Quelli che sono arrivati alla bye week non sono dei Rams brillanti e spavaldi come si erano mostrati fino ad un paio di partite fa. Invece, sono sembrati alquanto malconci. Degli agnellini, giusto per rimanere in tema con il nome della squadra.

Battute a parte, andiamo a riassumere – o almeno ci proviamo – quella che è stata, fino a qui, la stagione di Matthew Stafford e soci.

La partenza è stata alquanto a razzo con tre vittorie su tre. La prima ottenuta in maniera schiacciante in casa contro i Bears. La seconda soffrendo in quel di Indianapolis e la terza convincendo contro i campioni in carica dei Buccaneers. Ma quando le cose sembravano mettersi sul piano giusto, ecco che è arrivata la prima sconfitta, contro degli inarrestabili Cardinals.

Ed è proprio lì che si sono viste le prime lacune. Ma una caduta ci può stare dai, seppur con uno scarto di 17 punti, in una gara quasi mai in discussione. D’altronde fronteggiavano una delle squadre più in forma della lega, mica bruscolini.

Infatti, dalla partita successiva, è ricominciato il trend positivo. Quattro vittorie consecutive che hanno allontanato qualsiasi sospetto, qualsiasi dubbio sulla banda di Sean McVay. Fatto sta che dopo la facile vittoria sui derelitti Texans, i Rams si apprestavano ad affrontare nuovamente una squadra con record più che positivo.

Risultato? Sconfitta per mano dei Titans. Anche qua una disfatta che ci può stare. Partita girata storta, contro una franchigia di alto livello che, tra l’altro, ha preso a giocare bene anche a livello difensivo. Cosa che qualche settimana fa sembrava impensabile.

“Testa bassa e lavorare” avrebbe detto qualcuno e così è stato, nonostante le distrazioni per gli arrivi di Von Miller, prima, e Odell Beckham, poi. Due top player decaduti che cercano rivalsa in una squadra che punta al titolo. Ma è davvero così?

I gialloblu di Los Angeles – da non confondere con gli altri gialloblu di Los Angeles perché il blu dei Chargers è un po’ più chiaro o più scuro, dipende dai casi (ok, me la sono cavata) – possono davvero puntare a sollevare quel Lombardi Trophy sfuggito per un nulla (magari un touchdown avrebbe fatto comodo) contro i Patriots, ormai tre stagioni orsono?

Le risposte arriveranno, magari intorno a febbraio. Nel frattempo, LA è stata vittima di un’altra debacle. Questa volta più tosta da digerire perché giunta contro degli avversari divisionali, nonché acerrimi nemici, come i 49ers. Proprio in una partita in cui Aaron Donald e compagnia cantante avrebbero dovuto redimersi dall’insuccesso contro Tennessee, sono caduti ancora più a fondo. Il dominio di San Francisco è stato talmente tale che la gara era già praticamente indirizzata all’intervallo. In due parole: un disastro.

Non tanto Stafford che ha chiuso con un dignitoso 26/41 per 243 yard passate, anche se conditi da due intercetti che hanno fatto male, molto male. Soprattutto il primo, riportato direttamente in endzone da Jimmie Ward, ponendo la sfida sul 14-0 per i padroni di casa. Il problema grosso di queste due sconfitte consecutive sono state, più che altro, le corse.

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Per farvi capire, nel match contro i Niners, Darrell Henderson è stato il miglior running back, sì, ma con solo 5 corse per un totale di 31 yard. Stesso problema, anche se con intensità minore, si era riscontrato contro i Titans.

Difatti, Henderson era stato il top rusher anche in quella occasione, con 11 tentativi e 55 yard guadagnate. Neanche malaccio ed è per questo che sorge un dubbio: McVay non si fida dei suoi running back o non vuole proprio saperne del gioco di corse, spesso abbandonato per cercare di arrivare il più presto possibile in end zone? Potrebbero benissimo essere entrambe le cose e c’è da dire che è stato anche un po’ costretto a mettere da parte quel lato del game planning offensivo. Ma vediamo perché.

Non appena arrivato a Los Angeles, nel 2017, l’allora trentunenne coach si era ritrovato nel backfield Todd Gurley. E che si fa, non lo si sfrutta? Perciò McVay era stato bravo, insieme al suo staff, a trovare una soluzione, un compromesso tra il rushing game e il passing game, a lui tanto caro.

E soprattutto a questo fu dovuta l’esplosione di Gurley in quella stagione che permise ai Rams di chiudere nella top 10 sia per rushing yards che per passing yards. La stagione seguente fu lo stesso, anzi ancora meglio, culminata, infatti, nel Super Bowl. Ma la regular season 2019 vide una leggera flessione, scaturita principalmente dalla mancanza di un porta palloni di livello, visti i problemi fisici di Gurley.

Problemi che hanno poi portato alla difficile decisione di lasciare andare l’ex Georgia ed una volta perso il suo playmaker principale, McVay ha dovuto reinventare tutto e le prestazioni offensive ne hanno risentito, tanto che i Rams si sono trasformati in una squadra prevalentemente difensiva.

Con l’arrivo di Stafford, nella scorsa off-season, Sean ha avuto finalmente a disposizione il pocket passer puro che aspettava e la stagione esaltante di Kupp ne è la diretta conseguenza. Ma se da una parte il gioco è tornato a brillare, dall’altra sta venendo a meno e l’attacco equilibrato che i Rams potevano vantare fino ad un paio di stagioni fa risulta, a tratti, essere stantio e troppo univoco.

Se poi trovano una difesa aggressiva, con una secondaria che ti porta via gli uomini, ecco che qualsiasi tentativo di vittoria risulta essere vano. Intanto Kupp continua a fare il fenomeno, ma il resto? Il resto latita e salvo qualche exploit, Los Angeles manca di un altro playmaker offensivo che possa portare via le attenzioni dal wide receiver con la casacca numero 10.

Per questo il GM Les Snead ha deciso di firmare uno come Beckham, specialmente dopo aver appreso la notizia dell’infortunio occorso a Robert Woods che lo terrà fuori per il resto della stagione. Ora, la speranza di addetti ai lavori e tifosi è che OBJ non sia nemmeno lontanamente parente di quello visto per due stagioni e mezzo a Cleveland e che, soprattutto, non crei problemi in spogliatoio, con le sue manie da primadonna.

Uno spogliatoio che è ancora bello saldo ed unito e che sa che questa è la stagione buona per poter arrivare fino in fondo. Una sorta di win now mode rinnovata dopo la mezza rivoluzione subita dal roster in seguito alla sconfitta nel Super Bowl del febbraio 2019.

Adesso, al rientro dalla meritata pausa, i Rams si troveranno di fronte i Packers. Altro team solido, con uno dei migliori record della lega. Un esame difficile quello del Lambeau Field, ma è la prova del nove per una squadra che deve uscire da questa mini crisi e reagire dal punto di vista mentale. Una sconfitta vorrebbe dire rischiare di macchiare una stagione fin qui promettente.

Una vittoria – magari convincente – potrebbe far scappare i fantasmi di una crisi ancora più profonda in cui gli uomini di McVay non vogliono incappare, specialmente in questo decisivo rush finale.

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