New Orleans rispetta i pronostici e batte 21-9 dei mai domi Bears, con un risultato che non rispecchia degnamente i valori in campo, dato che il team di Matt Nagy venderà cara la pelle almeno per due quarti e mezzo, nei quali errori macroscopici, fortuna avversa e un paio di penalità al limite li ricacceranno indietro da segnature sicure!

I Saints raggiungono Tampa Bay in un Divisional che promette spettacolo con l’ennesima sfida Brady/Brees, da giocare ancora nel fortino chiuso del Superdome, portandosi a casa una vittoria importante che fa morale per come avvenuta, cioè fallendo anch’essi un paio di down primordiali a poche yard da eventuali realizzazioni, sprecando possesso campo e palla, steccando molteplici giochi offensivi e adattandosi quindi almeno all’inizio a un incontro accorto fatto di resilienza difensiva, dimostrando perciò di avere le armi giuste per vincere gare da playoff in ambedue le fasi, peculiarità decisive per chi ambisce al trionfo finale!

Chicago invece si conferma fra le migliori retroguardie NFL, ma apatica nell’offense, senza un regista di personalità che ne possa elevare hype con soluzioni personali (Trubisky 19 su 29 per 200 iarde) e qualità circoscritte a un paio di elementi: New Orleans grazie a ciò subirà meno di 14 punti in una partita playoff, novità assoluta nella sua storia!

Sulla carta questo era il wild card game con meno appeal, vista la superiorità di una squadra verso l’altra.

Nola difatti, sebbene avesse combattuto con sfortune molteplici durante l’arco della stagione, ha manifestato un deep core che le ha permesso di bypassare malasorte e assenze importanti, sfruttando poi le abilità di un guru come Sean Payton a correggere game plan in funzione delle disponibilità. Se Winston si è rivelato un bust irrecuperabile, sorprendente è stato invece Taysom Hill dietro al centro in sostituzione di Brees, magari pure grazie ai formidabili Ramczyck, Armstead e la guardia Andrus Peat, confermando l’attacco elite al pari della straordinaria difesa (top five per entrambi), dove l’eccellenza fra gli altri di Demario Davis, Trey Hendrickson, Cam Jordan e ovviamente Marshon Lattimore si è confermata tale!

I Bears invece hanno lottato con le unghie per giungere alla postseason, superando con la pregevole muraglia di Chuck Pagano un’O-Zone discontinua e invasa dalla lotta di potere fra Trubisky e Foles, ambedue inadeguati senza varianti qualitative, qui limitate esclusivamente alla verve di Allen Robinson e Cordarelle Patterson, lui ultima icona di una categoria – i kick returner – oramai appassita, e soprattutto ai progressi della superstar David Montgomery, vero one man show stagionale!

Con Alvin Kamara negativo tre volte al covid e Michael Thomas abile a scendere in campo dopo tante peripezie (11 gare saltate), New Orleans aggiungeva di nuovo al suo comparto il tandem dei sogni, sostituito comunque egregiamente in ricezione da Sanders e Callaway. Drew Brees, venerdì prossimo 42 primavere, chiuderà in 265 yard e 28/39, premiando MT#13 (73 in 5 prese) e Murray con due passaggi da TD, mentre il terzo asso ne performerà 99 via terra, di cui 3 in meta. Detta così sembrerebbe una passeggiata di salute la serata del big trio, ma lo start parlerà bensì di enormi difficoltà per i tre, probabilmente a causa della ruggine accumulata nelle numerose assenze che hanno loro compromesso forma e continuità!

L’icona in regia sarà letteralmente terrorizzata nel linguaggio del corpo, allorquando belve assatanate col volto di Mack, Quinn o Hicks metteranno pressione all’intero pacchetto, costringendolo a rilasciare pericolosamente l’ovale verso target marcati di spalle, facendo rischiare l’osso del collo a Cook e lo stesso Taysom Hill: più di una volta, annusata l’ansia e l’insicurezza rivale, Pagano arriverà a schierare ben 5 uomini nello scrimmage!

