L’altro giorno, leggendo un articolo sulla leggendaria serie di vittorie consecutive in preseason dei Baltimore Ravens – abbiamo eguagliato l’estensione di quella di Undertaker a WrestleMania! – mi sono imbattuto in un paio dichiarazioni estremamente interessanti che mi hanno spinto a rivalutare queste “inutili” partite.
Josh Woodrum, quarterback che ha dato il proprio prezioso contributo all’agostana invincibilità dei Ravens ma che non ha mai giocato uno snap in regular season, ha candidamente sottolineato che per lui e tanti altri giocatori la preseason è una cosa molto seria in quanto costituisce l’unico assaggio di football americano professionistico della loro vita.

Certo, i risultati finali non influiranno in alcun modo sul destino di qualsivoglia squadra ma, da un punto di vista umano, quanto detto da Woodrum deve per forza di cose pizzicare qualche corda della nostra interiorità. Per centinaia di giocatori, ogni agosto, queste accidiose partite rappresentano il culmine di anni di lavoro e sacrifici e, anche per una mera questione di rispetto – e voglia, visto che sono in ferie – ho deciso di ricominciare a darle un minimo di copertura, anche se già so che finirò a concentrarmi su quarterback il cui posto a roster non è in discussione.


Chi sale

I Baltimore Ravens

Poche cose mi mettono in crisi come scegliere una volta per tutte l’atteggiamento col quale interpretare il leggendario successo in preseason dei Baltimore Ravens: è innegabile che stiano facendo qualcosa di storico, ma a che pro?
Vincere è e sarà sempre bello, immagino che ci siano fior di tomi sull’argomento scritti da illustri antropologhi, ma oramai siamo arrivati al punto in cui se si parla di vittoria di Pirro l’appassionato NFL, per fornire un esempio originale all’interlocutore, punterà il dito proprio verso i Ravens d’agosto.
Lo ammetto, mi diverte vedere gente che molto probabilmente la regular season la potrà vivere esclusivamente attraverso la mediazione di uno schermo ritagliarsi un meritato momento di gloria dando il proprio contributo alla sopravvivenza di una serie positiva che negli anni si è elevata a irresistibile meme.
Nulla e nessuno potrà togliere loro la soddisfazione e la consapevolezza di essere stati parte di qualcosa che, nella sua tragicomica inutilità, non ha precedenti nella storia della lega.

Trey Lance

Dubito che in regular season ogni drive sarà la fotocopia di quello che vedete qui sotto, ma a Trey Lance è bastato un solo lancio per mostrare al mondo NFL come mai il front office dei 49ers abbia investito così pesantemente su di lui: il buon Jimmy Garoppolo, molto semplicemente, questi lanci non è mai stato fisicamente in grado di farli.
Lance mette il geniale Shanahan in grado di aggiungere un’ulteriore dimensione a uno degli attacchi più effervescenti della NFL.

Romeo Doubs

Inizialmente avevo reagito male all’addio di Davante Adams, ma se ho imparato qualcosa dallo Psichedelico è che con o senza Adams molto probabilmente saprà comunque tirare la carretta e condurli alle canoniche tredici vittorie, anche se è necessario che qualcuno compia un deciso passo in avanti affermandosi come go-to-guy: signore e signori, a voi Romeo Doubs.
Selezionato in sordina al quarto round dell’ultimo draft, Doubs si è guadagnato importanti parole di stima dal proprio quarterback rendendosi consistentemente protagonista durante il training camp: contro San Francisco Doubs ha messo a segno un pregevole touchdown nel quale si è sbarazzato senza alcuna difficoltà del proprio marcatore bruciandolo già sulla linea di scrimmage.
Non voglio essere empio – è pur sempre preseason – ma quel release mi ha ricordato molto da vicino quello di Davante Adams: è chiaro che il ragazzo abbia preso appunti.

