Flyers contro Rangers, una delle tante sfide classiche della Atlantic

Si scrive Atlantic Division, si legge spettacolo.

Il raggruppamento più orientale della Nhl è sempre stata una vera “fucina” da Stanley Cup, dal momento che tutte le formazioni che ne fanno parte hanno il conquistato il trofeo, almeno due volte l’una.

Istituita nel 1993 al posto della Patrick, la “divisione atlantica” comprende (come tutte le altre) cinque squadre. Ne fanno parte le due formazioni della Grande Mela, i New Jersey Devils dell’inossidabile Brodeur, i Philadelphia Flyers del rientrante Jagr e i “cugini” di Pittsburgh, capitanati da “Sid the kid” Crosby.

L’anno scorso le due squadre della Pennsylvania hanno chiuso la stagione con il medesimo punteggio e soltanto la differenza negli scontri diretti ha permesso ai “giocatori volanti” di conquistare il titolo di Division a scapito dei Penguins. La stagione che verrà le scintille sono assicurate e il “tradimento” di Jagr, passato nella città di Benjamin Franklin dopo avere scritto il suo nome nella storia dei gialloneri, aggiunge ancora un tocco di elettricità.

Il desiderio di riscatto dei Devils, tra i più vincenti in Atlantic, ma solo penultimi il passato torneo, la promettente campagna acquisti dei New York Rangers e le ambizioni dei “dirimpettai” degli Islanders portano l’amperometro decisamente fuori giri.

Philadelphia vuole riprendere il volo

Prendete il terzo attacco della Lega e aggiungete al roster uno dei cannonieri più prolifici della storia. Se l’hockey fosse una miscela chimica o un’equazione matematica, allora sarebbero pochi i dubbi. Una formazione che segna 259 reti in una stagione (più dei Bruins campioni 2011), che in più può contare sugli straordinari numeri del rientrante Jagr, 1599 punti in regular season (646 gol e 953 assist) e 181 ai playoff (77 e 104), più di ogni altro giocatore in attività, oltre a una lunga serie di record, non dovrebbe avere difficoltà a vincere la coppa.

Eppure, non è detto che sia così. Ironia della sorte, nelle ultime tre annate il cammino dei Flyers è stato interrotto proprio dalla squadra laureatasi campione alla fine. Prima dello 0-4 subito da Boston la passata stagione, Phila era stata sconfitta dai Chicago Blackhawks (in finale) e dai Pittsburgh Penguins, “cugini” della Pennsylvania mai troppo amati.

Adesso che Mario Jr., come aveva anagrammato il suo nome Jaromir ai tempi in cui giocava alla Civic Arena, è passato a vestire la casacca neroarancio, la sfida appare più interessante ed elettrica che mai.

Riflettori puntati sul numero 68 dunque, ma non solo. Tanta l’attesa per altre frecce all’arco di coach Laviolette, giunto alla terza stagione sulla panchina di Philadelphia.

A cominciare dalla porta, dove Ilya Bryzgalov (ben 9 anni di contratto per lui) deve confermare quanto di buono fatto in Arizona con la maglia dei Coyotes. Per lui, infatti, 33 vittorie di media in quattro stagioni a Phoenix.

Cinque sono invece gli anni di contratto per Maxime Talbot, centro-ala ex Pittsburgh.  Tante attese per lui, come per Wayne Simmonds e Jakub Voracek, giunti da Los Angeles e Columbus per sostituire Mike Richards e Jeff Carter. Compito difficile per i due giovani, in quanto i loro “predecessori” erano rispettivamente il capitano e il miglior realizzatore della squadra.

La sfida che attende il neo-capitano Chris Pronger, Claude Giroux (ben 51 assist e primo All Star Game nel 2010/2011), Jagr e compagni è dura: riportare la coppa all’ombra della Liberty Bell dopo oltre venticinque anni di digiuno.

