Il potere mediatico emanato dal trasferimento di Tom Brady a Tampa porta con sé una grande magnitudine, divenuta ancora maggiore una volta eseguiti i dovuti conteggi pre-stagionali e conseguentemente compreso che si sarebbe potuto assistere a due sfide, forse tre, contro quel Drew Brees oramai al tramonto della sua stimatissima carriera, un avversario che ieri le circostanze imponevano di incontrare solamente ogni quattro anni a causa della rotazione del calendario Nfl e della diversa Conference di appartenenza ma che oggi diventava un rivale divisionale di primo livello, costruendo una tematica assai golosa per tutte le emittenti televisive che hanno poi avuto la fortuna di trasmettere uno di questi incontri. Lo svolgersi delle vicissitudini dell’attuale sessione di scontri senza un domani ha fornito il giusto pretesto per accomodarsi in poltrona ed assistere anche allo scontro-bonus, che date le ipotesi di ritiro del riverito quarterback dei Saints potrebbe anche essere stato l’ultimo di sempre.

Non è stato il Brees contro Brady che sarebbe potuto essere qualche anno fa o sul quale si fantasticava con eccitazione in pre-stagione, ieri non poteva esserlo nemmeno sulla carta. Il quarantaduenne quarterback di New Orleans ha trascorso l’attuale campionato mostrando chiari segni di declino dovendo per giunta affrontare qualche gara di assenza per il grave infortunio al polmone e alle costole – ben undici fratturate – risalente al mese di novembre, con la squadra tranquillamente capace di cavarsela anche senza un’icona che ha dimostrato di non rivestire più l’imprescindibile ruolo che ha cambiato per sempre la storia della franchigia dopo il famigerato uragano Katrina. Brees ha salvato i Saints da ogni tipo di situazione chissà quante volte, ma ieri notte ha purtroppo testimoniato il suo inevitabile termine di risorse: diciannove completi su trentaquattro situazioni di lancio, solamente 134 yard, un passaggio vincente e tre intercetti, tutti ingredienti facenti parte integrante della sua peggior prestazione ai playoff di sempre, valida per un rating che assomigliava più ad una temperatura febbrile (38.1) che una prestazione di uno dei registi più forti di tutti i tempi.

Non è stata nemmeno la partita di Brady, il quale ha senz’altro giocato meglio ma ha vinto nella stessa identica maniera attraverso la quale Tampa aveva portato a casa più di qualche successo in stagione regolare, ovvero senza vedersi costretto a costruire statistiche mirabolanti (199 yard, due mete, nessun turnover) per sopperire alle deficienze difensive, in particolare delle stesse secondarie che hanno trascorso la maggior parte dell’anno dentro l’occhio del ciclone. La storia di questo match l’ha difatti scritta una difesa capace di concedere solamente 7 primi down su passaggio, impedito ad Alvin Kamara di provocare i soliti danni (105 yard totali senza mete) e coperto al meglio tutte le opzioni avversarie in fase di ricezione, lasciando all’asciutto un Michael Thomas mai in grado di connettersi con il quarterback lasciando la quasi totalità del palcoscenico a Tre’Quan Smith, chiaro Mvp di serata (85 yard, due mete e tanti danni su ritorno di calcio) per un attacco che non ha saputo infierire nei primi due drive della gara – il fatturato riporta solo sei punti totali – e che si è dovuto affidare ad un trick play saccheggiato dal playbook di Matt Nagy per segnare la prima meta della contesa, una bomba di 56 yard peraltro uscita dalle mani del redivivo Jameis Winston.

I Saints hanno segnato solamente sette punti nei trenta minuti finali di gara, ed è esattamente qui che la stessa si è sostanzialmente girata a favore degli ospiti. Determinanti sono state le prove di una linea offensiva che ha protetto Brady in maniera eccellente, rimediando ad una falla vista in troppe circostanze durante la stagione regolare, e che ha aperto con regolarità i giusti varchi per un gioco di corse molto consistente, importante per sovvenire alla mancanza di grandi giocate aeree. Il backfield ha difatti alternato in maniera produttiva un Leonard Fournette partito titolare e molto puntuale anche in fase di ricezione (63+44 ed un touchdown il totale alla fine della sua serata) ed un acciaccato Ronald Jones, il quale ha coraggiosamente spinto sul quadricipite infortunato ottenendo 62 yard in 13 faticose portate, ambedue prestazioni indispensabili considerata la sostanziale assenza di Mike Evans quale riferimento principale per Brady, che si è dovuto invece affidare alle miracolose giocate di giovani poco conosciuti come Scotty Miller e Tyler Johnson.

