Avete presente quelle situazioni così intricate e tossiche che ringraziate quotidianamente i vostri santi per essere semplici spettatori esterni? Coltivo seria invidia nei confronti di chiunque non tifi Baltimore Ravens ché vivere “sulla propria pelle” un impasse unico nel suo genere è un qualcosa di cui avrei fatto volentieri a meno.
Se siete fra quelli che ancora ritengono Lamar Jackson un running back che lancia il mio consiglio è di interrompere immediatamente la lettura e investire il vostro tempo in modo più costruttivo, lo dico con serietà. Fa sorridere che nonostante la fiumana di parole d’encomio da parte di colleghi, allenatori e addetti ai lavori vari ci sia ancora chi alimenta con inquietante passione la narrativa secondo la quale Jackson non sia in grado di lanciare: ripeto, mi dispiace, ma questo non è l’articolo che fa per voi visto che mi riferirò a lui per quello che è, ossia uno dei migliori quarterback della lega.
Mi prenderò un migliaio abbondante di parole per riassumervi e analizzare – da entrambi i punti di vista, chiaramente – uno stallo che non sembra destinato a risolversi tanto in fretta.

Tipica statline di uno che non sa lanciare.

Come ben saprete, Lamar Jackson sta per diventare free agent. Dopo un’estate di estenuanti e infruttuose trattative le negoziazioni sono state interrotte dall’inizio del campionato, naturale deadline per un giocatore che non servendosi di un agente è “costretto” a trattare personalmente con il front office.
La stagione 2022 avrebbe dovuto sciogliere ogni dubbio. Jackson avrebbe dovuto rafforzare la propria posizione mettendo davanti i Ravens alla lapidaria evidenza che senza di lui siano condannati alla deprimente mediocrità che ha scandito l’era Flacco dopo il Super Bowl.
Tuttavia, dopo un settembre oltremodo brillante valsogli l’AFC Offensive Player of the Month, il suo rendimento è inspiegabilmente calato culminando in un rognoso infortunio al ginocchio a inizio dicembre contro i Broncos – rimediato nella tasca, sembra giusto ribadirlo – che, di fatto, ne ha concluso la stagione.
Quello che sarebbe dovuto essere l’anno chiarificatore ha solamente amplificato i dubbi su durabilità e rendimento.

Nonostante tutto, le richieste di Lamar non sono minimamente mutate: contratto totalmente garantito sulla falsariga di quello firmato un anno fa da Deshaun Watson.
Il front office dei Ravens, navigato e razionale, sa di non poterlo assecondare poiché l’abominio regalato dai Marroni a Watson non rappresenta in alcun modo la nuova normalità, è solamente sintomo di una disperazione quasi patologica di una franchigia reduce da decenni d’inettitudine e irrilevanza.
Capire il punto di vista di Jackson, però, non è così difficile.
Dal momento in cui è stato stabilito un precedente sarebbe stupido ignorarne l’esistenza, soprattutto per un giocatore che ha completamente rivoluzionato la propria franchigia trascinandola fuori dalle sabbie mobili della mediocrità praticamente da solo.

I quarterback, al giorno d’oggi, sono spesso strapagati. L’importanza assoluta della posizione li ha resi imprescindibili e le squadre sono letteralmente disposte a fare follie per accaparrarsene uno anche solo di medio livello.
Guardate i Browns cos’hanno sacrificato – in primis la propria anima – per Deshaun Watson. Idem per i Broncos con Wilson.
Devolvere una percentuale significativa del proprio spazio salariale per un solo giocatore complica notevolmente la costruzione del roster, ma i general manager sono pagati milioni di dollari proprio per questa ragione, per tenere competitiva la propria squadra nonostante il budget limitato. Non ha più senso appellarsi alla regola del 15%, se hai un quarterback forte lo paghi. Lo hanno fatto i Chiefs con Mahomes e i Bills con Allen, lo faranno i Bengals con Burrow, i Chargers con Herbert e gli Eagles con Hurts.
Coprire d’oro il quarterback ricade nella (nuova) definizione di normalità e, visto che nei prossimi anni molto probabilmente qualche Super Bowl sarà vinto da uno dei signori appena menzionati, la regola del 15% sarà definitivamente sbugiardata. Mi prendo la libertà di dire che tale regola sia stata inventata da Tom Brady perché… sto divagando.

