[Potete pure saltarlo l’incipit ché intanto non si parlerà di football: vi ho avvisati.]

È passato circa un mesetto dalla pubblicazione del mio ultimo articolo e, in tutta sincerità, mi sembra siano passati eoni: arrivati a questo punto dell’offseason, cari tutti e care tutte, non c’è molto da dire che non sia già stato detto almeno tre volte.
Si potrebbe ragionare all’infinito su chi sia maggiormente migliorato, chi abbia cominciato a scavarsi la fossa nella quale giacere per il prossimo lustro, quali siano stati i migliori e i peggiori contratti, insomma, tutti quei sofismi che popolano la homepage di Bleacher Report – ricordate quando era ancora un sito più o meno serio e rispettabile? – e che sinceramente non ritengo appropriato proporvi ogni settimana: da qui a fine luglio/inizio agosto immagino potrei redigere, division per division, il pagellone dell’offseason e altri articoli non particolarmente utili, tanto per tenervi compagnia e sedare l’ineluttabile incubo di “perdere i lettori”.
Sì, pure quello c’è.

La realtà, però, è che ho cominciato a lavorare e in queste prime settimane non avevo particolarmente voglia di investire il sensibilmente ridotto tempo libero in articoli, soprattutto considerata la penuria di argomenti.
La buona notizia del mio lavoro è che avrò sufficiente tempo libero per mantenere il ritmo di pubblicazioni di questi ultimi anni – circa – e, soprattutto, che in un modo o nell’altro mi inventerò qualcosa per farvi avere il recap della domenica NFL già il lunedì mattina: non chiedetemi come farò, non saprei rispondervi, l’unica cosa di cui sono sicuro è che entro le dieci del lunedì avrete il vostro meritato riassunto.

La cattiva notizia è che, purtroppo, sono finito a fare semi-contabilità e altre cosucce che, oltre a spingermi a mettere la testa nel water e tirare l’acqua dopo aver realizzato l’inutilità di questi cinque anni di università, non riesco a trovare modo di farmele piacere: immagino sia anche questa la vita adulta, no?
La nave del giornalismo professionale è, mio malgrado, salpata quindi l’unica cosa da fare è tentare di trarre il meglio da questa situazione ed essere grato di ciò che ho, ossia il tempo per portare avanti la mia passione che in realtà mi ha dato molto più di quanto credessi/meritassi, ossia gente inspiegabilmente interessata ai miei deliri sul football e, ogni tanto, sulla vita: grazie.

Ora però parliamo di football: credo che il titolo sia tanto chiaro quanto lo possono essere le sue implicazioni, ossia che fra qualche giorno pubblicherò il sequel con le squadre uscite peggio da questi ultimi mesi.
Andiamo.


Tutta la AFC West

Della AFC West ve ne ho parlato ad nauseam e per questa ragione non starò qua a sciorinarvi i colpi più importanti di Chargers, Broncos e Raiders perché credo che ormai siate in grado di recitarli a memoria mentre sgranate il rosario.
Ciò a cui vi invito a prestare attenzione è il “tutta” che precede “la AFC West”: esattamente, tutta la AFC West, quindi anche i Kansas City Chiefs.

Perdere fenomeni generazionali come Tyreek Hill e Tyrann Mathieu è un qualcosa dal quale potenzialmente una squadra potrebbe metterci anni a riprendersi, ma credo che l’offseason dei Chiefs sia stata in un certo senso necessaria poiché dopo anni di dominio – coinciso con un misero Super Bowl, però – era fondamentale reinventarsi per ripartire con nuovo vigore: una squadra con Mahomes under center per forza di cose non potrà mai essere associata alla parola “ricostruzione”, ma a un certo punto la realtà presenta il conto anche a presunti immortali come loro mettendo davanti il front office all’agghiacciante evidenza che non si possano pagare – quindi tenere – tutti.