È dal 1974/1975, infatti, che i Flyers non alzano la Stanley. Eppure, dopo essere nati “soltanto” nel 1967, i pattinatori di Philadelphia divennero i primi a vincere la coppa senza far parte degli Original Six, vale a dire le prime sei “storiche” società della Lega.

Correva l’anno 1974 quando i neroarancio scesero sul ghiaccio per il titolo contro i Boston Bruins. Dopo essere riusciti a portarsi avanti 3-1 nella serie, persero gara-5, ma riuscirono a trionfare in gara-6, senza nemmeno subire una rete. Grazie alla prodezze di quell’incontro e di tutta la stagione (47 vittorie, record assoluto di franchigia), il portiere Bernie Parent vinse anche il Conn Smythe Trophy quale miglior estremo difensore dell’anno.

La stagione successiva il copione si è ripetuto. Vittoria in sei gare, stavolta contro Buffalo, e seconda coppa in bacheca, per di più consecutiva. Il quinto incontro della serie si ricorda come “la gara della nebbia”, in quanto, per assenza di un rimpianto di aria condizionata e, soprattutto, per il forte caldo che investì la contea di New York, i giocatori sudarono più del previsto, giocando in una vera e propria cappa.

Dopo il 1975, tanti titoli di Division (16 in tutto, considerando tutte quelle cui Phila ha preso parte), ma nessun “colpo grosso”.

Un dato che Jagr e soci contano di cambiare al più presto.

Pinguini d’assalto… con le giuste vaccinazioni

La stagione 2010/2011 di Pittsburgh si può ridurre a due numeri: 106, come i punti realizzati di squadra al termine delle partite di regular season, e 2, come gli incontri disputati assieme da capitan Crosby, Malkin e Jordan Staal, due degli alternate. Tutti a tre sono stati alle prese con brutti infortuni, costati in alcuni casi metà della stagione. Per intenderci, gli ultimi due hanno messo insieme 127 punti (gol e assist) in tutto il torneo scorso, playoff esclusi. Cifre che durante una stagione regolare “completa” (Staal è stato fuori la prima parte di campionato, Sid e Geno la seconda) non possono fare altro che salire.

D’altronde, a  pieno organico, la formazione di Dan Bylsma è tra le pretendenti al titolo, non soltanto di Division. La coppia Crosby-Malkin, con Staal pronto a inserirsi, è tra le più forti della Lega. Sul fronte portieri, Marc-André Fleury (oro a Vancouver) è una certezza e Brent Johnson è un sostituto all’altezza. L’arrivo di Steve Sullivan (266 reti e 416 assist in Nhl), Steve MacIntyre, Jason Williams, Alexandre Picard e Boris Valapik aggiungono profondità al roster e un buon mix tra esperienza ed esplosività.

Lasciano invece la Pennsylvania Mike Rupp (che resta nell’Atlantic, firmando con i N.Y. Rangers), Alex Kovalev, Eric Godard e Mike Comrie. Valigie anche per l’eroe della Stanley Cup 2009 Maxime Talbot (suo il centro decisivo contro i Red Wings in gara-7), approdato ai Flyers…

D’altronde, nel sangue della Pennsylvania scorre ghiaccio. Pittsburgh ha ospitato dal 1925 al 1930 la terza formazione in ordine di tempo nella storia della Nhl, i Pirates, che prendevano il nome dalla più celebre compagine di baseball. Dopo più di 35 anni in serie minori, il grande hockey torna in città nel 1967, hanno di fondazione dei Penguins.

Il nome è un’intuizione legata al nick-name di cui godeva la Civic Arena: “igloo”. Come chiamare meglio una squadra di giocatori che pattina sul ghiaccio in un tale habitat? Dopo appena tre anni giunge la prima apparizione ai playoff, che diventerà presto un classico: tra il 1975 e il 1982 saranno sette consecutive. Il primo titolo giunge vent’anni fa. Finale vinta in sei gare contro i Minnesota North Stars e prima apparizione di una squadra Nhl alla Casa Bianca, ospite di George H. W. Bush.

