La National Hockey League da sempre sorprende con squadre originariamente underdog o prive di appeal che si ritrovano ad essere delle fenomenali performer contendendo titoli e posizioni di vertice. Allo stesso tempo franchigie da sempre regnanti con budget e roster nettamente superiori e nei favori dei pronostici sprofondano in una depressione sportiva senza eguali.

Calgary, Buffalo e Colorado, oramai tre solide realtà, fanno parte della prima categoria mentre Los Angeles e Chicago (5 Stanley Cup dal 2009) sembrano non riprendersi più, il tutto nonostante dalle parti dell’Illinois e California ci siano ancora grandi campioni come Kane, Toews, Kopitar, Quick, Doughty e Kovalchuk. Parliamo di due storici team il cui valore stimato (stipendi, merchandising, diritti di immagine ecc.) è di $1,75 Bilions, quasi il doppio delle tre “cenerentole”.

Quel che attorno alle montagne rocciose di Denver sta facendo la differenza è una top line assolutamente ingestibile da qualunque difesa avversaria, impossibilitata a contrastarla in ogni modo possibile, che siano gli Wild, Hurricanes, Bruins o gli invalicabili campioni di categoria Predators, tutte spazzate via con score impressionanti.

Prima linea composta da Nathan McKinnon, l’uomo franchigia, il capitano Gabriel Landeskog ma soprattutto l’ancora venitduenne Mikko Rantanen, vera sensazione stagionale capace di arrivare a metà punti dello scorso e favoloso anno con ancora due terzi di stagione da giocare: il nuovo “fulmine finlandese”!!

Un trio ancora giovanissimo – poco più di 70 primavere in tutto – che si trova a memoria e che oggi si piazza nelle alte sfere della Central, divisione una volta feudo Blackhawks e nella quale oltre agli ormai esplosi Jets si trova la sempre tosta Minnesota, gli Stars di Jamie Benn e gli ambiziosi Blues dei nuovi O’Reilly e Bozak: squadre a fare corsa su Nashville, la favorita e più completa, contro la quale i ragazzi di Jared Bednar conclusero un ottimo 2017/18 ai playoff.

Il Coach dopo la prima e brutta annata a ridosso dei 50 punti è riuscito con la crescita e la confidenza dei tre a riportare la squadra nelle vette dell’Ovest dando ampia libertà al tris di fenomeni mantenendoli sul ghiaccio per un minutaggio superiore a qualunque altra linea d’attacco.

La ventiseienne ala sinistra svedese, già veterano all’ottava partecipazione in Nhl come sempre bilancia goal e assist lasciando spesso la gloria ai due devastanti colleghi di spot avvicinandosi anch’egli a metà dello score passato e non disdegnando serate di celebrità come fatto col suo terzo hat trick in carriera.

Tripletta da sempre nelle corde di Nate, ancor giovanissimo centro, probabilmente il giocatore più decisivo nella lega dopo i Big Three (Crosby, Ovechkin e McDavid), finalista dell’Hart Trophy ad un tiro di schioppo da Taylor Hall dopo una stagione con ben 97 punti ma già saldamente avviato a contendere di nuovo il premio nell’anno in corso dove è già prossimo a quota 50.

Il finnico e 2015 first rounder guida la classifica cannonieri vicino al compagno ed alternate captain con la casacca 29 ed altri mostri sacri come il prima citato funambolo di Edmonton, Nikita Kucherov ed i fenomeni di Toronto, finora la miglior orchestra offensiva. Quel che traspare vedendolo pattinare e manovrare la stecca è che tutto il suo mostruoso potenziale non si sia visto completamente.

Per capire la loro incidenza sul resto dei compagni basta osservare un incredibile Plus/Malus attorno al +54, sapere che partecipano a poco meno del 50% su ogni realizzazione totale della squadra (gol e assist) e che sul numero di segnature, un centinaio, contribuiscono con quasi 50!!

Una progressione imbarazzante da due anni a questa parte quella del trio che porta buoni auspici per sogni futuri. Per questo motivo a Denver si comincia a fare paragoni col passato glorioso quando a metà anni 90 e trasferiti dal Quebec sollevarono la prima delle due Stanley Cup altri grandi attaccanti come Peter Forsberg e Joe Sakic (attuale GM), due dei più forti giocatori di tutti i tempi.