Il receiving corp assemblato per attutire la mazzata Hill mi intriga, Smith-Schuster, Valdes-Scantling e il rookie Moore potrebbero aggiungere nuove sfaccettature al reparto offensivo diretto da Andy Reid mentre il plotone di difensori aggiunti via draft – fra cui spiccano McDuffie, Karlaftis, Chenal e Cook – dovrebbero, a rigor di logica, migliorare un reparto difensivo che quando – e se – si scalda sa esprimersi consistentemente come uno dei migliori dieci della lega.
Seppur meno clamorosi e pirotecnici di quelli delle sorelle divisionali, dietro i colpi messi a segno dai Chiefs è facile intercettare un mix d’intelligenza, razionalità e lungimiranza che mi porta ad affermare con estrema tranquillità che la AFC West sia ancora da considerare la loro division.


Buffalo Bills

I Buffalo Bills sono in possesso del miglior roster dell’intera NFL e sono pronto a difendere questa mia affermazione quando volete e come volete: preferibilmente a parole però, non sono particolarmente grosso e spigoloso.
Non hanno più scuse, superpoteri di Patrick Mahomes a parte, per non conquistare il Super Bowl poiché arrivati a questo punto non saprei più indicarvi cosa possano fare per mettersi in una posizione migliore per portare a termine la secolare missione.
Hanno migliorato il pass rush, hanno aggiunto qualità lungo la secondaria, l’attacco pullula di playmaker e nella cabina di regia troviamo quel Josh Allen che verosimilmente parte come favorito per l’MVP.

Finché il quarterback sarà questo Allen la loro finestra rimarrà sempre e comunque aperta, ma lasciatemi dire che al momento questa sembra essere spalancata: è la loro ora.


Miami Dolphins

Non saprei dirvi quale sia il punto di questi Miami Dolphins.
Vogliono vincere ora malgrado non siano sicuramente pronti?
Tutti gli sforzi profusi in free agency sono finalizzati a mettere il front office nelle condizioni di valutare oggettivamente il valore assoluto di Tua Tagovailoa?
Vogliono spostare sul campo l’attenzione dell’opinione pubblica concentrata sulla mesta vicenda Flores?
Al momento non saprei rispondervi.

L’unica cosa di cui sono sicuro è che l’attacco dei Dolphins sia passato dall’essere uno dei più insipidi e spuntati della lega a uno dei più completi, tridimensionali e profondi di cui io abbia memoria. Il pacchetto ricevitori straborda di qualità ed esplosività, la linea d’attacco sembra finalmente aver superato perlomeno la soglia della competenza mentre il backfield, pallino del buon Mike McDaniel può vantare Myles Gaskin, Raheem Mostert, Chase Edmonds e Sony Michel, quattro giocatori con potenziale da titolari.
È difficile non far bene con un supporting cast del genere.

La gestione di Tua è stata finora aberrante ma malgrado ciò è chiaro che le frecce a disposizione nella faretra delle giustificazioni ora si contino sulle dita di una mano: è arrivata l’ora di produrre.
Oddio, parlo come un milanese.


New York Jets

Lo dico sottovoce perché alla fine stiamo pur sempre parlando dei New York Jets, la squadra concepita esclusivamente per martoriare il cuore di quegli individui privi d’amor proprio che, testardamente, continuano a tifarla: qualcosa è cambiato.
Sono totalmente consapevole che negli ultimi dieci anni le cose sembravano essere cambiate per il meglio in almeno altre cinque occasioni distinte, ma l’atipica lucidità con la quale si sono mossi in questi ultimi mesi mi costringere a sfoderare del raro ottimismo: questo roster sta cominciando ad assumere una forma intrigante.

In free agency hanno aggiunto una pletora di buoni giocatori senza aver mai elargito contratti da ufficio inchieste – vi fischiano le orecchie cari Jacksonville Jaguars? -, utilizzando invece il draft per aggiungere potenziali superstar come Gardner, Wilson e Johnson: è proprio così che ci si muove, il draft serve esattamente a questo, a sfruttare la produzione di giovincelli che prestano il proprio eccellente servizio a prezzo da discount.
Il coaching staff potrebbe essere quello giusto per garantire la maturazione all’intera squadra, anche se da esterno vi dico che una stagione da sei-sette vittorie accompagnata da un netto miglioramento di Zach Wilson basterebbe a convincermi definitivamente della bontà del loro progetto.


