Partiamo immediatamente, di botto, senza incipit.
Sulla carta non solo doveva essere una vittoria comoda, ma pure la più comoda fra le vittorie possibili: tutto il contrario. I Dallas Cowboys sono sì riusciti a battere gli Houston Texans ma dire che per arrivare alla vittoria finale abbiano percorso la strada più difficile sarebbe un eufemismo: non c’è stato assolutamente nulla di semplice nel 27 a 23 che è valso ai Cowboys il derby del Texas.
Houston non solo ha mescolato le carte sul tavolo alternando Driskel e Mills under center, ma pure giocando senza alcun timore reverenziale contro la miglior difesa del campionato: con atipico opportunismo i ragazzi di Lovie Smith hanno indotto Prescott e compagni all’errore, come testimoniato dai tre turnover che a momenti costavano la partita ai Cowboys.

Un intercetto, nello specifico, sembrava condannare la banda di McCarthy all’umiliante sconfitta: con circa sette minuti rimasti da giocare Prescott ha sparacchiato un folle intercetto che stava quasi per essere riportato in end zone per un touchdown che avrebbe dato a Houston due possessi di vantaggio.
I Texans, sopra 23 a 20, hanno più o meno giustamente deciso di uscire dal campo solamente dopo aver segnato un touchdown e per questa ragione hanno optato per giocare il quarto down sulla linea delle tre dei Cowboys: la corsa di Driskel, però, è stata bruscamente interrotta a un paio di yard dalla end zone.

Con tre minuti rimasti da giocare, tre punti da rimontare e un intero campo da percorrere Prescott e compagni hanno ricordato al mondo come mai chiunque si spertichi in complimenti quando costretto a parlare di loro. Con calma e metodicità Prescott ha cominciato a muovere le catene connettendo principalmente con Dalton Schultz – tre ricezioni fondamentali nell’ultimo drive – che con una ricezione da 18 yard li ha catapultati alle porte della end zone: con saggezza Dallas ha prima costretto gli avversari a bruciare i timeout avanzati e poi, con il killer instinct tipico della grande squadra, ha chiuso i conti grazie a un provvidenziale touchdown del redivivo Zeke Elliott.
La speranza di Houston s’è spenta poco dopo a seguito di un intercetto sulla Hail Mary finale: i passaggi a vuoto possono riguardare anche squadre talentuose e attrezzate come quella di McCarthy, a patto che non diventino norma.

Penso che i Pittsburgh Steelers e i milioni di loro fedelissimi sparsi per il mondo avranno bisogno di tempo per andare oltre il beffardo 16 a 14 con cui i Baltimore Ravens hanno taccheggiato loro una vittoria che, in tutta sincerità, avrebbero meritato. In una giornata in cui entrambi i quarterback titolari sono stati estromessi dalla contesa a seguito di commozioni cerebrali, a fare la differenza c’hanno pensato opportunismo e gioco di corse dei Ravens: con Dobbins e Edwards finalmente a disposizione il running game di Baltimore ha prodotto ben 215 yard che hanno aiutato i ragazzi di Harbaugh a sopperire all’assenza del fino a quel punto valido Huntley.
Pittsburgh non può che mangiarsi le mani per le tante occasioni sprecate poiché tutti e tre gli intercetti lanciati da Trubisky sono arrivati nella metà campo avversaria – due dei quali in piena red zone: come non bastasse Calais Campbell ha pure parato un field goal che quasi sicuramente Boswell avrebbe spedito fra i pali.
Questa è una doppiavù fondamentale per i Ravens che compiono un altro decisivo passetto verso il ritorno ai playoff.