Per i primi quattro anni della propria carriera Lamar Jackson ha giocato praticamente gratis: come altro definireste un quadriennale da meno di dieci milioni totali? Dobbiamo tenere ben presente pure quanto appena detto se vogliamo orientarci in questo ginepraio.
Nonostante la comica esiguità del contratto, il front office dei Ravens non è stato in grado di costruirgli attorno una squadra anche solo lontanamente vincente. In questo momento storico, per ottimizzare la finestra del contratto rookie di un quarterback i vari front office si lanciano in investimenti così aggressivi da flirtare con la follia – si pensi a quanto recentemente fatto da Eagles, Chargers, Dolphins e Bengals – ampliando il più possibile l’arsenale a disposizione del quarterback di turno.

All’infuori di Mark Andrews e – a sprazzi – Hollywood Brown, Jackson ha dovuto operare con i vari Snead, Watkins, Proche, Duvernay e il perennemente acciaccato Bateman: è colpa sua se chi di dovere non ha nemmeno provato a sfruttarne il contratto da rookie?
Non ha alcun senso, quindi, fargli presente che un contratto particolarmente impegnativo precluderebbe a DeCosta l’opportunità di assemblare un roster competitivo se il massimo sforzo che questo è riuscito a fare è stato mettergli a disposizione Sammy Watkins e un paio di ricevitori selezionati al quarto round del draft.
Sarebbe alquanto ingiusto chiedergli di rinunciare a milioni di dollari “per la squadra” se quando percepiva 2-3 milioni di dollari a stagione poteva indirizzare il pallone a gente che in tante squadre sedimenterebbe nella practice squad.

Per aiutare Hurts a compiere il salto di qualità come lanciatore professionista di palloni, Philadelphia gli ha messo a disposizione A.J. Brown e DeVonta Smith sacrificando un paio di scelte al primo round e centinaia di milioni di dollari.
Qualcosa di simile è stato fatto da Miami con Tyreek Hill e Jaylen Waddle.
Arizona ha regalato a Kyler Murray DeAndre Hopkins. Ai tempi, Buffalo investì massicciamente su uno Stefon Diggs non ancora dominante come lo è oggi.
Nel 2022, il miglior ricevitore a disposizione di Jackson è stato Demarcus Robinson, messo sotto contratto un paio di settimane prima dell’inizio del campionato. Figuratevi che a un certo punto la disperazione ha costretto DeCosta a riesumare un DeSean Jackson trentaseienne.
Indipendentemente dal vostro giudizio sul giocatore, potete facilmente constatare il fallimento del front office nello sfruttare il contratto-regalo di Jackson. Visto che odiarlo va di moda, però, è molto più soddisfacente imputargli tutti i fallimenti ai playoff di una squadra monodimensionale a causa di Greg Roman, non sua.

Dal 2019, con Jackson under center, Baltimore ha vinto 40 delle 57 partite giocate (70.17%) segnando in media 27.5 punti a partita. Nello stesso intervallo temporale, hanno raccolto solamente 4 vittorie nei 13 incontri da lui saltati per infortunio con ben 17.2 punti ad allacciata. Credo che i numeri appena sciorinati dipingano un quadro piuttosto nitido.
La ritrovata competitività dei Baltimore Ravens è da imputare quasi esclusivamente a Lamar Jackson, quarterback che pur “non sapendo lanciare” ha reso elettrizzante un attacco storicamente stantio e sterile. Se non fate il tifo per questa squadra – beati voi – non potete comprendere il significato del 2019, annata in cui vederlo giocare era il meglio che questa lega avesse da offrirci. Non avrei mai creduto che i Baltimore Ravens potessero fregiarsi di uno dei migliori quarterback della lega, figuriamoci del secondo MVP unanime nella storia della lega.

Mi sono prodigato in questa apparentemente immotivata sviolinata per mettere in chiaro che, umanamente, capisco il suo punto di vista.
Ha preso per mano una franchigia in un momento d’atipica inerzia restituendo entusiasmo a un’intera fanbase a suon di vittorie e giocate instagrammabili. Contrariamente a quanto fatto dai front office delle varie squadre menzionate negli ultimi paragrafi, i piani alti dei Ravens non hanno nemmeno provato a semplificargli la vita e, per questa ragione, non possono permettersi di chiedergli di pensare alle implicazioni che il suo contratto avrebbe sulla competitività della squadra.
Sarebbe meschino rifugiarsi dietro scuse del genere, soprattutto perché si sono sistematicamente rifiutati di aiutarlo quando giocava “gratis”.
Comprendo perfettamente il suo punto di vista, specialmente in luce del contratto dato dai Browns a un molestatore seriale con una squalifica certa in arrivo.

