BEST

CLEVELAND BROWNS

L’unica sfida interessante della prima finestra di gare domenicali vedeva opporsi due dirette concorrenti della Afc a quota 8-3. I Browns sono senza dubbio scesi in campo con l’approccio corretto, hanno dominato i Titans sin dalle prime battute giocando un primo tempo straordinario, capitalizzando ogni singolo errore avversario per poi permettersi di gestire in tutta tranquillità un secondo tempo trascorso a gestire l’enorme vantaggio già accumulato, seppure con qualche rischio non esattamente necessario.

Baker Mayfield si è guadagnato una settimana lontano dalla pressione lanciando quattro passaggi da touchdown con 290 yard e l’80% di completi nei soli primi trenta minuti, senza tener conto del drop commesso dal rookie Donovan People-Jones nel primo drive della partita, azione che avrebbe potuto rendere queste statistiche ancora migliori. Il quarterback dei Browns si è comportato molto bene in fase di conversione di terzi down fornendo continuamente nuova linfa vitale alle serie offensive del primo tempo, mentre la difesa ha recuperato qualsiasi cosa fosse possibile alimentando di conseguenza le occasioni di segnare. Determinante difatti il fumble provocato da Sheldon Richardson ai danni di Derrick Henry, episodio dal quale è scaturito il touchdown del momentaneo 17-0, alla pari della bomba downfield scagliata da Mayfield in direzione del redento People-Jones, giunta in reazione ad un drive di 75 yard che Tennessee aveva portato in endzone nel giro di un battito di ciglia.

L’aggressività dei Browns e l’estrema sicurezza finalmente mostrata da Mayfield si sono tradotte in un primo tempo concluso sul 38-7, con cinque mete complessive e 344 yard di total offense, numeri che possono far comprendere l’evidente calo generale della prestazione in coincidenza di una ripresa dove i Titans hanno più volte cercato al rimonta. L’aspetto più importante della faccenda riguarda non tanto il 41-35 finale, distacco assai più risicato rispetto alle proporzioni assunte nei primi due quarti, ma l’atteggiamento corale della squadra di fronte ad uno scontro determinante per la futura disposizione nella griglia dei playoff della Afc.

Si tratta di una vittoria di grande qualità in un quadro che che vede una Cleveland molto differente rispetto ai primi turni di campionato, rimasti impressi nella memoria per quell’incapacità di emergere dal quadro divisionale con lo stesso spessore di Pittsburgh e Baltimore, ancora oggi le due peggiori sconfitte rimediate dalla squadra allenata da Stefanski. I Browns sono giunti alla quarta vittoria consecutiva, detengono il terzo miglior record della loro conference ed hanno raggiunto quota nove vittorie per la prima volta dal 2007: sicuramente un sollievo per una franchigia che ha sofferto le pene dell’inferno, e l’occasione di mostrarsi di caratura differente nel secondo confronto stagionale con Ravens e Steelers sarà un elemento in grado di accendere la necessaria curiosità per un finale di campionato importantissimo.

DARREN WALLER

I Raiders hanno sfiorato il disastro in terre newyorkesi e ce l’hanno fatta solamente grazie all’inettitudine complessiva di una delle peggiori squadre di sempre della Nfl, e molto lo devono al loro sottovalutato tight end. Spesso si guarda al risultato finale, al traguardo raggiunto, dimenticandosi di tutto ciò che c’è stato nel mezzo, del come ci si è arrivati. In questo caso ci si è arrivati grazie alle prodezze di Darren Waller, che ha sostenuto quasi in completa solitudine l’attacco di Las Vegas offrendo una prestazione storica, pareggiando un massimo di carriera con le 13 ricezioni eseguite e stabilendone uno nuovo con le 200 yard ricevute, confezionando una delle migliori prestazioni di ogni epoca per il suo ruolo.

Waller è diventato solamente il quarto tight end di sempre a registrare almeno 200 yard e 2 mete nella stessa partita, e togliendo il suo contributo dalle statistiche generali di squadra diviene immediatamente chiaro il come i Raiders non sarebbero mai sopravvissuti ad una catastrofe del genere. La difesa dei Jets ha insistito nel proporre una marcatura a uomo nonostante un primo quarto dove Waller aveva già raccolto 79 yard in sei ricezioni, fallendo nell’eseguire uno degli aggiustamenti che avrebbero potuto variare l’esito del match in una gara dove la squadra di Gruden si trovava chiaramente snaturata dalla sua vera essenza, quel gioco di corse che domenica era privo del suo protagonista indiscusso, Josh Jacobs.

Nonostante l’evidente mancanza di equilibrio in marcatura, Waller ha inciso anche nelle fasi salienti del quarto periodo realizzando big play in ciascuna delle due serie di giochi allestite da Las Vegas negli ultimi cinque minuti della partita, l’ultima delle quali ha fruttato il definitivo sorpasso. Nulla ha potuto una difesa newyorkese allo sbaraglio, incapace di metterci una pezza nonostante la situazione avesse chiaramente mostrato come il tight end fosse l’unico punto di riferimento per un Carr che ha scagliato ben 17 palloni in direzione del suo bersaglio più fidato. E’ ancora presto per decretare il destino dei ragazzi di Gruden, ma di certo in caso di qualificazione ai playoff si saprà a chi indirizzare i ringraziamenti per aver salvato la nave mentre attraversava la peggiore delle tempeste.

