Non ho mai visto nulla di simile a quanto trasmesso da Orchard Park. La visita dei Dolphins ai Bills rappresenta per forza di cose un evento che ricorderò per il resto della mia vita, una partita di football andata oltre i semplici confini della partita di football, la trasposizione sportiva della persistenza della memoria di Dalì. Questa partita non voleva, non poteva finire.
Il 34 a 31 con cui i Bills sono sopravvissuti allo spauracchio Dolphins non solo ci ha sorpreso per la competitività della partita, ma soprattutto per la durata: figuratevi che a Minneapolis hanno dovuto posticipare di venti minuti il kickoff di Giants-Vikings.

Pronti-via e Buffalo, nonostante un turnover on downs immediato, è già sul 14 a 0 grazie a un touchdown di Knox su ricezione e uno di Cook su corsa: il delta tecnico è troppo marcato, Buffalo sta muovendo le catene a una velocità insostenibile e Miami ha concluso i primi due drive con un three n’ out e un intercetto, non c’è storia.
Oppure no?
Dopo che i Bills hanno abbellito il punteggio con un piazzato di Bass, qualcosa deve essersi spento.
I successivi tre drive dei padroni di casa sono infatti terminati con un intercetto, un punt e un altro intercetto. L’attacco di Thompson, comicamente incapace di muovere le catene, non ha saputo sfruttare a dovere l’atipica generosità avversaria e ha concluso in end zone – TD di Gesicki – solamente l’ultimo dei tre drive.
Incredibilmente, però, Miami si è portata sul 17 pari inanellando quattro scoring drive consecutivi – anche se purtroppo per loro solamente uno è coinciso con un touchdown.
Prima della pausa lunga Bass ha aggiunto altri tre punti da 39 yard: 20 a 17 Bills in barba alle palesi difficoltà offensive di Miami.
Assurdo.

Raccontarvi la seconda metà, cari lettori e care lettrici, sarà molto complicato.
Vedete, in trenta minuti di gioco hanno avuto luogo ben quindici drive, una serie interminabile di drive da due minuti – un three n’ out reso possibile da tre corse consecutive consumerebbe circa due minuti, perciò fate voi i conti.
Miami inizia come sa, con un punt, ma attenzione che il primo snap offensivo di Buffalo nella seconda metà di gioco si conclude con un touchdown degli ospiti: Rowe strappa il pallone dalle mani di Allen, Wilkins lo recupera e copre l’esigua distanza che lo separava dal primo vantaggio della giornata.
Incredibilmente, nonostante tutto, Miami è sopra 24 a 20.
La reazione dei Bills non arriva, o meglio, arriva sotto forma di scambio di punt e Allen e compagni per segnare hanno bisogno dell’aiuto del reparto guidato da Thompson che, facendosi intercettare da Elam, regala un’ottima posizione di campo ad Allen: senza particolari affanni il numero 17 connette con Cole Beasley per il touchdown del controsorpasso.

Miami non è in grado di rispondere al fuoco e così, dopo l’ennesimo punt, Buffalo fa quello che ci si aspetterebbe da una squadra con un pedigree del genere e si porta sopra di dieci lunghezze grazie a un pregevole touchdown di Gabe Davis: 34 a 24 per i padroni di casa.
Finalmente Thompson e compagni riescono a sostenere un drive da squadra adulta e, in undici giocate, percorrono il campo finendo per portarsi nuovamente sotto di tre attraverso una meta di Jeff Wilson.
Mancano una decina di minuti, Minnesota e New York scalpitano per iniziare ma niente, questa partita non vuole finire.
Le squadre trattano il pallone come una patata bollente, i punter se lo spediscono da una parte all’altra del campo con lodevole dedizione ma di un drive che possa incanalare la contesa verso la sua conclusione nemmeno l’ombra.
I Dolphins, costretti dal tempo a prendere decisioni, vedono il sogno di rimonta sfumare a seguito di un turnover on downs che riassume perfettamente l’essenza di questa partita: il 4&1 si trasforma in 4&6 perché Thompson non è in grado di ricevere lo snap prima della zero.
Prendere il delay of game prima dello snap che decide la tua stagione è semplicemente inaccettabile – spero che questa frase possa rendere l’idea del livello della partita.

