Sto scrivendo questo articolo il giorno dopo uno dei singoli momenti più bui nella storia degli Stati Uniti e, purtroppo, siccome mi sono volontariamente messo in un angolo nel quale mi sento a disagio – o meglio, inadeguato – a parlare di qualsiasi cosa diversa dal football americano, lascio intuire a voi cosa possa essere l’argomento: mi arresto ancor prima di iniziare.
Non c’è molto da dire, anche perché non se ne può più di uomini che parlano – e decidono – per conto delle donne, ma lasciatemi il diritto di affermare che non mi sono mai vergognato così tanto di dedicare una sostanziosa parte del mio tempo a questo paese che, purtroppo, come diceva qualcuno che sapeva parlare un po’ meglio di me, «is the only country that went from barbarism to decadence without civilization in between».

Parliamo di football che è meglio.


Denver Broncos

Voto della free agency: 8.

Voto del draft: 7,5.

Gli arrivi più importanti: Russell Wilson, QB (trade); Melvin Gordon, RB (rinnovo contrattuale); Billy Turner, OT (FA); Randy Gregory, EDGE (FA); D.J. Jones, DT (FA); K’Waun Williams, CB (FA); Nik Bonitto, EDGE (draft); Greg Dulcich, TE (draft); Damarri Mathis, CB (draft).

Le perdite più dolorose: Teddy Bridgewater, QB (FA); Drew Lock, QB (trade); Kenny Young, LB (FA); Noah Fant, TE (trade); Shelby Harris, DT (trade); Kyle Fuller, CB (FA).

Miglioramento? Enorme, finalmente.

Analisi: Finalmente.
Il giorno che tutti aspettavano ma che molti si erano messi l’anima in pace non sarebbe mai arrivato… è arrivato: i Denver Broncos, per la prima volta dall’addio di Peyton Manning – anche se a onor del vero l’ultima metà di stagione in Colorado il suo braccio destro aveva smesso di funzionare – possono contare su un quarterback degno di nome.
Calare Russell Wilson all’interno del reparto offensivo dei Broncos conferisce immediatamente senso a tutto, Sutton, Jeudy, Patrick e Hamler potranno finalmente essere utilizzati a dovere e, soprattutto, Wilson godrà di quella che mi sento già di definire come la miglior protezione della propria carriera.
Ripeto, con Wilson tutto ha finalmente senso, l’ottimo lavoro del reparto difensivo non sarà più vanificato dall’inettitudine di un attacco incapace di muovere le catene con consistenza: l’infrastruttura, a parer mio, c’era da almeno un paio d’anni solo che i vari Bridgewater, Lock, Flacco e Keenum li hanno condannati all’inefficienza più asettica e noiosa possibile.

Malgrado quantificare l’impatto che avrà l’acquisizione di Wilson su questa franchigia sia al momento impossibile, con timidezza mi sento di dire che il reparto vincitore dell’offseason sia stato quello difensivo, uscito incredibilmente rafforzato – anche se il punto di partenza era già ottimo.
Denver, infatti, poteva contare su una delle migliori secondarie della lega, ma il front office ha deciso di rincarare la dose aggiungendo Gregory, Jones, Williams e Bonitto, tutti giocatori che avranno fin da subito un ruolo primario nella rotazione difensiva: vuoi vedere che a Russell Wilson per vincere consistentemente basteranno solamente una ventina di punti a partita?
Sono chiaramente in win now mode peccato che, purtroppo, siano entrati in questa fase proprio nella primavera in cui la division si è trasformata in un girone infernale dantesco e la conference, giusto per non essere da meno, può vantare quasi una decina di squadre da dieci/undici vittorie: buona fortuna!

Voto finale: 8-. Questa era esattamente l’offseason di cui avevano bisogno da circa un lustro: il rischio che le aspettative siano troppo alte è concreto, ma non credo che il front office non abbia tempo e modo di preoccuparsi delle aspettative di tifosi e addetti ai lavori più di quanto potesse esserlo per il proprio posto in caso di un’ulteriore stagione anonima.


Kansas City Chiefs

Voto della free agency: 5.

Voto del draft: 9.

Gli arrivi più importanti: Marquez Valdes-Scantling, WR (FA); Juju Smith-Schuster, WR (FA); Ronald Jones, RB (FA); Justin Reid, S (FA); Trent McDuffie, CB (draft); George Karlaftis, EDGE (draft); Skyy Moore, WR (draft); Bryan Cook, S (draft); Leo Chenal, LB (draft); Isiah Pacheco, RB (draft).

Le perdite più dolorose: Tyreek Hill, WR (trade); Tyrann Mathieu, S (FA); Melvin Ingram, EDGE (FA); Charvarius Ward, CB (FA); Byron Pringle, WR (FA); Anthony Hitchens, LB (FA).

