È passata esattamente una settimana da quando provavo a compensare ai miei crateri interiori invitandovi alla calma e, soprattutto, alla lucidità ché prendere troppo seriamente Week 1 è quanto di peggio si possa fare per la propria sanità mentale: il discorso, cari lettori, è applicabile pure alla seconda settimana di football in quanto non bastano sicuramente due partite a dipingerci un’immagine sufficientemente nitida per esprimersi con cognizione di causa su una determinata squadra NFL.
Per amor di scienza – e per provare a corroborare quanto appena affermato – mi limiterò a dirvi che nel giro di sei giorni sono passato dal più puro disgusto nei confronti dei Baltimore Ravens ad un motivato e maturo entusiasmo innescato dall’esaltante vittoria contro i Kansas City Chiefs e, non secondario, dalla consapevolezza che perdere contro questi Las Vegas Raiders non sia affatto un disonore: in questa lega le cose succedono ad una velocità minore solo a quella delle reazioni da esse causate, perciò in queste righe non voglio assolutamente mettervi davanti a verità ma ad alcune mie personalissime considerazioni che, per un po’ di tempo, incanaleranno i miei sforzi contemplativi su delle narrative ben precise per ogni squadre.

Permettetemi di partire dai Baltimore Ravens.
I tanti infortuni potrebbero – e per quello che sappiamo, potranno – rivelarsi semplicemente insormontabili finendo per sabotare la loro stagione, ma dopo aver risposto colpo su colpo ai Kansas City Chiefs posso tranquillamente dire che lo stato di salute del reparto offensivo sia molto buono e che una volta recuperato il rookie Bateman, Jackson avrà modo di risultare ancor più letale: limate le imperfezioni – leggasi turnover -, logica conseguenza di un training camp costellato da una miriade di infortuni, credo che front office e tifosi avranno finalmente modo di farsi un’idea un po’ più precisa sul reale valore di Lamar Jackson come passatore professionale di palloni.

I Chiefs?
I Chiefs sono i Chiefs e malgrado il classico inizio con il freno a mano tirato della difesa credo proprio che verso dicembre troveranno la quadratura del cerchio e cominceranno a giocare ottimo football complementare, quello che per intenderci porta dritti al Super Bowl.

Una delle più grandi sorprese, per non dire delusioni, di questo inizio di stagione secondo molti è stato Josh Allen, apparso “non dominante” come lo scorso anno: da dove cominciare?
Prima di tutto era prevedibilmente complicato che replicasse quanto fatto l’anno scorso – anche se ha tutto il tempo per riuscirci ed anzi, migliorarsi – ma agitarsi dinanzi a numeri “non da MVP” non ha alcun senso: Josh Allen alla prima giornata di campionato ha affrontato la difesa dei Pittsburgh Steelers, alla seconda quella dei Miami Dolphins, non propriamente due dei reparti difensivi più molli e permeabili della NFL. Il maggior coinvolgimento del gioco di corse, contro Miami, ha indiscutibilmente migliorato l’efficienza di un attacco che nella seconda metà dello scorso campionato era apparso troppo Allencentrico: non preoccupatevi, fra non molto riprenderà a mettere insieme settimanalmente numeri da Madden NFL.

Due squadre che mi hanno stupito ed impressionato sono state i Las Vegas Raiders ed i Denver Broncos, entrambe sul 2-0, anche se forse inserirle nello stesso discorso non è particolarmente appropriato: lasciatemi provare a fare una magia.
Las Vegas – passata contro avversarie ben più quotate di quelle incrociate finora da Denver – ha dato prova di possedere una difesa sufficientemente solida per non vanificare il sempre encomiabile operato dell’attacco, mentre i Broncos, guidati da Teddy Bridgewater, sono efficienti quanto basta per non rendere inutile l’ottimo lavoro della difesa: ci sono riuscito?
Denver, ad onor del vero, ha beneficiato di un inizio di campionato piuttosto morbido – Giants e Jaguars – e per questo motivo prima di tesserne seriamente le lodi voglio aspettare qualche test più impegnativo, mentre per quanto riguarda i Raiders… avete presente che prima o poi, inesorabilmente, collasseranno, no?

