Colorado è campione del mondo dopo una cavalcata schiacciante e perciò memorabile, che riporta alla mente del vostro attempato scriba dinastie immortali quali quelle a tinte Isles ed Oilers anni 80 e la recente firmata Kid e soci in zona Pittsburgh, fino all’odierna di Tampa Bay.

Come le icone Gillies e Potvin cedettero il proprio testimone nel 1984 ai leggendari Gretzky, Kurri, Anderson e Messier, ci sembra oggi di scorgere la stessa magia nel vedere Landeskog ereditare dal vecchio Steven Stamkos la coppa di Lord Stanley e agitarla nella Amalie Arena di Channelside Drive, la sua dimora degli ultimi due anni.

Non poteva essere altrimenti, visto un cammino quasi immacolato in trasferta per gli uomini di Bednar, capostipite insieme a Nathan MacKinnon di una cavalcata progressiva, partita dagli scarni 48 punti e settimo posto nella Central del 2016, per crescere progressivamente fino alla regnante stagione appena conclusa.

Dall’anno da sophomore della prima scelta 2013 infatti, tutti i suoi compagni hanno iniziato a seguirne ed imitarne le gesta, assecondando un’innaturale capacità di creare action e sfruttare momentum a velocità supersonica e dopo il recupero disco, come pure approfittare di una visione di gioco unica durante la superiorità numerica.

Niente avviene per caso in questo sport tanto feroce quanto tecnico ed equilibrato, e le sconfitte nelle recenti post season, anziché riportare ad epic fail cari agli allenatori da divano, facevano parte bensì di un fisiologico percorso di crescita, come avvenuto a molte altre franchigie, Lightning in primis. Il 2021/22 – come da noi previsto in tempi non sospetti – pareva invece quello della svolta, dato che di difetti Colorado ne aveva veramente ben pochi e al roster assemblato in 5 anni da Joe Sakic non restava che vincere!

A un’età media molto giovane (25.9) fra gli elementi di punta (MacKinnon, Rantanen, Burakovsky, Nichuskin), si appaiava difatti l’esperienza di capitan Landeskog, Erik Johnson e il micidiale Kadri, la verve giovanile di Byram, Newhook e soprattutto Cale Makar, a 23 anni semplicemente il più forte difensore NHL nonché Conn Smythe e Norris Trophy winner!

La vittoria di oggi toglie l’obbligo di avere nel curriculum la coppa più bella per essere rimembrato all’infinito e permetterà agli Avs di lavorare ancor più sereni e affrontare la focosa free agency di Kadri, Burakovsky, Kuemper, Manson e Nichushkin, in rigoroso ordine da top 50, consci che qualunque firma presente e futura non toglierà alla fanbase una dinastia destinata a perdurare nel prossimo decennio sotto la guida di MacKinnon e Makar, inarrivabili fuoriclasse generazionali!

Diverso il discorso per Tampa, la cui impresa è sì a nostro avviso simile a quella di Colorado, semplicemente perché arrivata facendo in periodi diversi a meno delle stelle Stamkos, Hedman, Kucherov e Point, lui poi impresentabile nelle Finals e dunque rimpiazzato dai veterani Perry in power play e Riley Nash in 5/5, ma lascia però più dubbi sia sul prosieguo ad alti livelli per alcune situazioni contrattuali da limare (Paul e Palat su tutti).

Per di più, l’Est si è rivelata una polveriera da affrontare col record peggiore in ogni serie, partendo dai Leafs più maturi che in passato, dalla corazzata offensiva di Florida e dalla sensazione annuale New York Rangers, team anch’esso futuribile; difficoltà che si ripeteranno sin dal prossimo torneo e a cui aggiungere i sempreverdi Bruins, Penguins, Capitals e Islanders, gli Hurricanes e le giovani leve di New Jersey e Ottawa!

Sebbene le odds settembrine di Vegas dessero le due finaliste prime favorite per la Stanley Cup, a parità di gioco, forma e uomini (pure Colorado ha dovuto fare a meno di Kadri e Burakovsky durante i playoff) gli Avalanche sono apparsi di un altro pianeta, spaventosamente fisici nei blocchi e in balaustra e al doppio della velocità rispetto ai più esperti rivali: differenze che col passare degli anni lieviteranno ancor di più, dato che Tampa con 29.55 di età media fra i titolari è fra le ultime compagini NHL.

Jon Cooper e il front office avranno perciò di che lavorare in estate, per tentare di restare competitivi a prescindere dai propri assi, che andranno sostituiti e mantenuti sani per i momenti clutch, magari ringiovanendo il roster e rinunciando a qualche “caposaldo” un po’ in là con gli anni.

Gli Avalanche invece sono pronti a cavalcare l’onda del successo e ripresentarsi ai nastri di partenza coi favori dei pronostici, forti del testimone appena ereditato e che difficilmente cederanno nel breve termine.

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