Il mondo s’era collettivamente stupito dinanzi alla decisione dei bookies di dare l’effimera palma di favoriti ai Detroit Lions, soprattutto perché dall’altra parte c’era una delle tre migliori squadre della NFC: cari lettori e care lettrici, i bookies sanno il fatto loro. Nonostante un Justin Jefferson d’antologia – 11 ricezioni per 223 yard – i Minnesota Vikings sono stati costretti a capitolare al cospetto dei sempre più lanciati Detroit Lions: 34 a 23 il punteggio finale di una partita giocata splendidamente da Goff e compagni. Nelle ore antecedenti al kickoff una soffiata di Rapoport ci ha parlato di Jared Goff come possibile quarterback del futuro dei Lions e, stando a quanto visto nelle ultime settimane, non fatico a comprendere il perché: Goff pure ieri è stato semplicemente magistrale, ha vivisezionato una difesa che non è stata in grado di mettergli le mani addosso – kudos all’ottima linea d’attacco – e di indurlo all’errore non rinunciando mai all’esplosività.
Goff ha concluso con 330 yard lanciate e tre touchdown, uno dei quali ricevuto dall’elettrizzante rookie Jameson Williams e con eclatante lucidità ha tenuto saldamente in mano il pallino del gioco aiutando i suoi a restare davanti nel punteggio per la quasi totalità dell’incontro. Sul 6-7 e straripanti d’inerzia, credo proprio che dobbiamo cominciare a tenerli seriamente in considerazione per il settimo seed NFC.

Non i migliori Bills dell’anno, ma il mix di condizioni meteorologiche e rognosità dell’avversaria difficilmente poteva dare un risultato diverso: il 20 a 12 con cui Buffalo l’ha spuntata su New York non ci può fornire un’indicazione precisa su una partita che, a mio avviso, i Jets non meritavano assolutamente di perdere. Il reparto difensivo di Saleh ha fatto vivere ad Allen e compagni un pomeriggio alquanto complicato nel quale sono stati in grado di convertire solamente due dei 13 terzi down affrontati: non solo questo, l’attacco dei Jets è stato in campo quasi dieci minuti in più di quello avversario, limitato a 232 umili yard di total offense. Non certamente le statistiche a cui siamo abituati. A decidere il risultato, pure questa volta, ci ha pensato il caratteristico impaccio offensivo dei Jets che malgrado gli eroismi di un commovente Mike White – massacrato di botte per tutta la partita – hanno faticato tremendamente a mettere punti a referto: New York, però, può affrontare il finale di stagione consapevole di essere in grado di giocarsela ad armi pari con una delle migliori squadre del campionato.

Sembrava tutto apparecchiato per il classico pomeriggio di prepotente dominio di Derrick Henry contro i Jacksonville Jaguars, vittima prediletta insieme ai Texans, ma un paio di atipici fumble del re hanno stravolto l’andamento di una partita trasformatasi velocemente in incubo: 36 a 22 Jaguars il punteggio finale di un incontro dominato da Lawrence e compagni. L’ottimo inizio dei Titans è stato vanificato da un impressionante parziale di 29 a 0 Jaguars alimentato da una serie di turnover e three n’ out dei padroni di casa; in un giorno in cui il front seven dei Titans ha completamente neutralizzato Etienne – 17 portate per 32 yard – a condurre i suoi alla vittoria c’ha pensato un incommensurabile Trevor Lawrence che nelle ultime settimane sta ricordando al mondo come mai noi tutti siamo stati costretti a parlare di lui come prospetto generazionale. Con 368 yard e tre touchdown scevri di turnover Lawrence ha preso a pallate l’acciaccata secondaria dei Titans, sfruttando nel migliore dei modi la giornata d’onnipotenza di un Evan Engram da 162 yard e due touchdown: attenzione che il discorso division non è ancora chiuso in AFC South.

Non si ferma più la corsa dei Cincinnati Bengals, passati 23 a 10 su dei Cleveland Browns che, per ora, non stanno traendo alcun beneficio dalla presenza di Watson. Burrow e compagni non hanno sicuramente avuto vita facile contro dei Marroni pienamente consapevoli di non poter più sbagliare per continuare a sperare nei playoff, ma molto semplicemente l’attacco diretto da Watson non sta riuscendo a trovare una parvenza di ritmo, autentica chimera quando Nick Chubb viene limitato a 34 rushing yard. La ruggine che imbriglia Watson è sotto gli occhi di tutti, ci potrebbe volere un po’ prima che trovi l’intesa con i propri skills player. Per il momento i Marroni faticano enormemente a sostenere drive fruttuosi e quando dall’altra parte ci sono mostri come Ja’Marr Chase e Joe Burrow è molto complicato vincere segnando dieci punti.