Oramai lo sapete, non posso sottrarmi a qualche considerazione sui quarterback rookie, perciò iniziamo dal più vincente, o perlomeno quello che una partita in NFL finora l’ha vinta, Mac Jones. Personalmente credo che i Patriots lo stiano gestendo con estrema sapienza in quanto non lo stanno costringendo a prendere rischi inutili cercando la profondità: Belichick vuole che il suo quarterback sia sempre in ritmo e che limiti al massimo la possibilità di imbattersi in giocate negative facendo pesante affidamento sul finora efficiente gioco di corse. Jones non sta riscrivendo – l’inutile – libro dei record di un quarterback rookie, ma sta premurosamente difendendo la propria autostima risparmiandosi uscite da tre o quattro intercetti, vero Trevor e Zach?
Su Zach Wilson non saprei cosa dire, Belichick i quarterback li mangia con la stessa noncuranza di me al buffet che ignorando ogni convenzione sociale nel piattino metto sei pizzette al posto di una sola ed ipocrita, mentre per quanto riguarda Lawrence la domanda è e rimane una sola: siamo sicuri che affidarlo a Urban Meyer, allenatore che non sembra aver ben chiaro cosa fare nel mondo degli adulti, sia una buona idea? Siamo proprio sicuri che costringerlo a continuare a lanciare come non ci fosse un domani sia il miglior modo per svilupparlo?
Mah.

Ci sono parecchie squadre in AFC su cui non saprei come esprimermi, tipo i Cleveland Browns, che hanno sì dato filo da torcere ai Chiefs ma mi sembra che malgrado gli sforzi profusi in offseason imbarchino ancora troppi punti, o i Los Angeles Chargers che indefessi continuano ad essere i Chargers ed a non sfruttare a dovere i tantissimi viaggi in red zone: si può, si deve fare di più, il talento in attacco è semplicemente troppo per non dominare.
Houston, contrariamente alle nostre aspettative, sta vendendo carissima la pelle giocando addirittura un buon football, i Cincinnati Bengals dopo i segnali incoraggianti lanciati contro i Vikings in quanto Bengals hanno deciso di regalare la vittoria ai Chicago Bears adeguandosi a quell’1-1 su cui apparentemente staziona tutta la AFC, ed i Tennessee Titans, dopo un esordio traumatico, sembrano nuovamente capaci di fare ciò che viene meglio, ossia cavalcare senza alcuna vergogna Derrick Henry sfruttandone sapientemente i benefici – leggasi play action.

Un discorso a parte lo meritano i Miami Dolphins.
Tua è già infortunato e la sconfitta contro i Bills è stata a dir poco orribile, l’attacco non ha girato e la difesa, ad un certo punto, è stata costretta a capitolare: ma se non fosse Tua il problema – ammesso ne abbiano veramente uno – dei Miami Dolphins, ma piuttosto la linea d’attacco?
Non so voi, ma contro Buffalo Tua e Brissett non hanno mai potuto contare su una tasca anche solo accettabilmente pulita, e comincio ad interrogarmi sulla loro offseason: sì, servivano dei playmaker, ma non era parso chiaro già dallo scorso autunno che la linea d’attacco fosse inadeguata e che necessitasse di rinforzi in grado di innalzare istantaneamente la qualità del reparto?

Concludiamo la nostra rassegna della AFC con gli Indianapolis Colts che, complice un calendario poco clemente, insieme a Jaguars e Jets sedimentano sullo 0-2: andando oltre al record, ciò che più mi preoccupa di questi Colts è la somiglianza con la versione 2020, o anche 2019 con Brissett, sono indubbiamente una buona squadra ma finora non ho captato alcun tipo di segnale in grado di farmi convenire che possa essere Wentz l’individuo che permetterà loro di compiere il tanto agognato salto di qualità.
Se a ciò aggiungiamo pure il fatto che l’ex-quarterback degli Eagles sia già infortunato, il futuro non sembra promettere particolarmente bene, anche se dispongono di un roster sufficientemente talentuoso per rendere ridicole queste parole in un nonnulla.

Parliamo un po’ di NFC?
Beh, lasciatemi partire dalla West – così risparmio preziose righe parlando di quattro squadre in un solo paragrafetto -, la division con un record cumulativo di 7-1: se solo i Seahawks non fossero così immaturi da farsi rimontare dai Titans… in casa loro… pace.
Più che una division questa sembra essere un girone dell’inferno dantesco poiché è difficile parlare di Rams, Cardinals e 49ers senza servirsi di superlativi: tutte e tre le squadre – in particolar modo i Cardinals – finora mi sono veramente piaciute e non credo sia blasfemia definirla come la division con più talento nella posizione di quarterback, Wilson, Stafford e Murray ora come ora sembrano poter coltivare legittime ambizioni da MVP ed il resto del roster, in tutti e tre i casi, è ricolmo di talento.
I Seahawks? Tranquilli, non fatevi ingannare da una brutta sconfitta in casa, questi ai playoff ci arrivano con il cruise control.

