Fra i matchup della prima giornata ce n’era uno sulla carta secondario, ma che invece rappresentava un importante banco di prova sulle prospettive di ambedue le franchigie impegnate, chiamate al riscatto dopo stagioni al ribasso.

Sebbene il cammino da scalare sia ovviamente ancora lungo e tortuoso per Philadelphia e Atlanta, le preview di inizio torneo ponevano infatti i team dei giovani rookie head coach Nick Sirianni e Arthur Smith in lizza per recuperare vigore e posizioni in classifica, per via soprattutto di una schedule non proprio impegnativa, pregna di scontri alla pari con altre squadre a caccia di redenzione.

Il loro ingaggio poi, ratifica desideri di ricostruire ambienti oramai erosi dalle vecchie esperienze di chi in Pennsylvania e Georgia ha cementato certezze di football d’elite, ovvero Doug Pederson e Dann Quinn, ma che ultimamente terminava l’anno in decrescita.

Una rondine non fa primavera certo, ma il responso del campo pone in evidenza l’incredibile intensità difensiva degli Eagles, rocciosi e feroci nel front seven e in retroguardia, ma capaci pure di gestire le ebollizioni di Jalen Hurts, placandone i focosi rush fuori dalla tasca quando avanti nel punteggio e gestendo perciò lo score senza patemi, mentre dall’altro lato una inconsistente offense mette già i Falcons di fronte al bivio di modificare un playbook prevedibile dai rivali, benchè il suo nuovo mentore abbia nel curriculum nientemeno che l’atomico attacco a tinte Titans!

Nel 32-6 conclusivo, che non lascia spazio a nessun tipo di discussioni, non ha palesato alcuna timidezza di fronte ai suoi custodi in secondaria il regnante Heisman Trophy winner DeVonta Smith, decisivo con il Td da 18 yard, lui stella del draft ed atteso dalla fanbase a riportare in auge un settore drammaticamente deperito nel passato recente!

La linea delle certezze Kelce, Brooks e Lane Johnson, Seumalo e l’ex rugbysta Mailata, dapprima in competizione col former first round Dillard e fresco della settima più alta estensione contrattuale da left tackle, dopo l’impressionante offseason e il 70.3 overall grade in 700 e più snap del 2020, ha contenuto egregiamente gli avversari, consentendo ai corridori Sanders, Gainwell e lo stesso Hurts di fare il bello e cattivo tempo, macinando 173 yd e lasciando spazio e tempo necessario al dual threat quarterback di produrre hype con braccio e gambe.

Sarà questo comparto il termometro stagionale, tentando di ridimensionare il vecchio minus-10 sul margine di turnover (quartultimi).

Se l’istrionico regista sophomore da Oklahoma e Alabama confermerà progressi e premesse (27 su 35 per 264 iarde al lancio e 62 su corsa), coadiuvato inoltre da ulteriori skill player quali Goedert, il sempreverde Ertz – convinto a permanere malgrado le originarie richieste di trade – e Quez Watkins, fulmineo secondo anno da Southern Miss, la lotta divisionale coi Cowboys potrebbe non avere un risultato scontato a favore dei secondi, profittando anche del ritardo qualitativo dietro al centro di Washington e Giants, dunque una spanna sotto.

Insomma, col senno di poi, lanciarlo nella mischia lo scorso campionato appare ai nostri occhi oggi una mossa assolutamente azzeccata, dato che senza nulla da perdere Hurts ha potuto “assaggiare” l’efferatezza della NFL, libero di sbagliare (52% al 77.6 passer rating) e provare l’impatto del suo talento all’interno del gridiron, ed essere adesso pronto a prendere per mano i suoi compagni.

Il roster preparato dal front office per tutelarlo, ossia Flacco e Minshew, potrebbe quindi addirittura risultare inutile; d’altronde le peculiarità di Sirianni a trattare wide receiver e quarterback è forse la causa primaria della sua assunzione!

Wentz invece, sperando di sbagliarci, continua la propria discesa verso gli inferi, fiaccato sia nel fisico per dileguarsi dai numerosi blitz da terzo down che nel braccio con cui performare profondo: i 30 milioni in dead money per la sua trade ad Indianapolis somigliano perciò a una benedizione divina da parte di Roseman, così come le tristi dipartite di DeSean Jackson, Alshon Jeffery e appunto coach Pederson mettono sì malinconia, ma in soldoni significano ricostruzione immediata con un core futuribile, capitanato dal trio Hurts-Smith-Reagor!