Non so veramente cosa dirvi, non ho mai sofferto in questo modo davanti a una partita di football. Se non altro alcune pubblicità facevano ridere, ma quasi quattro ore per una partita rappresentano un qualcosa che non deve ripetersi.
Se i Bills vogliono fare strada non possono assolutamente permettersi di replicare lo scempio di ieri, soffrire così tanto contro una squadra costretta a schierare un quarterback che ha completato meno della metà dei passaggi tentati per 4.9 yard per tentativo è patetico. Tanto di cappello ai Dolphins che sono rimasti aggrappati alla contesa fino all’ultimo gettando il collettivo cuore oltre l’ostacolo: quasi sicuramente con Tua sarebbe stata un’altra storia. O perlomeno, una storia più breve.
Allen e compagni possono e devono fare di più.

Ho sbagliato, lo ammetto.
Per tutta la settimana ho parlato e pensato ai Giants come una squadra contenta e appagata dalla semplice qualificazione ai playoff, una squadra che avrebbe lasciato il palco ai ben più quotati avversari dopo essersi presa qualche minuto di meritatissimi applausi per l’ottima stagione giocata: sbagliavo.
Con determinazione, lucidità e intelligenza New York ha composto un vero e proprio capolavoro tecnico e tattico, un 31 a 24 sui lanciatissimi Vikings che ribadisce qualcosa che a questo punto appare lapalissiano anche ai muri: Brian Daboll merita il premio di Coach of the Year.
Dopo che Cousins ha concluso in end zone il primo drive della giornata con un quarterback sneak, New York ha messo insieme tre drive che potreste narrare alla vostra progenie prima di dormire – o a Dolphins e Bills se preferite.
Prima hanno ristabilito la parità con un ottimo touchdown da 28 yard di Barkley, poi dopo il three n’ out di Minnie sono passati in vantaggio con un drive fulmineo da quattro snap culminato nel touchdown di Hodgins e poi, dopo un altro punt di Minnesota, hanno evocato il mostruoso e rarissimo drive da venti snap dal quale però hanno ricavato solamente tre punti.

Non è mai ideale quando dopo quasi undici minuti di produzione offensiva devi accontentarti di un misero piazzato, soprattutto quando dall’altra parte c’è una squadra con una potenza di fuoco come quella dei Vikings che, grazie a un TD di Osborn, si sono riportati immediatamente sotto di tre vanificando l’ottimo lavoro di Jones e compagni.
Pausa lunga, dunque, 17 a 14 che sta molto stretto ai Giants che hanno controllato autorevolmente la contesa ma non sono riusciti a prendere il largo.
Si riparte e il piglio degli ospiti è sempre lo stesso: a cambiare, questa volta, è il risultato finale dato che il calcio che mette il punto fermo al drive è un extra point. A segnare il touchdown del 24 a 14 ci ha pensato il tight end Bellinger: Minnesota è nei guai.
In realtà no, consapevoli della delicatezza del momento Cousins e soci muovono le catene con dimestichezza e si riportano sotto di tre lunghezze con la meta del dimenticato Irv Smith: 24 a 21, che bella partita.

New York per la prima volta in giornata deve affidarsi al punter e Minnesota inanella dodici snap che ristabiliscono la parità attraverso un piazzato di Joseph.
Mancano dodici minuti e siamo sul 24 a 24, può succedere letteralmente di tutto.
Jones, rigenerato dalla cura Daboll, si carica sulle spalle una franchigia e una città intera e con la calma del campione architetta il drive della vittoria, un drive che Daboll ha voluto giocarsi a viso aperto dato che sul 4&1 sulla linea delle 5 yard dei Vikings ha deciso di provare a muovere le catene: un paio di snap dopo è arrivato il touchdown della vittoria di Barkley.
Cousins e compagni prima sono stati costretti al three n’ out e poi, dopo aver riottenuto il possesso, al mesto turnover on downs a meno di due minuti dal termine: New York ce l’ha fatta.