Non ho molto da dirvi sull’esaltante 48 a 22 con cui gli Eagles hanno triturato i Giants, se non che il punteggio finale non rende giustizia al dominio perpetrato da Hurts e compagni. Philadelphia ha assolutamente fatto quello che ha voluto per tutti e sessanta i minuti di gioco: prima si sono creati un rassicurante vantaggio sfruttando l’esplosività del gioco aereo per poi “amministrarlo” cavalcando il miglior Miles Sanders della stagione – 155 yard totali e due touchdown. A questo punto non ha più senso nascondersi, lasciatemelo urlare: salvo improbabili disastri Jalen Hurts è da vedere come netto favorito per l’MVP.

Vittoria strana, vittoria molto strana quella dei Kansas City Chiefs sui Denver Broncos: sopra 27 a 0 verso la fine del secondo quarto, Kansas City ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per portarsi a casa un sofferto 34 a 28. Per i Chiefs tutto stava andando secondo i piani e dopo la terribile pick six di Russell Wilson sembravamo essere destinati a un secondo tempo di melina a centrocampo: dal nulla, però, Patrick Mahomes ha cominciato a sparacchiare intercetti che hanno permesso ai Broncos di portarsi sotto solamente di sei punti, 27 a 21. Nel miglior momento della giornata, però, la sfortuna ha deciso di infierire sulla carcassa dei Broncos estromettendo Russell Wilson dalla contesa a seguito di una terribile concussion rimediata a pochi metri dalla end zone. Con Rypien under center Denver è stata tenuta a distanza di sicurezza dal touchdown del sorpasso e Kansas City, soffrendo molto più del dovuto, ha potuto svignarsela con la vittoria a domicilio sigillata da un intercetto di Rypien nel drive decisivo.

Bisogna restare calmi e, soprattutto, lucidi anche se mi rendo conto che sia molto difficile. I Tampa Bay Buccaneers non sono neanche lontani parenti di quelli visti negli ultimi due anni, è vero, ma dobbiamo pur sempre tenere presente che si stia parlando di un rookie selezionato al settimo round alla prima partita da titolare in NFL: che senso ha, dunque, che Brock Purdy abbia guidato i suoi San Francisco 49ers a un roboante 35 a 7 sui Buccaneers di Tom Brady? No contest in California, San Francisco ha schiacciato gli avversari sotto ogni possibile punto di vista costringendo il GOAT a un deprimente pomeriggio da 4.6 yard per tentativo: Purdy, dall’altra parte, imbeccava egregiamente i propri playmaker sfruttando nel migliore dei modi la capacità di gente come Aiyuk e McCaffrey di ricavare il massimo da ogni tocco.
C’è preoccupazione, però, per le condizioni di salute di Deebo Samuel, uscito anzitempo a causa di un brutto infortunio alla caviglia: i primi report parlano di storta, teoricamente non ci dovrebbero essere fratture.
Ho come l’impressione che di loro riparlerò a breve.

Disastro a Seattle dove i Seahawks potrebbero averla combinata imperdonabilmente grossa perdendo 30 a 24 contro dei buonissimi Carolina Panthers: da quando la panchina è occupata da Wilks e dal suo staff Carolina ha completamente cambiato marcia raccogliendo un buonissimo record – visto il roster – di 4-4, record che li vede a una misera partita di distanza dai Buccaneers al comando della division. Oltre agli intercetti lanciati da Smith nella prima metà che hanno permesso a Carolina di prendere il largo e tenere il pallino del gioco, a condannare Seattle alla sconfitta c’hanno incontrovertibilmente pensato le assenze di Walker e Dallas nel backfield: con un gioco di corse oltraggiosamente sterile Seattle è stata limitata a meno di 21 minuti di possesso palla, dato che raramente condurrà alla vittoria finale.