La stagione successiva i Penguins si ripetono, con un secco quattro a zero ai Chicago Blackhawks. Sono gli anni di Mario Lemieux e di Jaromir Jagr, di Ron Francis e di Mark Recchi. Ben dodici partecipazioni ai playoff in tredici anni, dal 1989 al 2002.

Per il terzo titolo, tuttavia, si deve attendere l’arrivo di Sidney Crosby e Eugene Malkin. Stagione 2008/2009, finale vinta in sette confronti contro i Red Wings, trionfando sul campo di Detroit. Il resto è storia recente.

Vincere per stupire il Madison

Se esistesse il tasto “cancella” per eliminare dalla memoria l’ultima stagione, molti tifosi di New York non avrebbero dubbi a premerlo. L’anno passato è stato davvero al di sotto delle attese della vigilia, specialmente per una squadra che gioca nella Grande Mela, nella splendida cornice del Madison Square Garden, di fronte a uno dei pubblici più esigenti di tutti gli Stati Uniti.

La ricca storia di cui è pregna la casacca rossoblu non fa altro che aggiungere rimpianto a rimpianto. Nove le maglie ritirate (come è usanza per i giocatori “da leggenda”), quarantasei giocatori nella Hall of Fame. Se si considera anche che sulla panchina dei Rangers si sono seduti anche protagonisti assoluti come Herb Brooks e Craig Patrick, gli eroi dell’oro olimpico conquistato nella vicina Lake Placid (memorabile la gara contro l’Unione Sovietica, in piena Guerra Fredda), allora la pressione potrebbe diventare quasi insostenibile. Coach Tortorella deve mirare alla Stanley, un successo che manca dal 1994 e che potrebbe arrivare dopo il decennale dell’11 settembre. Un segnale di speranza per una città, almeno per la parte sportiva.

Per tornare a convincere (e, soprattutto, vincere), Glen Sather ha condotto un’oculata campagna acquisti. Dopo il doloroso ritiro di Chris Drury (prima di andarsene ha ringraziato i tifosi di N.Y., “giocare di fronte a loro al Garden è un’emozione che dura per tutta la vita”) e le partenze di Prospal, Gilroy, McCabe, White e Frolov, il presidente ha deciso di cambiare. Sather, una vita ai Rangers – da giocatore, poi da allenatore, infine dietro la scrivania – e hall of Famer dal ’97, ha deciso sull’altruismo di Brad Richards, l’esperienza di Mike Rupp e l’esuberanza di Tim Erixon.

Il primo è tra i più grandi assist men della Lega (116 in 152 partite) e con Tortorella ha già sollevato la Stanley Cup, nel 2004. Esperienza condivisa, anche se non con l’allenatore più vincente della Nhl, da Rupp, che con una sua rete ha deciso gara-7 della finale dell’anno precedente. Contro gli allora Mighty Ducks of Anaheim, Rupp (ai tempi con la maglia dei “cugini” di New Jersey) è diventato il primo giocatore a far coincidere il primo centro in assoluto ai playoff con una rete valida per il titolo. Il terzo è un difensore svedese di buone speranze.

Sempre scandinavo, ma ormai una certezza è il connazionale Henrik Lundqvist. Il goalie svedese è tra i migliori portieri della Lega. Se i giovani Wojtek Wolski, Michael Del Zotto e Artem Anisimov dimostreranno i numeri fatti vedere in passato, saranno dolori per tutti.

