Un weekend come quello appena vissuto chiarisce giusto un paio di cose, stabilisce nuovamente alcuni valori che tendiamo forzatamente a dimenticare. Possiamo parlare per gigabyte di giocatori, allenatori, schemi, mosse del front office o di quello che preferite ma, alla fine, il football è e sempre sarà – stadi chiusi permettendo – un gioco alla mercé delle condizioni climatiche.
In un weekend che più che per il Natale passerà alla storia per un freddo quasi generazionale, ci è stato ricordato che anche il più irresistibile gameplan deve chinarsi al cospetto del gelo e delle sue implicazioni. In un contesto in cui solo stare in piedi diventa una sfida non so quanto senso abbia speculare eccessivamente su quanto visto in campo: era pressoché impossibile eccellere con temperature del genere, quindi direi che le considerazioni di oggi debbano concentrarsi più sul quadro generale delle cose che sulla prestazione specifica.

Nascondersi, a questo punto, è diventato impossibile: i Tennessee Titans, ora come ora, devono essere visti come la squadra più in difficoltà della lega. E pensare che solamente un mese fa, durante il weekend del Ringraziamento, Tennessee veleggiava su un rassicurante 7-3 che non solo prorogava la loro egemonia sulla division ma che li teneva pure in corsa per il primo seed AFC – con un po’ di ottimismo, sia chiaro.
Da lì in poi è crollato il cielo, più o meno letteralmente. Fra licenziamenti di general manager, infortuni e puntuali sconfitte Tennessee è sprofondata in un baratro scavato con la preziosa collaborazione dei Jacksonville Jaguars, encomiabili a ravvivare l’ennesima stagione di transizione: stiamo facendo scivolare via gli ultimi giorni del 2022 e attualmente i Jacksonville Jaguars si trovano al comando della AFC South e in possesso di un incredibile quarto seed AFC.
Non complichiamo eccessivamente un discorso facile e diciamo le cose come stanno. La division sarà decisa dal testa a testa di Week 18 a Jacksonville. Tennessee – e di conseguenza Jacksonville – può deliberatamente “ignorare” l’impegno di giovedì contro i Dallas Cowboys ché intanto il campionato se lo giocherà la settimana seguente contro quei pestiferi giaguari che non troppo tempo fa erano tenuti in vita solamente dall’aritmetica.

La realtà dei fatti è una: Tennessee è decisamente troppo infortunata per competere. Credo che anche potendo contare su un roster in piena salute credo sia improbabile leggere il loro nome nel novero delle migliori squadre della AFC.
Esattamente come l’universo, la lista degli infortunati è in costante espansione e settimana dopo settimana ingloba titolari fondamentali: figuratevi che oltre a Tannehill sono costretti a rinunciare pure a Taylor Lewan, Ben Jones, Dillon Radunz, Caleb Farley, Ugo Amadi, Amani Hooker e tantissimi altri protagonisti sulla cui disponibilità hanno costruito il roster.
La linea d’attacco, forza motrice di una squadra che negli ultimi anni ha riconquistato la rilevanza grazie a una fisicità senza eguali, è stata settimanalmente sabotata da una pletora di infortuni che hanno costretto Vrabel a cercare di restare aggrappato al treno playoff con un quintetto formato da Daley, Brewer, Levin, Roos e Petit-Frere: spesso riserve di riserve.

Questo roster può vincere solamente chiedendo gli straordinari a Derrick Henry visto che il gioco aereo non ha mezza possibilità di risultare produttivo ed efficiente: non dietro una linea d’attacco del genere, non con un pacchetto di ricevitori così deprimente. Sulla carta le idee sembravano reggere, si rimpiazzava il malcontento Brown con il ben più economico Burks, il convalescente Woods diventava il secondo ricevitore con la necessaria predilezione per il blocco e Hooper, automaticamente, il miglior tight end dai tempi di Delanie Walker.

