L’offseason è tutt’altro che finita ma, se proprio vogliamo, possiamo dire che sia “rallentata”. Dopo una free agency soporifera è arrivato il draft, come sempre arrogante e casinista, a sparigliare le troppe carte sul tavolo: ora, di fatto, da qui all’apertura dei training camp siamo condannati a un paio di mesi di nulla cosmico.
Settembre è ancora lontano e non fatico a immaginare che arriverà qualche firma – e/o trade – a rimescolarle ulteriormente, ma posso tranquillamente affermare che il 90% dei movimenti sugosi appartengano a un passato su cui possiamo solamente speculare: dichiaro quindi ufficialmente aperto il tempo della speculazione, della valutazione e della rivisitazione.

Oggi voglio parlarvi delle squadre che, secondo me, sono uscite meglio dall’offseason – il che non significa Super Bowl a febbraio, ma semplicemente trovarsi in un posto ben migliore rispetto a quello in cui avevano concluso la scorsa stagione.
Vi anticipo anche che nei prossimi mesi, vista la noia e il bisogno di scrivere qualcosa per giustificare la mia esistenza, sperimenterò qualcosa di diverso, qualcosa su cui ho iniziato a lavorare negli ultimi giorni e che sarà più narrativo di qualsiasi cosa abbia mai pubblicato: come dicono quelli bravi, state tunati.
Vediamo di portare a casa anche quest’offseason.


Houston Texans e Carolina Panthers

Accumunare due squadre nemmeno coinquiline di conference potrebbe suonare oltraggioso, ma dopo il draft credo che possa addirittura aver senso.

Dopo aver perso la prima scelta assoluta nel modo più paradossale possibile, i Texans si sono visti scavalcare dai Panthers che con estrema aggressività hanno coperto d’oro i Bears per guardare tutti dall’alto una volta arrivati a Kansas City: con quella scelta i Panthers si sono portati a casa Bryce Young, colui che sperano disperatamente possa essere il loro nuovo franchise quarterback dopo un lustro di desolante irrilevanza e porte girevoli under center.

I Texans, cornuti nel logo ma non mazziati nella vita reale, per digerire lo smacco subito prima hanno preso C.J. Stroud, poi hanno emulato i Panthers coprendo d’oro i Cardinals per impossessarsi della terza scelta assoluta, Will Anderson: entrambe le squadre, in definitiva, potrebbero essersi date la scossa d’adrenalina necessaria per risvegliarsi dal letargo e approcciare nuovamente la rilevanza, frivolezza tutt’altro che banale per loro. Vedetela come una Hail Mary di Nick Caserio.

Tutti gli occhi saranno puntati sui loro quarterback, fin da subito ingiustamente sotto il microscopio, ma il semplice fatto che qualcuno guardi nuovamente in loro direzione con più o meno motivato interesse mi basta a farli rientrare nei vincitori dell’offseason.


Chicago Bears

Quello dei Bears è uno scenario vagamente simile a quelli appena delineati, l’unica differenza risiede nel fatto che Chicago il quarterback del futuro potrebbe già averlo in casa: resosene conto, in un paio di mesi il front office ha provato ad allestirgli attorno una squadra in grado di aiutarlo a confermarsi titolare per almeno i prossimi cinque anni.
Il reparto offensivo è stato galvanizzato in egual misura da quantità e qualità poiché fra le acquisizioni più recenti troviamo D.J. Moore, i free agent Nate Davis, D’Onta Foreman e Robert Tonyan oltreché i rookie Darnell Wright, Roschon Johnson e Tyler Scott: non si sta parlando di fenomeni, ma di un plotone di onesti mestieranti – Moore a parte, lui è una stella – dal quale potrebbe emergere il nucleo offensivo dei Bears del futuro – vincente, si spera.
Un’infrastruttura ben più solida di quella dello scorso anno.

Pure il reparto difensivo è uscito rivoluzionato dall’offseason e, malgrado non mi aspetti cambi di rendimento epocali, sono convinto che i vari Andrew Billings, Tramaine Edmunds, T.J. Edwards, Gervon Dexter, Tyrique Stevenson e Zacch Pickens restaureranno parte della dignità di un front seven che durante lo scorso autunno aveva opposto alle corse la stessa resistenza che la Francia oppose all’invasione nazista.
In una NFC spaventosamente – sulla carta – povera di talento non mi stupirei se fossero loro a compiere il salto di qualità dal nulla à la Lions 2022.


Tutta la AFC North

Potevo farne a meno, ma perché no? Perché non affidarsi a un bell’elenchino puntato per fare il punto della situazione?

