Titolo ironico e un po’ provocatorio per una franchigia al solito regina di offseason magniloquenti nelle uscite monetarie e ambizioni trionfanti, ma poi immancabilmente sconfitta sul gridiron in modo beffardo e inequivocabile.

Stavolta però, le stanze dei bottoni qui a Dallas, o meglio le tasche gonfie di Jerry Jones, stanno lavorando più in sordina che in passato, consci che se da un lato la disastrosa stagione conclusa per l’ennesima volta anzitempo va analizzata per intervenire e lavare i panni sporchi, è però altresì vero che il tunnel non appare così oscuro e lungo rispetto ad in altre occasioni. Andiamo adesso ad analizzare quest’ultimo concetto, che a nostro avviso facilita e non poco le future mosse societarie, giustifica le sigle finora attuate e fa vedere i tempi a venire con una luce diversa e certamente propositiva.

In primis la NFC East, division storicamente eccelsa con Vince Lombardi Trophy superiori alla double digit dall’anno della sua istituzione sotto il nome Capitol (1967), è oggi terra di conquista per le rimanenti compagini da mire egemoniche, e fa vedere al tycoon spendaccione il bicchiere più pieno che vuoto dato che, per un motivo o per l’altro, Washington, Giants e Eagles hanno sulla carta buchi più difficili da colmare che in questi lidi.

Innanzitutto nessuna delle tre rivali ha certezze dietro al centro, cosa che – volente o nolente – in un gioco sì tanto duro e massacrante ma pure geometrico e schematico, vale il 50% delle probabilità di vittoria a partita, mentre i Cowboys possiedono nientemeno che un uomo franchigia ad eseguire i gameplan offensivi.

Dak Prescott difatti, sebbene spesso vittima di fantasmi interiori che ne hanno drammaticamente segnato in negativo alcune situazioni clutch, possiede eccome l’alone di condottiero per i suoi compagni, visto che la straordinaria tecnica al lancio si accoppia a un’intelligenza scaltra nello scartare placcaggi – benché fra i need societari ci sia anche una migliore copertura della linea di Joe Philbin, regredita dai fasti 2018 – e ad un coraggio d’altri tempi che appassiona l’America’s Team fanbase, e causa di un terribile infortunio che ne ha messo in dubbio persino il prosieguo di carriera e la propria occupazione, con un contratto in scadenza tutt’altro che pronto per il rinnovo!

Ecco, se il ritorno in campo del quarterback, come sembra, non lascia adito a perplessità su una condizione conforme alle precedenti, l’accordo monstre per 4 anni a 126 milioni garantiti sui 160 totali, che lo innalza sul podio dei registi più pagati dietro sua maestà Patrick Mahomes, è la primaria e obbligatoria iniziativa che ci sentiamo di approvare a pieni voti.

Inoltre, concluso “l’equivoco” Jason Garrett, col quale al timone di comando secondo noi si sono buttate al vento numerose chance di assaltare vette infinite, la presenza di Mike McCarthy, head coach nonché play caller offensivo forgiato dalla convivenza più che decennale con Favre e Rodgers, fa bene oltre che all’ancora 27enne qb della Louisiana, anche al giovanissimo Kellen Moore, OC abituato sia da giocatore che allenatore a lavorare under center. Perciò, in questo lato di Texas, più di 600 tentativi aerei stagionali ad alto tasso realizzativo vengono già messi in preventivo pure nella prossima tornata!

Per di più, le storie tese a Green Bay dell’HC con due superstar prime donne di tale caratura, se originariamente mettevano ombre riguardo cattive chiamate e close decision del boss in sideline, dopo il poco feeling palesato da A-Rod persino col mansueto (all’apparenza) debuttante LaFleur, fanno invece capire che probabilmente l’autonomia di McCarthy nel Wisconsin era residua e che al contrario un torneo completo con Prescott alle sue dipendenze potrebbe migliorarlo e lanciarlo nell’olimpo dei migliori.

Senza denigrare il nuovo Bears Andy Dalton, niente può toglierci dalla testa la convinzione che con il ragazzo da Mississippi State College sano per 16 gare già nella stagione passata si sarebbe fatta strada pure ai playoff.

Oltre a ciò, la NFC intera comincia a pagare lo scotto dell’età, e a parte l’infinito GOAT sempre sull’orlo del ritiro ma infine ancora vincente, l’addio a Brees e l’anagrafe in rialzo dello stesso Rodgers, aumentano gli orizzonti dei Cowboys e concedono alla conference un’immagine più democratica rispetto a poco tempo fa, dato che i fallimenti da postseason dei Seahawks, l’incapacità di diventare grandi dei Vikings e gli esperimenti a Los Angeles equilibrano al massimo un girone nel quale Dallas può ricominciare certamente a dire la sua, forte di un core offensivo giovane nelle stelle Prescott, Elliott, Cooper, Lamb, Gallup, Pollard, Schultz e perfino Connor Williams, guardia apprendista degli assi Zack Martin e Tyron Smith!

