Più cresco, più divento democristiano. Sono perfettamente consapevole che un titolo del genere sia così democristiano che qualcuno di voi potrebbe confondermi con Claudio Marchisio, ma più passa il tempo più la mesta empatia che provo nei confronti di Jalen Hurts assume i contorni di serena soddisfazione. Mi sono preso il mio tempo per scrivere questo pezzo, avevo bisogno di metabolizzare definitivamente la partita di domenica e, soprattutto, di tempo materiale per cercare la mia gatta che, ovviamente, non c’è.
Le ore di forzata riflessione che hanno scandito i miei ultimi giorni mi hanno spinto a una conclusione piuttosto scontata: Jalen Hurts non può umanamente rimproverarsi nulla. Necessiterà di mesi per smaltire i naturali rimpianti che solo una sconfitta al Super Bowl può evocare, ma non ha ragione di essere eccessivamente duro con sé stesso, non dopo una partita e una stagione del genere.

La mia affermazione ovviamente comprende pure il disastroso fumble che, a mio avviso, è costato la partita agli Eagles. I Chiefs in quel momento erano in totale balia degli avversari che, sopra di sette punti, stavano marciando con disinvoltura verso il raddoppiamento del vantaggio muovendo le catene a proprio piacimento: sapete cos’è successo, sapete com’è finita.
Vogliamo veramente permettere che un giocatore autore di una stagione del genere sia definito da uno sfortunatissimo errore? In una giocata gli è andato male tutto quello che poteva andargli male poiché, giusto per non farsi mancare niente, reagendo d’istinto al fumble ha involontariamente calciato il pallone all’indietro finendo per impacchettare il touchdown a Bolton che, di fatto, ha solo dovuto assicurarsi il possesso dell’ovale.
Un fumble ancora più goffo di Mahomes – nuovamente ineguagliabile ora che è tornato di moda – a momenti stava per costare ai Chiefs l’opportunità di rappresentare la AFC al Super Bowl.

Come ho detto più volte nel corso degli anni con l’eleganza che mi contraddistingue, shit happens. Nello sport, come nella vita, a volte succedono cose la cui spiegazione sfugge al dominio della logica. Contrariamente a quanto ci sia stato inculcato a catechismo da bambini, non tutte le cose accadono per una ragione. Hurts non è recidivo, non ha mai commesso un errore del genere in carriera prima di domenica, fatalità la partita più importante della propria vita sportiva. È successa la cosa più inaspettata e inspiegabile nel peggior momento possibile.
La realtà, però, è un’altra: gli Eagles avrebbero dovuto vincere indipendentemente dal fumble. A metterli in tale posizione, pensate un po’, è stato proprio Jalen Hurts che potrà tentare di lenire l’onta della sconfitta crogiolandosi nella consapevolezza di aver giocato meglio di Patrick Mahomes.
Jalen Hurts, domenica, è stato indiscutibilmente il miglior giocatore in campo.

Forse l’unico modo per tastare con mano l’immensità della sua prestazione è sciorinarne gli aspetti statistici più interessanti.
Jalen Hurts domenica ha pareggiato il record di James White per punti segnati da un singolo giocatore – 20 punti che non tengono in considerazione i sei provenienti dal touchdown lanciato a Brown.
Jalen Hurts domenica ha guadagnato più rushing yard di qualsiasi altro quarterback nella storia del Super Bowl.
Jalen Hurts domenica ha eguagliato Terrell Davis per rushing touchdown al Super Bowl segnandone tre.
Jalen Hurts domenica ha completato più del 70% dei lanci tentati abbattendo il muro delle 300 yard su passaggio a cui ne vanno aggiunte 70 guadagnate con le gambe.
Jalen Hurts domenica ha permesso ai suoi Eagles di controllare il pallone per quasi 36 minuti convertendo 13 dei 20 terzi e quarti down giocati.
In tutto ciò l’89.6% delle yard guadagnate da Philadelphia portano la sua firma, mentre il trio Sanders-Gainwell-Scott è stato in grado di mungere 45 misere yard da 17 portate, o se preferite 2.65 yard a portata.