I kicker

Graham Gano, contro i Patriots ha convertito senza alcuna difficoltà tutti e tre i piazzati tentati, esattamente come il GOAT Justin Tucker che, contro i Titans, ne ha messi un paio da 47 yard – distanza mai banale.
Il giorno dopo, per ribadire a Tucker che quest’anno il posticino riservato al kicker nel First Team All-Pro lo voglia lui, Evan McPherson ha spedito in orbita due missili rispettivamente da 56 e 58 yard che hanno ovviamente trovato il centro dei pali.
Pure garanzie come Robbie Gould, Younghoe Koo e Tyler Bass hanno portato a casa la pagnotta abbracciando la perfezione, mentre la gamba destra del buon Jason Sanders è stata sovraccaricata di lavoro – per essere ad agosto – attraverso quattro piazzati tutti, ovviamente, convertiti senza problemi: mica male se si considera che ben due hanno dovuto percorrere più di cinquanta yard.
Insomma, la crème de la crème della posizione ha dato motivo ai tifosi delle fortunate squadre in cui militano di dormire sonni sereni che i loro arti inferiori sono già caldi e rodati.

Il gioco aereo dei Kansas City Chiefs

L’attacco titolare dei Chiefs ha giocato solamente una serie e malgrado si parli di preseason – forma aulica di prendere qualcosa con le pinze – permettetemi di riassumere quanto da loro fatto con un elenchino puntato:

  • Passaggio da 11 yard al fullback Michael Burton;
  • Passaggio da 9 yard a Mecole Hardman;
  • Passaggio da 19 yard al solito Travis Kelce;
  • Passaggio da 11 yard a Marquez Valdes-Scantling;
  • Passaggio da 5 yard all’esplosivo rookie Isiah Pacheco;
  • Touchdown da 5 yard ricevuto dal tight end Blake Bell.

Sei completi a sei giocatori diversi. Non preoccupatevi eccessivamente per la dipartita di Hill, la profondità del corpo ricevitori dei Chiefs fusa all’unicità di Patrick Mahomes – un solo incompleto – permetterà loro di essere competitivi come ci hanno abituato in questi anni.

Matt “Punt God” Araiza

Quello che avete appena letto è un soprannome molto impegnativo e, come spiegato da qualcuno più conosciuto di me, da grandi soprannomi derivano grandi responsabilità: al dio del punt Matt Araiza è bastata una partita di preseason per mettere immediatamente in chiaro che quel nomignolo non sia un’esaltata iperbole ma una semplice constatazione dei fatti.
Far viaggiare un pallone per più di ottanta yard – e “ribaltare” la posizione di campo – non è affatto banale.
Spero di poter parlare così tanto e in modo così entusiasta di special teamer pure in regular season.

Come sempre, Sam Eguavoen

Ve ne avevo già parlato l’anno scorso del dominio agostano del linebacker dei Dolphins.
Per non farsi mancare niente, il buon Eguavoen si è tolto lo sfizio di mettere a segno un touchdown recuperando un fumble poi agevolmente riportato in end zone: è anche così che ci si ritaglia il proprio spazio in un roster NFL.
Non è ovviamente tutto oro quello che luccica in quanto analizzando con pazienza la sua prestazione ci si imbatterà in qualche tackle mancato di troppo, ma la sua attitudine alla big play non può e non deve essere ignorata.

Lance McCutcheon

Possiamo dire tutto quello che vogliamo della preseason e della sua utilità, ma alla fine sono individui come Lance McCutcheon a renderla speciale come ogni altra fase del fitto calendario NFL.
Approdato ai Rams come undrafted free agent proveniente dall’umile università di Montana State, Lance McCutcheon si è annunciato al mondo NFL con una prestazione superlativa nel derby stracittadino con i Los Angeles Chargers ricevendo cinque palloni per 87 yard e due touchdown: ciò che più mi ha impressionato è la sua aggressività nell’attaccare il pallone per vincere consistentemente le jump ball o, se preferite, la sua predisposizione a prenderla in testa all’avversario.
La banda di McVay è parecchio profonda nella posizione ma con prestazioni del genere credo sarà impossibile non trovargli un posto a roster.


