È sempre la solita storia, un paio di giorni dopo la AFC arriva puntuale il turno della NFC che, in realtà, mi ha dato un gran bel da fare: considerando la sorprendente migrazione di talento verso l’altra conference, nel caso di tante squadre trovare un qualcosa anche solo lontanamente simile a una buona decisione è stato più complicato di quanto credessi.
Fortuna vuole che io sia uno dei più grandi democristiani ad aver mai imbracciato una tastiera, quindi volente o nolente ho sempre qualcosa di buono da dire a chiunque giusto per non ferire i sentimenti di nessuno prendendo posizioni ferme.


NFC NORTH

Chicago Bears – Aver epurato i residui del vecchio regime

A proposito di partenze con il botto…
Non posso prendervi in giro, la offseason dei Chicago Bears fino a questo punto è stata fra il tragico e il grottesco e, anche se in un certo senso ciò lo si poteva prevedere, non saprei indicarvi un’oasi nella quale trovare ristoro e riacquisire un filino di speranza.
Per quello che ne so i Bears potrebbero aver aggiunto al draft mezza dozzina di futuri All-Pro, ma ora come ora, a bocce fermissime, il livello del loro roster è mestamente basso.

Il nuovo front office ha saggiamente optato per un’immediata ricostruzione mostrando la porta ai vari Khalil Mack, Danny Trevathan, Eddie Goldman e Akiem Hicks, o se preferite l’anima della loro miglior versione più recente: il roster di Chicago, come già detto, è paurosamente povero di talento.
Normalmente non avrei molto da dire in una situazione del genere, ma in questo caso il rischio di catastrofe è molto alto poiché, a onor del vero, un possibile franchise quarterback potrebbero già averlo a roster: sperare che Justin Fields faccia bene in condizioni del genere, però, non è particolarmente realistico.


Detroit Lions – La passività in free agency

Credo di aver già professato il mio amore per quanto fatto dal front office dei Detroit Lions nell’ultimo anno e mezzo, quindi scusatemi per la ripetitività. Il successo in NFL dipende da miliardi – letteralmente – di piccole variabili, dunque non è scritto da nessuna parte che Detroit cominci a vincere, ma al momento mi sento a mio agio a complimentarmi per la gestione di una ricostruzione che ritenevo essere impossibile.

Negli ultimi due draft i Lions sono riusciti a infondere al roster intriganti dosi di talento che sembrerebbero posizionarli a un quarterback di distanza dalla competitività: “negli ultimi due draft”.
Ebbene sì, molto intelligentemente hanno deciso di concentrarsi quasi esclusivamente sulla tre giorni di fine aprile evitando di elargire contrattoni a giocatori che in un contesto non proprio ideale non avrebbero sicuramente avuto modo di ripagare l’investimento: negli ultimi mesi Detroit si è limitata a dare un ridotto numero di contratti annuali a gente come DJ Chark, Deshon Elliott, Mike Hughes e Jarrad Davis, tutti veterani vogliosi di mettersi nella miglior posizione possibile per firmare il contratto della vita.
Adoro questa loro filosofia perché non ha nessun senso ingolfare lo spazio salariale prima di aver constatato se l’ossatura della squadra sia effettivamente solida.


Green Bay Packers – Gli investimenti lungo la difesa

Avevo pensato di premiare la decisione di rinnovare il contratto ad Aaron Rodgers, poi sono rinsavito: è vero che stiamo pur sempre parlando del back to back MVP, ma il prezzo pagato dal front office dei Green Bay Packers è stato decisamente troppo alto, e non sto sicuramente parlando di dollari o denari vari.
Non saprei dirvi se questi Packers possano oggi, nel piattume di giugno, essere considerati una squadra migliore rispetto alla loro versione 2021, l’addio di Adams pesa decisamente troppo.