Le ambizioni sono tante. Non potrebbe essere altrimenti, dato che la piazza è esigente e il club è ricco di storia. Entrati a far parte della Lega nel 1926, già l’anno successivo vincevano la Stanley, la prima conquistata da una statunitense dopo il predominio canadese. In finale sconfitti tre a due i Montreal Maroons, futuri Canadiens. In totale saranno quattro. La seconda coppa giunge cinque anni e due finali perse dopo, contro un’altra formazione canadese: i Toronto Maple Leafs, sconfitti tre a uno. La terza nel 1939/1940, nell’immediata vigilia dell’ingresso americano in guerra. Ancora una volta i Leafs in finale e ancora una volta due vittorie di vantaggio: quattro a due il risultato finale della serie.

Da allora, giunge la maledizione sulle rive dell’Hudson. Poche apparizioni ai playoff, ancor meno finali, tante stagioni al palo. Non che mancasse il talento: Terry Sawchuk in porta (tra i migliori di sempre, a lungo il più imbattuto, prima di Brodeur), Lynn Patrick, Buddy O’Connor, Phil Esposito, Dick Duff. Nel frattempo, dal 1980 al 1983, gli Islanders vincevano quattro coppe di seguito. La pazienza sarà più che premiata. Nel 1994, in finale contro i Vancouver Canucks, i Rangers vinceranno la prima coppa al Madison, al termine di una gara-7 dal sapore epico. Allenatore Mike Keenan, capitano Mark Messier. Altri tempi. Poi, di nuovo la maledizione. Jagr, Bure, Kovalev sul ghiaccio, ma niente coppa, niente finale, a volte niente post season. Una striscia che dalle parti del Garden sperano di chiudere quanto prima.

Obiettivo Islanders: evitare la deriva

Uscire dall’anonimato. Questo è il traguardo dichiarato dei New York Islanders, lontani dalla post season dal 2007. Per trovare l’ultima vittoria in una serie bisogna andare indietro nel tempo sino alla stagione 1992/1993.

L’anno passato la squadra che contende con i Rangers nella Battle of New York era certa di non poter prendere parte ai playoff ancor prima dell’arrivo della primavera.

Tuttavia, le note positive non mancano. A cominciare dai 67 punti (29 centri e 38 assistenze) messi a segno dal ventenne John Tavares. È il più giovane arancioblu a riuscirci dai tempi di Bryan Trottier, che ne realizzò 95 a diciannove, nella sua stagione d’esordio. Paragone che certo non può che fare piacere a Tavares, dato che Trots detiene il record di presenze del club:  1123, con 500 reti e 823 assist per un totale di 1323 punti. Inoltre, è il massimo realizzatore di punti in una singola partita: sei, con quattro reti e due passaggi vincenti. Record realizzato il 23 dicembre del 1978, guarda caso contro i Rangers.

Il GM Garth Snow ha deciso di affiancare a Tavares Brian Rolston (proveniente da New Jersey) e Marty Reasoner (dai Florida Panthers), 34 e 32 punti la stagione passata. Se i canadesi Moulson e Parenteau e l’austriaco Grabner (158 punti in tre) confermeranno il loro bottino e magari riusciranno ad aumentarlo, allora il capitolo “attacco” non dovrebbe essere un problema, anche nella Division più competitiva della Lega.

Veniamo alla difesa. Il ritorno negli States di Evgeni Nabokov dopo la parentesi di San Pietroburgo porterà con ogni probabilità Rick Di Pietro a doversi superare per battere la concorrenza del migliore portiere del pianeta nel 2008.

Nabby, infatti, detiene anche importanti record nella Nhl, quale quello di undici vittorie esterne consecutive (assoluto) o avere avuto tre stagioni di fila con 40 o più vittorie (second nella storia). Inoltre, è stato anche il primo portiere nella storia ad avere realizzato una rete in situazione di power play, evento più unico che raro, quando vestiva  ancora la maglia dei San Jose Sharks.

