La corsa all’MVP quest’anno mi ricorda molto da vicino le infinite discussioni su chi sia la donna – o uomo – più bella – o bello – del mondo: ognuno, nella quiete della propria interiorità, è convinto di avere il candidato perfetto, quella persona in grado di mettere d’accordo chiunque e di risolvere gran parte dei conflitti che attanagliano il nostro mondo… finché non va a confrontarsi con qualcun altro che empiamente ritiene l’influencer fitnessdipendente di turno più divina di Margot Robbie.
Solitamente, arrivati a questo punto del campionato, un giocatore si è sufficientemente separato dal gruppo creando quel genere di vantaggio in grado di garantire il quasi unanime favore dei pronostici: siccome il 2021 ha deciso di essere un anno particolare, quest’anno ad una manciata di partite del termine i giochi sono ancora più che aperti ed al momento individuare il favorito è tutt’altro che semplice, se non impossibile.

Nei prossimi paragrafi prenderò in esame il caso presentato da quelli che a mio avviso possono essere considerati favoriti basandomi sui seguenti fattori: numeri individuali, successo di squadra, consistenza e fascino della storyline, in quanto non prendiamoci in giro, un MVP per essere tale deve anche potersi fregiare di una narrativa affascinante su cui chi di dovere può speculare per ore su ore, come per esempio l’età di Brady, od il fatto che Tom Brady si chiami Tom Brady.
Non esisterebbero eroi senza conflitti ed antagonisti, no?


Tom Brady, QB, Tampa Bay Buccaneers

Numeri individuali: eccellenti, TB12 attualmente conduce la NFL in un numero non indifferente di categorie statistiche riguardanti i quarterback e considerando che l’MVP è oramai diventato un premio appannaggio dei quarterback…

Successo di squadra: ottimo, i Tampa Bay Buccaneers sono invischiati nella lotta per il primo seed NFC e ciò ci dice tutto quello che dobbiamo sapere sulla loro stagione.

Consistenza: a parte una leggera flessione – per i suoi standard – fra Week 10 e 12, quando per tre partite consecutive non è riuscito ad andare oltre il “modesto” passer rating di 90 lanciando cinque touchdown a fronte di quattro intercetti, Brady ha giocato da MVP per la maggior parte della stagione.
Ha concluso sei partite lanciando almeno quattro touchdown: credo di aver detto già abbastanza.

Fascino della storyline: ha 44 anni, e so che vi aspettereste almeno un paio di righe in grado di corroborare la mia tesi, ma il semplice fatto che un quarantaquattrenne sia fra i favoriti per l’MVP basta e avanza a renderlo il favorito numero uno.
Non può una persona di quell’età dominare in uno sport del genere, non ha alcun senso ed è totalmente irrispettoso nei confronti di noi esseri umani, eppure Brady pure quest’anno sta trovando modo di ridere in faccia alla biologia completando consistentemente lanci che molti ventenni nemmeno sarebbero in grado di concepire.
Toh, sono riuscito a scrivere un paio di righe.

Probabilità di successo: molto alte, nel caso in cui dovessero aggiudicarsi il primo seed NFC non dargli l’MVP diventerebbe pressoché impossibile.
Ti stimo ma ti odio, Tom Brady.


Aaron Rodgers, QB, Green Bay Packers

Numeri individuali: eccellenti come sempre, tanti touchdown e pochissimi intercetti. Rodgers ci ha abituati decisamente troppo bene.

Successo di squadra: ottimo, a parte un paio di partite – fra cui una giocata senza di lui per positività al Covid – i Green Bay Packers hanno sempre espresso uno dei migliori football della lega e sembra che nelle ultime settimane abbiano ingranato una nuova marcia che potrebbe portarli a giocare a febbraio in quella partita là che continua ad eluderli.

Consistenza: assurda. Rodgers ha sbagliato solamente un’uscita in tutto l’anno, ossia l’esordio contro i New Orleans Saints: da lì in avanti, a parte numeri poco brillanti nella vittoria contro i Seahawks, ha viaggiato comodamente sui livelli esibiti lo scorso anno quando, fatalità, vinse l’MVP.