WASHINGTON FOOTBALL TEAM

Dire che i pronostici erano contro gli uomini di Ron Rivera suona proprio come un eufemismo, e la situazione al rientro dagli spogliatoi della gara giocata a Pittsburgh nella serata americana di lunedì non faceva altro che dare ragione a tali previsioni. D’altro canto la situazione suggeriva una netta sconfitta, trattandosi di una trasferta nel sempre difficile impianto di gioco di una squadra che fino a quel momento era l’unica realtà imbattuta di tutta la lega, con Washington sotto di due mete ed una possibilità di recupero molto vicina allo zero se non altro per il rapporto tra le enormi difficoltà offensive e l’ottimo livello della difesa di casa, nonché per dati storici quasi del tutto inconfutabili, che parlavano di un record casalingo ogni epoca di 78-1-1 con gli Steelers in vantaggio di 14 o più punti nell’intervallo.

Il secondo tempo giocato da Washington ha drasticamente modificato l’esito del racconto, un’impresa ancor più eclatante se considerata la prematura uscita di scena per infortunio dell’elemento offensivamente più rilevante, il rookie Antonio Gibson. Alex Smith ha continuato il suo personale miracolo giocando un football ordinato, completando 31 dei 46 passaggi per 296 yard ed una meta nonostante la pressoché totale assenza del gioco di corse, trovando concreta collaborazione dal sorprendente tight end Logan Thomas e dallo sconosciuto Cam Sims, responsabili di ben 18 completi equamente suddivisi.

Decisiva anche una prestazione difensiva che ha visto la linea dominare la partita pur senza portare a casa un sack, accelerando le decisioni di Big Ben, annullando il backfield avversario – 21 yard totali – e deviando preziose conclusioni, come ad esempio il pallone alzato dall’ottimo Montez Sweat, in forte crescita, che ha fruttato l’intercetto di Jonathan Bostic a ridosso degli ultimi due minuti di partita. Le note carenze divisionali consentono alla squadra di Ron Rivera di continuare a sperare in una presumibilmente fugace apparizione ai playoff, anche se l’inattesa vittoria dei Giants a Seattle continua a fornire il vantaggio nel tie-breaker ai Big Blue. Tuttavia, considerata la partenza di 1-5, la controversia che ha attorniato Haskins, il grande ritorno di Alex Smith e le precarie condizioni di salute di Rivera, ottenere la quinta vittoria battendo l’unica imbattuta rimasta nella Nfl di quest’anno è un’impresa che vale il podio.

HONORABLE MENTION: JOSH ALLEN

La crescita esponenziale di Josh Allen è sicuramente uno dei temi più caldi di tutta la stagione, ed il bilancio complessivo dei Bills ne è il principale testimone. Fino ad un anno fa Buffalo era una squadra a cui mancava solo un maggior dinamismo offensivo per compiere il salto di qualità, e mai come oggi il processo di maturazione sembra essere vicino alla sua completezza. Certo, Allen ha disputato anche gare che hanno evidenziato le sue vecchie tendenze all’errore quest’anno, ma il livello complessivo del suo gioco si è elevato troppo per mancare di essere notato. Contro i 49ers è giunta un’altra prestazione autoritaria, costituita da soli otto incompleti su ben quaranta tentativi con 375 yard e quattro passaggi da touchdown a referto, ed una conduzione offensiva tale da non aver bisogno del supporto di un gioco di corse consistente. I Bills si sono affermati come una delle migliori realtà della Afc, il prossimo passo è tornare a vincere nei playoff dopo un’eternità.

HONORABLE MENTION #2: JUSTIN JEFFERSON

Impossibile non trovare un posto per questo rookie sensazionale, che sta giocando un football devastante aiutando i Vikings a riemergere dalle enormi difficoltà di inizio anno. IL ragazzo da LSU ha aggiunto alla sua straordinaria stagione da matricola altre nove ricezioni per 121 yard ed una meta, che sarebbero potute essere anche due senza la sua stessa interferenza offensiva commessa durante il supplementare che ha poi visto prevalere Minnesota su Jacksonville. Il conteggio parziale porta a 1.039 yard con 7 touchdown, con la soddisfazione di essere il primo rookie in porpora dai tempi di un certo Randy Moss a superare la barriera delle 1.000 yard, nonché l’unico – e qui Moss è addirittura superato – a siglare cinque differenti partite da 100 o più yard alla prima stagione professionistica. Il premio di rookie dell’anno non dovrebbe vivere ulteriori discussioni.