Come potete immaginare non è proprio andata così.
Mentre a Philadelphia AJ Brown aiutava Jalen Hurts a compiere il definitivo salto di qualità, fra un acciacco e l’altro Burks ha avuto modo di scendere in campo solamente in nove occasioni mettendo in chiaro che un rookie di mezzo nulla sia mai scontato. Hooper è solido, ma con un tight end leggermente sopra la media non fai chissà quanta strada, mentre Woods fra le porte girevoli nella quarterback room e il grande infortunio dello scorso anno non ha semplicemente reso come ci si sarebbe potuti aspettare da Robert Woods.
La prevedibilità, in un certo senso, è forzata dalle circostanze: cosa possono fare se non rifornire di palloni Derrick Henry, soprattutto quando Tannehill non è fisicamente in grado di scendere in campo? Non voglio e posso pronunciarmi sul futuro di Malik Willis in questa lega, ma non serve chissà quale sforzo intellettuale per affermare che il rookie sia ben lontano dall’essere pronto a guidare un attacco NFL. Figuriamoci un attacco così povero e acciaccato.
Il leitmotiv è quello pure in difesa, la secondaria è tempestata da infortuni ed è impossibile restare competitivi in condizioni del genere.
Sia chiaro, il front office non è esente da responsabilità, il roster assemblato in offseason era notoriamente lacunoso, ma immaginarsi una stagione così sfortunata era complicato, soprattutto dopo un 2021 così sciagurato.

Le poche energie mentali rimaste non possono che essere devolute alla partita di domenica prossima contro i Jaguars, un vero e proprio spareggio da dentro e fuori che indipendentemente dall’esito non cambia la sostanza: questi Titans sono arrivati alla fine di un ciclo iniziato quasi per sbaglio.
Il front office si troverà davanti a un bivio che non ha ragione d’esistere: tentare di tenere la band unita per un ultimo assalto alla rilevanza nel 2023 o ripartire saggiamente da capo?
Non credo sia difficile prendere la scelta giusta.

Lasciatemi parlare velocemente dei Ravens che con “l’esaltante” vittoria sugli Atlanta Falcons si sono garantiti un posticino ai playoff: avete presente il meme di Wario «I won, but at what cost»? Una cosa del genere: ha senso esultare per aver raggiunto quello che può essere a malapena visto come minimo sindacale?
Sì, perché nulla è mai scontato in questa lega ma parliamoci chiaro, la permanenza ai playoff di questi Baltimore Ravens non è destinata a protrarsi per chissà quante settimane.
Nelle ultime sei partite Baltimore ha messo a referto più di 20 punti solamente contro i Jacksonville Jaguars – partita tra l’altro persa – palesando debilitanti difficoltà in red zone, o se preferite Tucker zone. Il fatto che malgrado la sterilità offensiva siano comunque riusciti a vincere quattro delle sei sopracitate partite dovrebbe scaldare il cuore poiché ci mette davanti all’ottimo lavoro del reparto difensivo e… niente da fare, non ci riesco: è il calendario l’unica ragione per cui Baltimore ha saputo restare a galla in questo periodo. Immagino che giocare contro Panthers, Jaguars, Broncos, Steelers, Browns e Falcons abbia contribuito: contro Buffalo, Kansas City, Miami, Philadelphia, Dallas e Minnesota dubito avrebbero vinto due terzi delle partite giocate segnando poco più di 14 punti a uscita.

L’infortunio di Jackson ha indubbiamente contribuito ma sarebbe intellettualmente disonesto farlo coincidere con l’inizio delle tribolazioni: l’attacco dei Ravens aveva smesso di girare da tempo. L’ultima volta che questo reparto ha saputo scollinare quota 30 punti è stata in occasione della vittoria contro i Patriots a fine settembre. In red zone, molto semplicemente, non si segnano touchdown: solamente Indianapolis e New England possono vantare una peggior percentuale di successo in questo fondamentale spicchio di campo.
Ripeto, l’assenza di Jackson pesa, ma le cose non stavano andando chissà quanto meglio con lui under center: permettetemi di ringraziare il front office per questo capolavoro. È demenziale pensare di avere successo nel 2022 con un pacchetto di ricevitori formato da Mark Andrews – raddoppiato di default ormai – e un sophomore come Rashod Bateman, non sicuramente il Chase o Waddle di turno: dove si può pretendere di andare con un receiving corp formato da Robinson, Jackson, Proche, Duvernay e Watkins?