I turnover occorsi in coincidenza della ripresa delle operazioni sono stati nulla meno che determinanti, andando a formalizzare una prova d’orgoglio giunta nel miglior momento possibile da parte delle criticate secondarie. Il cambio d’inerzia è giunto grazie al fumble forzato da Antoine Winfield Junior, che ha colpito Jared Cook con la stessa veemenza usata da suo padre ai tempi dei Minnesota Vikings dando il là alla meta di Fournette, mentre l’intercetto del poderoso Devin White, leader statistico difensivo con undici placcaggi, ha accorciato notevolmente la distanza da percorrere per ottenere il definitivo 30-20, pervenuto da una personale sneak firmata da Brady in persona. Il terzo ed ultimo intercetto è poi arrivato grazie a Mike Edwards, un altro giovane membro di queste verde difesa, con poco più di quattro minuti da giocare, un’azione andata a sancire la possibile ultima apparizione in campo di Brees e che potrebbe quindi diventare storica qualora il numero nove decidesse di appendere casco e paraspalle al classico chiodo.

I Buccaneers staccano così il biglietto per il Championship della Nfc vincendo ancora una volta in trasferta, riscrivendo qualche altro vecchio record di franchigia: prima della settimana scorsa Tampa aveva difatti vinto una sola gara in trasferta nei playoff nei suoi 44 anni di esistenza, ed ora, nella presente postseason, quel numero si è già esteso a tre. Ad attendere la squadra di Bruce Arians ci sarà niente meno che il gelo di Green Bay nel primo Championship casalingo di sempre da quando Aaron Rodgers guida i Packers, un ambiente climatico che di certo non costituirà un problema per un quarterback il quale ha sempre sguazzato a piacere nel gelo dei dei vari mesi di gennaio trascorsi a New England. Sarà un rematch esattamente opposto rispetto a quello vissuto ieri notte, dato che i Bucs si sono precedentemente affermati su Green Bay in regular season per 38-10 al contrario delle due sconfitte riportate contro New Orleans, ma si sa, i playoff sono tutto un altro racconto e lo stato di forma di questo preciso istante conta sempre più di tutto il resto, e Tampa cercherà di estendere la striscia positiva di sette gare consecutive vinte fuori dalle mura amiche del Raymont James Stadium, che ritroverebbero invece in caso di accesso ad un Super Bowl che potrebbe diventare il primo di sempre ad essere giocato dalla squadra di casa, un potenziale nuovo ed eccezionale capitolo scritto dal più grande di tutti i tempi.

5 thoughts on “Prosegue la traversata dei Buccaneers, arginato anche l’ostacolo Saints

  1. la prossima partita Tom Brady Vs. A. Rodgers
    nella Frozen Tundra? Wow.. i sogni a volte si avverano!!

  2. Beh ma nemmeno dopo la partita di ieri sera si capisce che il football non è mai Tizio contro Caio?
    Anche se Tizio e Caio sono due fenomeni come i due vecchietti in questione.
    E Maurizio anche al Championship non sarà così credimi.

    • Vero, ma Brady Vs Rodgers è stato per anni il confronto ideale al Superbowl, confronto che non c’è mai stato (Green Bay sempre eliminata prima). Ora finalmente si incontreranno nella post season, con la Frozen Tundra come cornice
      Di certo poi le partite vengono decise dai particolari, l’unico “sport” dove tutto dipende dalla mente di due persone sono gli scacchi
      Però sarò ben felice di gustarmi il match

  3. ovviamente anch’io Maurizio … comunque anche il pugilato il tennis il biliardo….
    Ma ciò che rende unico il football anche rispetto a tutti gli altri sport di squadra è l’assoluto minor peso del singolo sui destini finali….

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