La difesa dei Baltimore Ravens – fino ai primi infortuni del training camp, ovviamente

Quando mi trovo costretto a parlare dei Baltimore Ravens l’ottimismo citato poc’anzi cade in un becero cinismo che a sua volta rischia di passare per paralizzante nichilismo: in loro ci credo anche se al contempo ho smesso di crederci da anni.
Negli ultimi anni, purtroppo, la difesa dei Ravens è stata spesso mediocre, malgrado qualche statistica sembrasse voler suggerire il contrario: fidatevi di me, non dei tifosi aziendalisti assolutamente incapaci di sollevare qualsivoglia critica nei confronti della propria squadra del cuore per paura di passare come “cattivi tifosi”.

Come vi ho spesso detto nel corso degli anni, il miglior modo per aiutare un pass rush anemico, comicamente incapace di portare pressione al quarterback avversario a ritmi accettabili, è quello di investire sulla secondaria: quando tutti i ricevitori sono coperti e il quarterback è costretto a tenere il pallone in mano per tre o quattro secondi tendenzialmente il quarterback in questione conclude lo snap con il didietro al suolo.

Sebbene non possa nemmeno millantare uno snap fra i professionisti, la coppia Williams-Hamilton può ragionevolmente approcciarsi alla stagione in pole position per il titolo di miglior tandem di safety, ma non è finita: torneranno Humphrey e Peters, arriverà l’esperto Fuller – anche se non è più quello di qualche anno fa – a regalare ai giovani Williams e Armour-Davis prezioso tempo per ambientarsi in NFL prima di essere buttati con convinzione nella mischia.
Il front seven è quello che è – dovrò subire almeno un’altra stagione di Patrick Queen titolare inamovibile, non so se riuscirò a reggere – ma con una secondaria del genere nel 2022 si possono fare veramente grandi cose, a patto che la salute quest’anno sia dalla loro parte, ovviamente.


Cincinnati Bengals, ma soprattutto Joe Burrow

Joe Burrow ha finalmente a disposizione una linea d’attacco che, sulla carta, dovrebbe garantirgli una protezione verosimilmente adeguata: cose dell’altro mondo, una delle società più inette del ventunesimo secolo sembra essersi resa conto della fortuna di poter contare su un fenomeno assoluto come Joe Burrow.
Garantire un futuro sano e su due gambe all’uomo che potrebbe riscrivere la storia di una franchigia è il minimo che un front office di una società seria possa fare, quindi chapeau ai Bengals che, seppur con i loro tempi, hanno messo a fuoco l’unicità della situazione in cui versano.


Tampa Bay Buccaneers, tanto per cambiare

Nel giro di un paio di tweet questi qua sono passati dall’essere candidati a una forzatissima ricostruzione a favoriti in una NFC più debole che mai.
Nel giro di un paio di tweet un plotone di free agent ha deciso di prolungare la propria permanenza in Florida in modo da dare continuità a una squadra che oramai affronta la regular season con il pilota automatico e che, una volta ai playoff, può contare sul più grande di sempre e una banda di veterani che negli ultimi anni ha imparato fin troppo bene il significato del verbo “vincere”.
Per come si erano messe le cose mi sento di dire che nessuna squadra sia uscita meglio dall’offseason.


New Orleans Saints, ma lasciatemi spiegare

Lasciatemi spiegare: ero convinto che il front office questa volta staccasse veramente la spina, ma è evidente che stessi sbagliando.
Malgrado l’apparente situazione di inferno salariale – dalla quale oramai evadono ogni anno con annoiata disinvoltura -, New Orleans è riuscita a limitare egregiamente le perdite e, soprattutto, aggiungere un paio di pedine interessanti che sembrano volerci suggerire una win now mode alla quale molti di noi faticano a trovare un senso.