La squadra che fino a questo momento mi ha maggiormente esaltato potrebbe sorprendervi, ma non mi interessa: sto adorando oltremodo i Carolina Panthers che, tra le altre cose, sembrano aver rivitalizzato il buon Sam Darnold.
Si sa, la vita è più facile quando a tuo fianco, snap dopo snap, c’è un running back in grado di ricevere e correre le tracce come un vero slot receiver e, sicuramente, contare su un corpo ricevitori comprendente i perennemente sottovalutati – ma non per questo meno validi – Moore e Anderson deve essere rassicurante, anche se nulla può superare la tranquillità fornita da un reparto difensivo destinato a far bene per molti anni: devo forse ricordare che solamente una ventina scarsa di mesi fa questo front office avesse devoluto un intero draft al restauro della difesa?
La prepotenza con cui hanno schiacciato i New Orleans Saints non può passare inosservata, Carolina quest’anno potrebbe flirtare con l’idea playoff, anche se militare nella division dei Buccaneers certamente non aiuta.

Il capitolo Saints lo terrò volutamente breve: il loro quarterback è Jameis Winston e gli alti e bassi, se si parla di Jameis Winston, sono all’ordine del giorno.
La settimana scorsa ha/hanno giocato come MVP/contender, mentre l’altro giorno sono stati surclassati da dei Panthers apparsi infinitamente più fisici ed affamati: non facciamone un dramma, Sean Payton troverà il modo per stabilizzare il proprio eccentrico quarterback, anche se il capitombolo contro Carolina non è imputabile solamente all’ex-Buccaneers.
A proposito di stabilità, che dire degli Atlanta Falcons? Nuovo coaching staff, nuovo attacco, nuovo tutto, vecchi risultati: vederli giocare è una mezza tortura, la difesa continua a faticare nei fondamentali mentre l’attacco, salvo una rabbiosa reazione d’orgoglio contro i Buccaneers, non riesce a trovare consistenza nel muovere le catene. Vederli mi rende triste, soprattutto per Calvin Ridley.

Il capitolo Buccaneers sarà breve e indolore: sono disgustosi.
È disgustoso che un quarantaquattrenne giochi così, è disgustoso che il suo miglior amico tight end in due partite abbia già ricevuto quattro touchdown tornando sui livelli che lo hanno reso, almeno ai miei occhi, il migliore di sempre nel proprio ruolo, è disgustoso che in una partita in cui segnano 48 punti possano permettersi di tenere Antonio Brown ad una sola ricezione: Tampa Bay è una squadra fortissima comandata con sapienza dal più grande di sempre e la loro disgustosa costanza fa quasi male.
Ho finito le parole per Tom Brady.

La NFC East, finora, ha saputo sorprendermi poiché Dallas, almeno offensivamente, è molto meglio di quanto credessi – già reputavo il loro attacco comodamente fra i migliori dieci della lega – e credo che avrà modo di fare rumore in NFC e, soprattutto di competere con chiunque ai playoff, mentre i Philadelphia Eagles hanno un cuore ed una disciplina che mi commuove: Jalen Hurts, finora, si è comportato veramente bene e malgrado i numeri non esaltanti messi insieme contro San Francisco credo che potrà togliersi molte più soddisfazioni di quelle preventivate.
Washington, malgrado l’infortunio di Fitzpatrick, tiene – anche se vorrei qualcosa di più dalla difesa che, nota bene, non sta affatto sfigurando – mentre i Giants sono i classici Giants: sciatti, nevrotici e tanto sfortunati, questi hanno trovato un modo per perdere una partita già vinta contro Washington e precipitare su uno 0-2 deleterio per il morale.
Soprattutto, finora non è sicuramente colpa di Daniel Jones.