Ciò detto, comprendo perfettamente pure il punto di vista del front office dei Ravens.
Lamar Jackson è un ottimo quarterback ma non è sicuramente Patrick Mahomes. Non è nemmeno nella stessa stratosfera di Joe Burrow, giusto per restare in tema di rinnovi contrattuali.
Ha saltato 10 delle ultime 22 partite, numero che difficilmente stimolerà il front office a elargire il tanto agognato rinnovo totalmente garantito. Durante la sua tenuta, Baltimore è arrivata al massimo al Divisional Round: per carità, tutti gli alibi del mondo – fra cui quelli sviscerati poc’anzi -, ma tant’è.
Jackson ha dimostrato abbastanza per diventare il volto di questa franchigia, ma non possiamo confondere riconoscenza con stupidità, l’indecente contratto di Watson deve essere trattato per quello che è, ossia una bizzarra eccezione figlia di disperazione e totale mancanza di etica. Sarà un contratto unico nel suo genere, un utile monito per le altre 31 franchigie a non barattare la propria credibilità per un solo giocatore nello sport di squadra per eccellenza.

Solamente Patrick Mahomes vale un contratto totalmente garantito, anche perché i Chiefs sono diventati i nuovi Patriots e fior di giocatori pur di mettersi nella miglior posizione possibile per vincere l’anello sono disposti a sacrificare qualche milioncino per prendere ordini da Andy Reid. Oltre a Mahomes l’unico quarterback meritevole di un assegno in bianco è Joe Burrow – pensate all’impatto avuto sui Bengals come franchigia.
Se si vuole vincere, nel 2023, è necessario avere un quarterback di livello e i quarterback di livello sono estremamente costosi, soprattutto in un mondo in cui pure quelli di media fascia stanno cominciando a ricevere 40 milioni a stagione.
I Ravens, consapevoli delle malate logiche del mercato dei quarterback, sono assolutamente disposti a pagare Jackson, ma non a perdere la ragione. Credo che il quinquennale da 250 milioni di cui 133 garantiti offertogli lo scorso settembre rappresentasse un buon compromesso visto che gli sarebbe valso più garantiti dei 124 recentemente tirati addosso a Russell Wilson o dei 103 ricevuti da Kyler Murray. Jackson ha seccamente rifiutato.
O tutto garantito o niente.

La realtà è molto semplice. Lamar Jackson non vale un contratto del genere e il front office dei Ravens ne è pienamente al corrente, soprattutto dopo due stagioni intorbidite da infortuni che gli hanno fatto perdere un numero considerevole di partite. Un giocatore, normalmente, è protetto da conversazioni in cui il benessere di parecchi sentimenti è garantito dalla mediazione di un agente, figura lautamente pagata anche per salvaguardare i rapporti fra atleta e dirigenza: come ben saprete l’agente di Lamar Jackson è Lamar Jackson. Sono convinto che lungo il percorso il rapporto fra Jackson e il front office si sia incrinato: sarebbe totalmente naturale.

Figuratevi, dunque, la frustrazione del giocatore nel vedere le sue folli proposte continuamente rifiutate e del front office nel doversi confrontare con una persona troppo coinvolta emotivamente – ed economicamente – per essere sufficientemente lucida per negoziazioni del genere.
Il contratto di Watson, le ambizioni economiche di Jackson e l’assenza della vitale mediazione di un agente hanno messo il risoluto front office di Baltimore in una posizione poco invidiabile. Il giocatore è inamovibile nella sua irrazionalità, o tutto garantito o niente, e il front office non è quello dei Browns: cosa si può fare a questo punto?

Esattamente come il contratto di Watson, la redenzione di Geno Smith rappresenta un’abbacinante aberrazione, non una nuova speranza a cui appigliarsi, quindi ritengo improbabile che nel 2023 i Ravens ritrovino la retta via guidati da un quarterback random preso dalla strada.
L’ipotesi di una trade, tuttavia, è sempre più concreta. La NFL pullula di franchigie disperate e immaginarsi dei Falcons o dei Jets esaudire i suoi milionari sogni non è poi così difficile – soprattutto se si tiene presente il disperato bisogno di Atlanta di qualcuno che dia una valida ragione ai tifosi per riempire lo stadio.
L’aspetto più ironico dell’intera vicenda è che ambedue le parti vogliano disperatamente raggiungere l’accordo il prima possibile, ma come già prolissamente spiegato nessuna delle due è disposta a schiodarsi dalla propria posizione.