Chi scende

Deshaun Watson

Partiamo dal campo: sì, la preseason non ha alcun valore, ma permettetemi di storcere il naso davanti al singolo completo per 7 yard in tre drive nei quali non è stato in grado di guadagnare nemmeno un primo down.
Ripeto, siamo in preseason e se c’è un momento dell’anno in cui ha senso essere putridi è proprio questo, ma credo proprio che nessuno si sarebbe immaginato un esordio così scialbo.
Lasciatemi parlare di cose serie ora.
In un’intervista rilasciata a Aditi Kinkhabwala di CBS Sports, Watson per la prima volta da un anno e mezzo a oggi si è scusato con le vittime per la propria condotta e ciò, lo ammetto, è stato esilarante visto che nella conferenza stampa introduttiva rilasciata a marzo aveva dichiarato di non aver alcun rimorso in quanto totalmente innocente e casto.
La tristezza di questa vicenda cresce indefessa giorno dopo giorno, spero solo che si chiuda quanto prima con l’anno di squalifica tanto agognato dalla lega e che la seguente, inevitabile, battaglia legale non si trascini per anni.

Le speranze dei New York Jets

È da mesi che sbrodolo per ogni mossa dei New York Jets, figuratevi che la settimana scorsa avevo pronosticato miglioramenti capaci di ridefinire il futuro della franchigia e, ovviamente, prima Mekhi Becton rimedia un terribile infortunio al ginocchio che gli costerà tutta la stagione – la seconda consecutiva sabotata da guai fisici – e poi, contro Philadelphia venerdì notte, Zach Wilson lo ha emulato estromettendosi dalla contesa a causa di un acciacco al ginocchio che, teoricamente, dovrebbe tenerlo fuori dalle due alle quattro settimane.
Vi dico solo che si vocifera che il titolare per il season opener contro i Baltimore Ravens possa essere Joe Flacco: aveva ragione chi diceva che se ci si crede davvero i sogni si realizzino sempre.
Indipendentemente da giocatori, allenatore e front office, i Jets non smetteranno mai di essere i Jets.

Antonio Gibson

Sono un fervente sostenitore di Antonio Gibson, parte di me crede ancora che l’elettrizzante running back abbia il talento necessario a trasformarsi in un McCaffrey 2.0 e diventare uno dei running back più produttivi della lega, ma ci sono un paio di problemi.
Oltre che alla presenza dell’ingombrante J.D. McKissic a diminuirgli sensibilmente il numero di possibili target, Gibson dovrà pure preoccuparsi di chi gli sta alle spalle, soprattutto se continua a commettere imperdonabili fumble: contro Carolina Gibson ha guadagnato solamente due yard su quattro portate perdendo pure un fumble, mentre Brian Robinson – selezionato al terzo round dell’ultimo draft – e Jaret Patterson in un campione esiguo di giocate sono risultati indiscutibilmente più brillanti e concreti.
Il margine d’errore si sta sempre più assottigliando e a questo punto Gibson deve cominciare a guardarsi le spalle da una competizione agguerrita e numerosa.

Il futuro di Justin Fields

Un paio di insignificanti drive di preseason hanno legittimato in toto le nostre paure riguardanti il povero Justin Fields.
Contro Kansas City Fields la “linea d’attacco” – virgolette obbligatorie – dei Bears non è mai stata neanche lontanamente in grado di fornirgli una protezione adeguata e, infatti, il sophomore ha chiuso la partita con due sack subiti: parte della colpa, però, va imputata pure al quarterback che non sembra essersi sbarazzato del pericoloso vizio di tenere troppo a lungo il pallone fra le mani, non proprio l’ideale dietro una linea d’attacco del genere.
Giusto per aumentare il probabile rimpianto, Fields ci ha deliziati con un paio di passaggi induci-salivazione a Mooney e Sharpe: ho come l’impressione che fra non molto inizieremo a chiederci ossessivamente cosa sarebbe stato di lui se fosse capitato in qualsiasi altra.

La ragione nel senso più illuminista possibile della parola

Queste schifezze non dovrebbero avere spazio in NFL, figuriamoci in preseason: al posto della solita multa perché non disciplinare lo scemo di turno con una bella squalifica esemplare? Che ne so, tre giornate?
Il football americano è uno sport così veloce e nevrotico che è assolutamente naturale che “succedano cose”, ma questa porcheria non è da imputare all’inerzia o chissà cosa, è un colpo basso premeditato che era assolutamente evitabile e che è stato inflitto esclusivamente per fare del male al quarterback.
Fortunatamente Hurts ne è uscito illeso.

 

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