Negli ultimi mesi il front office si è adoperato per puntellare un reparto difensivo che, se benedetto dalla salute, potrebbe affermarsi come uno dei migliori dieci della lega.
Durante la primavera Gutekunst ha rinnovato il contratto al sorprendente De’Vondre Campbell, aggiunto due rookie interessantissimi come Devonte Wyatt e Quay Walker e reso Jaire Alexander il cornerback più pagato della lega: bisogna iniziare a prestare attenzione a questo reparto che con un po’ di salute e buon coaching potrebbe esplodere definitivamente.


Minnesota Vikings – Portarsi a casa Za’Darius Smith a una cifra assolutamente ragionevole

Questa fa molto male perché, per circa un giorno, Za’Darius Smith era tornato a essere un giocatore dei Baltimore Ravens… finché non lo è più stato.
I Vikings mi sembrano essere inquietantemente intenzionati a entrare nell’universo Falcons, ossia avere una squadra troppo talentuosa per ripartire da capo ma eccessivamente inetta nei momenti più caldi per puntare in alto: eppure avrebbero a disposizione il talento per vincere automaticamente undici partite a stagione.

La loro offseason non è stata particolarmente frizzante, ma ammetto che la scelta di affiancare Smith all’incredibile Hunter potrebbe bastare a garantire un paio di vittorie in più durante il prossimo autunno: entrambi i giocatori sono reduci da annate perse a causa di guai fisici, ma è indubbio che se in salute questo potrebbe tranquillamente affermarsi come il miglior duo di pass rusher della lega.
Mettere le mani su un veterano costante ed efficiente come Smith a circa 15 milioni di dollari a stagione è un vero e proprio affare, a patto che i problemi alla schiena siano ufficialmente storia del passato.


NFC EAST

Dallas Cowboys – Aver colmato le lacune apertesi con la free agency tramite il draft

Dal 2013 in poi i Dallas Cowboys hanno aggiunto tramite draft gente come Travis Frederick, Zack Martin, DeMarcus Lawrence, Byron Jones, Randy Gregory, Zeke Elliott, Dak Prescott, Chidobe Awuzie, Michael Gallup, Dalton Schultz, CeeDee Lamb, Trevon Diggs e Micah Parsons: tutta questi nomi per dimostrarvi che il loro front office sia fra i migliori in assoluto quando si parla di individuare talento al draft.

Per rimpiazzare le dipartite di Gregory, Cooper e Collins la famiglia Jones ha deciso di rivolgersi rispettivamente a Sam Williams, Jalen Tolbert e Tyler Smith, giovani che dispongono dei mezzi tecnico-atletici per non far sentire eccessivamente la mancanza di tre titolari chiave svernati verso lidi più floridi.
Il mio unico dubbio riguarda la velocità dell’operazione, Dallas mi sembra intenzionata a – provare a – vincere quanto prima e noi tutti sappiamo quanto caricare d’inutili pressioni un rookie sia spesso controproducente: non ho particolari dubbi sul valore assoluto dei giocatori scelti, le mie perplessità risiedono tutte nella velocità con cui questi si adatteranno alla National Football League.


New York Giants – Il primo round del draft

Negli ultimi anni prendere in giro i New York Giants è diventato quell’esercizio retorico in grado di unire noi tutti – indipendentemente dalla nostra squadra del cuore – sotto un’unica bandiera, quella dello sbeffeggiare la famiglia Mara e l’ora ex-GM David Gettleman: malgrado i goffi sforzi profusi, New York sedimenta nei bassifondi della lega da oramai un’eternità e mezza.

Con il salary cap ingolfato dai folli contratti elargiti durante le ultime primavere – ehm ehm, Kenny Golladay – era categorico che New York sfruttasse nel migliore dei modi le due fondamentali scelte all’interno della top ten all’ultimo draft: missione compiuta, credo.
Sono convinto che nemmeno il più ottimista dei loro tifosi – ossimoro – potesse immaginarsi di tornarsene a casa con Kayvon Thibodeaux ed Evan Neal, ossia due fra i migliori prospetti disponibili al draft interpreti, tra l’altro, di due fra le posizioni più importanti in questa versione del gioco.
Vediamo se riusciranno a rovinare pure loro.