Sarà estremamente interessante vedere quale tipo di franchise tag gli verrà offerta – e se la firmerà, ovviamente. Il prezzo della exclusive sarebbe particolarmente alto, circa 45 milioni di dollari, ma permetterebbe ai Ravens di controllare le condizioni di un’eventuale trade e, in caso, portarsi a casa molto di più delle due scelte al primo round che basterebbero a chicchessia franchigia per garantirselo qualora dovesse firmare la non-exclusive.
Essendo arrivati a un punto morto della negoziazione escludere a priori qualsiasi scenario non ha più senso. Le volontà di entrambe le parti coinvolte sono chiare, ma dubito che come per magia saranno in grado di abbattere il muro di cento milioni di dollari (garantiti) che separa domanda e offerta.

In quella che a questo punto possiamo vedere come una vera e propria espressione algebrica, alla testardaggine del giocatore e alla lucida testardaggine della dirigenza dobbiamo aggiungere l’assenza di un agente, la bramosia di quarterback che attanaglia la NFL moderna e la miriade di aspetti più o meno tecnici delineati a inizio articolo – i recenti infortuni, il contesto deludente e la ritrovata competitività con Jackson under center: il risultato che otterremo sarà inesplicabile caos.
Questo è un problema complesso che, in quanto tale, non contempla una soluzione semplice.

Personalmente vorrei che Jackson restasse ai Ravens. Tifando questa squadra ha avuto modo di tastare con mano l’incommensurabile impatto da lui avuto sull’intera franchigia, ma le sue richieste mi fanno perlomeno sorridere, se non direttamente ridere.
Consapevole che DeCosta non metterà mai sul tavolo un’offerta da quattro/cinque anni totalmente garantita, sto velocemente venendo a patti con una vita senza Lamar Jackson: al prezzo giusto credo che facciano bene a cederlo e, eventualmente, utilizzare il capitale al draft per selezionare il sostituto.
Spererei vivamente che non andassero a rimpiazzarlo con il Derek Carr di turno ché, a quel punto, ti conveniva assecondare Jackson piuttosto che dare qualsiasi cifra fra i 30 e i 40 milioni di dollari all’esponente più importante della sempre più affollata classe media dei quarterback.

Rinnovo o no, la speranza è che questa telenovela si concluda quanto prima. Quello che sta succedendo non ha assolutamente nulla a che fare con i Baltimore Ravens che ho imparato ad amare negli anni, tutto questo inutile drama sta mettendo a repentaglio il futuro prossimo di una franchigia che nell’ultimo autunno ha – parzialmente – restaurato la propria identità difensiva. Sarebbe un peccato mortale vedere un’intera offseason sabotata da un solo giocatore: finché non si saprà chi sarà il quarterback come ci si può muovere in free agency e al draft?
Era da tempo che volevo scrivere questo articolo, se siete arrivati fino a qua vi ringrazio scusandomi per le dimensioni del flusso di coscienza che avete appena letto: scusatemi, ma serviva.
Ora per favore fate finire questo show.

7 thoughts on “Come il braccio di ferro fra Jackson e i Ravens è diventato la telenovela più interessante della NFL

  1. Io ancora non ho capito come cxxxo avete fatto ad arrivare a questo punto… perché alla fine del terzo anno non avete messo i soldi sul tavolo come i Chiefs hanno fatto con Pat?
    O come quest’anno faranno i chargers e o Bengals per i loro QB..?
    Secondo me è questo che ha fatto rodere il sederino a Lamar..
    E ora visto che l’avete tirata tanto per le lunghe,per una questione di principio li vuole tutti e belli garantiti…
    Veramente non capisco.

  2. In generale, riterrei i contratti garantiti più giusti in NFL, come in NBA e nello sport professionistico in genere. Più che per le superstar, li applicherei estensivamente ai giocatori di fascia media e bassa. Soprattutto i RBs che raramente sono integri al momento di monetizzare.
    Magari la battaglia di Jackson può aprire la strada a chi ha molta meno forza contrattuale.
    Ma concordo che, per quanto sia forte Lamar, la soluzione migliore per i Ravens sia tag & trade. Non sembra esserci più fiducia, prima ancora che accordo sulle cifre.
    Baltimore potrà consolarsi col fatto che, per le franchigie, i matrimoni riparatori a suon di contratti record (Rodgers, Murray sono gli ultimi) hanno funzionato peggio della separazione (Seattle con Wilson, KC con Hill, Houston ed il maniaco del tram…).

