Continuiamo la disamina delle serie Playoff che questa stagione NHL 2020-21 ci sta offrendo, con necessarie scuse da parte dell’autore che, purtroppo, non è riuscito a star dietro al frenetico passo dei pattinatori di Vegas, Minnesota, Tampa e Florida.

Questa volta, invece che una preview, faremo una piccola review, andando comunque ad analizzare, come fatto per le serie prima, stagione, stile e confronti principali che coinvolgono queste franchigie. Partiamo con i Golden Knights del deserto e gli Wild delle foreste del Minnesota.

LA STAGIONE 

Vegas, dobbiamo dirlo, credo arrivi un po’ amareggiata: ha tenuto il lead in divisione per gran parte della stagione, ma gli Avalanche, ad un certo punto, sono letteralmente esplosi sui pattini, trasformandosi in una valanga vera e propria. In ogni caso, Vegas ha dimostrato di continuare a credere di poter vincere non subito, subitissimo.

La mossa Alex Pietrangelo ha pagato sì, pagato no (mi aspetto tanto da lui in questa serie e in questi playoff), ma comunque gli Knights continuano ad essere una squadra da titolo, forti sia di quella miracolosa linea delle meraviglie, ancora tutta intera, sia di quelle addizioni sostanziali che fecero via trade, alleggerendo le canadesi, all’anagrafe Mark Stone e Max Pacioretty, anche conosciuti come i due top scorer di Vegas. E non dimentichiamo quel fiorellino di Fleury, che ancora non deperisce, ma anzi brilla, come fosse appena sbocciato.

Sicuramente un po’ rode aver ceduto agli Avs la testa della division, ma da un certo punto di vista la si può vedere anche così: invece di prendersi un team esperto e navigato come St. Louis, il first round ce lo si gioca con una mezza sorpresa come Minnesota. Anche se, vista la prima partita della serie ed il rendimento dei verdi in regular, non saprei se classificare questo come positivo o negativo per i ragazzi di Pete DeBoer.

Gli Wild arrivano ai Playoff con molta più carica del solito. Ingredienti principali? Sangue fresco, giovane, con tanta energia, insieme alla cara vecchia base difensiva e ad un tandem di goalie che funziona: Kaprizov è sicuramente la scintilla, ma l’evoluzione di Eriksson Ek, il comparto difensivo tra Spurgeon, Dumba, Suter e Brodin, la rinascita di Talbot e la solidità di Kahkonen, e l’esperienza di Zuccarello sono tutti elementi che hanno regalato ai fan dello Stato dell’Hockey un po’ di meritato orgoglio e di aspettative non “slavate”, come ormai da tradizione.

Vero, sono un gruppo con tanto di nuovo. Sicuramente non sono stati costruiti per vincere subito come Vegas. Ma questo non li rende meno pericolosi.

Per ora, abbiamo visto una serie iniziare con un 1-0 pesante per Minnesota, che vince fuori casa in una partita “chiusa”: le occasioni ci sono state, ma è mancato cinisimo e, bisogna dirlo, è abbondata la solidità difensiva, caratteristica cardine di entrambe le franchigie.

IL CONFRONTO

Marc-André Fleury vs Cam Talbot

Questione di rinascite. C’è chi ha bisogno di fiducia e spazio, di essere di nuovo visto come una leggenda, per non perdere il ruolo contro un agguerrito backup. C’è chi invece ha bisogno di cambiare aria e di mettersi sotto con l’allenamento, per ritrovare la condizione ideale.

La storia di Fleury e di Talbot non si assomiglia poi troppo, ma ha dei paralleli importanti in questa stagione, perché è in questa stagione che i due hanno tirato fuori di nuovo i denti, riportandosi nell’olimpo della lega in termini di rendimento nel ruolo di portierone.

Fleury ha impressionato: dato come ormai sicura riserva, per alleggerire il carico di un Robin Lehner eternamente vagabondo, ma in prime, l’ex icona Penguins ha deciso di competere, e non l’avesse mai fatto. Il povero Lehner si è ritrovato a gareggiare con un Fleury carico e ringiovanito di 10 anni.

Talbot, invece, è tornato a quella forma che aveva fatto credere ad Edmonton di avere il loro “franchise goalie”: l’inciampo in casa McDavid, poi la non brillante esperienza a Calgary, hanno entrambe “riscritto” il ruolo di Talbot che, accasandosi a Minnesota, cercava piazza per rifarsi. E si è rifatto.

Se si continua come in Game 1, le performance di questi due, combinate a quelli dei due compagni di ruolo, Lehner e Kahkonen, potrebbero essere la chiave di lettura principale per la serie. Dopotutto, avere buon goaltending ai playoff significa fare metà del lavoro.