Non posso enfatizzare abbastanza quanto sia impressionato dal duo Jones-Daboll: molto semplicemente hanno giocato la partita perfetta. L’attacco dei Giants è stato letale, ha mosso le catene con disinvoltura convertendo più della metà dei terzi down giocati e non commettendo alcun tipo di turnover. Consapevoli della mollezza della difesa avversaria hanno optato per il bombardamento aereo mettendo la partita nelle mani di Jones che con estrema intelligenza non ha mai forzato o cercato la giocata quando questa non c’era: Jones, come sapete, sa correre piuttosto bene quindi non stupiscono minimamente le 78 rushing yard su 17 portate condite da 301 efficientissime passing yard.
Di Minnesota vi parlo più approfonditamente domattina.

Concludiamo la nostra super domenica con il soffertissimo 24 a 17 con cui i Bengals l’hanno scampata sui Ravens che, contrariamente a quanto credevo, sono stati eccome in partita.
Qualcuno potrebbe quasi dire che abbiano buttato una meritata vittoria, ma è appurato che questa sia la specialità della casa.
Pure in questo caso, i giochi sembravano chiusi piuttosto precocemente poiché Cincinnati era già volata sul 9 a 0 a termine del secondo drive della loro serata: fra le due serie dei Bengals troviamo ovviamente un intercetto dei Ravens.
E pure un extra point mancato da McPherson dopo il touchdown di Chase.
Baltimore, finalmente metodica e razionale, affidandosi al potente gioco di corse ha composto un appassionante drive da 17 giocate – o dieci minuti e rotti – chiusosi in end zone con un touchdown su ricezione di J.K. Dobbins.
C’è una partita?
Decisamente, figuratevi che hanno terminato la prima metà in vantaggio, 10 a 9, dopo che Tucker ha convertito un beffardo piazzato da 22 yard reso possibile da uno sciagurato fumble dell’ex Hurst provocato e recuperato da Kyle Hamilton.

Al rientro dalla pausa lunga Cincinnati ha assemblato il miglior drive della loro giornata, un monologo da più di otto minuti concluso da uno sneak di Burrow e una conversione da due punti di Higgins: 17 a 10 Bengals.
La reazione di Baltimore, lo ammetto, mi ha stupito. Non curanti della maggior potenza di fuoco avversaria i Ravens hanno riacciuffato immediatamente la parità con un touchdown da 41 yard di Robinson: potete comprendere la natura del mio stupore davanti a un touchdown del genere da parte di questa squadra.

Parlare di quanto successo poco dopo è estremamente doloroso, ma immagino siano questi i rischi del mestiere.
I Bengals, più legnosi di quanto potessimo immaginare, non vanno oltre al three n’ out e Baltimore, più in palla di quanto mi aspettassi, ricomincia a marciare.
Un passaggio lungo ad Andrews e una corsa da 35 yard di Huntley li catapultano nuovamente in red zone, ma che dico, sulla goal line dove pur potendo contare sul gioco di corse più potente e sofisticato della NFL, Greg Roman decide di lanciare, dare l’handoff a Edwards e ricorrere allo sneak su terzo down: ovviamente Logan Wilson schiaffeggia la palla dalle mani del quarterback.
Ovviamente Hubbard la recupera.
Ovviamente percorre il campo e realizza il touchdown del sorpasso e della vittoria.
Erano così vicini.

Uno scambio di punt precede il drive della disperazione dei Ravens che, sempre ovviamente, si conclude così.