  3. La tag & trade potrebbe non essere cosí semplice per i Ravens. Nel senso che al giocatore converrebbe non firmarla, per poi essere libero di andare sul mercato.

    • Che poi Atlanta è giusto ad un QB dall’avere uno degli attacchi più dominanti della lega… E darebbe a LJ un arsenale come non lo ha mai visto in vita sua, oltre a una linea offensiva che apre buchi come autostrade per le corse.
      Certo, può dimenticarsi la difesa di Baltimora. Anche perché preso lui, non avrebbero più né soldi, né scelte per sistemarla per bene.

  4. Non è il discorso Running back o QB che conta… qua stiamo parlando di un giocatore monodimensionale, che non ha la capacità di adattarsi in corsa alle scelte delle difese. Questo fa sì che il suo indiscusso talento lo aiuti a mettere numeri di tutto rispetto in RS, ma ai playoff è un giocatore che non ti da garanzie. Anzi, scusate, ti da la garanzia che con uno così fino in fondo non ci arrivi MAI. Il buon Lamar, al di là delle statistiche, non può stare nello stesso discorso con i top QB di questa lega, quindi il discorso della dirigenza è molto comprensibile: vorrebbero tenerlo perché nonostante tutto è un buon QB e sul mercato non c’è di molto meglio, ma non vorrebbero dargli il super Max per non legarsi un cappio salariale al collo con un giocatore che vale dei soldi ma non tutti quei soldi.

  5. Aspetti tecnici esclusi, credo che un motivo preponderante nell’ ormai estenuante tira e molla sia la sua tenuta fisica post-infortunio. Parliamo di un giocatore che in 2 stagioni e una serie di playoff ha subito una commozione cerebrale, un infortunio alla schiena abbastanza grave, un’importante distorsione alla caviglia (simile a quella con cui ha giocato Mahomes in questi playoff) e adesso una distrazione del legamento crociato posteriore, definito da tanti medici come uno dei peggiori infortuni perché complicato da ricostruire chirurgicamente ed altrettanto complicato da curare in modo conservativo. Per dare un po’ di contesto, nelle precedenti 3 stagioni (18-19,19-20, e fino ai playoff della 20-21) non si è fermato praticamente neanche con la febbre.
    Ovvio è che il playbook dei Ravens tra corse designate e read options non gli vada molto a favore da un punto di vista strettamente fisico; infatti credo sia del tutto logico e condivisibile che il front office voglia vederlo in campo e voglia valutarlo nell’arco di una stagione completa, prima di concedersi alle sue richieste salariali.
    Perlomeno questa sarebbe la decisione più sensata e sostenibile dal punto di vista economico.
    Di certo non credo sia il massimo ritrovarsi a pagare fior fior di quattrini un quarterback che magari al primo cambio di direzione in pre-season, si ri-aggrava il ginocchio e magari stavolta definitivamente (facciamo le corna).
    Capisco anche la posizione di Lamar che si sente indubbiamente “sminuito” di fronte agli assegni firmati ai colleghi e riportando alla memoria le innumerevoli situazioni in cui in passato si è dovuto caricare l’intera franchigia sulle spalle.
    Come hai detto tu è una situazione in cui nessun tifoso vorrebbe trovarsi perché entrambe le parti non sembrano volersi trovare a metà strada, entrambe con motivazioni assolutamente valide e condivisibili, purtroppo.

  6. A mio parere non merita assolutamente i soldi che chiede, perchè ha sempre e da sempre limiti evidenti nel suo modo di giocare. Poi adesso ci sono anche incognite fisiche. Inoltre non è un QB del livello di Mahomes, Burrow, Allen e altri giovani ultra promettenti. Non sapevo del quadriennale da 10 mln complessivi, che è stato oggettivamente un bel regalone fatto al front office di Baltimore. Resto dell’idea che con lui Baltimore non possa andare mai al Superbowl (complice anche la penuria cronica di wide receivers decenti in roster), però o si parte con una rifondazione oppure lo si tiene. Non dico ovviamente di fargli un contratto tipo quello (mostruosamente dannoso!) fatto dai Browns a Watson, ma sganciando comunque tanti tanti soldoni. Se invece lui si ostinasse a battere la free agency (Indianapolis? Jets? Commanders? Titans?) allora tanti saluti…, i Ravens sono una franchigia serissima e meticolosa e saprà sostituirlo quanto prima.

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