E’ anche vero che il supporting cast di prima grandezza dell’epoca oggi è un miraggio: Kamensky, Deadmarsh, Milan Hejduk e Claude Lemieux completavano le linee d’attacco meglio di chiunque altro, per non parlare dei divini Ray Bourque, Rob Blake e Patrick Roy a proteggere il risultato.

Quel che non sfugge è la sicurezza nel trovarsi ad occhi chiusi anche lontano dal Pepsi Center; sono infatti i campioni di categoria dietro solo ai Leafs, anch’essi superlativi nella fase di score.

Rispetto ad altre formidabili top lines come appunto Toronto (Tavares-Hyman-Marner) e Bruins (Marchand-Bergeron-Pastrnak) qui il resto degli offensive players non contribuisce sia nel minutaggio che in realizzazione come invece fanno i vari Matthews, Kapanen, Kadri, il vecchio Marleau, Krejci e DeBrusk; un po’ quel che avviene a Dallas coi soli tre tenori Benn, Seguin e Radulov.

L’obiettivo di inizio stagione dell’hall of famer general manager, quello di allungare e rendere più profondo il roster per fare più strada degli scorsi playoff, è dunque andato in cavalleria, almeno a livello di goal e assist.

Matt Calvert giunto dai Blue Jackets come free agent per tre anni e jolly in inferiorità numerica nella terza e quarta linea aiuta infatti a spalleggiare i tre “acuti” più a livello di fisicità; come lui i soliti JT Compher, Sven Andrighetto, Tyson Jost, Colin Wilson, Matt Nieto e Carl Soderberg, 33enne esperto centro anch’egli svedese ed unico insieme a Kerfoot ad avvicinarsi alla doppia decina realizzativa.

Deludente Vladislav Kamenev, reduce dalla sfortunata last season saltata per infortunio al braccio, acquisito anche lui per costruire il gioco più che finalizzare, nella trade che diede Duchene ai Senators. Persi Yakupov e Comeau (non rinnovati) e il goalie Bernier (free agent) sostituito dal solido Grubauer, in un ruolo dove l’ottimo Varlamov se in salute può dire la sua, come d’altronde sta avvenendo col sesto posto per Sv% in classifica tra i portieri con almeno 15 start.

Oltre a lui una difesa molto fisica ed esperta sta facendo il resto con Ian Cole (un triennale), ex Stanley Cup champion a tinte Penguins che insieme ai veterani Mark Barberio, Erik Johnson ed il “capocannoniere” lì dietro Tyson Barrie aggiungono all’estro degli outstanding offensive players stazza e posizione nelle linee di protezione.

Inoltre, insieme a Patrick Nemeth e Nikita Zadorov, può crescere Samuel Girard, giovanissimo ex Predators scelto al 2° turno dell’Entry Draft 2016 che rispetto agli “armadi” che lo affiancano si sta mettendo in luce per rapidità e velocità anche nella PP unit e come assist man.

Le statistiche per reti subite sono state “sporcate” dall’incontro ravvicinato con Hornqvist e Stamkos (erano i quarti prima del 3-6 a Pittsburgh e 1-7 a Tampa) ma che nulla toglie a quanto di buono fatto vedere finora davanti alla propria porta.

Gli Avalanche ad un terzo del cammino si ritrovano nelle alte sfere della Central Division, ai primissimi posti offensivi grazie alle loro stelle devastanti ed irraggiungibili nei power play goals ma anche tra gli 8/9 migliori reparti arretrati con una retroguardia molto attempata ricca di hitters e shot blockers protetta da un baluardo affidabile.

Rispetto a Calgary e Buffalo si difetta in profondità ma si eccelle in esperienza anche nei top liner già da anni a lavorare insieme.

Come detto i pochi cambi non hanno modificato il gene che Bednar sembra aver instaurato nei suoi giocatori: un attacco formidabile con tre solisti, le checking lines a coprire e costruire gioco e una difesa arcigna ricca di ferocia e intensità. Tutto ciò dovrebbe bastare per confermare i playoff.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.