Lo ammetto, l’articolo di ieri altro non era che l’appropriato pretesto per ciò che state per leggere: non prendiamoci in giro, avete memoria di una serie di mosse altrettanto disastrose che hanno avuto luogo tutte nella stessa offseason e riguardanti, perlopiù, una sola posizione? Penso che più avanti ne riparlerò in modo più discorsivo e fluido ma non stavo più nella pelle, avevo bisogno fisico di scrivere questo pezzo.
Ve lo dico spesso, viviamo nel mondo dei quarterback e ora ci troviamo costretti a razionalizzare il rovescio della medaglia di tale dogma: la smania di quarterback può indurre qualsiasi front office a errori così marchiani che, in retrospettiva, non ci resta che chiederci a cosa stessero pensando mentre trattavano con cotanta aggressività.
Quello che è stato un vero e proprio carosello si è trasformato in tempo zero in un terrificante monito che costringerà parecchi front office a mettere in discussione i propri piani futuri: è comico pensare che tutto sommato – togliendo dall’equazione l’infortunio – la decisione dei 49ers di prolungare per almeno un’altra stagione la convivenza con Garoppolo possa essere universalmente considerata la miglior mossa con protagonista un quarterback della scorsa offseason.


Il disastro con protagonista Russell Wilson

Ve ne ho parlato così tanto – quasi settimanalmente – che a questo punto sembra tragga un perverso piacere dall’infierire su un vero e proprio incubo sportivo.
Non solo Russell Wilson non ha reso possibile il tanto agognato salto di qualità per cui è stato acquistato a peso d’oro, ma se possibile ha pure esacerbato una situazione così disperata che non avevamo ragione di credere potesse andare peggio: l’attacco dei Denver Broncos ha tutte le credenziali valide per essere considerato il peggiore del ventunesimo secolo.
Se non peggio.
Citare statistiche è a mio avviso inutile, i putridi dati non rendono giustizia al grottesco spettacolo inscenato da Wilson e compagni ogni maledetta domenica, nessun superlativo assoluto con connotazione negativa è fuori luogo se si parla di Denver Broncos: non sanno muovere le catene, superare i 20 punti ha rappresentato la più titanica delle imprese per tutta la stagione e qualsiasi parvenza d’efficacia offensiva sembra violare il loro valore morale più importante, la disfunzionalità.
Lo spogliatoio sembra essere sul punto d’implodere – ammesso non lo abbia già fatto -, la popolarità di Wilson è ai minimi storici e l’allenatore è già stato sacrificato, insomma, il peggior scenario possibile uscito da una fanfiction di un tifoso dei Kansas City Chiefs ha trovato riscontro nella realtà.
La cosa che mi preoccupa maggiormente non è tanto la stagione buttata ma la mancanza di prospettive per il futuro perché, diciamolo, cosa può umanamente fare il front office per mitigare il disastro? Wilson è sotto contratto fino al 2028 e il capitale al draft è troppo striminzito per pianificare qualcosa di serio, l’unica strada percorribile è quella più spaventosa per ogni traumatizzato tifoso, ossia riprovarci con chicchessia allenatore e sperare nel miracolo con un Russell Wilson un anno più vecchio e sfiduciato – e uno spogliatoio da ricostruire.


Il meno clamoroso ma pur sempre doloroso disastro con protagonista Matt Ryan

Le aspettative, in questo caso, non erano mastodontiche come per i Denver Broncos, ma è fuori questione che il fine ultimo della trade che ha portato Matt Ryan in Indiana era quella di mettere i Colts nella miglior posizione per competere in AFC dall’addio di Andrew Luck: il veteranissimo quarterback è stato spedito in panchina non una ma due volte… per Sam Ehlinger e Nick Foles, non Steve Young.
Solo questo basta a rendere l’idea della magnitudine del loro fallimento, anche perché permettetemi di dire che un individuo come Matt Ryan non meriti assolutamente questa tipologia di trattamento.
Qualcosa s’è definitivamente rotto a Indianapolis, appare più che mai evidente che la strategia del quarterback plug and play non faccia al caso loro, l’unica strada percorribile è quella di ricostruire provando a crescere il quarterback del futuro in casa: non credo abbia senso sobbarcarsi lo stipendio di un Aaron Rodgers più lunatico e imprevedibile che mai o scommettere su un Derek Carr in uscita dai Raiders, serve un progetto organico sul lungo termine.
Per Indianapolis il 2022 deve rappresentare un punto di rottura con un modus operandi che ha portato in dote quasi esclusivamente frustrazione e delusione.


