Esistono sconfitte più dolorose di quelle appena patite da Packers e Bills?
Non credo proprio, da bravo buontempone che non ha mai giocato a football americano mi sento di dire che perdere al Championship Game possa essere un’esperienza peggiore che perdere al Super Bowl, anche se ormai avrete capito che questo preambolo altro non è che un patetico tentativo di conferire l’importanza all’articolo: probabilmente per l’anno prossimo dovrò inventarmi qualcosa di ben più incisivo.

Green Bay Packers e Buffalo Bills, due squadre affacciatesi alla stagione con aspettative completamente diverse ma che, dopo lunghi mesi passati in quel tritacarne che è la regular season prima e dopo essere sopravvissute alla severa opera di selezione effettuata dall’imbuto dei playoff, sono arrivate a giocarsi l’accesso al Super Bowl forti della consapevolezza di essere fra le migliori quattro squadre della lega: questa consapevolezza, una volta arrivati qua, non basta.
Green Bay Packers e Buffalo Bills, due sconfitte da analizzare.

Partiamo, per mera questione temporale, dai Packers.
La sconfitta fa male, malissimo, perché Green Bay aveva la consapevolezza di poter finalmente arrivare fino in fondo e riportare a casa quel maledetto Lombardi: purtroppo per loro, però, cose che non hanno avuto problemi ad eseguire a livelli altissimi durante tutto il resto della stagione ieri non sono andate per il verso giusto.
Passaggi completati per quattro mesi che come per magia si trasformano in incompleti, viaggi in red zone che fruttano solo tre punti, svarioni difensivi che costano sei punti e, soprattutto, una linea d’attacco solitamente dominante che per la prima volta da ottobre non è stata in grado di garantire al proprio fenomenale quarterback la protezione necessaria per eseguire il proprio gameplan: tutte piccole – più o meno – cose riassumibili con un secco, freddo ma al contempo emotivo shit happens.
Sì, cari lettori, shit happens.
Green Bay non ha assolutamente giocato una brutta partita in entrambe le fasi del gioco, ma qualche atipico errore di troppo è finito per costar loro la possibilità di andare al Super Bowl: quando dall’altra parte trovi una squadra iper-talentuosa e profonda guidata da Tom Brady, in questa fase dell’anno, solo la perfezione può garantire una vittoria.

I ragazzi di coach LaFleur, purtroppo per loro, sono stati tutt’altro che perfetti e – giusto per citare un esempio – nel momento più importante della partita, a seguito di due intercetti consecutivi lanciati da Brady, non sono stati in grado di affondare la stoccata decisiva incespicando in due deprimenti three n’ out.

Shit happens, e quando succede può dilaniare anche il cuore stoico di un fenomeno come Aaron Rodgers, un signore che nel corso della propria carriera si è trovato costretto ad ingoiare disgustosi rospi espulsi poi sotto forma di cigni: questa volta, però, trovare la proverbiale silver lining non credo sarà possibile.
Green Bay poteva arrivare fino in fondo ma, nel momento della verità, ha fallito.
Ero convinto che questo potesse essere il loro anno, tutti i pezzi – Bakthiari a parte – mi sembravano essere al posto giusto, ero sicuro che questa stagione si sarebbe conclusa con la più dolce rivincita della carriera di Aaron Rodgers, ma sbagliavo.
A proposito di Rodgers, vi invito a non prestare particolare attenzione alle sue dichiarazioni post-partita: tecnicamente è nella posizione di plasmare il proprio futuro assecondando la propria volontà e migrare verso altri lidi, ma credo vivamente che under center a settembre troveremo ancora una volta lui.

Ma se Love fosse pronto? Non mi è dato saperlo, credo che solo una decina di persone su questo pianeta siano al corrente dello stato dei lavori nel cantiere Love, ma sono discretamente convinto che a freddo, smaltita parzialmente la delusione, Rodgers inizierà la propria preparazione all’ultimo, arrabbiatissimo, assalto al Lombardi con questa maglia.
Certo è che dovranno sacrificare qualcuno, stiamo dopotutto parlando di una squadra che si trova al momento sopra di 27 milioni al probabile salary cap del 2021 e con rinnovi pesanti come quelli di Linsley, Tonyan e Jones appare chiaro che firmare tutti e tre sia pura e semplice utopia: personalmente credo che daranno priorità a Linsley, centro All-Pro ed anima dell’ottima linea d’attacco e, in qualche modo, raggiungeranno un accordo con Tonyan.
Jones, invece, mi sembra destinato a cercare fortuna altrove, in quanto Green Bay potrebbe tranquillamente optare di presentarsi ai nastri di partenza della nuova stagione con un backfield composto da Dillon e Williams, un one-two-punch di tutto rispetto: altri giocatori secondo me ai saluti sono Preston Smith, Adrian Amos e forse Christian Kirksey.

Green Bay, a seconda della decisione di Rodgers, potrebbe tentare un tutto per tutto non clamoroso come quello dei Saints, ma un tutto per tutto ragionato e ragionevole costruito sulla convinzione che un fenomeno generazionale come Aaron Rodgers non possa concludere la propria fantastica storia in Wisconsin con un “solo” Lombardi.