Fascino della storyline: lasciando perdere le vicende sanitarie/filosofiche/morali, non saprei decidere se sia più intrigante Brady MVP a 44 anni o Rodgers MVP da separato in casa.
Dopo essersi reso protagonista di una delle più brutte offseason di cui io abbia memoria pochi potevano aspettarsi un Rodgers del genere, soprattutto in luce di una mancanza di motivazioni che qualcuno si era divertito a pronosticare: proprio come Brady, quest’uomo è alimentato dalla voglia di sbattere in faccia al prossimo i propri errori di giudizio e credo si stia divertendo giusto un po’ a giocare da MVP a pochi mesi di distanza da un addio che appare quasi sicuro.

Probabilità di successo: molto alte, credo che il premio sarà assegnato al vincitore della volata a due fra lui e Brady.
Attenzione al record di squadra, potrebbe tranquillamente essere che chi di dovere premierà colui che ha vinto più partite.


Kyler Murray, QB, Arizona Cardinals

Numeri individuali: molto buoni, anche se non sbalorditivi come quelli dei due signori sopra. Murray, però, aggiunge all’equazione un coefficiente di spettacolarità che pochi altri giocatori possono offrire.

Successo di squadra: altissimo, i Cardinals finora sono stati la miglior squadra della NFL.

Consistenza: forse la più alta in assoluto fra i giocatori presi in esame, l’unica partita della sua stagione che potremmo definire deludente è stata quella contro i Green Bay Packers nella quale è comunque arrivato ad un’amnesia di A.J. Green di distanza dalla vittoria.

Fascino della storyline: rinfrescante, Murray non solo è uno dei giocatori più elettrizzanti della lega, ma può anche essere visto come potenziale volto della NFL in un futuro senza Tom Brady.
Sono consapevole che quanto appena scritto possa essere scambiato per ossimoro, però prima o poi Brady si ritirerà… spero.
Divagazioni a parte, Murray lo meriterebbe semplicemente per alcune giocate che sono più che convinto nessun altro giocatore in questa lega sarebbe capace di replicare.

Probabilità di successo: non particolarmente alte, purtroppo per lui le tre partite saltate per infortunio complicano notevolmente il suo caso. È assai raro che un giocatore che ha perso più di un paio di partite riesca a vincere l’MVP, anche se un finale di stagione giocato su alti livelli ed il possibile miglior record della NFL dei Cardinals potrebbero compensare al tempo perso.


Patrick Mahomes, QB, Kansas City Chiefs

Numeri individuali: meno Mahomici del solito. Lo metto qua semplicemente perché nel 2021 non puoi parlare di MVP senza accennare a Patrick Mahomes.

Successo di squadra: dopo un inizio traumatico i Chiefs hanno risalito la china fino a riportarsi al primo posto della AFC, il parco giochi nel quale per anni hanno bullizzato chiunque. Ciò che stupisce è il fatto che non sia il responsabile della risurrezione dei Chiefs.

Consistenza: molto bassa, figuriamoci che per un mese non è stato in grado di concludere una partita con un passer rating superiore a 90.5. In tutto l’anno ha giocato solamente cinque partite “da Patrick Mahomes”, mentre nelle altre ha probabilmente mandato in campo l’odioso fratello Jackson.

Fascino della storyline: basso, non ci sono particolari motivi per dare l’MVP a Mahomes a parte il cognome.

Probabilità di successo: quasi nulle, salvo un finale di stagione da Mahomes ed il miglior record in AFC.
Pure ciò, in tutta sincerità, non potrebbe bastare perché dare questo premio ad un individuo che ha “sbagliato” quasi metà delle partite di una stagione sarebbe profondamente irrispettoso nei confronti del premio stesso.


Justin Herbert, QB, Los Angeles Chargers

Numeri individuali: fantastici se si considera che è un sophomore, anzi, facciamo semplicemente “fantastici”.

Successo di squadra: buono. Dopo un inizio di stagione esaltante i Chargers hanno cominciato a perdere qualche partita qua e là dando l’impressione di non essere in grado di trovare la consistenza tipica della grande squadra, ma ciò è assolutamente accettabile da una squadra con l’allenatore rookie ed il quarterback al secondo anno. Attenzione, qualora dovessero concludere dicembre analogamente a come l’hanno iniziato…

Consistenza: buona anche se non ottima. Leggete le righe sopra che non ha alcun senso ripetersi.