Su Chicago non so esprimermi, difensivamente hanno alternato una prestazione disastrosa ad una incredibilmente convincente anche se la loro stagione gravita attorno all’attacco: con Dalton potenzialmente fuori dai giochi le redini offensive saranno consegnate a Fields che, entrato a freddo contro Cincinnati, non ha né sfigurato né impressionato.
Minnesota meriterebbe un articolo a parte, in quanto le sconfitte fra non troppi mesi saranno tutte imputate a Kirk Cousins sebbene ciò sia pigro, sbagliato ed ingiusto: contro Cincinnati, alle porte della zona field goal ai supplementari, Cook ha perso il controllo del pallone mentre contro Arizona, dopo aver brillantemente condotto l’attacco in zona vittoria, non zona field goal, ha visto il proprio kicker fallire miseramente il piazzato che avrebbe consegnato loro la prima gioia stagionale.
Colpa di Cousins? Potete pensarla come volete, ci mancherebbe, ma più di così non so cosa possa fare: in un modo o nell’altro arrancheranno fino al 50% di vittorie per poi passare l’offseason a chiedersi mestamente cosa sarebbe successo se…

I Detroit Lions, ve lo devo confessare, mi stanno veramente piacendo nonostante tutto: la linea d’attacco, il reparto su cui negli ultimi anni hanno investito con più convinzione, ha dato prova di poter giocare a livelli altissimi – guardasi la prima metà contro i Packers – e Goff, nonostante la penuria di ricevitori, sta giocando sicuramente meglio di quanto avessi motivo d’aspettarmi: certo, la vita è più facile se si può contare su un tight end come Hockenson – che lo menziono perché mi ha fatto vincere al fantasy una partita che oramai avevo battezzato persa, quindi viva TJ.

I Green Bay Packers? Peccato, dispiace che Rodgers sia un giocatore finito – principalmente a causa dei capelli, o così ho appreso dall’Internet -, demotivato, arrabbiato e pronto a sabotarne la stagi… Monday Night Football concluso con quattro touchdown e quattro incompleti?
R-E-L-A-X, una partitaccia capita anche all’MVP, i Packers come al solito troveranno modo di brillare e, magari, di portare a termine quanto iniziato e riabbracciare il loro Super Bowl.

4 thoughts on “NFL: dopo due settimane abbiamo imparato qualcosa?

  1. Perfettamente d’accordo su quanto dici in merito ai Dolphins. E’ inutile continuare a domandarsi se Tua sia mediocre, decente, buono o ottimo a livello Nfl, quando gioca dietro la peggior linea della lega. Negli ultimi 3 anni la offensive line dei Dolphins ha fatto tritare chiunque giocasse nello spot QB. Fitzpatrick è servito a quello: ha accettato di giocare dietro ad una linea in rebuilding totale, prendendo colpi incredibili e fornendo carne da cannone pura. Tua non ha entusiasmato la stagione scorsa e neppure quest’anno, ma davvero non è messo in condizione di respirare! Il problema di Miami è questo e lo si sa benissimo: l’offensive line!!!! La linea offensiva non protegge il QB e non apre buchi per il RB: ergo l’attacco dei Dolphins non muove palla da 2 anni! La offseason mi ha lasciato abbastanza basito: ok prendere al primo giro del draft Waddle come WR, ma poi si sarebbe dovuti andare pesantemente sulla line offensiva e così non è stato. Solo un pick al draft e quasi zero nella free agency. E’ arrivato dal draft 2021 Eichenberg che non è un tackle e lo si schiera a caso in diversi ruoli, e poi si gioca con un offensive tackle destro come Jesse Davis, mediocre carneade da anni, anche lui adattato al ruolo di tackle. Peccato che il tackle destro, per un team con QB mancino sia l’uomo più importante della linea, dato che protegge il blind side del QB! A sinistra come tackle c’è Austin Jackson, che ha già deluso l’anno scorso e che sta facendo malissimo anche quest’anno. In mezzo Kindley e Hunt non hanno mai convinto nessuno, tranne il coaching staff di Miami e il risultato che in mezzo, con uno schema draw, non ci si prova mai a passare. Come centro poi, da quest’anno si è puntato su Deiter, scelto al draft 2 anni fa al terzo giro e mai fatto giocare prima per evidenti limiti. Con queste premesse, Tua e l’attacco tutto, dovrebbero far faville? Le partite Nfl si vincono nelle trincee. I Miami Dolphins continuano a far finta di non saperlo.

    • Il bello e’ che manager strapagati non capiscano questa cosa.. noi siamo solo appassionati

  2. Mi sembra che Lawrence e Wilson siano stati buttati nell’acqua alta con troppa disinvoltura, considerato che si tratta di squadre in ricostruzione. Forse Minshew poteva essere tenuto.
    Urban Meyer rischia di essere l’ennesimo allenatore di college che si schianta con il professionismo Nfl.

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