  • I Baltimore Ravens sono finalmente riusciti a trovare l’intesa con Lamar Jackson e rinnovargli il contratto che stava sabotando i loro piani, ma non solo: dopo eoni hanno deciso di regalargli un’alternativa valida a Mark Andrews aggiungendo Zay Flowers, Odell Beckham Jr. e Nelson Agholor. La difesa è un paio di ritocchi di distanza dal sembrare pronta;
  • I Cincinnati Bengals molto quietamente si sono aggiudicati Orlando Brown Jr., upgrade necessario a La’el Collins, mentre con un bel draft hanno rifornito di talento un reparto difensivo che con un po’ di fortuna potrebbe risparmiare a Burrow e soci lo strazio di doverne segnarne almeno trenta per avere ragione su Mahomes e il resto dell’élite della AFC;
  • I Cleveland Browns, seppur con le mani legate e margine di manovra praticamente inesistente, sono riusciti a puntellare il roster correggendone – teoricamente – le imperfezioni in modo da presentarsi a settembre ben più completi rispetto a dodici mesi fa – tranquilli, non ve la state immaginando la forzatura;
  • I Pittsburgh Steelers hanno semplicemente dominato il draft andandosi a prendere tre immediati titolari: tutto ciò dopo una buona free agency nella quale hanno aggiunto i vari Allen Robinson, Patrick Peterson, Isaac Seumalo e Nate Herbig. La linea d’attacco a questo punto non ha più motivi per continuare a essere un problema e la coppia Freiermuth-Washington mi fa sognare… anche se non dovrei farlo.


Philadelphia Eagles

Nel giro di quattro stagioni meteorologiche i Philadelphia Eagles non solo hanno appurato di poter contare su un franchise quarterback, ma si sono pure scoperti contender in una NFC che potrebbero egemonizzare per anni.
Erano in una posizione estremamente delicata con una pletora di veterani in scadenza e, brillantemente, sono riusciti a limitare i danni strappando un altro anno ai veterani Brandon Graham, Fletcher Cox e Jason Kelce e, non da meno, prolungando il contratto a pilastri della secondaria come James Bradberry e Darius Slay, perso e improvvisamente ritrovato: gli addii di Hargrave, Sanders, Seumalo e Gardner-Johnson fanno indubbiamente male, ma era utopico aspettarsi che riuscissero a trattenerli tutti.

Il draft non ha fatto altro che accrescere la profondità del roster e, soprattutto, mettere le basi per i successi di un futuro non troppo lontano in quanto ora Philadelphia può sfoggiare una D-line completamente nuova… se non siete familiari con i Georgia Bulldogs.
Cementare il loro status di contender flexando per un weekend intero al draft: continua così Howie Roseman.


New York Jets

La mia recente antipatia per Aaron Rodgers non è una novità – in barba al “recente” -, ma la lingua italiana non ha strumenti per quantificare la magnitudine dell’oggettivo miglioramento under center a cui si sono sottoposti i New York Jets.
Con tutti gli asterischi e dubbi del caso, – in primis quanto a lungo Rodgers vorrà giocare ancora – sono passati da Zach Wilson ad Aaron Rodgers: serve aggiungere altro?


Atlanta Falcons

Viviamo in un momento storico in cui il vocabolo “generazionale” tende a essere tirato in ballo un po’ troppo assiduamente per i miei gusti – chi sta scrivendo lo ha usato per parlare di una pizza -, ma la volontà degli Atlanta Falcons di correre sopra gli avversari è… generazionale. Arthur Smith sta architettando qualcosa che potrebbe essere capace di far provare imbarazzo a Greg Roman, il massimo esponente del correre-indipendentemente-da-tutto.
La scelta di affidarsi a Ridder mi ha stupito e in minor misura perplesso, ma prima di lanciarmi in giudizi affrettati devo tenere a mente che il ragazzo abbia giocato solamente quattro partite fra i professionisti e che la squadra che guiderà quest’anno sarà ben diversa da quella dello scorso autunno: inserire Bijan Robinson.
Robinson, running back “generazionale”, aumenta a dismisura la potenza di fuoco di un attacco che con ogni probabilità tenterà di far volare il pallone il meno possibile – ottimo modo per proteggere il proprio quarterback da sé stesso.

Le migliorie più significative sono però arrivate in difesa, dove il front office si è lanciato in un mezzo repulisti regalandosi una vitale boccata d’ossigeno con le acquisizioni di Calais Campbell, Jessie Bates, Bud Dupree, David Onyemata e l’ex terza scelta assoluta Jeff Okudah.
Non ci troviamo in alcuna misura davanti alla nuova Legion of Boom, ma in due mesi scarsi Atlanta ha completamente rivoluzionato una squadra che ora sembra avere il necessario per dire la sua in una NFC South terra di nessuno.
Se la scommessa Ridder dovesse pagare…


 

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