Si può seriamente chiedere di più a un giocatore?
La sua partita conferisce una nuova dimensione al pigro proverbio secondo cui non si può cantare e portare la croce. In una serata in cui il pass rush è evaporato e tutta la difesa, in generale, non ha rispettato i propri standard Hurts è stato comunque in grado di mettere a segno 35 punti e, soprattutto, di confinare Patrick Mahomes e il letale attacco dei Chiefs a bordocampo letteralmente per ore.
Il fatto che tutto ciò, però, non sia bastato non implica che Hurts sia il colpevole ché «avrebbe dovuto fare di più»: a parte Brady contro i Falcons e i Seahawks non sono sicuro di aver mai visto un quarterback caricarsi l’intera squadra sulle proprie spalle in questo modo al Super Bowl.

Ha fatto tutto quello che poteva ma non è bastato. Non sono sicuro che qualche altra aquila possa dire altrettanto.
Una prestazione come quella di domenica, se non altro, dovrebbe bastare a dissipare gli ingiusti dubbi sul suo braccio destro. Ha completato qualsiasi lancio immaginabile, è stato consistentemente lucido nelle letture e ha tenuto in movimento le catene per tutta la partita, ma non è bastato.
Siamo veramente sicuri che continuare a puntare il dito contro lo sciagurato fumble sia intellettualmente onesto? Non voglio – anche perché non posso – sminuire l’importanza della giocata all’interno della partita, come già detto ha aiutato i Chiefs a restare a galla nel loro momento più buio, ma concedetemi il diritto di non costruirci sopra chissà cosa: è stata una giocata sfortunata, non una prova inconfutabile d’inettitudine e inadeguatezza.

Forse avrebbe fatto meglio a limitarsi alla mediocrità.
Una stagione da un numero a due cifre di vittorie, un marcato miglioramento statistico e una vittorietta anonima ai playoff, insomma, un passo in avanti rispetto al sorprendente 2021. Come abbiamo avuto modo di constatare nelle ultime offseason, in questa lega si è disposti a tutto pur di accaparrarsi un quarterback di qualità e Hurts, dando continuità a quanto fatto vedere nel campionato precedente, avrebbe cementato il proprio status di starter esaudendo così il desiderio del front office, approcciatosi alla stagione con come unico obiettivo comprendere se fosse possibile costruirci attorno.
Malgrado l’ottimo roster, non credo che nessuno all’interno della società potesse aspettarsi un exploit del genere: per bollare il campionato come incoraggiante successo sarebbe bastato meno, molto meno.
Eppure Hurts non si è accontentato, ha sgomitato per emergere e dopo essersi affermato come – perlomeno – uno dei migliori dieci quarterback della lega è arrivato a tanto così dal Lombardi.

Non credo sia umanamente possibile rinfacciargli qualcosa, soprattutto dopo aver recuperato le sue parole in sala stampa. Nella sua voce troviamo l’umiltà di un ragazzo che si sente ancora ben lontano dall’essere arrivato e, ciò che preferisco, una tendenza all’introspezione raramente intercettata in un atleta.
Come da lui ribadito in una delle tante interviste rilasciate a Fox nelle ultime settimane, i fallimenti hanno avuto un ruolo centrale nel suo sviluppo umano e professionale. Sono stati i fallimenti al college e le difficoltà a inizio carriera fra i professionisti a permettergli di elevarsi a serio candidato per l’MVP.
«O vinci o impari», ha dichiarato a caldo a fine partita. Non avendo vinto, sono sicuro che saprà affrontare nel modo giusto il lungo processo di riabilitazione spirituale che segue una finale persa, non colpevolizzandosi gratuitamente e facendo tesoro di un’esperienza pedagogicamente fondamentale.
Gli Eagles che vedremo a settembre potrebbero essere sensibilmente diversi da quelli fermatisi a tre punti dal Lombardi, ma se non altro sanno già di poter contare su un quarterback capace di trascinarli al Super Bowl e, con un filo in più di collaborazione, di vincerlo.