Miglioramento? Meno star power ma più profondità.

Analisi: Offseason decisiva, offseason polarizzante, offseason in un certo senso necessaria quella dei Kansas City Chiefs: stiamo parlando di una squadra che finché avrà quel ragazzo là under center sarà sempre da annoverare fra le favorite per il Super Bowl, ma come ben sapete in NFL per sostenere successo per tanti anni è necessario trovare una quadra che comporta spesso sacrifici e divorzi.
Quello di Tyreek Hill, sebbene fulmine a ciel sereno, è stato necessario: intendiamoci, l’attacco dei Chiefs senza Cheetah perde quell’esplosività che solo lui in quanto Tyreek Hill sapeva conferirgli, però non è obbligatoriamente detto che renderà peggio dell’anno scorso quando, per un motivo o per l’altro, Hill aveva smesso di essere usato in profondità ed era diventato a tutti gli effetti un ricevitore di possesso.
Le acquisizioni di Valdes-Scantling, Smith-Schuster e Moore credo abbiano dato un’apprezzabile tridimensionalità al reparto offensivo, ora sicuramente più profondo e completo: la somma di questi tre giocatori non obbligatoriamente darà come risultato “un Tyreek Hill”, però sono convinto che il brain trust formato da Mahomes, Reid e Bienemy riadatterà nel migliore dei modi il loro a tratti incontenibile sistema di gioco in modo da esaltare le caratteristiche tecniche dei ragazzi sopracitati.

Il reparto che ha compiuto un deciso passo in avanti è quello difensivo, rafforzatosi più per necessità che per altro: sfidare queste versioni di Broncos, Chargers e Raiders a chi segna un punto in più non sembra essere la più saggia delle idee, perciò ho apprezzato la loro volontà di restaurare una difesa che ha tutti gli ingredienti necessari per affermarsi fra le migliori della lega.
Occorrerà tempo, chiaramente, poiché stiamo pur sempre parlando di circa una mezza dozzina di rookie che necessiteranno di parecchi snap insieme prima di trovare l’amalgama giusta per attacchi diretti da Carr, Herbert e Wilson: come diceva una certa squadra di un’altra lega sportiva americana, trust the process.
Forse il 2022 sarà un anno deludente per l’insostenibile standard da loro creato, ma è chiaro che abbiano utilizzato questa offseason per mettere le basi per i successi del futuro.

Voto finale: 7. A tratti dolorosa, ma certamente necessaria. Hanno perso nomi di primo livello ma ho come l’impressione che fra una decina di mesi ci saremo collettivamente dimenticati di Hill e Mathieu. Attenzione alla difesa, datele tempo.


Las Vegas Raiders

Voto della free agency: 8+.

Voto del draft: 7+.

Gli arrivi più importanti: Davante Adams, WR (trade); Chandler Jones, EDGE (FA); Rock Ya-Sin, CB (trade); Bilal Nichols, DT (FA); Anthony Averett, CB (FA); Dylan Parham, OG (draft); Zamir White, RB (draft).

Le perdite più dolorose: Yannick Ngakoue, EDGE (trade); Marcus Mariota, QB (FA); Casey Hayward, CB (FA); Zay Jones, WR (FA); Alec Ingold, FB (FA); Carl Nassib, EDGE (FA); K.J. Wright, OLB (FA).

Miglioramento? Hanno aggiunto il miglior ricevitore della lega, credo che questa affermazione basti a rispondere alla domanda.

Analisi: Dopo aver osservato con curiosità i Chargers agguantare ogni difensore con potenziale da All-Pro disponibile sul mercato, dopo aver visto i Broncos aggiungere il tanto agognato quarterback e dopo essersi resi conto che puoi cambiare l’ordine degli addendi ma i Kansas City Chiefs rimarranno sempre i Kansas City Chiefs, il nuovo front office dei Raiders ha deciso di premere il grilletto e spedire scelte importanti in Wisconsin in cambio del miglior WR della lega e, non secondario, di investire su Chandler Jones, uno dei migliori pass rusher di questa generazione che con Maxx Crosby darà vita a una coppia d’assoluto livello – optional particolarmente importante in una division del genere.
Hanno fatto quello che dovevano fare, ossia perfezionare un roster che lo scorso anno è sgattaiolato ai playoff e che, per meno di quanto si possa credere, stava per prendere lo scalpo agli eventuali vincitori della AFC.