La storia degli Islanders si può condensare agli anni ’70-’80. Nata nel 1972, la formazione iniziò subito a rivaleggiare con i Rangers, che videro di cattivo occhio l’idea che ci fosse un’altra squadra nella Grande Mela. Dopo aver chiuso la stagione all’ultimo posto, lentamente gli Isles iniziano a costruire un sestetto competitivo. Bryan Trottier, stagione d’esordio a parte (95 punti e Calder Trophy quale migliore esordiente della Lega), sarà capace di chiudere cinque tornei di fila con 100 punti o più.

Quattro saranno invece i titoli vinti a cavallo tra il 1980 e il 1983. Trots diede un grande contributo con 429 punti, ma erano anche gli anni di Denis Potvin (il “nuovo Bobby Orr”, come era stato definito dalla stampa dell’epoca) e  Bob Nystrom, di Mike Bossy e Clark Gillies. Gli anni che vennero definiti the Dynasty.

Il primo “scalpo” venne preso contro i Flyers. Philadelphia aveva dominato la stagione regolare, riuscendo a non perdere (OT escluso) per 35 partite di fila. Tuttavia, Trottier e compagni riuscirono ad avere la meglio in sei gare, vincendo il primo titolo della formazione di Long Island proprio tra le mura amiche del Nassau Veterans Memorial Coliseum.

L’anno successivo gli “isolani” concedono il bis. Sconfitti in finale i Minnesota North Stars in cinque incontri e secondo successo. I playoff di quell’anno restano nella memoria per le sole tre sconfitte esterne e per il canto beffardo dei sostenitori arancio-blu nel derby contro i Rangers, sconfitti 4-0 sul ghiaccio con nelle orecchie “1940! 1940!”, data dell’ultimo (allora) titolo vinto. Da allora è diventato un must per i tifosi avversari dei rossoblu.

Il tris e il poker sono i più tondi nel punteggio: un netto quattro a zero contro i Vancouver Canucks nella prima finale coast-to-coast della storia. Quell’anno gli Isles riescono a vincere ben 15 gare di fila in trasferta. Il poker contro gli Oliers (sempre per quattro a zero) rimane l’ultimo titolo nella storia del club.

Considerando anche i playoff dell’anno seguente, i mancati “Long Island Ducks” (come si dovevano chiamare originariamente) hanno conquistato 19 serie di playoff di fila. Nessuno in Nord America, in qualunque sport professionistico, ha fatto meglio.

Nel 1987 gli Isles si superano contro i Capitals, ricevendo ben 75 conclusioni nella propria porta (contro 52), ma vincendo per 3-2 al quarto supplementare. Merito della rete di Pat LaFontaine, ma anche delle 73 parate di Kelly Hrudey, imbattuto dal terzo periodo in poi. La gara, giocata la Domenica Santa, fu poi definita “Easter Epic”. Al secondo turno, escono in sette gare contro i Flyers.

Nel 1993 sovvertono ogni previsione, impartendo una dura lezione ai Penguins dei vari Lemieux, Jagr, Francis, due volte campioni in carica, 119 punti in stagione regolare. La vittoria, ai supplementari di gara-7, porta la firma di David Volek.

A oggi, è l’ultima vittoria in una serie di playoff per gli Islanders. Una striscia negativa che Nabokov, Taveres e compagni faranno di tutto per interrompere.

New Jersey, cancellare il 2010/2011

Se hai in squadra il migliore portiere (dati alla mano) di sempre, subisci meno reti dei Flyers campioni di Division, eppure non riesci a qualificarti ai playoff, allora deve esserci qualcosa non va.

Il fatto che i Devils abbiano chiuso con il peggiore attacco della Lega (179 centri, appena 2,12 di media) nonostante i “pezzi da 90” Elias, Kovalchuk e Zajac abbiano disputato praticamente tutta la stagione (con 63 gol in tre) è un ulteriore campanello d’allarme. L’infortunio che ha costretto Zach Parise, realizzatore come pochi, a disputare solo tredici incontri di campionato, serve certamente a spiegare il calo, ma non può diventare un alibi. Così come non può esserlo il ritorno in maglia Stars a gennaio di Langenbrunner, appena 4 reti in 31 presenze all’ultima stagione con i Devils.