La difesa sta facendo il suo e l’innesto di Roquan Smith ha dato una svegliata generale al reparto, ma occorre sempre tenere presente che certe prodezze sono state favorite dalla presenza under center di gente come Wilson, Ridder, Pickett e Mayfield. Dubito vedremo qualcosa di simile ai playoff quando dall’altra parte della linea di scrimmage ci saranno i vari Mahomes, Allen e Burrow. La qualificazione ai playoff deve essere ovviamente celebrata ma, con un po’ di realismo e disillusione, risulterà facile e intuitivo pronosticare un one and done a gennaio, salvo improbabili miracoli di Lamar Jackson.

In NFC South la situazione si sta facendo drammaticamente seria: credo che nulla sappia restituire la disperazione che governa questa division meglio del fatto che Saints e Panthers siano pienamente in corsa per il trono dei Buccaneers. Entrambe le squadre stazionano su un 6-9 che dovrebbe essere sinonimo di stagione buttata, non di partita in casa ai playoff.
Credo che a questo punto si debba revocare il beneficio del dubbio e affermare con rassegnata lucidità che il risveglio dei Tampa Bay Buccaneers non avverrà mai, che quello che stanno vivendo non sia un periodo no ma semplicemente la trasposizione del loro valore assoluto in campo. Aver bisogno di una rimonta e dei tempi supplementari per battere gli Arizona Cardinals di Trace McSorley oltre che umiliante è inaccettabile, fa uscire il sangue dal naso pensare che questi molto probabilmente concluderanno la regular season al quarto posto della NFC pur avendo consistentemente giocato come una delle peggiori dieci squadre della lega.

Ma siamo sicuri che ai playoff ci vadano i Buccaneers?
Brady e compagni dovranno guardarsi le spalle dai Panthers e dai Saints, anche se New Orleans è al momento tenuta in vita solo dalla matematica visto che ha perso entrambi gli scontri diretti con i Buccaneers e l’unico giocato con i Panthers – il secondo andrà in scena durante Week 18: Tom Brady che deve guardarsi le spalle dai Carolina Panthers?
Gli stessi Panthers in ricostruzione totale che hanno cacciato il proprio allenatore sull’1-4? La stessa squadra che ha rinunciato al proprio miglior giocatore?
Vedete, pur senza rivoluzioni epocali i Carolina Panthers si sono trasformati in una squadra estremamente rognosa che sta riuscendo a sabotare campionati a cadenza quasi settimanale: per maggiori informazioni tirate un fischio ai Seattle Seahawks e ai Detroit Lions.
Non dimentichiamo che poco più di due mesi fa i Panthers erano stati capaci di annullare gli stessi Buccaneers con i quali si giocheranno la division domenica: a Brady e compagni per chiudere il discorso division basterebbe una doppiavù nello scontro diretto di domenica, ma contro questi Panthers la vittoria non è più una formalità.

Se proprio devo dirlo, Carolina si approccia al testa a testa con molta più inerzia degli avversari che, per motivi non particolarmente chiari, continuano a giocare un pessimo football caratterizzato da inconsistenza e mollezza. I Panthers, dall’altra parte, stanno andando con ordine oltre i loro palesi limiti giocando molto meglio di quanto avrebbero ragione di fare e, per questa ragione, fossi in loro non sarei tanto tranquillo visto che il magico interruttore da accendere “quando conta veramente” di cui abbiamo parlato per tutta la stagione potrebbe non esistere.
Il massacro dei Lions unito agli ultimi due mesi di rassicurante competitività rende più plausibile proiettare Carolina ai playoff piuttosto che Tampa Bay, squadra che a questo punto non posso che definire mediocre.
Indipendentemente da quello che succederà è molto triste vedere l’immortale Tom Brady annaspare fino all’ultimo per garantirsi un posto ai playoff in una division nella quale, a due partite dal termine della regular season, nessuna squadra può vantare un record positivo.

13 thoughts on “Considerazioni (il più possibile) lucide su Week 16 del 2022 NFL

  1. Si prospetta un fine carriera molto amaro per TB12 nonostante il suo palmares sia intoccabile.
    Ravens.. come ogni anno lo ripetiamo..urgono ricevitori con le palle..
    Quest anno tifo Eagles per il lombardy

  2. Purtroppo, da quando esistono queste mini-division da quattro squadre, non è la prima volta che vediamo andare ai playoff squadre con un record negativo. Sarebbe meglio avere in ogni conference due sole division da otto squadre, però poi sarebbe difficile formulare un calendario equo. E in ogni caso non si potrebbe più fare andata e ritorno tra squadre della stessa division: ci si potrebbe incontrare una volta sola.