È veramente difficile non fare il tifo per questo ragazzo.
Esattamente come Lamar Jackson, Hurts è stato marcato a uomo dai vispi occhi scrutatori dei dinosauri per cui esiste solamente un modo per interpretare questa posizione e noncurante ha confezionato una stagione indimenticabile. Sono convinto che senza infortunio alla spalla lo avrebbe vinto lui l’MVP, ma non è questo il punto.
Siamo progettati per fare il tifo per l’eroe combattuto, quello la cui strada per il lieto fine è lastricata da ostacoli apparentemente insormontabili e Hurts – anche se vedendolo giocare non sembra – fino a questo punto della propria vita professionale ha dovuto guadagnarsi ogni singola cosa, a partire da un’opportunità da titolare.
Arrivato a Philadelphia nello scetticismo generale, prima ha convinto il nuovo coaching staff a dargli un’opportunità legittima, poi ha vinto i cuori dell’intera fanbase e, infine, ha quasi regalato a una delle città più calorose d’America un Super Bowl che definire inaspettato sarebbe un eufemismo.

Nonostante il successo, però, è rimasto Jalen Hurts.
Hurts è il giocatore che, un paio di giorni dopo aver perso la partita più importante della vita, viene ringraziato dai giornalisti per la gentilezza, la disponibilità e il professionismo con cui li ha trattati durante il corso della stagione. È il ragazzo che senza alcuna vergogna ha sciorinato a GQ piccoli accorgimenti finanziari per scongiurare il rischio di finire in bancarotta come succede, purtroppo, a molti atleti. So che siete curiosi, fra i vari suggerimenti troviamo portarsi il pranzo da casa – o dalla mensa del centro sportivo -, comprarsi una macchina usata e prestare attenzione al proprio piano tariffario telefonico. È quello che appena diventato milionario ha messo da parte 70mila dollari per il college della sorella minore.
Fra tutti gli atleti con i piedi per terra, Hurts riesce comunque a distinguersi per umiltà ed è difficile non fare il tifo per lui.

4 thoughts on “Jalen Hurts non può rimproverarsi nulla

  1. Peccato veramente per Jalen, ma il tempo è dalla sua parte.
    Ho sempre ammirato gli Eagles dai tempi di Randall Cunningham e mi auguro riescano a raccogliere + di quanto non sono riusciti a fare negli anni passati.
    la squadra e l’organizzazione ci sono.. vediamo la prox stagione

  2. questo ragazzo e’ veramente forte, ha solo 24 anni ed ha tutto, fisico, corsa e braccio, e che braccio!. non mi aveva impressionato contro SF a dire il vero, ma nel SB ci ha fatto vedere il diavolo nell’ampollina, come si dice qui. encomiabile nelle conferenze stampa, gli hanno chiesto se la holding finale avesse influito sul match, ha risposto la trattenuta c’era, e noi dovevamo fare di piu’. gli hanno chiesto se avesse influito il campo particolarmente scivoloso, ha risposto che anche KC giocava sullo stesso terreno, quindi niente scuse (questi video andrebbero fatti girare nelle scuole di calcio nostrano) e grande maturita’ sportiva. per i fans delle aquile si prospetta un futuro radioso.

  3. Lo vedo sicuramente superiore a Lamar Jackson, Justin Fields e a tutta quella banda di giovani QB fisicati che corrono molto bene. Come QB in generale però….ha tantissima strada da fare ancora! Ha braccio, ma ancora poca precisione e poca capacità di scegliere i target appropriati per gli standard che intendo io. E’ giovane. Vedremo se riuscirà a diventare un QB completo o resterà solo un halfback che gioca QB.

  4. Scusatemi tutti, non è un messaggio sul football ma non avendo twitter era l’unico modo per scrivere direttamente a Mattia.
    Cerca su google la storia di Kilo un gatto ritrovato dopo un anno dai suoi proprietari a 250km di distanza.
    Non perdere mai la speranza!!

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