Chiudiamo con la fondamentale vittoria dei Los Angeles Chargers su degli irriconoscibili Miami Dolphins: dal nulla Los Angeles ha tirato fuori dal cilindro un preziosissimo 23 a 17. Quella dei Chargers è stata una vera vittoria di squadra, arrivata principalmente grazie all’encomiabile lavoro di un reparto difensivo che ha vanificato Tua Tagovailoa costringendolo a vivere una serata che sembra uscita dalla sua stagione rookie – iperbole: Tua questa notte è stato a malapena in grado di completare un terzo dei passaggi tentati, connettendo solamente in 10 dei 28 lanci spediti in orbita. Esattamente come Carolina, Los Angeles ha dominato la battaglia per il tempo di possesso controllando il pallone per circa quaranta minuti: difficile – se non empio – pensare di vincere completando così pochi passaggi in così poco tempo.
Miami, reduce da due sconfitte consecutive, è attesa al varco dai Bills in un testa a testa come può essere visto come un vero e proprio bivio nella loro stagione.

3 thoughts on “Il riassunto della quattordicesima domenica del 2022 NFL

  1. I miei Dolphins hanno davvero proposto una mediocrissima prestazione contro i Chargers. Dopo esserci infranti contro la pass rush di San Francisco la settimana scorsa, abbiamo adesso prodotto il nulla contro dei Chargers ottimi in attacco, ma davvero mediocri in difesa. Tua ha perso alla grande il confronto diretto con Herbert e, purtroppo, ha confermato l’errore fatto nel draft di 3 anni fa: sarebbe stato molto meglio prendere il lungagnone di Los Angeles. La sensazione è sempre quella: se la partita non diventa davvero dura, se la linea d’attacco tiene bene e se i ricevitori si muovono bene, allora Tua sa svolgere bene il compitino che gli attribuisce coach McDaniel, soprattutto su tracce medio corte. Quando invece il Qb ci deve mettere del suo per togliere le castagne dal fuoco, allora proprio non ci siamo e torniamo alle prime apparizioni da rookie. Nonostante la stampa USA si sia sperticata in lodi esagerate durante questa stagione, Tua Tagovailoa NON è, e non sarà mai un campione, un trascinatore, un grande improvvisatore. E’ triste ammetterlo da tifoso di una franchigia che attendeva un Qb decente da più di venti anni, ma è così. Può essere un buon QB come ha fatto ampiamente vedere, ma vedo per l’ennesima volta che quando il gioco si fa davvero duro…capitola tristemente! Purtroppo questa “garra” o ce l’hai o non ce l’hai, non puoi costruirtela. Quindi, o la squadra lo sorregge bene oppure non sarà mai lui a salvare la barca che affonda. Coach McDaniel lo ha capito in anticipo e gli ha creato intorno un cast eccezionale, ma il ragazzo deve maturare come carattere, come sicurezza e carisma. Ho visto in passato squadre andare anche a vincere dei Superbowl senza fenomeni nel ruolo di QB, però ci deve essere intorno sempre una grande squadra. Al momento Miami sta dimostrando che nelle partite che contano….mancano gli attributi! Se si andrà ai playoff, cosa succederà? Tua ha dimostrato di poter essere un NFl Qb e questo è già tanto. Temo però che il “Next Step” non sia nelle sue possibilità…

    • Concordo. Se levi Hill e Waddle dall’equazione i Dolphins tornano indietro nel tempo a 2 anni fa.
      Controprove? I 49ers che vincerebbero anche mettendo gli snap nelle mani del kicker (o di McCaffrey, per dire).
      Carnaio totale in NFC mentre in AFC le gerarchie sono ormai chiare.

  2. I Lions fanno sul serio e si meriterebbero fino a questo punto..un posto ai playoff.
    49 ancora in credito con la fortuna visto Samuel.. anche senza QB sono una signora squadra.
    Nfc unica certezza le aquile ..
    Ravens la prossima coi Browns.. ma nulla è scontato

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