Vorrei iniziare con qualche aforisma, ma parlando come lui gliela darei vinta e dopo quanto successo un paio di giorni fa non credo abbia bisogno di aggiungere qualche altra tacca al proprio taccuino delle vittorie: dopo un braccio di ferro protrattosi intere offseason scandite da dichiarazioni a mezza bocca, tweet pseudofilosofici, storie di Instagram preadolescenziali e riflessioni sul significato della vita, i Green Bay Packers si sono chinati al cospetto di Aaron Rodgers garantendogli un faraonico rinnovo contrattuale il cui valore assoluto trascende i – tantissimi – soldi.
Dopo che l’inguaribile malumore di Rodgers ci aveva portati a pensare che la stagione 2021 rappresentasse il suo ultimo ballo – che noia – nel Wisconsin, ecco che a causa di un “miracoloso” riavvicinamento con il front office Rodgers non solo ha deciso di rimandare a data da destinarsi il proprio addio alle armi, ma soprattutto di mettere nero su bianco la volontà di concludere la propria carriera con i Green Bay Packers: ci sono così tanti spunti narrativi che mi gira la testa.

Lasciando perdere l’ennesima eliminazione precoce ai playoff, mi risulta impossibile provare a negare la straordinaria brillantezza di un giocatore che in regular season, da due anni, gioca a uno sport diverso da quello dei propri colleghi: il fatto che si stia pur sempre parlando di un back to back MVP ci mette davanti alla verità che i Green Bay Packers non avessero altra scelta, privarsi di un giocatore del genere in un periodo di forma simile avrebbe rappresentato una nuova e perversa forma di masochismo raramente vista nella storia sportiva – a patto che suddetto giocatore non richiedesse esplicitamente di essere ceduto.
Ci ha portati a ghignare all’idea di rivederlo a Lambeau Field con la maglia dei Packers, la frattura sembrava insanabile, il rapporto con il front office era irrecuperabile e il fatto che alle sue spalle scalpitasse il giovane Jordan Love pareva suggerirci che i Packers in primis fossero pronti a voltare pagina… finché non si è avverato l’esatto contrario.

Rodgers, cari lettori, ha vinto su tutta la linea.
Se era una battaglia di ego in cui l’antagonista era il front office, Rodgers ha vinto.
Se tutto questo drama altro non serviva che a rimettere al proprio posto il giovane Jordan Love, Rodgers ha vinto – anche se non credo sia mai stato questo il punto, nemmeno il più scriteriato dei folli avrebbe motivi legittimi per prendersela con Love, giocatore selezionato al draft e finito al centro di una telenovela a tratti scabrosa.
Se l’obiettivo era strappare un rinnovo contrattuale schifosamente ricco, Rodgers ha vinto.
Da qualsiasi lato la si guardi, è chiaro che a emergere vincitore non può che essere il numero 12 che ha di fatto ottenuto l’attestato di riconoscenza che tanto bramava, ossia l’immateriale ma dannatamente concreta consapevolezza di aver costretto un front office con il quale ha avuto vari screzi a inginocchiarsi al proprio cospetto… oltre che a qualche milione in più sul conto bancario.

Ciò che più mi ha impressionato dell’intera vicenda è la perdita di credibilità di cui il front office dei Packers è stato vittima e, malgrado ammettere i propri errori sia sinonimo d’intelligenza, rimango convinto che questo rinnovo stabilisca un pericoloso precedente che potrà, in parte, essere compensato solo da un Lombardi Trophy.
Occorre evidenziare che difficilmente il giocatore medio in sede di rinnovo contrattuale tenterà “l’approccio Rodgers” perché di MVP, dopo tutto, ne viene eletto solo uno all’anno, ma se penso a Davante Adams mi risulta impossibile trovare un motivo per il quale non debba adottare questa strategia per diventare il ricevitore più pagato della storia.
Ripeto, non è che ogni giocatore abbia la credenziali per prodigarsi in un tira e molla del genere, ma a mio avviso quest’intera vicenda lascia trasparire un livello di debolezza che un front office serio dovrebbe sempre trovare il modo di occultare: rimane vero il fatto che nel momento in cui hanno selezionato al draft Jordan Love quasi sicuramente non si aspettavano due regular season del genere da parte di Rodgers, perciò sotto questo punto di vista mi sento di assolverli dall’ingiusta accusa di scarsa lungimiranza.