Philadelphia Eagles – La trade di A.J. Brown

Di decisioni buone, negli ultimi mesi, i Philadelphia Eagles ne hanno prese giusto un paio, ma lo scambio per arrivare ad A.J. Brown le eclissa tutte senza nemmeno doversi sforzare più di tanto.
Forse stimo l’ex-ricevitore dei Titans più di quanto dovrei, ma credo di non essere in grado di esporre a parole la letalità di questo fantastico giocatore: con lui in campo i Tennessee Titans raggiungevano picchi di pericolosità che non potevano sicuramente essere attribuiti al solo Derrick Henry.

Brown è un demone after the catch, un ricevitore fisico e completo in grado di fartela pagare sul raggio corto, medio e lungo: sostanzialmente basta mettergli la palla in mano che al resto ci pensa lui.
Philadelphia non ha nemmeno dovuto sacrificare chissà quante scelte al draft e garantendogli immediatamente il contratto dei sogni ha messo a disposizione di Hurts – o chicchessia – un receiving corp che può vantare lui, il sophomore Smith e il recentemente rinnovato Dallas Goedert.


Washington Commanders – Andrew Norwell?

Lo ammetto senza alcun tipo di problema: quanto fatto finora dai Commanders, a partire dallo sciatto rebranding, non mi ha ispirato particolare fiducia, ma questo è un articolo nel quale ci si deve concentrare esclusivamente sulle cose positive perciò lasciatemi mettere un punto a questa frase.

La miglior mossa di Washington, a mio avviso, è stata la decisione di prendere Andrew Norwell per rimpiazzare lo strapagato Brendon Scherff: Norwell è una guardia esperta e affidabile che, sebbene lontana dai giorni da All-Pro, non dovrebbe aver problemi a garantire un rendimento sopra la media e la tipica costanza che ci si aspetterebbe da un veterano come lui.
Portarsi a casa un giocatore del genere con un umile biennale dal valore massimo di 10 milioni di dollari è stato a mio avviso un ottimo affare che solidifica una linea d’attacco che, sulla carta, dovrebbe essere di spessore.


NFC WEST

Arizona Cardinals – Aver assecondato (ma non troppo) Kyler Murray

Definire polarizzante l’offseason degli Arizona Cardinals sarebbe un eufemismo: senza mezzi termini, ho letto di analisti giubilanti dinanzi alle loro decisioni salvo poi trovarmi davanti, a distanza di pochissimi giorni, ad articoli nei quali si dipingeva una franchigia alla deriva.
Credo che la verità, come spesso, stia nel mezzo.

Guardando le loro mosse non sento alcun bisogno di spellarmi le mani, ma ciò era assolutamente preventivabile visto che letteralmente mezza squadra si trovava in scadenza contrattuale.
Considerato il mal di pancia di Kyler Murray, credo che il front office sia stato saggio a renderlo quanto più felice possibile rinnovando il contratto ai vari Conner, Ertz e Green per poi andare a regalargli quel Marquise Brown con cui ai tempi del college, a Oklahoma, aveva creato una connessione elettrizzante: sono convinto che, in un sistema infinitamente più propenso al gioco aereo rispetto a quello di Baltimore, Brown avrà modo di affermarsi definitivamente come uno dei migliori deep threat della lega.
Ottima pure la decisione di non rinnovare il contratto a Murray, anche se ciò implica che facilmente fra non troppo tempo dovranno pagarlo più di quanto lo avrebbero pagato qualora avessero raggiunto l’accordo in questi mesi.


Los Angeles Rams – Allen Robinson a quel prezzo

I campioni in carica hanno finora vissuto una offseason tutto sommato tranquilla che potrebbe essere impreziosita da un più che meritato adeguamento contrattuale ad Aaron Donald che, con una semplice firma, potrebbe definitivamente cacciare sotto il tappeto le terrificanti voci di ritiro.
La dipartita di Von Miller è stata indubbiamente dolorosa, credo proprio che Los Angeles fosse convinta di aver fatto abbastanza per convincerlo a restare in California, ma l’offerta dei Bills era semplicemente troppo invitante per non accettarla.