Il tanto atteso matchup wideout Michael Thomas/Kyle Fuller, col CB fra i migliori grade per PFF, sebbene i 7 intercetti del 2018 fossero solamente un piacevole ricordo, ha poi inizialmente asfissiato il fenomeno a casacca 13, fra l’altro accoppiato spesso pure a Vildor, mentre Kamara, letteralmente ingessato e fuori partita, accusava la carenza di practice settimanali!

Dall’altro lato, di pari interesse si prevedeva la sfida fra Lattimore ed Allen Robinson, per la quale però ci asteniamo dai giudizi; è difatti impossibile valutare la prova di un ricevitore costantemente raddoppiato per la moria di varianti al suo fianco.

Se il front seven a fleur de lis aveva quale unico scopo fermare le corse di Montgomery (49 yard concesse a tutto il reparto e missione compiuta), costringendo Trubisky a lanciare, più difficile ma lo stesso a buon fine si è palesata la pressione della corazzata Mack-Mingo-Trevathan-Quinn verso Brees, e dell’ex Akiem Hicks su Cesar Ruiz, dominato in largo e in lungo (pure nel trash talking) sul lato destro della linea, punto debole già emerso nella brutta pass protection contro i Panthers di Nick Easton, oggi ai box!

Fallimentare invece – e non per colpa sua – il playbook di Nagy, originariamente propenso al clock control in stile week 17 (Green Bay), ma senza l’apporto di alternative una volta bloccati Montgomey e le slot reception, e limitato a 21 minuti su 60 con 11 miseri primi down.

La situazione infortuni è stata drammatica un po’ tutto l’anno nei Saints, che a parte gli affanni certamente tuttora invalidanti alle costole di Brees e il season ending di Kwon Alexander, si presentavano alla wild card con molti dubbi e acciacchi plurimi. In protocollo covid Burton (fullback), Murray, Washington e Kamara già avevano sguarnito la running back room durante l’epilogo della stagione regolare, mentre fra pandemia e noie fisiche la secondaria annoverava Marcus Williams, CJ Gardner-Johnson, Patrick Robinson e DJ Swearinger! Fermi pure i wr Harris e Tre’Quan Smith (collo e caviglia) e per non farsi mancar nulla Taysom Hill era reduce da una concussione. Alla fine, quando quasi tutti, sebbene un po’ scombussolati, apparivano recuperati, è arrivata la mazzata Hendrickson, out per problematiche al collo, che debilitava la D-Line dell’elemento di maggior forza!

Più tranquilla originariamente la situazione in casa Bears, preoccupati in ricezione per il tendine dell’asso Allen Robinson, poi rimesso a posto, e la caviglia di Darnell Mooney, che aveva saltato l’allenamento di giovedì, e pronti a riaccogliere l’offensive tackle Massie dalle seccature al ginocchio. Visionati quotidianamente infatti c’erano fra gli starter soltanto Jaylon Johnson (spalla) e Roquan Smith (gomito), mentre nel resto del roster malanni vari lamentavano in secondaria e front seven Deon Bush, Buster Skrine, Duke Shelley e Josh Woods, tutti quanti comunque vicini al recupero.

Purtroppo per Chicago, il bilancio presenti/assenti sarà più pesante rispetto a New Orleans, dato che il rientro di Deonte Harris spariglierà le carte in tavola, specialmente nel difficile avvio di match, dove le amnesie dei big saranno sostituite dal suo ottimo brio, grazie al quale i Saints termineranno comunque in vantaggio l’halftime. Nei Bears invece, se Smith sarà rimpiazzato decorosamente nella linebacker squad, determinante si rivelerà ahinoi la mancanza di Mooney, sostituito dal penoso Javon Wims, che toglierà drammaticamente valvole di sfogo al già deficitario Trubisky, circoscritto così unicamente alla verve di Robinson e Montgomery, controllati poi a dovere, e quella a partita in corso del safety DeAndre Houston-Carson!