Come nel caso dei Cleveland Browns, per favore un applauso per i Buffalo Bills.
Più forte.
La stagione dei Bills non può essere screditata dalla netta sconfitta patita contro i Chiefs, la miglior squadra di questa NFL guidata dal miglior quarterback attualmente in attività, e sinceramente mi aspettavo magari una vittoria ai playoff, ma un salto di qualità del genere no: i Bills, cari lettori, hanno dimostrato di essere ufficialmente entrati nella élite della National Football League e di essere pronti a rimanerci per anni.
Posso analizzare questa sconfitta in mille parole o in dieci, cercherò una via di mezzo: Buffalo ha perso contro una squadra migliore, una squadra abituata a questi palcoscenici, una squadra che quando serve è in grado di mettere a segno una ventina di punti prima che io abbia finito di scandire la parola “pedissequamente”.
I Kansas City Chiefs sono i campioni in carica per un motivo e dopo essere scivolati su un sorprendente 9 a 0 hanno semplicemente cambiato marcia, come fatto lo scorso anno contro i Texans al Divisional Round, contro i Titans al Championship e contro i ‘Niners nell’ultimo quarto del Super Bowl: contro questi Chiefs, per il momento, va così.
La difesa, una settimana dopo aver “dominato” Lamar Jackson, non ha trovato risposte per rallentare, figuriamoci neutralizzare, Patrick Mahomes mentre l’attacco è stato martoriato dai blitz della spesso sottovalutata difesa dei Chiefs: sono cose che capitano, soprattutto contro questi marziani.

Può una sconfitta ad un passo dal Super Bowl cancellare una stagione altrimenti memorabile?
A mio avviso no, Buffalo deve essere fiera di quanto fatto, i tifosi possono guardare al futuro con assoluta e motivata fiducia.
Hanno in Josh Allen un franchise quarterback che durante la terza stagione fra i professionisti ha compiuto un salto di qualità oggettivamente assurdo issandosi nella top five della propria posizione ed arrivando addirittura ad essere considerato – a più riprese – come credibile candidato MVP: il rischio di tre anni fa ha pagato dividendi, investire su Allen ha drasticamente cambiamento il destino di una franchigia che nel tempo era precipitata nelle sabbie mobili della mediocrità e, francamente, nel loro futuro immediato – e non – vedo tante qualificazioni ai playoff e, perché no, parecchie vittorie una volta dentro.

Probabilmente, come tante altre squadre della AFC, dovranno modellare il proprio roster al fine di mettere insieme una squadra che possa battere i Chiefs, malgrado mi renda conto che un’affermazione del genere non abbia poi così senso: come si battono i Chiefs? Finora solamente i Patriots di Brady e Belichick sono riusciti a batterli ai playoff e, indipendentemente dall’esito del Super Bowl, appare chiaro che ci troviamo davanti alla prossima grande dinastia della lega.
Buffalo sarà sempre e comunque lì e per con qualche ritocco durante l’offseason potrebbe elevare ulteriormente un roster di primissimo livello: ritengo fondamentale investire con intelligenza in difesa, magari mettendo le mani su un pass rusher al draft e rinnovando il meritevole Matt Milano, ma tutto sommato Buffalo è una squadra giovane e ben costruita che non credo avrà particolari problemi a replicare quanto fatto quest’anno, perlomeno in regular season.

Josh Allen è un grandissimo quarterback, McDermott è un ottimo allenatore ed il front office, dopo secoli di disfunzionalità, appare coeso e brillante: con una preziosa offseason davanti Allen troverà il modo di affinare la già sensazionale intesa con Diggs e, qualora dovessero riuscire a ridare linfa ad un poco efficace running game, l’attacco dei Bills troverà un modo per concludere la prossima stagione nei piani alti della lega.
Una sconfitta a questo punto della stagione, come già detto, fa male, ma non perdiamo di vista il piano a lungo termine: Buffalo c’è e ci sarà, che ci piaccia o meno.

8 thoughts on “NFL Championship Weekend: lo stato di salute delle squadre eliminate

  1. Favre: “Non darei troppo peso alle dichiarazioni di Aaron dopo la partita: ha le sue cose.”

      • Sì, io avrei corso.

        Mi premeva solo sottolineare l’estrema emotività del fuoriclasse californiano, che gli ha zavorrato la carriera. Brady ha meno talento complessivo ma di testa è molto più dotato.

        • sì ho capito, ma la battuta ripetuta del “ha le sue cose” è tristarella

          • Mi rendo conto che la sconfitta non è colpa sua, perché ha giocato una buona partita e perdere così fa male, ma un vero campione lo si vede con la tenuta mentale che h nelle sconfitte… e Rodgers dimostra da questo di non essere un campione a 360 gradi.

  2. La zavorra nella carriera di Rodgers son state le scelte della dirigenza Packers, mai in grado di dargli una squadra all’altezza. E ci sta che un fuoriclasse come lui possa sentirsi frustrato in una situazione del genere, anche perché se San Francisco nel draft 2005 ci avesse visto bene, ora non si ritroverebbe con 1 solo anello al dito.

  3. Fossi stato in rodgers avrei appeso lafleur al muro x quella scelta. E poi è vero che le colpe ricadono anche sulle scelte della dirigenza.

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