    La cosa che più mi ha colpito questa settimana è stato vedere così tanti spazi vuoti sugli spalti, anche in stadi in cui giocavano squadre ancora in corsa per i playoff: mi sa che negli Stati Uniti i festeggiamenti del Natale (e della vigilia) sono rimasti l’unica cosa in grado di battere in popolarità il football.

    P. s. Sto in montagna, a quasi 1000 metri, e il termometro segna +8: tanta invidia per il freddo e la neve che ci sono in America!

    • Ho letto adesso che ci sono stati dei morti. Naturalmente, la mia invidia si limitava all’avere un po’ di neve e di atmosfera invernale.

    • Tieni conto che l america è stretta in un freddo bestia come non accadeva da decenni che ha creato enormi problemi e purtroppo anche decessi. Certo che andare allo stadio con – 30 , tipo a cleveland, è una bella sfida

    • La butto lì, la provocazione a caso: vorrei playoff a quattro squadre per conference, le migliori quattro indipendentemente dal record.
      È contro il mio interesse dirlo, ma che Baltimore e Los Angeles siano ai playoff con due giornate d’anticipo è uno schiaffo in faccia a quello che sono (o che dovrebbero essere) i playoff, squadre del genere altro non sono che lo sparring partner per i Chiefs di turno che devono tenersi occupati per una settimana. Troppe squadre che non meritano di andare ai playoff ci vanno ogni anno, troppe squadre che pur non giocando mezza stagione fanno in tempo a qualificarsi recuperando nella seconda metà, secondo me dovrebbero essere molto più elitari i playoff anche se la NFL non rinuncerà mai a un weekend di football in più.

      • Intendi tipo football universitario?

        Su Baltimore, secondo me, sei un po’ troppo pessimista: sta già a 10 vittorie e potrebbe arrivare a 12. Cioè, io nella Afc Baltimore la manderei ai playoff anche con la selezione a quattro squadre (Buffalo, Kansas City, Cincinnati e Baltimore).

        E al momento, al primo turno, ci sarebbe un Jacksonville – Baltimore tutt’altro che scontato!

      • Concordo con te sullo schema playoff ed aggiungo l inutilità di aver allungato il campionato.. ma per questioni economiche e via dicendo non avverrà caro Mattia

  3. Ho visto solo gli highlights ma la prestazione di Tua è stata veramente allarmante. Non tanto per i tre intercetti consecutivi ma perché questi potrebbero rappresentare un contraccolpo che toglie sicurezza al ragazzo con conseguenze nefaste. Quindi forza Tua ma soprattutto go 49ers e go Lawrence. Anche se qualcosa mi dice che sarà questione tra Bills e Chiefs, troppa concretezza, con Vikings scheggia impazzita. Non credo nei Cowboys.

