che potrà incidere su tutti i lati del gioco, anche se personalmente trovo porti più rischio rispetto al compagno di squadra tedesco. Comunque, il debutto potrebbe essere vicino ed entrambi gli svedesi qui citati saranno osservati e valutati durante i training camp. Mi aspetto di vederne uno con la maglia dei Red Wings e uno in AHL per crescere.

Dunque, a livello di gruppo D, c’è stata un’importante aggiunta di fisicità e difesa per subire meno e dare libertà ai talenti offensivi, mosse che hanno senso e che potrebbero effettivamente diminuire in modo considerevole la pressione in zona difensiva nell’immediato.

Ma il goaltending rimane un problema: Alex Nedeljkovic ha avuto un crollo importante nella seconda parte di stagione, in quella che era la sua prima esperienza come goalie titolare assoluto in NHL. Per diverso tempo un top prospect del sistema degli Hurricanes, Alex impressiona con i Canes in un ruolo di “co-starter”, ma viene poi “scaricato” da Carolina e preso da Detroit, che lo sceglie come prima opzione tra i pali. Se le cose erano iniziate abbastanza bene, la logorante mancanza di sicurezza difensiva non ha fatto bene a Nedeljkovic, che si è visto crollare il mondo addosso e centinaia di fan pronti ad etichettarlo come fallimento.

A livello personale, aspetterei: ha dimostrato di essere tecnicamente valido, forse ha qualche problema nel gestire una stagione intera come prima opzione, ma ricordiamo anche che il backup Red Wings era il 36enne Greiss, ormai non più brillante come prima, e che forse troppo peso è stato messo sulle spalle dell’ex giocatore Hurricanes. Può ancora maturare e, con stabilità intorno, potrebbe confermarsi quella prima opzione pronosticata da Yzerman al suo acquisto. Dopotutto, non tutti i goalie possono chiamarsi John Gibson, giocando senza difesa per anni e comunque maturando numeri da Vezina a livello statistico, o Andrei Vasilevskiy, giocando senza backup e prendendosi oramai 60 partite ogni anno sulle spalle. Alex può essere un buon goalie che fa il suo lavoro in modo eccelso se ha una struttura davanti, come blueline, e dietro, come backup. E dunque, Detroit si è assicurata il backup dei Blues Ville Husso proprio per dare una mano, giocatore pronto e sicuramente molto più fresco di Greiss.

La combinazione di questi elementi, sulla carta, è tutto quello che serve ai Red Wings per l’ennesimo passo in avanti, non dimenticando i diversi acquisti nel parco forward, tra cui un certo Andrew Copp che rimane un centro difensivo di primissima scelta ed un uomo face-off efficace. Ovviamente la carta serve fino ad un certo punto, e saranno i fatti a contare, ma per ora è difficile trovare una critica al percorso intrapreso da Yzerman e i suoi.

Dylan Larkin e Lucas Raymond: cosa manca per essere stelle?

Per Larkin manca continuità, e non di progetto: la responsabilità è tutta del giocatore. È stato messo in prima linea sin dall’inizio, e tutto sommato ha avuto compagni di linea pressoché costanti, ma anno dopo anno ha sempre offerto prestazioni altalenanti: debutta con 45 punti ed un plus/minus di +11 in una Detroit in rebuild, imponendosi come two-way center, per poi soccombere ad una stagione mediocre di 32 punti e -19 sul tabellino l’anno dopo. Si risolleva con due stagioni prima da 63 e poi da 73 punti, con una costanza difensiva ritrovata, e poi cade in una stagione produttiva, 53 punti, ma difensivamente orripilante, con un -21 che parla chiaro, vedendo anche la sua partecipazione offensiva a fare da cuscinetto. Due anni fa, poi, la prestazione peggiore di sempre: 23 punti con soli 9 goal, ed un infortunio. Morale a terra, progetto in dubbio, centralità nella ristrutturazione da mettere sotto il microscopio.

Serviva una risposta importante l’anno passato e c’è stata, almeno offensivamente: 69 punti e soprattutto 31 goal in prima linea che lo cementano, almeno per ora, di nuovo come pilastro della rebuild. Ma a 26 anni di età è il momento di essere costanti: se una giustificazione può essere data dalla generale pessima qualità negli anni del corpo defensemen dei Red Wings, che non avrà giovato ai numeri difensivi dei forward, Larkin ha fatto vedere luci ed ombre nonostante le responsabilità di centro di prima linea e di capitano. Con il lavoro fatto dal management per assicurare maggior copertura, quest’anno non ci saranno scusanti: serviranno 30 goal, serviranno molti assist, ma servirà anche un centro equilibrato, veloce sui pattini e tatticamente intelligente, vincente nei faceoff e leader nello spogliatoio. Detroit non può avere che questo da Larkin, lo deve pretendere. Perché lo ha già fatto in passato, seppur a fasi alterne.

Lucas Raymond l’anno scorso debutta, quindi ovviamente ha ancora moltissimi margini di crescita: la sua stagione è ottima dal punto di vista della produzione, motivo per cui è stato scelto al draft. 23 goal e 57 punti totali, quello che manca è la difesa, totalmente assente o quasi e necessaria per fare un passo da stella offensiva a superstar. In più, Lucas tira troppo poco in porta: è affetto dalla “sindrome dell’assist” dove la sua tecnica sopraffina lo porta sempre a cercare il compagno libero, anche quando spesso e volentieri tirare sarebbe la scelta migliore. È un difetto che hanno dovuto superare in molti, tra cui giocatori del calibro di McDavid, Gaudreau, Kucherov e Huberdeau, ma che una volta digerito potrebbe sbloccare la produzione di Raymond verso un ulteriore step, e se è riuscito a raggiungere la sessantina già ora, figuriamoci se dovesse iniziare a segnare di più.

Cosa ci aspettiamo dalla stagione di Detroit?

Un deciso passo in avanti. Numeri difensivi migliori, che si tradurranno in più goal e assist per tutti.
Ci aspettiamo un Seider leader, in doppia cifra in goal, un Larkin stabile ed efficace in tutte le fasi del gioco, un Raymond con almeno 30 goal all’attivo. Ci aspettiamo tanti goal da Kubalik e Perron, aiuto difensivo da Copp, un passo in avanti da Rasmussen nel suo ruolo di spauracchio da checking line e di goal scorer davanti alla rete. Con l’aiuto di Ville Husso, ci aspettiamo una ripresa da Nedeljkovic.

Insomma, sarà una stagione che potrebbe portare ai playoff come no, che non vede discorsi di coppa che tengano, ma che farà da passaggio chiave per la storia di questi nuovi Red Wings targati Yzerman e Lalonde: se ci saranno i miglioramenti qui elencati, vorrà dire che le giovani stelle sono tali e faranno da fondamenta per un futuro brillante. Forse non quest’anno, forse non il successivo, ma presto Detroit tornerà nell’hockey che conta: ne siamo sempre più sicuri.

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