Fascino della storyline: personalmente lo ritengo enorme. Se buttiamo in un calderone i pregiudizi che qualcuno di noi  – me in primis, dato che di football non capisco poi così tanto – nutriva nei suoi confronti prima del draft, la mancanza di un legame forte fra città e squadra, le ovvie difficoltà che dovrà vivere il poveretto incaricato di rimpiazzare una leggenda come Rivers e la sua rinfrescante personalità, Herbert MVP sarebbe tutto quello che mi serve per ritrovare l’entusiasmo con cui vivevo la NFL qualche anno fa.

Probabilità di successo: bassa, anche se il fatto che sia menzionato in un articolo del genere è già di per sé impressionante.


Jonathan Taylor, RB, Indianapolis Colts

Numeri individuali: chiedete ai maledetti che se lo sono portati a casa con la decima scelta assoluta al draft del fantasy football.

Successo di squadra: medio, i Colts hanno sì trovato modo di rientrare nella bagarre playoff a suon di vittorie, ma il loro 7-6 non deve in alcun modo essere visto come sintomo di successo, sono un’ottima squadra ben strutturata che a questo punto della stagione non avrebbe alcuna ragione di trovarsi sotto il 50% di vittorie.

Consistenza: chiedete ai maledetti che se lo sono portati a casa con la decima scelta assoluta al draft del fantasy football.
Taylor ha realizzato almeno un touchdown in ogni singola partita giocata da Week 4 in poi: da lì in poi ha guadagnato almeno 100 yard dallo scrimmage in tutte le uscite esclusa quella contro i Tampa Bay Buccaneers quando si è fermato a quota 97.
Workhorse vero in un mondo che ripudia e discrimina i running back, Taylor molto difficilmente vincerà l’MVP ma quasi sicuramente si aggiudicherà il premio di Fantasy Player of the Year – esiste veramente, non sto scherzando.

Fascino della storyline: alto. Taylor è un bravissimo e brillantissimo ragazzo che merita tutto il successo che sta vivendo: quanto sarebbe bello se l’MVP fosse assegnato ad un running back per la prima volta dal 2012?

Probabilità di successo: basse. Record di squadra e posizione “sbagliata” lo condannano ad accontentarsi del probabile premio di Offensive Player of the Year: per vincere l’MVP un running back deve stabilire nuovi record per yard o touchdown, purtroppo.


T.J. Watt, EDGE, Pittsburgh Steelers

Numeri individuali: potenzialmente storici, il 2021 di T.J. Watt è destinato ad entrare nella storia della disciplina e diventare correlativo oggettivo di implacabilità.

Successo di squadra: mediocre, noi tutti abbiamo negli occhi le difficoltà e sconfitte degli Steelers, anche se con lui in campo la storia cambia poiché nelle quattro partite in cui non è sceso in campo od è stato limitato ad un numero di snap basso a causa di infortuni Pittsburgh ha rimediato quattro sconfitte.

Consistenza: surreale. Watt in un modo o nell’altro riesce sempre a lasciare il segno sulla partita: è ora che la finiamo di definire playmaker solamente i ricevitori o running back, con Watt nei paraggi il pallone non è mai al sicuro ed un pass rusher del genere, come già abbondantemente visto, è in grado di stravolgere una partita a proprio piacimento.
È il migliore nel proprio ruolo nella NFL ed in un modo o nell’altro arriva sempre al quarterback avversario.
Watt ha la possibilità di riscrivere il record all-time per sack in una stagione e ciò è assolutamente terrificante se si tiene in considerazione il fatto che abbia saltato due partite per infortunio e che in un altro paio sia stato estromesso anzitempo dalla contesa a causa di infortuni.
Sedici-sack-emmezzo in undici (che di fatto sono dieci) partite è un qualcosa senza precedenti.

Fascino della storyline: immenso perché non solo andrebbe a spezzare l’egemonia esercitata dai quarterback, ma dimostrerebbe al mondo intero che questo premio non è stato concepito solamente per i signal caller ma per qualsiasi giocatore, indipendentemente dal ruolo.

Probabilità di successo: bassa per il ruolo e per le difficoltà degli Steelers. Nel caso in cui dovesse però battere il record di Strahan e trascinare il letargico attacco ai playoff…
[Molte delle cose appena dette potrebbero valere pure per Myles Garrett, perciò non offendetevi per la sua esclusione, non posso continuare a fare articoli da millemila parole sennò vi annoio.]