  4. Temo che per Tagovailoa il tempo della Nfl sia terminato e lo dico da tifoso Dolphins che lo ha atteso come il Messiah per anni. Il ragazzo ha dei limiti fisici e tecnici preoccupanti (delle ultime 4 partite, a parte quella dove i 49ers ci hanno demolito, 3 sono state perse per colpa esclusivamente sua) e purtroppo è troppo “injury prone”, cioè è troppo spesso infortunato (lo si sapeva sin dall’Università!). Adesso ne va anche della sua salute ed è già la seconda volta che va in concussion protocol. Onestamente non capisco se sia un protocol vero oppure cautelare per trovare una sorta di scusante per un’ultima prestazione da dilettante, ma non ho più parole. Fosse stato davvero male, avrebbero dovuto capirlo in diretta e fermarlo subito, ma….”show must go on”, quindi non si saprà mai la verità. Quel che è certo è che Miami non andrà ai playoffs quest’anno (non credo proprio che saremo attrezzati con o senza Tua per una partita da dentro o fuori al Gillette Stadium contro dei Patriots con la bava alla bocca, dopo un ultimo mese che ha fatto perdere ogni certezza in attacco) e che i giorni di Tua nella Nfl sono finiti (neanche Miami vorrà tenersi un Qb che in 3 anni non ha mai convinto e si è spesso infortunato, figuriamoci gli altri; se uno come Mayfield è stato scaricato dai Browns, poi dai Panthers e adesso gioca nei Rams, figuriamoci cosa può succedere a uno come Tagovailoa che in 3 anni non ha combinato quasi nulla di davvero convincente nel lungo periodo). Tua farebbe bene a pensare alla sua salute in primis, qui c’è poco da scherzare: prende botte che non riesce ad assorbire e che potrebbero compromettere la sua vita futura. Per il resto, neanche con Hill e Waddle è mai riuscito a convincere: poco braccio sempre, zero scelta target alternativi, sempre lanci ultra rapidi e sulle 20 yds (ho visto tutte le partite!), lanci lunghi SEMPRE un pelo corti a costringere Waddle e Hill ai miracoli, zero corse, zero scrambling nella tasca e SOPRATTUTTO zero carisma nei momenti decisivi. Se del resto il patron Ross e tutta la società sono stati puniti dalla Nfl per aver cercato di portare Brady a MIami l’anno scorso al di fuori dei tempi consentiti, qualche cosa vorrà pur dire in merito alla fiducia riposta su questo ragazzo. Mi spiace tantissimo. Pensavo potesse essere il nostro condottiero dopo “secoli” di anonimato nel ruolo, ma col tempo ho capito che nulla sarebbe potuto venire da lì (è chiaro da tempo che non sia un fenomeno, ma si sperava diventasse almeno un average QB. Anche quando ha inanellato buone prestazioni non ha mai convinto davvero, al di là delle strombazzate giornaistiche: magari c’era un big play da 60 yds, ma poi un sacco di errori seppur con la migior coppia di ricevitori attualmente nella Nfl (qualcuno provi a sostenere il contrario su Hill e Waddle!). Nell’ultimo mese poi, alzandosi il livello delle avversarie, è completamente crollato. Coi Chargers ha inanellato incompleti e quasi picks a ripetizione contro una difesa patetica sui lanci; coi Bills tra la seconda metà del III quarto e fine partita non ha più mosso la palla, sbagliando passaggi elementari e consentendo il soropasso finale dei Bils; ieri ha regalato la partita a dei Packers assolutamente anonimi con 3 intercetti inspiegabili! Peccato perchè la squadra c’è in tutti i reparti, basterebbero un paio di puntelli l’anno prossimo (un tackle destro e un nuovo cb al posto del desaparecido Byron Jones) per puntare in alto. Invece no. Si torna punto e a capo a Miami dato che non ci sarà spazio salariale per ingaggiare un QB di peso.

    • purtroppo la scelta di Tua invece che Herbert al draft 2020 si è rivelata sanguinosa. Poi, un’altra cosa che non riesco a capire è il completo anonimato negli schemi offensivi di un giocatore come Mike Gesicki che considero nella top five dei tight end

      • Solo un pazzo o incompetente o corrotto come Grier può aver optato per Tua anzichè su Herbert. Per Gesicki il problema è tecnico: non riesce a portare un blocco che sia uno e quindi può essere usato solo come ricevitore puro e mai invece a supporto di una corsa. Quindi: 1) le difese quando lo vedono allineato, spesso anticipano lo schema offensivo e sanno che riceverà 2) con Waddle e Hill, quest’anno ha inevitabilmente meno spazio.

        • Solo un pazzo avrebbe scelto al draft Herbert prima di Tua . All’epoca del draft Tua era molto più considerato, tanto è vero che “Tank for Tua” era girato parecchio prima dell’esplosione di Burrow.

          Non ero un fan di Taigovaloa, ma quest’anno miglioramenti ne ha fatti eccome, che poi i meriti siano quantomeno da dividere con i Wr interessa fino a un certo punto. L’attacco solitamente funziona. Il rating qb non è una statistica che mi fa impazzire, però rimane il fatto che ad oggi Tua è il primo assoluto in Nfl. Se non sbaglio poi nelle partite da starter Tua è 8-4, record nettamente da playoff.
          Intanto la prossima gioca Teddy B. Contro i patriots potrebbe bastare

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