Settantaquattro apparizioni ai playoff in quasi cent’anni di storia e quest’anno è molto probabile che diventino 75. Nemmeno un quarto di secolo senza giungere alla post-season, veramente una cifra irrisoria se consideriamo l’hockey – e non mi stancherò mai di ricordarlo – uno degli sport più approssimativi ed imprevedibili che esistano.

I Boston Bruins, però, sono l’eccezione alla regola e lo hanno dimostrato, soprattutto, questi ultimi dieci anni.

Da quel titolo del 2011 (il primo dal 1972) di acqua ne è passata sotto i ponti della NHL, ma così non è stato per i gialloneri che hanno continuato ad essere competitivi, prendendosi solo due stagioni di “vacanza”, nel biennio 2014-15 e 2015-16, per poi tornare subito alla ribalta e conquistare le Stanley Cup Finals nel 2019, perse contro i St. Louis Blues a gara-7.

Ma cosa rende i Bruins così speciali e, soprattutto, longevi?

Beh, innanzitutto la tradizione vincente della città che sicuramente influenza un po’ tutte le squadre che fanno parte dell’area metropolitana bostoniana. Poi incide certamente il fattore di aver mantenuto il più a lungo possibile il nucleo vincente creato dall’ex general manager Peter Chiarelli, curato e coltivato poi dal suo successore Don Sweeney.

Basti pensare che della squadra del titolo 2011 sono ancora a roster Brad Marchand, Patrice Bergeron e il goalie Tuukka Rask, mentre altri veterani storici della franchigia come David Krejci, Milan Lucic e Zdeno Chara non hanno abbandonato da molto la capitale del Massachusetts. Tutto questo continuando a rinfoltire il roster con giovani promesse.

Uno su tutti, Jake DeBrusk, scelto al primo giro del draft 2015 con la quattordicesima chiamata assoluta, che dopo qualche anno di “purgatorio” nelle minor league ha esordito con la maglia dei Bruins nel 2017-18, realizzando da subito numeri importanti, arrivati ad un picco di 27 gol segnati e 15 assist in 68 partite nella stagione successiva. Il venticinquenne canadese, però, ora sembra aver un po’ frenato il suo progresso per diventare una star, ma rimane comunque un giocatore molto pericoloso in fase offensiva.

Un’altra pietra miliare dell’attacco dei Bruins è sicuramente il coetaneo di DeBrusk, il ceco David Pastrnak che gioca tendenzialmente dal lato opposto del canadese ed ha anche un rendimento decisamente superiore. Pastrnak è stato l’ultimo regalo fatto da Chiarelli a questa squadra, nel 2014, ed è con certezza una delle grandi stelle del firmamento NHL, tanto che Boston non se lo vorrà di certo far scappare nel 2023, quando scadrà il suo contratto, firmato nel 2017.

Ma, come dice il proverbio, non c’è due senza tre ed ecco che i Bruins possono vantare un altro giovane molto interessante in Charlie McAvoy, defenseman con un discreto senso del gol, già arrivato alla sua quinta stagione a malapena a 24 anni.

Da questo trio di giovani, Sweeney sta provando a costruire l’immediato futuro di questa franchigia, guidata egregiamente dai suddetti Bergeron e Marchand, oltre che da altri veterani come Nick Foligno, Craig Smith e il portiere Rask – attualmente ancora in fase di recupero dopo un intervento chirurgico per risolvere un problema all’anca.

Ma oltre alle note liete, come da norma, ci sono anche quelle meno positive. Una su tutte è certamente quella di Taylor Hall. L’ex stella degli Oilers è diventato un vero e proprio girovago dopo che nel 2016 era stato scambiato da Edmonton con i New Jersey Devils. Difatti, Hall, dopo tre anni con i Diavoli, ha preso il volo prima per l’Arizona, poi per Buffalo e infine per Boston, dove non sta per niente brillando.

Eppure era partito bene dopo il suo approdo in Massachusetts, con 8 gol e 6 assist nelle conclusive 16 partite della stagione passata che avevano spinto il front office bostoniano a rinnovargli il contratto per altri 4 anni a 24 milioni di dollari.