Nessun problema: Ryan e i suoi hanno generato (260 yard totali) a una retroguardia arcigna, esperta e in là con gli anni e perciò anch’essa spesso soggetta ad acciacchi, con Brandon Graham e Fletcher Cox tuttora probabili guide stagionali ad alti livelli, assieme al free agent nonché ex acerrimo nemico dalla capitale Ryan Kerrigan e Javon Hargrave, responsabile di 2 dei 3 sack giornalieri con Ridgeway, in uno schieramento camaleontico e versatile che Jonathan Gannon dovrebbe periodicamente variare, lui ulteriore matricola nei posti decisionali.

A proposito di freschezza e gioventù, nella pass rush Josh Sweat (quarto giro 2018) e Derek Barnett (primo 2017) potrebbero esplodere, mentre in linea ben tre sono i debuttanti: Milton Williams, Tuipulotu e Tarron Jackson.

Sui Falcons c’è poco da dire, non possono che migliorare! Il dominio subìto in ogni heads up fra le quattro linee è stato difatti disarmante e impossibile da ripetere in futuro: a parte le speranzose 70 yard negli iniziali due drive grazie alle gambe di Cordarelle Patterson e Mike Davis, si è infatti poi concluso con 24 primi down a 18, 3 terzi down su 14 tentativi e possesso ovale in difetto!

Soprattutto, il cruccio nelle situazioni goal-to-go e motivo principale dell’avvento in Georgia di Arthur Smith è rimasto tale, con uno scarno 0-2 che non fa ben sperare, visto che Atlanta è reduce dalla 26ma piazza in percentuale da red zone.

Dal disastro generale salviamo soltanto lo stesso Patterson, più che dignitoso in uscita dalla panca in quasi 8 yd per portata e responsabile di un grade secondo PFF a 74.8, che lo potrebbe catapultare a un ruolo maggiormente focale contro Tampa, Chris Lindstrom (66.3, numero maggiore fra gli O-lineman), unico a resistere e aprire varchi per le corse nel lato diviso con McGary, duellando alla pari con Cox e limitandone la ferocia, ed infine Tuioti-Mariner, LB autore dell’univoco sack di giornata verso il folgorante Hurts!

Male Matt Ryan, che come sappiamo quando in costante pressione e privo di visuale non la ha mobilità adatta per uscire dalla tasca, problema che lo ha attanagliato sempre e che ora, a 36 anni e senza più le scorribande out wide di Julio Jones, viene esasperato.

Non bene la copertura di Hennessey, centro sì del futuro ma in netta crisi nel pass-blocking.

La conferma di Matty Ice, a discapito di una quarta scelta overall su un giovane qb, andata invece al prodigioso Kyle Pitts, TE da affinare ma già propositivo sin dallo start, ratifica la voglia di provare un ultimo tentativo con lui al timone di comando per assaltare i playoff, consapevoli forse che la NFC – e la South particolarmente – è una conference aperta ad ogni tipo di valutazione.

Gli aiuti non si possono però limitare esclusivamente a Calvin Ridley, ora WR1 e stella del settore ma finora isolato, visto che Russell Gage è stato spettatore non pagante, in costante attesa di un big play mai arrivato, per la felicità della secondaria altrui, attenta prettamente alla guardia degli slot e short pass.

Saremo crudeli ma va segnalata anche la pessima prova all’esordio NFL di Jalen Mayfield, a picco nella linea al cospetto di animaleschi specialisti nei sack (terzi 2020), forse confuso dal cambio di ruolo da tackle a guardia.

Il calendario, ripetiamo, è più che benevolo: oltre a Brady nella prossima e a dicembre e i Bills ad inizio gennaio, il resto della schedule è pressochè giocabile e fattibile.

Bisognerà ripartire da zero e affidarsi alle (presunte) star del pacchetto difensivo, su tutte il nuovo arrivo dalla free agency Dante Fowler nella linebacker room, sperando inoltre che Dean Pees, DC guru ed eccellente regista arretrato in quel di New England, Baltimore e Tennessee, riassesti un comparto andato da subito in affanno.

Lo stesso dicasi per Smith, enfant prodige fra gli OC nel passato recente e perciò garante di eventuali migliorie offensive per le performance di Ryan, augurandoci tuttavia che non imiti il percorso da capo allenatore dei vari Shurmur e Adam Gase.

One thought on “Solidità Eagles, inconsistenza Falcons: sarà così tutto l’anno?

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