Fatto trenta facciamo trentuno: Baker Mayfield ai Carolina Panthers

La cosa che più mi infastidisce è che Mayfield abbia giocato la quasi totalità delle sue partite a Charlotte sotto la guida di Matt Rhule: chissà, magari con Steve Wilks le cose sarebbero andate diversamente – non che ci volesse molto perché andassero meglio, sia chiaro.
L’esperienza di Baker Mayfield ai Carolina Panthers non può che passare alla storia come tragicomico disastro, nemmeno un timido sostenitore dell’ex prima scelta assoluta al draft come me può trovare un appiglio grazie al quale rivalutarla, con lui al timone l’attacco dei Panthers si è espresso su livelli addirittura inferiori a quello dei Broncos.
Fortunatamente per lui e per noi, con un paio di buone prestazioni a Los Angeles Mayfield sembra essere riuscito a garantirsi perlomeno un futuro da backup con inestimabile esperienza da titolare che, non dimentichiamolo, può pure vantare un Nickelodeon Valuable Player Award per la buona prestazione di Natale contro i Denver Broncos.
Per la cospicuità dell’investimento e le aspettative, questo fallimento non ha prodotto lo stesso rumore di quello generato dai sopracitati ma per dovere di cronaca non poteva essere lasciato fuori.


E Carson Wentz ai Commanders: basta quarterback, promesso

Indipendentemente dall’esito della stagione dei Washington Commanders, il fatto che Carson Wentz sia stato costretto a cedere il posto da titolare a Taylor Heinicke ci dice tutto quello che dobbiamo sapere su questa mossa.
Per carità, a costargli il posto da titolare c’ha pensato in primo luogo l’infortunio rimediato contro i Chicago Bears ma non nascondiamoci dietro un dito – reso conto solo ora della crudeltà dietro questa scelta lessicale -, è stato Heinicke a permettere alla squadra di risalire la china e ributtarsi in mischia per i playoff. I colpi da fenomeno li ha – non dimentichiamoci che a un certo punto della propria carriera fosse il favorito per l’MVP – ma purtroppo per lui e per tutte le squadre che hanno gli hanno dato un’opportunità, non è in grado di garantire la consistenza e affidabilità che ci si aspetterebbe da un vero franchise quarterback. È troppo volubile e incostante per erigersi a sole attorno a cui orbita un’intera franchigia o anche solo un reparto offensivo.
Non so voi, ma ho come l’impressione che lo spogliatoio gli preferisca di gran lunga Heinicke, giocatore indubbiamente meno talentuoso ma più condottiero e istrionico: a volte a un quarterback è chiesto “semplicemente” questo.


L’investimento dei Las Vegas Raiders per Chandler Jones

L’impatto di un pass rusher non si deve valutare esclusivamente in funzione del numero grezzo di sack, ma è assolutamente legittimo affermare che ci si sarebbe aspettati di più da Chandler Jones, soprattutto perché dall’altra parte della linea c’è un certo Maxx Crosby che è infermabile anche se perennemente raddoppiato.
Sulla carta l’idea era ottima, regalare a Crosby un compagno di merende esperto e produttivo come Chandler Jones sembrava essere la miglior ricetta per contrastare i vari Mahomes, Wilson e Herbert e invece nulla da fare, è come se l’incapacità nel portare pressione al quarterback avversario fosse nel loro DNA: a parte aver riportato in end zone la follia di Jakobi Meyers, Jones è risultato pressoché invisibile dando quel genere di contributo che ci si potrebbe aspettare da un economico veterano anonimo membro della rotazione, non da una superstar da una ventina scarsa di milioni a stagione.
Non posso in alcun modo criticare l’idea, a marzo un movimento del genere era quasi da considerare a prova di bomba ma, forse, bisogna semplicemente rassegnarsi al fatto che padre tempo abbia trascinato nel suo sotterraneo pure Chandler Jones, il pass rusher più consistente degli anni ’10.


