Mai un adepto cheeshead avrebbe voluto scrivere un pezzo simile, nel quale si tenterà di analizzare la drammatica situazione degli attuali Green Bay Packers ed il modo in cui ci sono arrivati, lontani dai radar del vertice e con un imminente calendario proibitivo e diabolico alla finestra, che rende quasi irreversibile la caduta agli inferi, con conseguente fine di un’epoca d’oro.

Ovviamente tutto questo ha a che fare con l’età di Aaron Rodgers, uno dei due prescelti che hanno fatto sognare il Lambeau Fields per decadi intere! Se la staffetta col Favre trentottenne ma ancora candidato MVP (secondo nel 2007!) veniva vista come una ventata d’aria fresca tuttavia sempre vincente – viste le innate peculiarità del giovane subentrante – e soprattutto i Packers si trovavano a veleggiare facilmente ai vertici della NFC North, ciò che si scorge oggi alla fine del viaggio di A-Rod è qualcosa di spoglio e desolante.

Green Bay veniva da due cocenti eliminazioni ai playoff che avevano in pratica resettato il costante win now mode presente nella baia ad est del Wisconsin. Nonostante una gestione del playbook rivedibile, lo scivolone al cospetto della nemesi Brady poteva pure essere accettato, data la caratura di un roster completo e l’ennesima missione dell’iconico numero 12 avversario; ciò che è avvenuto nell’ultima stagione ha invece veramente dell’incredibile, visto che a tavola apparecchiata si è bensì permesso a 49ers, Rams e Bengals di proseguire una corsa che agli occhi di ogni analista sembrava senza ostacoli per i green and gold.

Lì è probabilmente finito tutto, con contratti monstre da limare o rinunciare e quello di Rodgers da rinnovare, a meno di ripartire da zero. Facile oggi dire quale sarebbe (??) stata la scelta migliore, ma a nostro avviso i 153 milioni garantiti dei 200 per quattro anni erano l’unica soluzione praticabile per non abbandonare la nave e restare – sulla carta – competitivi. Ma soprattutto siglare a queste cifre e a questa età il quattro volte MVP nonché stellare futuro Hall of Famer ai nostri occhi significava per dirigenza e Matt LaFleur liberarsi di tutte le responsabilità a danno dell’eccentrico leader.

Così facendo si inviava nella mente di Rodgers un inconscio diktat, ovvero sia l’obbligo di mantenere al vertice una rosa seppur ridimensionata e prendere per mano uno spogliatoio meno convinto del passato recente, il tutto per aver perso le occasioni della vita con un team secondo a nessuno.

D’altronde pesano come macigni le statistiche clutch di A-Rod, lontano anni luce dalle comeback W da quarto periodo di Manning e Brady (85 combinate) e dietro persino alle meteore Cutler e Collins, 23 e 21! L’ultima rimonta mancata in ordine cronologico ha poi del clamoroso, e l’intercetto finale a Detroit nell’improbabile trick play verso il left tackle Bakhtiari anziché scrutare sull’ampio Lazard e Watkins, oppure Jones spostatosi nell’immediato slot di destra, oltre a segnare nel tabellino personale un patetico 53.5 passer rating e accrescere i dubbi da fine gara, significano un tragico 3/6 al giro di boa, con Cowboys (6/2), Titans (5/2) e Eagles imbattuti all’orizzonte!

Se adesso i Packers annaspano dopo un comunque dignitoso start e sono reduci da 5 L consecutive fra cui Jets, Commanders e Lions, è dunque perché oggi il loro re è nudo, spogliato dello scettro che ne aveva fatto qui l’intoccabile mito e colui per il quale valeva la pena “morire”.

Se questo sta accadendo la colpa è proprio di quel rinnovo, che inconsciamente sbatte sempre lo stesso mostro in prima pagina e fa del negazionista californiano l’unico colpevole da pedinare con le telecamere durante il rituale commiato di fine match. Per di più, le conferme di una personalità poco propensa a mettersi in ballo per allenatori, dirigenza e compagni, sono state in questa tornata tutte suffragate: il linguaggio del corpo demotivato e frustrato che Rodgers non nascondeva verso McCarthy è rimasto tale dapprima nei riguardi di LaFleur e ora con i compagni di reparto, rei di non rendere al suo livello. Il risultato è ovviamente catastrofico.

Non ci sentiamo di buttare la croce addosso ad un campione, che tecnicamente può essere avvicinato soltanto da un paio di registi anni ‘80/90 che dominavano la baia di San Francisco, specialmente perché tempo c’è per compiere una difficile rimonta, e uno spot ai playoff in una NFC ben più democratica della AFC può arrivare anche con un primato di poco maggiore al 50%.

Tuttavia, analizzando il suo rendimento, non possiamo non notare dei fallimenti sia sul piano tattico che specialmente caratteriale, che hanno eccome contribuito in negativo nei mancati successi di un gruppo almeno in 3 campionati inferiore a nessuno.