Los Angeles, giusto per consolarsi, ha deciso di aumentare esponenzialmente la potenza di fuoco dell’attacco mettendo le mani su un vero e proprio WR1 come Allen Robinson: in un mondo in cui Christian Kirk prende i soldi che prende, dover sborsare poco più di 15 milioni di dollari all’anno per una macchina da contested catch come Robinson più che un affare è una vera e propria rapina.
L’innesto dell’ex-Bears li ha costretti a rinunciare all’inestimabile Robert Woods, ma attenzione che arginare la coppia Kupp-Robinson potrebbe essere impossibile: non lasciamoci fuorviare da un 2021 sottotono, Robinson ha saputo produrre a livelli eccellenti con alcuni fra i peggiori quarterback dell’ultimo decennio, figuriamoci cosa potrà fare con Matthew Stafford a lanciargli il pallone.


San Francisco 49ers – Aver optato per la mediazione diplomatica con Deebo Samuel

San Francisco è finora stata decisamente sorniona: dite la verità, arrivati a questo punto della offseason eravate convinti che Garoppolo fosse svernato altrove e che tutti i nostri ragionamenti su di loro sarebbero stati monopolizzati da sterili speculazioni su Trey Lance.
Sbagliato, Garoppolo è ancora alla corte di Shanahan e al momento il suo futuro non sembra essere ben chiaro a nessuno.

A proposito di futuri nebulosi, che dire di Deebo Samuel?
Dal nulla, il nostro wide-back preferito sembrerebbe aver chiesto di essere scambiato per motivi che ancora non sembrano essere del tutto chiari: sì, è lapalissiano che voglia un nuovo contratto, ma è solo quello il problema?
Stando a vari report, sembrerebbe che Samuel desideri essere impiegato esclusivamente come ricevitore e, in tutta sincerità, non mi sento di biasimarlo visto che le ripetute botte prese in uscita dal backfield potrebbero accorciargli notevolmente la carriera.
In ogni caso, reputo saggia la decisione di San Francisco di non arretrare di un millimetro, credo che la frattura sia risanabile e che questo front office, storicamente aggressivo ma sicuramente non stolto, sia ben consapevole che senza Samuel il reparto offensivo perderebbe quella dimensione che l’anno scorso quasi li ha trascinati al Super Bowl: servirà pazienza e, presumibilmente, tanti tweet passivi-aggressivi, ma Lynch deve tenerselo stretto.


Seattle Seahawks – Il draft

L’anno zero dei Seattle Seahawks è stato celebrato da un capodanno piuttosto spettacolare, un capodanno prolungatosi per ben tre giorni che ha regalato all’immortale coach Carroll una massiccia dose di talento che dovrebbe catalizzare la tanto pubblicizzata ricostruzione: Cross, Mafe, Walker, Lucas, Bryant e Woolen potrebbero e dovrebbero giocare un numero di snap significativo fin da subito e, con un po’ di fortuna, gettare le basi per la rinascita di questa squadra.

È cosa molto rara che i professionisti del draft incensino l’operato dei Seattle Seahawks ma, per una volta, la loro pesca è stata accolta da un plebiscito di pollici all’insù che fa ben sperare, salvo poi ricordarsi che le analisi post-draft dovrebbero essere stampate per aver fisicamente in mano qualcosa con cui incartare il proverbiale pesce.
La mestizia della competizione fra Geno Smith e Drew Lock dovrebbe essere mitigata dalla potenziale brillantezza di questa classe.