La partita si decide in pratica nelle missed opportunities del primo tempo, quando il destino sarà beffardo con gli orsi.

Infatti, prima un clamoroso drop di Wims in endzone da wildcat trick play, poi il quasi intercetto di Shelley su drop di Cook, vanificato dal millimetrico tocco terreno dell’ovale, e infine la zelante penalità – non sarà la sola a senso unico – per condotta antisportiva a Kmet, provocato da Malcolm Jenkins, non permetteranno a Chicago di pareggiare il TD di Thomas, e il tabellino parziale annoterà solo il piazzato di Santos per il 3 a 7. Troppo poco dopo aver stoicamente controllato un attacco atomico e forzato persino un fumble sulla shotgun di Hill grazie a Gipson, Trevathan e John Jenkins.

Nella ripresa, come ovvio, la stanchezza di una difesa sempre in campo, ha lasciato così spazio al campionario qualitativo dei Saints, con Brees e Kamara totalmente rinfrancati e su di giri.

Il qb è stato perentorio nell’orchestrare il primo drive della ripresa – successivo al sack di Sheldon Rankins che aveva retrocesso in quello precedente Trubisky – da 7:30 minuti e concluso con Murray (14-3), e il successivo addirittura da 9 terminato con l’ingresso in endzone del runningback per il 21-3 che ha chiuso le ostilità. Onorevole e meritato infine il touchdown della bandiera di Jimmy Graham a tempo scaduto!

I Bears vanno a casa contenti della loro annata, sorprendentemente finita con l’accesso ai playoff; ripartono da un grande head coach su cui proseguire e un Chuck Pagano riciclatosi perfetto quale organizzatore tecnico/tattico da top defense! Le scelte andranno adesso fatte esclusivamente alla ricerca di un regista affidabile, che possa poi creare a suo fianco nuove motivazioni e ulteriori talenti a cui porgere palla.

Nel draft si rientrerà al primo giro dopo la trade per Khalil Mack (2018), e in 20ma posizione un profilo alla Zach Wilson o Kyle Trask potrebbe fare al caso loro. Alternativa, cedere ancora pick e assaltare giocatori maturi, pronti a contendere e magari scontenti del proprio presente: ogni riferimento a Deshaun Watson è puramente casuale!

Brees invece prosegue la corsa verso l’happy ending della sua gloriosa carriera. Da un lato c’è preoccupazione per una parte di gara da non ripetere assolutamente nei tempi a venire, dall’altro però la constatazione che anche Bucs e Bills, fra le favorite della wild card, non hanno convinto. Inoltre, aver superato lo shock di un front seven così feroce, allarga ora le spalle verso i vari JPP, Aaron Donald o gli Smith Bros, prossimi a farsi di fronte!

Patrick Robinson e Latavius Murray sono gli ultimi infortuni da valutare, sperando possano poi essere presenti nella sfida a Tampa.

E’ per l’appunto la salute il termometro di questo finale per New Orleans; se la settimana porterà finalmente allenamenti di gruppo completi e una forma al massimo per l’intera truppa, i Saints potrebbero divenire la vera favorita per il Superbowl, permettendo al loro mito di concludere nel migliore dei modi un’immortale epopea!

2 thoughts on “I Saints escono fuori alla distanza e controllano degli arcigni Bears

  1. L’unica Wild Card in cui aldilà del punteggio non c’è mai stata partita.
    Chicago semplicemente non doveva essere lì.
    E se ti ostini a far guidare l’attacco a uno come Mitch Trubinski di strada ne ai poca.
    Con Nick Foles probabilmente perdi peggio ma almeno puoi provare a vincerla… così puoi solo aspettare che passino 60 minuti in cui la tua difesa di prim’ordine fa di tutto per limitare i danni sapendo già che non servirà a nulla

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