Sono rimasto impressionato dalla partita dei Ravens che, ve lo dico schiettamente, non avevano nessuna ragione di giocarsela ad armi pari coi Bengals – che naturalmente mi hanno deluso.
È poetico e appropriato che l’esito della loro stagione sia stato determinato da giocate del genere. Sono andati oltre le mie più rosee aspettative e il dolore è mitigato da settimane di apatia che mi hanno reso immune all’idea di fare strada ai playoff: ripeto, sono andati veramente vicini a vincerla. Il football è uno sport di episodi, sarebbe bello se ogni tanto questi episodi sorridessero ai Ravens.
Esattamente come Buffalo, Cincinnati se vuole imbastire un altro assalto al Lombardi dovrà fare molto di più, è inaccettabile che una squadra costretta a giocare con Tyler Huntley abbia guadagnato 130 yard di total offense in più di loro, così come è inquietante che Burrow abbia assorbito ben quattro sack.
La stagione dei Ravens, se non altro, si è spenta nel modo più coerente possibile: sono consolazioni anche queste.

13 thoughts on “NFL: il riassunto della domenica del Super Wild Card Weekend 2022

  1. Siccome vanno di moda le serie sportive (mediamente orribili), potrebbe uscirne una in un futuro prossimo intitolata “The resurrection of Daniel Jones”: dopo 3 anni orribili culminati con lo scarto dell’opZione per il 5° lo spilungone della Carolina si traveste da Joe Flacco ed. invernale 2012/13. Memorabile.
    Non dimentichiamo però la vittoria ottenuta contro un allenatore matricola e la peggior difesa in assoluto tra le squadre con un record positivo.
    Cincinnati scricchiola, Buffalo scricchiola, Kansas City sarà “arrugginita”: i Jaguars possono sognare?
    In ogni caso non ci si annoia.

  2. 2 episodi chiave su Ravens Bengals :
    1) il CULO (solo cosi si può definire) del pallone che dalle mani di Huntley finisce dritto in quelle di Hubbard..
    2) il drop di Proche sul lancio della disperazione di Huntley.
    Onore a questi Ravens ma alla fine ciò che conta è il risultato….
    Cincy e Bills sono apparse meno corazzate di quanto sono sembrate il RS..

  3. Chiefs e Phila, cariche a palla ( ma sarà così? ), al SB. Altrimenti sarebbe grandioso un Jacksonville Giants. Oppure si sta apparecchiando la tavola per TB12

  4. Complimenti a Baltimore per la bella partita: c’è mancato davvero poco. E complimenti a Daboll: sono davvero felice per lui che sia diventato un ottimo capo-allenatore.

    Buffalo, secondo me, è scesa in campo in maniera arrogante: si è capito già dal primo drive, in cui abbiamo tentato un 4° down anziché calciare tra i pali. Poi, sul 17-0, abbiamo pensato che fosse finita e che avremmo vinto con quaranta punti di scarto: ogni volta si provava la giocata lunga da highlights. E a momenti venivamo puniti. Sono convinto che ci servirà da lezione: con Cincinnati scenderemo in campo con più umiltà e giocheremo in maniera più ordinata.

  5. Miami esce come previsto, ma almeno a testa alta. Pensavo venissimo distrutti 50 a zero, invece siamo arrivati a un pelo dal vincere. Purtroppo schierare il terzo quarterback rookie con solo un paio di partite sin qui giocate, ha spento ogni sogno. La difesa, gli special teams e parecchi errori dei Bills ci hanno portato a giocarcela fino alla fine, ma è giusto così…anche se sono inaccettabili questi continui delay of game che abbiamo preso per tutta la stagione (coach Mc Daniel deve migliorare perchè la colpa è sostanzialmente sua, non del QB rookie gettato allo sbaraglio!). Quando Thompson ha lanciato ha fatto solo prevedibili danni o quasi (n. 2 intercetti, di cui il secondo sanguinosissimo dalle nostre 5 yds!!!!), ma si sapeva che saremmo stati senza attacco. Peccato, è dal 2000 che a Miami non si vince una partita di playoffs! Adesso inizierà una offseason delicatissima per Miami: pochi spazio salariale, penalizzazioni nel draft e soprattutto il tormentone Tua! Per me si dovrebbe puntare su altri e non su Tua date le scarsissime garanzie fisiche che può dare, comunque si vedrà. Come minimo ci sarà da prendere un QB di riserva affidabile ed esperto, dato che ce ne sarà molto bisogno, temo… Chiudo con due parole sui Ravens che ho visto molto bene a Cinci. Ho visto la solita arcigna difesa (con secondarie decenti finalmente…), ma soprattutto un attacco capace di muovere bene le catene con Huntley abile emulatore del buon Lamar sulle corse. Se non fosse stata commessa quella sciagura sulla goal line (ma non è meglio una quarterback sneak….rasoterra???) i cari Bengals avrebbero salutato tutti credo.