Il calo tecnico è evidente e i tre intercetti contro i Lions, novità lontana 5 anni (dicembre 2017), ne sono l’ultimo esempio. Sotto LaFleur le migliorie nella visuale lo avevano spronato a giocare di più in easy mode, sparando poi sopra le 20 yard ad altissimo coefficiente realizzativo. Le statistiche in negativo su tali tipologie di passaggi sono quindi un inedito sorprendente che lascia basiti, sebbene la media di lega sulle deep balls sia ancora superata: crollo verticale rispetto al triennio 2019/2021 nei tentativi, nelle aspettative sui completi, su yd per dropback e quarterback rating, stesso discorso sulle aspettative punti per dropback e yard per attempt. Non sorprende quindi che sull’ampio i ricevitori siano responsabili di una delle più basse air yard per target.

Lo stesso Watkins, onorevole mestierante sul profondo se però inserito un playbook offensivo vincente e performante, non sta perciò fornendo un contributo accettabile, al pari di Darnell Savage in secondaria.

I Packers diventano in questa maniera uno dei team più facili da difendere, soprattutto perché il gioco di corse con un regista così pregno di ego e un game plan a lui succube sono praticamente tuttora inesistenti. A tal proposito rappresentano solo fumo negli occhi le 200+ iarde conquistate via terra contro i satanassi Bills, semplicemente perché avvenute quasi esclusivamente a buoi già scappati e forse per evitare un’imbarcata epica dal 7/24 post pausa.

La linea offensiva poi, benchè sia “blitzata” a percentuali non esorbitanti, riesce comunque ad avere una pressure rate tre le maggiori, e se si conserva un dignitoso 14° posto sui sack è per il velocissimo rilascio ovale, simile a quello di Brady.

L’NFL è per di più sinonimo di infortuni, e gli acciacchi recenti di De’Vondre Campbell, degnamente rimpiazzato da Krys Barnes, Eric Stokes e Rashan Gary nella retroguardia, unico settore in ripresa nell’ultima uscita, di Jones e dei wideout Doubs e Watson in attacco e in linea (Bakhtiari e Runyan) accrescono apprensione e malumori. A poco serve appigliarsi alle esigue note liete recenti sotto forma di Lazard, Keisean Nixon e Jaire Alexander: per uscire dal tunnel serve una svolta tattica che tuteli il quarterback anziché farne un capro espiatorio e che copra il settore avanzato con più alternative, un maggior running game su tutti.

I tre consecutivi gagliardetti divisionali sembrano ora un lontano ricordo, e le voci di trade per Rodgers e conseguente spazio salariale rigenerato con annessa rebuilding totale non convincono per nulla, dato che avrebbero il risultato di ratificare un epic fail maggiore di quello in atto, una sconfitta manageriale pazzesca dopo un rinnovo d’altronde salutato con successo dalla maggior parte di fanbase e media.

Love poi, sebbene sia un prospetto molto interessante, non avrà mai la classe di Favre e Rodgers, soprattutto perchè praticamente messo in naftalina da tre anni e sulla carta almeno fino al 2025, quando ne avrà 27 e di snap potrebbe averne giocati pochi, perdendo così troppo tempo, esperienza e possibilità di divenire un titolare inamovibile.

Se il contrattone di Rodgers non sarebbe un problema per Washington, Indianapolis, Jets ecc, che eleverebbero hype a dismisura per diventare contendenti nell’immediato, ciò che probabilmente rallenta la corsa al campionissimo numero 12 è un carattere che come visto unisce solo nelle vittorie ma divide durante i numerosi ostacoli che la NFL mette dinanzi prima di agguantare il Vince Lombardi Trophy.

4 thoughts on “E’ veramente tutto finito per i Packers?

    • Ha tutte le colpe del mondo, principalmente il contrattone che ha di fatto bloccato tutto ma diciamo pure che davanti ha bersagli francamente ridicoli.

  1. TB12 ha rinunciato a molti soldi per avere molti anelli e Rodgers ha rinunciato a molti anelli per avere molti soldi. La mia impressione è che questo contrattone, che va a coprire l’inevitabile fase calante della carriera di Aronne, sia stato mal digerito dall’ambiente Green Bay.
    Immagino che molti giocatori si siano visti rifiutare aumenti contrattuali perché il salary cup è spremuto, alcuni se ne sono andati, quelli che sono rimasti l’hanno fatto con uno spirito diverso dagli anni passati e con queste premesse puoi anche essere uno dei giocatori più forti della storia (quale Rodgers è), ma i risultati non arriveranno mai. La tasca resta pulita mezzo secondo in meno, gli acciacchi diventano infortuni, le statistiche personali diventano più importanti di quelle di squadra… Ribadisco, sono mie pure elucubrazioni, però il calo verticale di Green Bay dopo il contrattone è tale per cui mi è difficile escludere un rapporto di causa-effetto tra i due eventi.

  2. Quando green bay vince o va bene è solo ed esclusivamente per merito di rodgers quando va male non dobbiamo gettare la croce a lui, un grandissimo semi (un anello comunque lo ha anche se ne avrebbe dovuto vincere almeno altri 4 per come viene descritto ) perdente di successo.

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