NFC SOUTH

Atlanta Falcons – Aver staccato definitivamente la spina

La prospettiva di interminabili inverni punteggiati da un paio di vittorie casuali qua e là è avvilente, ma in alcuni casi staccare la spina altro non è che la massima espressione d’umanità possibile: prolungare l’agonia di questa versione degli Atlanta Falcons non aveva alcun senso, il ciclo era terminato già da – almeno – un paio d’anni.
Con Matt Ryan under center, Atlanta era troppo competitiva per puntare a stagioni da due o tre vittorie e troppo intrinsecamente inetta per coltivare ambizioni più importanti quindi, dopo anni d’interminabile inerzia, il front office ha deciso di fare tabula rasa e ripartire da capo.
Sono curiosissimo di vedere come si comporterà Marcus Mariota, ma indipendentemente da una sua possibile resurrezione Atlanta necessitava disperatamente di un nuovo inizio.


Carolina Panthers – La miriade di mini-affari

Di loro parlerò più approfonditamente nel gemello cattivo di questo articolo, ma posso dirvi con sorpresa certezza che quarterback a parte l’offseason dei Carolina Panthers è stata piuttosto convincente.
Il front office ha messo a segno una pletora di colpi intelligenti a basso costo, come per esempio Bradley Bozeman a meno di tre milioni di dollari, Matthew Ioannidis a circa sei, l’intramontabile Johnny Hekker o Austin Corbett a quasi nove milioni di dollari: mosse del genere, nella maggior parte dei casi, permettono a una squadra pronta a competere di fare il definitivo salto di qualità e sfoggiare un roster profondo, completo e talentuoso.

Purtroppo, come avrete intuito, quello dei Carolina Panthers non rientra sicuramente nella “maggior parte dei casi” sopracitati, ma rappresenta una fastidiosa eccezione che conferma la sempre più totalizzante regola che senza un franchise quarterback in questa lega oramai non si vada più da nessuna parte.


New Orleans Saints – Gli affari dopo il draft

Potremmo parlare a lungo – e non escludo lo faremo – dell’aggressività con cui New Orleans sacrifica anno dopo anno scelte al draft per mettere le mani sui giocatori che il front office ritiene essere perfetti per il loro gioco, ma il prezzo pagato per strappare alla concorrenza Olave e Penning è semplicemente troppo alto – al momento – per farmi sentire a mio agio a elogiare il loro operato.

Ciò che maggiormente mi ha convinto della loro offseason è rappresentato da un paio d’acquisizioni post-draft, nel caso specifico quelle dei veterani Jarvis Landry e Tyrann Mathieu.
È palese che il front office sia convinto che questa versione dei Saints – soprattutto nel contesto apocalittico di questa NFC – non sia poi così distante dalla possibilità di competere seriamente e, in tal senso, aggiungere al roster due giocatori esperti, affidabili e dalla produzione sicura come Landry e Mathieu non può che conferire stabilità a una squadra il cui destino dipenderà dall’imprevedibilità di Jameis Winston.


Tampa Bay Buccaneers – Non aver preso decisioni impulsive immediatamente dopo l’annuncio di Brady

Tampa Bay sta vivendo da più di due anni la stessa identica offseason nella quale i desideri economici individuali lasciano spazio a una consapevole e intelligente abnegazione: contratti meno sostanziosi di quanto dovrebbero essere garantiscono sistematicamente al front office la possibilità di allestire una vera e propria corazzata a suon di ingaggi più che ragionevoli.
Tuttavia non è stata sicuramente questa la loro miglior mossa.

Con la pazienza di gente che sembra aver capito piuttosto velocemente che tipo di persona sia Tom Brady, la dirigenza dei Buccaneers non ha battuto ciglio e invece che aprire quanto prima i cantieri per ricostruire, ha pazientato continuando a tentare di convincere i propri free agent a prolungare la propria permanenza in Florida.
In quaranta giorni i Bucs sono passati dall’essere una franchigia potenzialmente priva – di nuovo – di direzione ad automatica favorita per la NFC e questa, cari lettori e care lettrici, è diretta conseguenza della loro encomiabile calma.


 

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