Permettetemi di dire che malgrado i tanti pregiudizi – infondati – Carr può essere considerato l’uomo giusto per guidare questa squadra alla rilevanza perenne, anche se nutro qualche dubbio sulla linea d’attacco che dovrà garantirgli il tempo necessario per sfruttare nel migliore dei modi Adams, Waller e Renfrow.
Un altro reparto su cui a mio avviso avrebbero dovuto investire con maggior convinzione è la secondaria, non sono sicuro che i soli Averett e Ya-Sin possano bastare in una division del genere: certo, con un pass rush del genere la vita per un defensive back tende a essere un pelo più facile, ma credo stiano giocando con il fuoco, non è assolutamente un caso che Chargers, Broncos e Chiefs abbiano investito così massicciamente sulla parte posteriore della difesa.
In ogni caso, questi Raiders hanno aggiunto il quantitativo di star power necessario per compiere il definitivo salto di qualità.

Voto finale: 8-. È un peccato che per fare quello che hanno fatto abbiano dovuto sacrificare così tante scelte al draft, però negli ultimi anni – leggasi gestione Mayock – il giochino di accumulare quante più pick possibili non ha sortito gli effetti desiderati, perciò ben venga quest’approccio più diretto.


Los Angeles Chargers

Voto della free agency: 9+.

Voto del draft: 7,5.

Gli arrivi più importanti: Khalil Mack, EDGE (trade); J.C. Jackson, CB (FA); Sebastian Joseph-Day, DT (FA); Gerald Everett, TE (FA); Kyle Van Noy, LB (FA); Bryce Callahan, CB (FA); Zion Johnson, OL (draft); JT Woods, S (draft); Isaiah Spiller, RB (draft); Otito Ogbonnia, DT (draft).

Le perdite più dolorose: Uchenna Nwosu, LB (FA); Kyzir White, LB (FA); Bryan Bulaga, OT (FA); Jared Cook, TE (FA); Chris Harris Jr., CB (FA).

Miglioramento? Il più grande in tutta la NFL.

Analisi: Non riesco a capire quale sia il mio problema con i Los Angeles Chargers, so solo che per un motivo o per l’altro quando mi trovo costretto ad affrontare l’argomento tendo a perdere la mia internazionalmente apprezzata imparzialità. Forse è per il fatto che Justin Herbert sia il loro quarterback, l’introverso più introverso che abbia mai visto costretto forse a diventare il volto di una delle franchigie di Los Angeles – fra tutte le città del mondo proprio quella, ironia della sorte -, probabilmente è il mio inspiegabile affetto nei confronti di Austin Ekeler, giocatore che mi è stato simpatico sin dalla prima portata malgrado rubasse snap a Melvin Gordon, o magari è il legame empatico stabilito con Keenan Allen quando, all’inizio della carriera, per un motivo o per l’altro non riusciva mai a scendere in campo per più di tre partite consecutive.
L’anno scorso ho parlato di loro come “squadra rivelazione”, salvo poi passare per il solito idiota dopo che il più chargeriano dei collassi ha vanificato una partenza esaltante coincisa con quattro vittorie nelle prime cinque partite: il rischio di brutte figure è più alto che mai ma, ciò nonostante, mi sento di dire che questo sia l’anno in cui compieranno il definitivo salto di qualità.

Quanto fatto in questi mesi va a completare ciò che è stato iniziato più di un anno fa, quando il front office ha realizzato di avere fra le mani un quarterback potenzialmente in grado di riscrivere la storia della National Football League: malgrado la pressoché nulla esperienza ai playoff di tanti giocatori chiave, Los Angeles ha chiaramente deciso di gettarsi a capofitto in una win now mode alquanto aggressiva e spregiudicata.
A costar loro la qualificazione ai playoff è stato principalmente un reparto difensivo incapace di contrastare i giochi di corse di Texans e Raiders, non propriamente i Baltimore Ravens del 2019, motivo per cui Telesco ha rimpolpato la linea difensiva acquisendo Joseph-Day, Johnson e Mack, giocatore che se in salute è ancora da annoverare fra i migliori dieci pass rusher della lega: il fatto che poi abbiano deciso di aggiungere J.C. Jackson a una secondaria che poteva già vantare Derwin James e l’ultra-promettente Asante Samuel va a rafforzare quanto detto poc’anzi, ossia che i piani alti sono disposti a qualsiasi cosa pur di – mettersi nella posizione di – vincere.
Il reparto che meglio esemplifica la serietà – e la brillantezza – con cui il front office dei Chargers si è imposto di rendere quanto più lieta possibile l’esistenza a Herbert è la linea d’attacco, fra le peggiori in assoluto solamente nel 2020 e che ora può vantare gente di livello come Linsley, Slater e il neo-arrivato Zion Johnson.
La division è quello che è ma con un roster del genere qualsiasi cosa diversa da una doppia cifra di vittorie con annessa qualificazione ai playoff rappresenterebbe un’imperdonabile delusione.

Voto finale: 8,5. Non sono sicuro che questo otto-emmezzo sarà il voto più alto di questa serie d’articoli, ma a mio avviso nessuna squadra si è resa protagonista di un’offseason altrettanto brillante. Indipendentemente dal risultato finale non si potrà rinfacciare molto al front office.


 

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