L’obiettivo minimo che i Buccaneers si erano preposti durante la scorsa offseason è stato raggiunto. No, non si trattava di approdare ai playoff per la prima volta dopo 13 lunghi anni, non può essere questo il traguardo dopo che ci si è aggiudicati la colossale firma di un Hall Of Famer ancora in attività come Tom Brady, la cura per tutti i mali della compagine guidata da Bruce Arians. L’obiettivo minimo era vincere la prima gara di postseason dal 2003, ovvero il momento più alto nella storia di Tampa Bay, quella vittoria del Super Bowl che ha messo da parte anni ed anni di inettitudine esistenziale fornita da una squadra conosciuta per l’eterna aura perdente e che oggi desidera rispolverare quel sapore così dolce, così raro da avvicinare, così attraente da desiderarne ancora, ed ancora.

Il successo è arrivato, ed ora che il primo ostacolo è stato abbattuto c’è da concentrarsi sul prosieguo del cammino, tenendo conto che da ora in poi entreranno in scena solo i pezzi grossi. Ed è una considerazione importantissima questa, perché per quanto abbiano giocato meravigliosamente bene nell’ultimo mese i Bucs di Tom Brady hanno faticato non poco nell’aver ragione di una squadra come Washington, giunta ai playoff dalla porta di servizio dopo un’affermazione divisionale per la quale c’era gran poco da festeggiare e che non poteva presentare la miracolosa risorsa che ha permesso di poter rivoltare la stagione in via positiva, quell’Alex Smith che ha terminato la regular season con un bilancio di 5-1 nelle partenze da titolare, ben differente dal 2-7 con cui era partita un’annata apparentemente disastrosa.

Guardando semplicemente i numeri sarebbe dovuta essere una partita più dominante del 31-23 con cui Tampa si è imposta sul terreno del Washington Football Team, ma non sempre le cifre raccontano con correttezza la reale storia dello svolgimento della gara. Eppure l’attacco dei Bucs ha allestito uno spettacolo in grado di infilzare una difesa da top ten della Nfl con 507 yard di produzione totale, frutto di un Tom Brady capace di collezionare agilmente il record di franchigia di yard lanciate in singola manifestazione post-stagionale con 381, dirigendo più di qualche drive che ha mosso le catene senza esitazioni ma che per quattro volte si è dovuto accontentare del piede di Ryan Succop, dimostrando di dover effettuare qualche serio aggiustamento nei confronti dello stallo nelle ultime 20 yard, rimedio essenziale per affrontare la rimanenza di un percorso che sarà sempre più difficile per via dell’altissimo livello competitivo.

Inoltre, visto l’andamento complessivo del campionato, era perfettamente lecito presumere che il già debole attacco di Washington avrebbe avuto grosse difficoltà nel racimolare primi down senza poter contare sull’esperienza di Smith, e qui non sono solo i numeri a non mentire, ma pure l’impressione visiva scaturita dalla prestazione di Taylor Heinicke, una formichina se paragonato all’ombra maestosa di Brady ma comunque in grado di giocare una buonissima partita d’esordio nei playoff – la seconda da titolare di tutta la carriera – portando in campo un dinamismo che nella capitale statunitense non si vedeva da troppi anni. Heinicke, giunto dalle parti del Fed-Ex Field a dicembre già iniziato solamente per rivestire un ruolo di emergenza per il Covid, si è improvvisamente ritrovato catapultato in una realtà intimidatoria rispondendo con grande determinazione, spingendosi oltre i suoi stessi limiti considerandone il non eccelso talento e scarsità di esperienza sul campo.

L’ex-regista dell’università di Old Dominion ha invece sovvertito i pronostici dettati dalle condizioni del polpaccio di Smith portando dentro al rettangolo di gioco una qualità essenziale per un quarterback, ovvero la capacità di far accadere delle cose. Una frase molto generica e semplice, ma perfetta per rendere l’idea dimostrando il punto dove si vuol giungere. Heinicke ha reso l’attacco pimpante arrivando a confezionare singoli guadagni di 18, 29 e 36 yard, manna dal cielo per un reparto troppo spesso abituato al 3 & out, ha lanciato buonissime spirali sul medio-profondo, ha trovato ricevitori in corsa dopo evadendo con disinvoltura dalla confusione della tasca protettiva, ha mostrato interessanti mezzi atletici andando personalmente a segnare una meta di 8 yard lanciandosi contro il piloncino laterale come se non ci fosse un domani, portando con sé una carica emotiva del tutto nuova, e certamente benefica per tutto il gruppo. Alla fine sono arrivate 306 yard con il 59% di completi, una meta su passaggio ed un intercetto scaturito da una deviazione, il tutto senza lo straccio di un gioco di corse decente, che in alti casi avrebbe costretto il punter Tress Way a correre in campo in molteplici occasioni, come il passato ha già ampiamente dimostrato.