Qualsiasi cosa abbia portato al divorzio fra A.J. Brown e i Tennessee Titans

La negoziazione contrattuale non è certamente astrofisica: il giocatore vuole portarsi a casa il contratto più remunerativo possibile mentre il front office deve mettere nero su bianco uno che, in primo luogo, non vada a compromettere il futuro della squadra. È naturale che durante le contrattazioni si creino dissapori, ma nel momento in cui si è chiamati a dirigere una squadra professionistica bisognerebbe lasciare da parte l’orgoglio e non perdere mai il contatto con la realtà: A.J. Brown era il cuore pulsante del reparto offensivo dei Titans tanto quanto lo è Derrick Henry.
È forse un caso che con lui in campo, nel 2021, i Titans abbiano vinto 11 partite su 13? Credo ci sia un motivo se siano stati in grado di vincere solamente una delle quattro partite da lui saltate, no?
Penso che il suo impatto sull’attacco dei Philadelphia Eagles sia sotto gli occhi di tutti. Ciò che più mi infastidisce dell’intera questione sono le enormi aspettative riposte su Treylon Burks, rookie caricato dell’ingiusta responsabilità di rimpiazzare la produzione di una vera e propria superstar come Brown.
Ripeto, non è astrofisica, quando hai la fortuna di selezionare al draft un giocatore di questo calibro sei obbligato a rinnovarlo indipendentemente da rancori, dissapori e pretese economiche.


Più o meno qualsiasi cosa fatta dalla AFC West (Chiefs esclusi)

Dozzine di mosse, centinaia di milioni di dollari investiti, fuochi d’artificio a destra e a manca e poi i Raiders hanno fallito miseramente, i Broncos hanno fallito storicamente e i Chargers, seppur con l’attenuante degli infortuni, sono rimasti i soliti Chargers: nel mentre Kansas City si è portata a casa il settimo titolo divisionale consecutivo con una naturalezza facilmente scambiabile per strafottenza.
Spero che quanto successo in AFC West negli ultimi mesi vi aiuti a comprendere una volta per tutte gli effetti collaterali che l’egemonia di una franchigia su una division può avere sulle coinquiline, così disperate e succubi da perdere completamente la bussola: non sto assolutamente facendo riferimento al ventennio bostoniano e alla sedicente “mancanza di competizione”, proprio per niente, figuriamoci.


 

4 thoughts on “Le peggiori mosse, col senno di poi, dell’offseason NFL 2022

  1. Domanda cattiva da simpatizzante GB: cosa starà pensando Davante Adams della sua nuova squadra, a parte che immagino che vivere a Las Vegas sia meglio che vivere a Green Bay?
    Lui resta un fuoriclasse assoluto, ma penso che ci abbiano perso entrambi con questo trasferimento (non sto ovviamente parlando di soldi)

  2. Credo che abbiano perso entrambi sicuro.
    Quanto a Wentz secondo me è cambiato qualcosa in lui dopo in brutto infortunio coi rams nella anno del superbowl

  3. Wentz non è più lo stesso da quell’anno li sicuramente, ma secondo me ha perso qualcosa anche nella sconfitta l’anno scorso a week 18 con i Jaguars che ha cancellato i miei amati Colts dai playoff. Non è mai tornato veramente lo stesso di quella splendida stagione (quasi) da MVP con gli Eagles. C’entra la sfortuna ma lui ha la sua responsabilità.

  4. Per prima cosa volevo fare i complimenti a Mattia (anche per il suo profilo twitter), poi disperarmi ancora per i miei Broncos; e pensare che all’annuncio di Wilson ho anche tirato fuori una bottiglia speciale di Soave, io immigrato milanese in quel di Verona (scusate la divagazione).
    Direi di pensionare Russel e prendere uno di questi QB giovani che sbucano come funghi, da riserve, ma che hanno già un futuro assicuraro

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.