Nella stagione 2017-18 arriva a giocarsi la sua prima stagione da professionista Brock Boeser, dopo una stellare carriera in NCAA.

Americano, Boeser si fa le ossa a livello high school e poi nella United States Hockey League, senza passare per il famoso Development Program nazionale dove abbiamo visto scorrere recenti stelle come Matthews e Hughes.

Ma è in NCAA che si fa notare: viene notato e preso come Freshman dall’Università del North Dakota, una delle più quotate nel panorama collegiale, e subito brilla. 60 punti, ed un titolo NCAA. Insomma, tutto quello che si può desiderare in quel momento di carriera.

Comunque tante franchigie non si fidano al cento per cento, e Brock viene selezionato solo 23esimo nel draft 2015 dai Canucks.
In ogni caso, il debutto arriva l’anno seguente, con 9 partite e 5 punti. Ma il breakout nell’anno da rookie è nella stagione sopracitata: 62 partite, 29 goal e 55 punti totali. Un infortunio lo ferma, altrimenti molti avrebbero scelto lui come Rookie of the Year al posto del vincitore di quell’anno, Mathew Barzal.

Ma Vancouver ha trovato un cannoniere, capace di entusiasmare con il suo one-timer ed il suo senso del goal. Brock virtualmente viaggiava ad un ritmo da 38 goal in 82 partite, nel suo anno di debutto. Uno scorer nato.

L’anno dopo, Boeser è dunque eletto come il successore dei fratelli Sedin in quanto stella dei Canucks. Oltre alla crescita di Bo Horvat però, arriva un altro giocatore ad accompagnarlo nella rebuild: lo svedese Elias Pettersson. E se da una parte la chimica non è male, dall’altra Pettersson contribuisce nel mettere in ombra Boeser.

Brock replica la sua performance dell’anno prima, più o meno, con 56 punti in 69 partite. I goal si riducono a 26, ma comunque un buon anno.

Da stella del futuro però, Brock passa in secondo piano, ed un motivo c’è: Pettersson di goal ne mette 28, di punti ne fa 66, tutto al primo anno proprio come lui la stagione prima. Ma i riflettori sono questione di egoismo e centralità: illuminano una persona alla volta.

Sicuramente, l’ascesa di Pettersson soprattutto come goal-scorer (diciamocelo, ha una release letale) ha oscurato quello che era decisamente un ragazzo efficacissimo sotto porta.

Ma è l’anno scorso che veramente inizia a farci dubitare di Boeser: le partite sono 57, quindi gli infortuni sono sistematici. I goal addirittura diventano 16, 10 in meno dell’anno prima. E tutto nella stagione migliore dei Canucks da tempi immemori, con tanto di figura ottima ai playoff. Pettersson, Hughes, Bo Horvat sono le stelle. Boeser è solo un buon elemento.

Ma quest’anno la musica è tornata quella del 2018. In un momento di difficoltà, dove le aspettative altissime di inizio stagione sono crollate come un castello di carta, Brock ritrova il suo ritmo.

16 goal in 37 partite. Lo stesso numero dell’anno scorso, ma 20 partite prima.
0.45 goal a partita, in una stagione da 82 sono 35 reti totali. Brock torna a viaggiare sopra i 30, e vicino a quei 40 che ti certificano macchina da guerra.

Attualmente ha la miglior shooting percentage della carriera: 18.6. Anche se non famoso per la sua difesa, Boeser ha comunque collezionato un numero di blocchi ed hit piĂą o meno pari a quelli finali della scorsa stagione. Anche qui, 20 partite prima.

Sembra quasi che Boeser si ritrovi stella quando le cose vanno male, per poi passare in secondo piano quando invece si arriva a competere. Ma credo sia solo un’illusione, un commento di poco senso. Brock ha iniziato ad essere sottovalutato, e anche un po’ punito, per non aver dato continuità a quell’aura di “nuovo astro” che si era creato.

Ma le carte le ha tutte: macinando partite di hockey, lo vedi quando un giocatore ha l’istinto del cannoniere. E lui ce l’ha, segna dappertutto e in tutti i modi. Gente così durerà sempre nell’NHL.

Non sottovalutatelo più. Vancouver ha bisogno di poco per poter competere davvero, ma sicuramente ha bisogno di lui. Un asso nella power play, virtuoso nell’arte della rete: release, slap shot, deviazioni, presenza sottoporta, creatività e capacità di costruirsi il tiro e lo spazio necessario. Brock ha tutto questo.

E ha margine per migliorare anche difensivamente. Ci vuole solo un po’ di pazienza. Unico suggerimento: attenzione alla salute. Perché forse sono state proprio le tante partite mancate, per un acciacco qua e là, a smorzare quella che era una carriera apparentemente tutta in discesa.

 

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