Per quanto possa sollevare dal peso degli insuccessi degli ultimi diciotto anni, questa vittoria nella Wild Card lascia ampio spazio ai dubbi. Chiaro, l’arrivo di Brady ha alzato l’asticella delle aspettative in maniera esponenziale, e la squadra ha spesso comprovato di poter imporre il suo maggior talento con particolare riferimento alla fase offensiva. I Buccaneers hanno dimostrato che cosa significa poter schierare un backup di lusso come Leonard Fournette, determinante per tenere alta la resa delle corse con 93 preziosissime yard in 19 tentativi ed una meta, il tutto in sostituzione di un Ronald Jones infortunatosi al quadricipite proprio nella fase di riscaldamento antecedente al kickoff, un evento che in altri casi avrebbe potuto provocare la conseguenza del dover assemblare un piano di gioco quasi completamente basato sui passaggi, apportando un evidente vantaggio ad una già forte pass rush di Washington che ha atterrato Brady per tre volte, nonostante l’ottimo lavoro della linea nel tenergli distante il letale Chase Young. Possedere inoltre un Antonio Brown in grado di battere chiunque in velocità nonostante il lungo periodo trascorso lontano dagli stadi Nfl non guasta certo, così come risulta determinante lo spirito di sacrificio di Mike Evans, responsabile di 119 yard – miglior statistica di sempre di un ricevitore dei Bucs nei playoff – nonostante l’infortunio al ginocchio di una settimana fa.

Tuttavia, il solo talento potrebbe non bastare. Gli uomini di Arians hanno giocato un buon primo tempo tenendo gli avversari ad una sola meta, senza tuttavia approfittare di ben quattro serie di giochi giunte nel territorio favorevole, chiudendo sul 18-7 un primo tempo che avrebbe potuto condurre ad un distacco molto più sensibile. La precedentemente citata meta personale di Heinicke ha invece siglato una particolare dichiarazione di non resa andando ad una sola conversione da due punti fallita da una situazione di pareggio, con Tampa ritrovatasi costretta a soffrire fino ai due minuti conclusivi della partita, quando un provvidenziale sack di Lavonte David ed il conseguente quarto e 21 non convertito da Washington hanno permesso il sospiro di sollievo finale.

Il tentativo di avanzata post-stagionale dei Bucs continuerà la settimana prossima con un avversario che si conoscerà solamente questa sera, in base all’esito dello scontro tra Saints e Bears. Ed è proprio in quest’ottica che si devono affrontare i ragionamenti proposti da Bruce Arians dopo la gara, perché come lui stesso ha sottolineato una prestazione come questa può essere sufficiente per questo contesto, ma non certo per i livelli successivi. Improbabile difatti riuscire ad aver ragione della New Orleans di turno – contro la quale il passivo stagionale è di 26-72 in termini di differenziale nei punti segnati – se non si convertono adeguatamente le opportunità nelle ultime 20 yard e se le secondarie continuano ad errare nelle coperture (basti pensare alle 104 yard raccolte da Cam Sims…), così come diviene difficile pensare di piegare sufficientemente una difesa come quella dei Rams, altri possibili avversari qualora i Bears facessero lo scherzetto a Drew Brees, reparto peraltro reduce da una gara magistrale come quella giocata contro Seattle.

Washington saluta invece la stagione con buone prospettive ma tante incertezze. Si è visto il segno del cambio culturale portato dall’assunzione di Ron Rivera, persona ideale per un ambiente da ricostruire daccapo, si è vinta una division certamente scarsa ma in ogni caso ad un solo anno da un deprimente 3-13, il tutto grazie ad una difesa cresciuta tantissimo a campionato in corso e ad un nucleo giovane, futuribile, al quale va però aggiunto ancora del talento offensivo. Resta sempre quel perenne vuoto di stabilità nel ruolo più importante di tutti, quest’anno gestito attraverso una prima scelta finita a spasso come Haskins, all’inarrivabile forza mentale di Alex Smith, alla fugace apparizione di Kyle Allen ed infine alla sorpresa portata dall’interpretazione di gara portata da Heinicke nell’atmosfera più pressante di tutte, evento che nella sua positività porta anche ulteriore confusione sul futuro a lungo termine della posizione.

3 thoughts on “Buccaneers, avanti tutta a Washington, ma con fatica

  1. Bucs che vincono ma non entusisamanti anzi…troppe imprecisi nei pressi della redzone..
    I Washington commoventi per quanto ci hanno provato..Partitone di Heinicke nn ha propio risentito dell’resordioa in post season
    Per me sarà una bella partita tra Bress vs Brady

  2. La ricorderò sempre come la partita di Taylor Heinicke.
    Non so se ne giocherà tante altre. Nella NFL è così se entri nel giro sbagliato non ne esci più.
    Difficilmente hai la possibilità di tornare al top.
    Ma il “ragazzo” ha fatto una partita maiuscola dimostrando non solo capacità tecniche ma soprattutto una grande personalità.
    Che WFT fosse decisamente molto meglio del record con cui è arrivata in post season lo sapevo
    Che Brady e la sua banda di vecchietti sarà li a giocarsela fino in fondo anche

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