Micah Parsons, giocatore di football, Dallas Cowboys

Numeri individuali: senza senso, giocasse solamente in un ruolo il ragazzo potrebbe essere comodamente leading tackler o primo per sack fatti, ma dopo tutto è speciale proprio per una versatilità senza eguali.
Il dominio perpetrato da Parsons mi ricorda molto da vicino quello di Gronkowski, altra leggenda eccellente in due aspetti ben distinti aspetti di gioco: ciò che affascina più di Parsons viene dal fatto che la sua irreprensibile efficacia come pass rusher e come off-ball linebacker regali al fortunato defensive coordinator la possibilità di essere schifosamente creativo.
Esattamente come nel caso di Ed Reed, il quarterback di turno ha l’obbligo di sapere dove si trovi in ogni singolo istante.

Successo di squadra: buonissimo, anche se più che concentrarmi sulla squadra mi focalizzerei sul cambio di marcia di cui si è reso protagonista il reparto difensivo.
Non è passato molto tempo da quando metterne più di trenta contro i Cowboys era l’evento settimanale che tutte le pagine di meme aspettavano per produrre pigro contenuto: dietro tale metamorfosi troviamo anche lo zampino di Parsons.

Consistenza: eccellente, in un modo o nell’altro siamo costretti a trovare nuovi superlativi per descriverlo domenica dopo domenica.
Raramente sono rimasto così impressionato da un rookie.

Fascino della storyline: infinito. Aggiungete a quanto appena detto su Watt il fatto che Parsons sia un rookie: esattamente, esattamente.

Probabilità di successo: minime, per le stesse ragioni elencate sopra.


Giocatori che non lo vinceranno ma ciò nonostante meritevoli di menzioni così non si arrabbia nessuno

  • Josh Allen, QB, Buffalo Bills: stagione troppo deludente quella dei Bills per produrre un MVP;
  • Kirk Cousins, QB, Minnesota Vikings: i numeri ci sarebbero, ma sciaguratamente i Vikings coltivano l’hobby di perdere partite che dovrebbero vincere;
  • Lamar Jackson, QB, Baltimore Ravens: fino alla sconfitta contro i Dolphins era anche credibile come MVP, ma da lì in poi lui ed i Ravens sono collassati;
  • Matthew Stafford, QB, Los Angeles Rams: il vero favorito fino ad un mese fa, le tre sconfitte di fila gli sono costate la possibilità di giocarsela ad armi pari con Brady e Rodgers;
  • Dak Prescott, QB, Dallas Cowboys: nell’ultimo mese è calato quanto basta per restare tagliato fuori da questa corsa pazza;
  • Joe Burrow, QB, Cincinnati Bengals: io preferisco Herbert, tiè;
  • Cooper Kupp, WR, Los Angeles Rams: dovesse rompere un paio di record, chissà…
  • Austin Ekeler, RB, Los Angeles Chargers: questione meramente affettiva, anche se il ragazzo segna tanti touchdown.
  • Myles Garrett, DE, Cleveland Browns: ve l’ho spiegato prima;
  • Mac Jones, QB, New England Patriots: chiudo con uno che secondo me meriterebbe di essere perlomeno menzionato in conversazioni del genere. La sua prima stagione, finora, è stata un capolavoro.

9 thoughts on “NFL: Analizziamo l’appassionante corsa all’MVP

  1. Mi ricordo Guido Bagatta quando parlava della maledizione che colpiva l’MVP stagionale che statisticamente perdeva poi il SBOWL .

  2. Aggiungerei Henry, anche se ormai è fuori causa infortunio. Fino a quel momento è stato allucinante

  3. Discorso MVP a parte, Mattia o qualcun’altro di voi sapete dirmi qualcosa su Raheem Mostert? Sembra sparito.

    • Mostert si è infortunato durante Week 1 e non è più sceso in campo perché ha deciso di operarsi!

  4. Grazie Mattia. Mi dispiace, specialmente due stagioni fa mi aveva proprio impressionato

  5. Perdonate la provocazione, l’mvp lo darei ex aequo a Shahid Khan e Urban Meyer.
    Al primo, per aver visto in un ex allenatore di college la luce. Al secondo, per essersi fatto cacciare, quando ha capito che non era cosa, e aver pure preso un sacco di soldi. Alla faccia dei losers.

  6. senza Henry e Mcaffrey è tutto più triste. entrambi Mvp del mio cuore. Ma Cook non lo menzioniamo? Kupp per me man of the game sempre e comunque.

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