Sembra grottesco ma altro punto a favore dei Boys è quello di aver fin da subito individuato il problema primordiale da rattoppare nella free agency e draft, ovvero sia una difesa d’argilla patetica nelle statistiche di ambedue i comparti: le firme messe finora nero su bianco confermano la rebuilding del settore, che continuerà sicuramente a fine aprile durante le selezioni di Cleveland. A differenza degli altri sport USA (MLB e NHL su tutti) qui l’impatto immediato dei rookie non è infatti da scartare, al pari delle comeback season di chi ha deluso e riabilitazioni di free agent nuovamente motivati!

Non staremo qui a fare mock draft sino alla 200ma pick e oltre, cosa insensata e impossibile, ma ci sentiamo bensì di pronosticare che le pesche nei primi due round – al netto delle trade – si concentreranno alla ricerca di uno starting cornerback da appaiare a Trevon Diggs e uomini di spessore per rafforzare l’intero front seven, nonostante conferme e FA giĂ  accordati abbiano coperto parecchi buchi a cifre ragionevoli, pure per un total cap prossimo all’esplosione ed anzi da limare.

Se le prosecuzioni a 16.5M di cui 8 garantiti con Jourdan Lewis e per 3.5/2 a CJ Goodwin ratificano l’istinto a marcare gli slot al cospetto delle eccessive penalità percepite nell’uno e l’eccellente velocità e abilità nel punt team nonché camaleontismo da extra D-Back dell’altro, nessuno può sorprendersi nel prevedere la prima scelta orientarsi verso il sogno Patrick Surtain, CB col più alto grade della trascorsa NCAAF e fra i pochi a ricevere i galloni da titolare quale freshman sotto il comando di Saban ad Alabama.

Allorquando la sua chiamata anticipasse la numero 10, alternative ugualmente importanti per Dallas si potrebbero palesare in Caleb Farley da Virginia Tech, moderno press-defender con stazza e atletismo, e Greg Newsome da Northwestern, tuttavia un po’ troppo in alto e forse al limite del secondo giro, ma intrigante elemento capace di subire solamente 5 primi down e 93 yard in 223 snap la stagione passata.

Le positive esperienze low cost con George Selvie e Jeremy Mincey giustificano forse la firma annuale dai Jets di Tarell Basham, 3.5 sack dei 7.5 totali l’ultimo torneo, cheandrebbe così ad appaiarsi quale pass-rusher a Lawrence e Gregory. Altra ipotesi, per dare freschezza a questi ultimi e ruotare ancor di più la zona, andare a caccia alla 44 di un edge alla Jayson Oweh, senza dubbio il miglior specialista possibile a quel punto del draft, abile eccome sia in pass-rush che run-stop.

E’ anche vero che con una secondaria tuttora rafforzata con gli arrivi di Keanu Neal, rimpiazzo di Xavier Woods e vecchio pallino di Dan Quinn ad Atlanta, 17ma overall 2016 e pro bowler sotto le sue dipendenze, Damontae Kazee e Jayron Kearse, al solito per un’annualità, l’orientamento a metà secondo giro dovrebbe perciò spostarsi sulla linebacker rooom, con Nick Bolton da Missouri, Jamin Davis (Kentucky) e Baron Browning (Ohio State) plausibili di scelta, dato che i desideri più ambiti Joseph Ossai oppure Zaven Collins occupano il top 30 di CBS e molti altri siti NFL.

In linea, e ancora per un’unica tornata, Carlos Watkins abbandonerà lo spot esterno nel 3-4 delle epoche Texans per presenziare da tackle il playbook di Quinn, provocando forse la rinuncia a Gerald McCoy, mentre il jolly Brent Urban sarà utile alla rotazione. I problemi al collo di Tyron Smith e all’anca di Collins hanno poi spronato il front office a chiudere con Ty Nsekhe per un anno, OT che sostituirà l’altro veterano Cameron Erving, dopo un’ottima campagna a Buffalo.

Il materiale per risorgere come detto c’è, la vetta della division è il target primario, raggiungibile se i leader saranno sani e la secondaria unirà l’esplosione delle ipotetiche matricole agli innesti maturi; per mirare alla gloria invece, la linea offensiva dovrà tornare schiacciasassi e il front seven scoperchiare breakout player!

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