La loro scelleratezza al draft non finirà mai di sorprendermi, non ho mai visto una squadra sacrificare con cotanta nonchalance preziosissime scelte “solamente” per scalare un paio di posizioni al tabellone, ma è chiaro che secondo il front office Olave e Penning erano gli ingranaggi mancanti per ricominciare a far girare un meccanismo che nel 2021 sembrava essersi irrimediabilmente inceppato.

Ci sono molte – e motivate – perplessità e dubbi su Jameis Winston, ma New Orleans sembra assolutamente essere a proprio agio a provare un assalto al Lombardi con lui come condottiero e, stando al ridotto campione di partite giocate nel 2021, non mi sento di definirli folli o illusi.
Olave, Penning, Maye, Mathieu e Landry dovrebbero aiutare a non far sentire eccessivamente la mancanza di Armstead e Williams: sono veramente curioso di vedere quali possano essere le prospettive di questa squadra.


Philadelphia Eagles

Mettiamo subito in chiaro l’ovvio, ossia che i favoriti per il trono della NFC East rimangono i Dallas Cowboys: ciò nonostante permettetemi di dire che negli ultimi mesi i Philadelphia Eagles abbiano encomiabilmente colmato gran parte del gap.
Quella messa insieme dagli Eagles è stata una delle offseason più poliedriche che io abbia mai visto, hanno fatto bene una miriade di cose diverse come: rimpinguare il bottino di future scelte al draft, non congestionare lo spazio salariale, aggiungere giocatori di valore a prezzi competitivi, mettere a segno una delle migliori trade degli ultimi anni e, infine, ripulire il big board della quasi totalità degli analisti rubacchiando un paio di giocatori misteriosamente scivolati al draft.

Addentrandoci nel dettaglio tramite un elenchino puntato, i Philadelphia Eagles hanno:

  • derubato i Saints aggiungendo un’altra scelta al primo round per il prossimo draft;
  • messo le mani su A.J. Brown, uno dei migliori ricevitori della NFL a un prezzo ridicolo se lo si paragona a quello pagato dai Cardinals per Marquise Brown;
  • messo a segno un potenziale steal selezionando Nakobe Dean al terzo round del draft;
  • pagato ragionevolmente Haason Reddick, uno dei migliori pass rusher dell’ultimo biennio;
  • pagato ancor più ragionevolmente l’ottimo James Bradberry, scaricato senza troppi complimenti dai Giants.

Serve altro?


 

2 thoughts on “Le squadre uscite meglio dall’offseason NFL 2022

  1. Grazie Mattia, acqua fresca in questa estate sempre più in anticipo. Ti seguo sempre in maniera minuziosa poiché ciò mi aiuta a comprendere sempre meglio questo sport di cui mi innamoro ogni anno di più. Da buon italiano calciofilo ho smesso però da anni di appassionarmi al calcio con i suoi squilibri economici e le sue pause sempre più lunghe di assenza di spettacolarità. Ho smesso con il tiro al piccione dell’nba. Ma ho capito quanto abissale sia il distacco tra football americano e il resto degli sport. E ciò grazie ai tuoi scritti che limitandomi agli highlights del lunedì illuminano la mia comprensione del gioco e la conoscenza dei singoli super giocatori. Grazie ancora Mattia, non smettere, per me sei essenziale. E grazie anche di questo bellissimo articolo.

    • Caro Lema, grazie per il commento (davvero), ma non merito nemmeno un quarto dei complimenti che hai detto: per me scrivere di NFL è e rimane – con tutto il rammarico del caso – una delle singole cose che più mi diverte nella vita e ciò che leggi altro non è che la conseguenza di una persona che si sta divertendo.
      Fortunatamente la scena di “articoli NFL” in Italia si sta sempre più espandendo e ora come ora il contenuto non manca sicuramente.
      In ogni caso, grazie di cuore per le belle parole, però mi raccomando, la prossima volta spendile per chi lo merita davvero ;)

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