Sidney Crosby ed Evgeni Malkin, chi se non loro!

Pittsburgh riparte ovviamente dai suoi due campioni che hanno fatto storia e creato legacy che perdureranno negli annali NHL, sebbene i 33 anni del Kid e i 34 di Geno, uniti a fisici fiaccati (42 partite saltate da entrambi nel 2019/20) e da incerti recuperi al polso del primo, non diano garanzie agonistiche a lungo andare per la 103ma stagione prossima all’inizio nella metà di gennaio, ma ombrosa riguardo a durata ed eventuali posticipi o cancellazioni causa Covid.

Il segnale della dirigenza è chiaro: sfruttare e centellinare le ultime energie di due prodigi unici nel loro genere, 1-2 punch nel mezzo tuttora stellare e ancora solitaria speranza in questi lidi di rientrare nel gotha mondiale, che in soldoni significa contendere l’ennesima coppa di Lord Stanley, la terza in sei annate.

I dubbi nemmeno troppo velati ci sono stati se dividere o no la coppia dei sogni, un anacronismo dei giorni moderni avvenuto durante il vecchio start, quando la batosta post Islanders creò perplessità se instaurare o meno scambi per il fenomeno russo, preferendo invece poi smantellare l’antico squadrone utilizzando pietre sacrificali per apporre una mini rebuilding in Phil Kessel ieri e Patric Hornqvist adesso, iconici guerrieri che tolgono – specialmente lo svedese nei confronti di Crosby – pesantissime pedine a livello chimico, qualitativo e d’esperienza.

Dopo sei stagioni e due trofei, Horny lascia 3 anni di contratto su 5 (5.3 milioni sui 26.5 quinquennali) e cede l’armadietto al D-man Matheson e l’ala Sceviour, pervenuti tramite un baratto da Florida. La cessione a Ottawa di Murray viene anch’essa vista nell’ottica di chiudere un cerchio e riaprirne altri, pure perché Jarry rappresenta una delle poche liete positive degli ultimi periodi (33 gare, 20 W, GAA 2.43, 3 SO e SV .921) e perciò premiato con l’estensione triennale da 10.5 milioni; inoltre il secondo giro guadagnato insieme all’ala Jonathan Gruden dall’addio del due volte campione qui a Pittsburgh, è stato speso proprio per un goalie: Joel Blomqvist alla 52! Il terribile avvio nella serie coi Flyers e conseguente sostituzione con DeSmith però non sono un buon viatico.

Se la brutta eliminazione al primo round poc’anzi accennata aveva immesso incertezze da front office nel 2019, non osiamo immaginare cosa sia successo mesi fa a seguito dell’umiliazione al pre turno contro Montreal. Dalla seconda consecutiva coppa del 2017 ad oggi infatti, l’unica serie decisiva messa in cascina rimane quella coi Flyers nel 2018!

Dicevamo di certezze, vere o presunte tali, fra le quali non può che entrare Jake Guentzel, pure lui ammaccato ma che insieme al capitano dovrebbe completare la top line a fianco della new entry e acquisto di maggior valenza Kasperi Kapanen, il cui addio in trade dai Maple Leafs – con Ceci, l’ala Pontus Aberg e il difensore Jesper Lindgren – per una first round pick 2020 e il prospetto Filip Hallander, rappresenta da una parte il fallimento di chi lo selezionò alla 22ma 2014 ed ora lo lascia partire 24enne, e dall’altra l’ennesimo tentativo dell’executive Jim Rutherford – dopo l’epic fail Galchenyuk – di ricreare appeal ai lati di Crosby, accontentando così l’icona numero 87, bisognosa di un velocista iper qualitativo per creare più action a ridosso dello slot, a discapito di Dominik Simon, emigrato a Calgari!

La top six sarà integrata dall’innesto in deadline 2020 Jason Zucker e Bryan Rust.

Il rientrante a 700.000$ annuali proprio da Toronto Evan Rodrigues, comporrà da left wing anch’essa ultra scattante, la linea bottom assieme al già nominato e nuovo arrivo Colton Sceviour e Teddy Blueger spostato al centro, lui unica forward onnipresente la vecchia stagione, mentre i confermati McCann e Tanev performeranno il ghiaccio appaiati in mezzo da Marck Jankowski, successore di Bonino, altro accordo one-year e ottimo penalty killer, center difensivo e checking liner.

Il tutto in attesa dei progressi di Aston-Reese, reduce da un intervento alla spalla.

Una bella batteria questa offense di coach Sullivan, che dovrà però augurarsi integra e in salute per tutto l’arco (?) del campionato, nonostante gli acciacchi molteplici – compresi quelli di Rust – non concedano eccessivo ottimismo; è questa la prerogativa per raggiungere le vette di Tampa nella nuova Central, di Boston e secondo noi persino Washington a East, e degli Avalanche in West Division, altrimenti una spanna superiori!

In D-men position si riparte dal secondo step 5/5 con 23.61 scoring chance su 60 minuti, il quinto (9.63) nelle high danger e nondimeno un perentorio 82.1% in penalty kill situation. Pregevoli medie per un comparto all’epoca sulla carta troppo giovane ed inesperto e perciò adesso in fiducia nelle riconferme dietro la top pair del rinnovato Marcus Pettersson, resiliente in tutte e 69 gare del calendario, e dal former Oilers John Marino, atteso nel 2021 alla breakout season e quindi esteso a sei anni, dopo la brillante campagna rookie da 56 apparizioni, 6 gol, 26 punti e buone sensazioni in power play.

Le sicurezze tecniche prendono il nome di Kris Letang e Brian Dumoulin, anch’essi però da valutare fisicamente, dato che lo storico leader è reduce da 8 match saltati e il secondo 28 per problematiche alla caviglia.

La dipartita di Hornqvist poi, aggiunge come detto un perfetto blue liner da complemento in Mike Matheson, utile per di più nelle manovre in vantaggio uomo, sebbene l’enorme lunghezza del contratto ereditata (UFA 2026) influisca nel cap hit per 4,875M. Non convince invece l’altra new entry Ceci quale top six, per cui dovrebbe colmare il reparto Chad Ruhwedel.

La postseason è obiettivo minino e tutt’oggi alla portata dei Penguins.

Alzare l’asticella e sognare ancora momentum da winner take all è invece possibile solo a patto di rimanere sani, visto che quel marpione di Jim Rutherford, malgrado numerosi stratagemmi e cambi della guardia, è riuscito a mantenere intatta eccome la qualità di questo super gruppo!

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