Mark Stone & Max Pacioretty vs Kirill Kaprizov & Mats Zuccarello

Sì, sono loro le coppie che fanno rumore in queste due squadre. Due “scappati di casa”, rispettivamente Ottawa e Montréal, che hanno scommesso sul deserto del Nevada, ed una coppia quasi “fratello maggiore, fratello minore” in due europei con una chimica istantanea.

Sono il motore offensivo delle loro squadre, non si scappa. Certo, data l’identità delle due franchigie, sono anche notevolmente bravi in difesa, uno su tutti Stone, che rimane l’ala difensiva più forte della lega. Ma sarà a loro che si guarderà quando sarà momento di goal, giocate, attimi decisivi.

Stone è il leader di questa squadra, è quella stella che mancava e che è arrivata: si è trovato subito a suo agio. Pacioretty è più accessorio, lui la deve mettere dentro, ma sappiamo che alla fine questo è il suo stile ed il suo ruolo. Non si chiede altro, e Max sa fare il suo mestiere.

Kaprizov l’ho più volte descritto, in articoli precedenti, come il prezzemolo. È bello vederlo giocare, perché fa tutto e sa fare tutto. E quando è con Zuccarello, allora saluti: la presenza del norvegese moltiplica l’efficacia del rookie meraviglia, grazie ad una visione, ad un senso del gioco che era sempre stato fiore all’occhiello di Mats già con la casacca Rangers.

Sarà bello vedere queste coppie fronteggiarsi l’una contro l’altra, che sia contemporaneamente su ghiaccio o meno, e capire chi la scamperà. Per ora, nessun colpo proibito, ma me ne aspetto diversi, e me ne aspetto di belli.

“Karlsson” Line vs “Eriksson Ek” Line

Ora un confronto stilistico. Sia Vegas che Minnesota impiegano una linea che è contemporaneamente di check, dunque improntata a contenere l’avversario, e di qualità a livello offensivo.

La linea Karlsson ormai la conoscono tutti: è quella dei miracoli, delle Finals al debutto, degli esclusi diventati vincitori assoluti. Wild Bill, ex Columbus, e farebbe comodo a Tortorella ora, è un centro strano a dir poco: difensivamente ottimo, capace di tirare fuori giocate impossibili, sottovalutato. Insieme a lui, due playmaker sopraffini, con senso del goal: Marchessault e Smith.

Minnesota adotta una formula un po’ differente, ma con un fine comune: se Vegas ha una checking line veloce, basata sulla forecheck e sulla rush, a Minnesota trova spazio la fisicità, il gioco “spaccaossa”, e un’inaspettata capacità di produrre momenti offensivi. Eriksson Ek, similmente al connazionale Karlsson, è un giocatore atipico: nasce come centro di terza linea, uomo di difesa e face-off, ma evolve in un’arma offensiva che non ti aspetti.

Affianca un “pulitore” come Marcus Foligno ed un Power Forward un po’ vecchia scuola, finalmente capace di giocare fisico, suo limite fino all’anno scorso, come Greenway, e hai la tua checking line. Danno più la beffa.

Chiedere a Vegas in Game 1: è proprio Joel a infilare quell’unico goal, in una situazione di faceoff, che farà passare il vantaggio nella serie in mano Wild.

Sul lato difensivo, non individuo un confronto in particolare: Vegas ha sicuramente due perle in difesa, con Theodore e Pietrangelo, ma Minnesota ha invece un reparto più completo e profondo. Nessuna stella, ma 4 giocatori forti ed efficaci. Sarà bello, e importante, capire quanto la compattezza di reparto, a favore sicuramente degli Wild, porterà squilibrio nella serie. E sarà dovere sia di Petro che di Shea tirare fuori delle chicche, che sia in power play o 5-on-5, per poter bilanciare.

LA CONCLUSIONE

Game 1 ci ha detto, anzi rinnovato, un concetto importante: granito più che ghiaccio. Queste qui sono squadre dure, pesanti, che fanno della difesa la loro caratteristica numero uno. Il che non vuol dire divertirsi meno, ma quando due colossi difensivi si scontrano, quelle rare partite da 1-0 si ripresentano con molta più frequenza.

E dunque il peso specifico dei “momenti” sale esponenzialmente. E i giocatori che sanno produrre certi tipi di momenti ci sono da entrambe le parti.

Godiamoci quindi questa serie, e Game 2, programmato per stanotte.
E se finisce 7-6 per una o per l’altra, non prendetevela con l’autore!

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