A proposito di Jordan Love… che si fa ora?
Ammesso che non sappiamo assolutamente nulla sul suo valore – la partita contro i Chiefs è un campione irrisorio per permetterci di formulare un giudizio anche solo approssimativo -, fatico a immaginarlo altri due anni alle spalle di Rodgers e, in un certo senso, la sua situazione mi ricorda molto da vicino quella creatasi fra Jimmy Garoppolo e Tom Brady, anche se le dinamiche fra allenatore/GM-presidente-quarterback sono assai diverse e ben più misteriose – figuratevi che sul power struggle di New England sono stati scritti capitoli di libri, It’s Better to Be Feared è un’opera che non può mancare nella vostra biblioteca personale.
Non credo che Green Bay si sentisse pronta – o predisposta, decidete voi – ad affacciarsi al 2022 con Jordan Love titolare, ma in quella che molti analisti definiscono un’annata di draft non particolarmente impressionante per quanto concerne i quarterback forse Love potrebbe guadagnare valore e, vista l’evoluzione dei fatti, essere spedito altrove tramite trade, anche se dubito fortemente che Green Bay possa ricevere qualcosa più che una scelta al quarto-quinto round al draft.

Qualora Rodgers dovesse giocare altri due anni non è da escludere che Love possa optare per la pazienza ed essere incoronato definitivamente titolare alla vigilia della quinta stagione fra i professionisti, anche se contrattualmente una scelta del genere non avrebbe alcun senso e rischierebbe di costargli parecchi milioni di dollari.
Love, pronto ad affacciarsi alla terza stagione da bordocampista NFL, ha tutte le ragioni del mondo per chiedere una trade ed essere calato in un contesto in cui possa essere titolare avendo così modo di dimostrare il proprio valore – o il contrario: che contratto si può dare a un giocatore nella sua situazione?
Credo di poter affermare con confortevole sicurezza che sia proprio lui la vittima in tutta questa storia, si è letteralmente trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato finendo per diventare danno collaterale in un fuoco incrociato – mi rendo conto che questa scelta lessicale sia discutibile in luce di quanto stia succedendo in Ucraina, perciò nel dubbio mi scuso – suscitato probabilmente dalla sua selezione al draft.

Per quanto riguarda i Green Bay Packers come squadra di football americano, invece, la situazione non è particolarmente cambiata in quanto l’obiettivo finale è sempre e comunque arrivare fino in fondo, anche se costruire un roster competente con in seno contratti del genere aggiunge al tutto un livello di difficoltà ulteriore che fossimo in un videogioco renderebbe la quest semi-impossibile da portare a termine senza ricorrere ai trucchi: la speranza, immagino, è che l’unico cheat code di cui questi Packers avranno bisogno sia il numero 12.

Possiamo sbeffeggiarlo quanto vogliamo per i suoi gusti omeopatici o per la comica tendenza a dissolversi durante la postseason, ma se quanto fatto da Rodgers in quest’ultimo anno è sempre stato parte di un tanto intricato quanto geniale piano per costringere il front office a concedergli l’ultimo – ricchissimo – rinnovo non possiamo che inchinarci al suo cospetto e applaudirne l’ingegno nel senso più boccacciano del termine.
In una NFL sempre più imprevedibile e in balia del caos, questo rinnovo contrattuale ha ribadito a tutti noi che, per quanto ci piaccia credere il contrario, non sappiamo veramente nulla e che Aaron Rodgers, scelte omeopatiche a parte, rimanga uno degli individui più imprevedibili che questa lega abbia mai visto.

Dopo un migliaio abbondanti di parole mi sento particolarmente sereno a confermare il titolo di quest’articolo: considerando che la sua prima e ultima Vittoria con la V maiuscola risale a ben più di un decennio fa, definire questa firma come il più grande successo della sua carriera non è poi così provocatorio e inappropriato.
Salvo che il prossimo febbraio…

6 thoughts on “È questa la più grande vittoria di Aaron Rodgers?

  1. Vittoria su tutta la linea, con strascichi pesanti. Credo che saprà mantenere il rispetto dello spogliatoio, perché è intelligente, carismatico ed uno dei migliori giocatori che io abbia visto. Una volta deciso di restare, sarebbe stato bello un contratto più comodo per la squadra per allestire il resto del roster. Il diversamente vaccinato sarebbe uscito come un dio dal tira e molla degli ultimi due anni. La pressione è adesso tutta su di lui.
    E comunque in un trend di QB prime donne sempre più suscettibili (sembra che la deriva sia quella delle stars NBA), Rodgers è quello che più se lo può permettere

  2. Vorrei capire quanto spazio salariale hanno i packers dopo tutto ciò.. non potevano privarsene e su questo non ci piove.. ma che innesti ci saranno.. solo con aaron non lo vincono il sb..

    • Difatti non paiono interessati a vincerlo.
      Suona di nuovo il ritornello “QB strapagato, SB affondato”. Persino Mahomes è stato vittima della maledizione, figurarsi Aronne a 40 anni… Di Brady ce n’è stato uno solo e Manning, 5 volte MVP in una division pietosa, ha avuto il secondo anello ad honorem quando in pratica era già ritirato senza avvisare.

  3. Rodgers è forse il qb piú talentuoso della storia nfl, quello col rilascio piú veloce. Come persona però non mi fa impazzire, mi stava piú simpatico qualche anno fa.
    Avrebbe dovuto dare un segno di pacificazione con la societá, anzichè stravincere.

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