Un rinnovo che, al momento, non sta ripagando ed Hall ha segnato soltanto 6 reti in 29 gare giocate finora, a cui ha aggiunto 11 assist. Una stagione alquanto altalenante, forse troppo, che potrebbe portare i Bruins a cercare un’altra soluzione nel ruolo come alternativa a Marchand e quindi costringere Hall a cambiare nuovamente squadra, vista anche la presenza “ingombrante” di DeBrusk.

Un altro fattore che sta condizionando, e non poco, la stagione di Boston è l’attacco poco prolifico. Questa mancanza di gol è un problema che affligge da diverso tempo la squadra allenata da Bruce Cassidy, ma in questa stagione si sta facendo sentire decisamente di più.

Manca uno scorer di livello, in questo momento, che possa segnare gol a raffica. Infatti, quello che dovrebbe essere il go-to-guy dei Bruins, cioè Pastrnak, non ha fatto ancora esplodere la sua vena realizzativa, tanto che è andato in rete solo 9 volte in 29 partite. Un dato che, in proporzione, non gli farebbe nemmeno lontanamente raggiungere i numeri collezionati durante la stagione 2019-20 che gli hanno permesso di vincere il Maurice Richard Trophy come miglior realizzatore della lega.

Ci sarà sicuramente bisogno di lui e dei suoi gol se si vorrà puntare ad avere una chance di arrivare fino in fondo e competere con squadre sulla carta più attrezzate ed in forma come Florida Panthers e Carolina Hurricanes.

Per fortuna che, dal canto loro, i Bruins hanno ancora una invidiabile difesa, guidata dall’ottimo portiere svedese Linus Ullmark e dal giovane Jeremy Swayman che insieme hanno subito appena 2.59 gol di media, in attesa che ritorni Rask.

Ma è proprio l’organizzazione difensiva il marchio di fabbrica di questa squadra che ormai è stata stabilita già da tempi non sospetti, sin da quando l’imperiosa stazza di Zdeno Chara intimoriva gli avversari più di ogni altra cosa.

Come detto, però, non credo basterà questo aspetto per far aumentare lo stato di contender dei Bruins, anche se non bisogna mai sottovalutare il valore di questa franchigia che riesce in un modo o nell’altro a risultare sempre competitiva e temibile quando giungono i playoff.

One thought on “La longevità dei Boston Bruins

  1. No, i miei Bruins non sono affatto contenders quest’anno, purtroppo. La squadra è solida, ma ha toccato l’apice 3 anni fa con la finale persa e….si sta chiudendo un ciclo. Il trio delle meraviglie brilla sempre meno ahimè e il tempo passa inesorabile. Marchand è ancora tosto, ma non come l’anno scorso, Pasta sta facendo il suo e Bergeron sta gestendo bene il declino, anche se in attacco è quasi sparito. Dietro, l’innesto di Forbort non ha portato molto e quindi la solidità c’è, ma mancano le rotazioni. La situazione è sempre la stessa degli ultimi due anni: a parte i tre leoni, c’è poco altro in seconda e terza linea e in difesa manca profondità. Hall è una delusione pazzesca dopo la sua buona fine dello scorso campionato, DeBrusk sta giocando benino ma è scontento da anni e (secondo me) potrebbe essere sacrificato tranquillamente, Coyle non è quello dell’anno scorso (per fortuna), ma non è assolutamente degno di essere in linea 2, Haula è decente, Nosek ha contribuito zero e Foligno ormai è un ex giocatore (tra infortuni e declino fisico, offensivamente non esiste più). Insomma, si va avanti con una buona consueta organizzazione di gioco difensiva che dà solidità, ma in attacco i black out sono sempre più frequenti. L’unica cosa buona è l’essersi liberati di Rusk, che ha fatto la storia e la gloria del club, ma che tra scelte covid e infortuni era ormai diventato un peso, e avere il portiere del futuro (Swayman) e un buon titolare (Ullmark). Ci sono 4-5 squadre nettamente più forti e profonde come roster, e quindi le speranze di vincere la Stanley Cup sono praticamente nulle. Non credo che alla dead line del mercato si potrà cambiare la sostanza. I playotff ci saranno, ma la strada non sarà lunghissima. Poi…tutto è possibile nei playoffs Nhl!

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