Parise e Kovalchuk sono stati confermati. Il primo per un’altra stagione (almeno), mentre l’ex giocatore degli Atlanta Thrashers ha firmato un impegno per ben 15 campionati…

In difesa, occhi puntati su Adam Larsson. Lo svedese, non ancora diciannovenne, è stato scelto con il numero 4 nel draft assoluto. L’ultima volta che New Jersey aveva scelto un defenseman con una scelta tanto “elevata” era stato Scott Niedermayer, unico canadese nella storia ad avere realizzato il Six Major Championship. Vale a dire, Stanley Cup (ben 4), Memorial Cup (migliore giocatore giovanile canadese), Mondiale juniores,  Campionato del Mondo, Coppa del Mondo e Olimpiade. Quando Niedermayer (il cui numero 27 sarà ritirato il 16 dicembre di quest’anno) esordì a Newark, era ancora il 1991, l’anno prima che  Larsson nascesse.

Parlando di reparto arretrato non si può non fare cenno a Martin Brodeur. Il numero 30 detiene molti dei record dei goalie, tra cui quello delle gare disputate (1132), delle vittorie (625), delle parate (25976) e di gare senza incassare reti o shutout, ben 116, di cui 6 la passata stagione. Il portiere canadese divide la responsabilità con Johan Hedberg, l’anno scorso titolare una gara ogni tre.

Se la coppia dovesse rimanere su buoni livelli, supportata adeguatamente dalla difesa, allora New Jersey potrebbe ripetere gli ottimi risultati (della retroguardia) dell’anno passato.

La sfida a cui è chiamato il nuovo coach, Peter DeBoer, è riuscire a conciliare le qualità difensive (da sempre “marchio di fabbrica” dei rossoneri) con un ritrovato gioco offensivo. A tal punto, a trent’anni  solari dall’esordio in Nhl e a otto dall’ultima Stanley, i tifosi di Newark potranno sognare una nuova stagione da protagonisti.

I Devils nascono nel 1982 dalle franchigie dei Kansas Scouts e dei Colorado Rockies, attivi negli anni ’70 e nei primi ’80. Il nome deriva dal Jersey Devil, una leggendaria creatura che si racconta abiti la zona. Alla stagione d’esordio giunge una pesante debacle contro gli Edmonton Oilers di Gretzky (13-4), ma anche il primo successo, contro i “vicini” Rangers (3-2).

Nel 1988 giunge la prima partecipazione ai playoff, conquistata al fotofinish ai danni dei rossoblu. Nel 1993/1994, con Niedermayer al centro, un giovane Martin Brodeur da poco premiato come migliore esordiente e Jacques Lemaire in panchina, arriva il primo titolo. Un impressionante quattro a zero sui favoriti Detroit Red Wings il “lasciapassare” per la prima Stanley.

Più complicato il cammino per il secondo trofeo. Dopo avere sofferto a metà stagione, i rossoneri si riprendono e si qualificano alla post season. Superati i rivali di Conference, in finale li attendono i Dallas Stars campioni in carica. Texani sconfitti in sei gare e successo per la squadra guidata da Larry Robinson, assistente allenatore subentrato a metà campionato.

Il terzo e ultimo titolo è datato 2003. Dopo aver chiuso secondi a Est e superato gli Ottawa Senators, migliore squadra stagionale, decisa a tre minuti dalla fine di gara-7 in Canada dal nuovo acquisto Jeff Friesen, New Jersey affronta in finale i Mighty Ducks of Anaheim. Per la prima volta dal 1965, il fattore campo è perfettamente rispettato, e l’ultima gara si gioca lontano dalla California. Per Niedermayer e compagni giunge così il trionfo.

A DeBoer l’arduo compito di riportare i rossoneri ai playoff e, chissà, a qualcosa di più.

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