ovech68Esiste il Principe Azzurro? Non lo so, ma so che esiste la bestia!

Senza sondaggi pronti sappiamo che nell’immaginario collettivo delle tifose il principe della Nhl può somigliare a Sidney Crosby o Steven Stamkos, invece poi arriva lui, Alexander Ovechkin, la Bestia, il Fenomeno, The Great 8!

A tutto somiglia tranne che ad un tronista di Maria De Filippi ma a lui che importa, deve fare solo una cosa, distruggere più portieri possibili.

Sino a metà stagione scorsa ci si era chiesti dove fosse finita quella furia offensiva che, tanto per intenderci, a due anni si mette a fare i capricci perché non vuole lasciare un bastone da hockey in un negozio di giocattoli e che diventa un diavolo se mentre guarda la tv (non cartoni animati ma ghiaccio,botte e gol) gli cambiano canale.

È un predestinato, suo padre Michail è un ex calciatore, sua mamma Tatyana è due volte medaglia d’oro di basket alle Olimpiadi di Montreal 1976 e Mosca 1980, ma tra pallone e palla a spicchi segue l’ispirazione del fratello Sergej che lo indirizza al puck (indosserà il numero 8 come omaggio allo stesso numero della mamma).

Purtroppo la vita di Alex regala subito un dramma perché il fratello Sergej muore quando il futuro giocatore dei Capitals ha appena 10 anni e questo episodio gli lascia una rabbia che sul ghiaccio si trasforma in determinazione.

In queste ultime stagioni la Bestia sembra un cagnolino che vaga abbaiando senza mordere e questo consegna a Ovie vagonate di critiche, spesso ingiuste, a cui lui risponde con il muso di chi non sa bene che sta succedendo.

Se i già citati Crosby e Stamkos godono spesso di giudizi benevoli (nel caso di Crosby sarà sempre colpa di Malkin) non è invece cosi per Ovechkin che da Salvatore della Patria si scopre come problema di Washington e anche se chi lo affianca non è una super stella le colpe dei fallimenti sono sempre attribuiti al Capitano.

Certo, dire che Washington si aspettava la Stanley Cup non è una novità, dalla stagione 2008/09 quando i Capitals perdono gara 7 in casa contro i futuri campioni dei Penguins qualcosa nella testa di Ovechkin cambia.

Le sue statistiche realizzative crollano dopo la sequenza di annate con 65, 56 e 50 gol, Alessandrino realizza “solo32 e 38 gol e molti iniziano a dubitare sulla voglia di proseguire l’avventura hockeistica in terra Nord Americana visto che la Khl inizia lusinghe non troppo velate.

Lui però è un russo atipico, non vive nell’ombra come Malkin (e l’ombra è di Sid), non è timido e taciturno come Datsyuk, non lascia la Nhl come Kovalchuk ma rappresenta la Capitale come meglio non può fare, senza aver mai paura di metterci la faccia, cosa che, visto il sorriso particolare, rappresenta anche una cosa altamente terrificante.

Eppure questa stagione deve essere magica per lui, lo spera Adam Oates, Hall of Famer e allenatore dei Caps che sin dall’inizio coccola la bestia con la stessa delicatezza dell’aver un leoncino in mano di cui hai una paura terribile e anche se l’inizio sembra un disastro (Washington post lock out si ritrova all’ultimo posto nella division) tra i 2 scocca reciproca stima, Ovechkin accetta anche di cambiar lato di gioco per passare da sinistra a destra e incredibilmente dà una scossa alla stagione.

Ovechkin segna 14 volte in 13 partite di aprile, diventa letale in power play e fa chiudere le ultime 23 partite con 17 vittorie, rimontando nella classifica di division che Washington conquista per la quinta volta negli ultimi sei anni e in quella dei bomber dove fa suo il terzo Maurice Richard Trophy della sua carriera (trofeo per il capocannoniere).

Non basta, non può bastare ad uno del suo talento, uno che vede in Evgeni Malkin il suo peggior nemico (una specie di Biaggi contro Rossi con la pace degli ultimi anni), uno che tenta di spalmare il numero 71 dei Penguins sulla balaustra e lo manca di poco (gennaio 2008) poi invece prende in pieno Brian Campbell e gli fracassa clavicola e costole giusto per far capire che se si spegne il neurone succede di tutto.

L’obiettivo della Bestia nel 2014 è ambizioso, è dal 2010, Canada-Russia 7-3 in quel di Vancouver, che Ovechkin vuole e pretende l’oro Olimpico e guarda caso la manifestazione invernale quest’anno sarà a Sochi, nella sua Russia, dove un’intera nazione pretende solo la vittoria e visto la squadra stellare non si può ambire all’argento.

Poi il mirino si sposterà più in là, verso il gol numero 400, verso il numero 4 come Hart Trophy e Maurice Richard Trophy, poi ricordandosi di essere il primo giocatore a far poker di trofei in una stagione (ai 2 già citati vince anche Art Ross e Lester B.Pearson) pretende che arrivi lei, la coppa più bella del mondo, quella Stanley Cup che deve per forza vincere, perché lui non è comprimario in Nhl, perché la sua storia merita la Stanley Cup e perché è semplicemente bestiale.

Ho un dubbio, ma se i Capitals nel 2006 avessero preso Malkin al draft come prima scelta e lasciato Ovechkin ai Penguins di cosa avrei parlato oggi?

 

2 thoughts on “Alexander Ovechkin: la fame della Bestia!

  1. Bell’articolo. Ho cominciato a seguire la NHL da pochissimo, e tutto dopo aver visto in azione “la Beastia”, “The Great 8”! . Adesso aspetto le Olimpiadi!

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