  6. Deolone apprezzo la tua analisi su Corvi di cui sono tifoso..
    Difesa grandiosa ad onor del vero visto che ci hanno investito tanto ma per l’attacco qualcosa deve cambiare. Lamar si / no con il contratto in ballo… ma chi prendere? e poi urgono WR

    • Larry Corso hai perfettamente ragione. Tifo 49ers e spero tanto che saranno al SB, contro i Chiefs come 3 anni fa. Christian e Deebo sembrano irrefrenabili. NY però inizia a fare veramente paura a tutti. Vediamo come va, di certo ci aspettano tante emozioni. Mi ha impressionato Pedersen che ha fatto correre Etienne dalla parte dove mancava Joey Bosa guadagnando yards per il calcio vincente. Attenzione a quel genio.

    • Da tifoso Dolphins apprezzo da secoli il gioco duro e tosto di Baltimore, ma non capisco davvero questa mentalità quasi ostile al talento offensivo. Sono anni che mancano ricevitori decenti a Baltimore (escluso il vostro fenomenale tight end Andrews che io vedo al livello di Kelce e Kittle) e quest’anno ho visto anche una linea offensiva non impeccabile come spesso in passato. Su Lamar mi sono espresso più volte e l’ho sempre visto più come un vostro limite che come una vostra arma: è vero, soprattutto in regular vi ha regalato tante corse e tante gioie, ma ai playoffs non vi ha mai fatto fare tanta strada. Penso che negli ultimi anni avreste potuto fare molta più strada nei playoffs. Quest’anno avete fatto il massimo. In ogni caso io lascerei perdere il buon Lamar e partirei con una rifondazione nel ruolo di Qb, partendo da qualche rookie o addirittura pescando qualcosa di “grosso” nella prossima free agency.

  7. delle 5 partite finora giocate solo i niners hanno vinto piuttosto agevolmente nonostante anche loro come i miei dolphins schierassero il 3° QB. bengals e bills maluccio. l’equilibrio di regular season viene mantenuto anche ai play off.al momento dico Chiefs/niners a Glendale anche se visto l’equilibrio che regna basta un episodio, un infortunio x cambiare la stagione.

  8. non ci sono squadre che hanno surclassato gli avversari e le squadre che dovevano uscire con tanti a pochi se la sono giocata fino in fondo. Non è che il livello di questa NFL è caduto un po’ in basso?

    • No, è che troppi contrattoni assurdi hanno zavorrato squadre potenziali crack. Vedi i 49ers: se avessero preso Rodgers (che ha distrutto il mercato di Green Bay) avrebbero dovuto smantellare qualche reparto. Invece vincono con l’ultima ruota del carro in regia. Jaguars e Bengals devono concretizzare adesso perchè non ce li vedo Lawrence e Burrow fare beneficienza dopo l’obbrobrio Russell Wilson/Denver. I Chiefs per tenere PM hanno dovuto salutare Hill (hai voglia a dire che sono migliorati: è falso… ma finchè la difesa regge e il n°15 tira fuori batterie di conigli dal cappello non si nota).
      Eccetera eccetera.

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