WORST

NEW YORK JETS

Si sa, parlare male dei Jets è come aprire il fuoco sulla croce rossa, tuttavia riuscire ad esimersi dal farlo dopo i nuovi picchi di inettitudine mostrati contro i Raiders evidenziando la volontà di non voler assolutamente vincere una partita è un esercizio divenuto oramai impossibile. Gli ultimi cinque minuti della surreale dodicesima sconfitta dell’anno raccontano la storia con molta precisione creando nel contempo aloni di mistero sull’operato del licenziato Gregg Williams, la cui longeva esperienza in campo di coordinamento difensivo avrebbe dovuto suggerire ben altre soluzioni per proteggere un vantaggio che costringeva Las Vegas a dover segnare una disperata meta per vincere ed evitare l’onta di dover concedere New York la sua prima gioia stagionale.

Con poco più di cinque minuti rimasti, la difesa dei Jets è rimasta in campo per 17 interminabili giochi in una serie partita dalle 25 yard, scoprendo le evidenti lacune in fase di marcatura al di là della mancata conversione di quarto down che pareva aver definitivamente elargito la vittoria ai bianco-verdi. Williams ha difatti insistito nel chiamare la cosiddetta zero coverage, una marcatura che lascia i difensori in situazione di uno-contro-uno, attraverso la quale Darren Waller aveva compiuto danno di ogni genere già descritti nel paragrafo a lui dedicato in questo articolo, con annesse due penalità per trattenute comminate ai danni dei defensive back, un chiaro segnale che il tipo di schema su cui si stava insistendo non era semplicemente idoneo alle caratteristiche del personale utilizzato.

I Jets sono riusciti a fare di peggio in seguito, con il cronometro fermo a soli 45 secondi e Las Vegas allineata sulle proprie 39 yard, elargendo un altro completo a Carr su Waller nell’ennesima situazione di copertura singola, per poi chiamare il blitz a otto uomini senza safety in aiuto sul profondo in ben due occasioni consecutive: fallita la prima il quarterback dei Raiders ha sfruttato la doppia mossa del velocista Henry Ruggs ai danni del cornerback Lamar Jackson, confezionando la più facile delle mete di 46 yard con pochi secondi rimasti da giocare. Il licenziamento di Williams come al solito non serve a nulla a questo punto del campionato, a maggior ragione dopo le ammissioni dirette di Adam Gase, il quale si è detto in disaccordo con le chiamate mancando di intervenire nella discussione delle stesse, dimostrando di essere un capo-allenatore specializzato nella fase offensiva del gioco con troppi poteri di delega dal punto di vista difensivo.

A squadre disastrate come i Jets servirà invece qualcuno in grado di pattugliare adeguatamente tutte le fasi dello svolgimento della gara, qualcuno in grado di mostrarsi competente su tutto e non solo sul potenziale sviluppo di un giovane quarterback il cui inizio di carriera è stato invece impervio.

SEATTLE SEAHAWKS

L’impressione mostrata in quest’ultimo mese dai Seahawks racconta una storia molto differente rispetto a quella di inizio stagione, che vedeva Russell Wilson già Mvp incontrastato e la squadra proiettata a diventare la maggior antagonista dei Chiefs in ottica Super Bowl. La situazione oggi è inesorabilmente differente, Seattle non è più la corazzata offensiva dall’aura onnipotente che poteva vincere in qualsiasi situazione semplicemente segnando di più rispetto a quanto la difesa poteva concedere, perché molti dei problemi riscontrati nelle ultime quattro uscite risultano essere proprio di carattere offensivo.

C’è da dire che ai Giants va dato il giusto rispetto, neanche loro non sono più la squadra inguardabile di inizio stagione ed i progressi difensivi forniti dalla squadra di Judge ne fanno una piccola mina vagante nei playoff qualora dovessero realmente vincere la disgraziata Nfc East, ma se si ha l’ambizione di presenziare a Tampa in occasione della prima domenica di febbraio non ci si possono permettere passi falsi contro un avversario privo di quarterback e running back titolari, costretto a schierare un Colt McCoy in grado di offrire 105 yard su passaggio in 22 tentativi. La difesa dei Seahawks, pur conoscendo il punto debole avversario e sapendo che annullando le corse la festa sarebbe stata immediata, si sono fatti perforare dalla combinazione formata da Wayne Gallman e Alfred Morris, corresponsabili di 174 yard ed una meta in una gara dove New York ha convertito solamente il 25% di terzi down tentati.

La strategia difensiva di Judge ha esposto chiaramente il punto debole avversario, ingabbiando a dovere Russell Wilson senza dargli la possibilità di essere pericoloso nella sua situazione preferita, ovvero quando può uscire lateralmente dalla tasca allungando l’azione creando nuove situazioni per i ricevitori. Il quarterback non può essere l’unico responsabile della situazione ma va sottolineato il come, nella seconda parte della stagione, abbia perso un numero crescente di palloni che hanno evidentemente inciso negativamente, così come non si possono sottovalutare alcuni drop a carico dei pur sempre lodevoli Metcalf e Lockett, senza nulla togliere al loro già notevole contributo. Domenica sono anche arrivati cinque sack, in parte per la tendenza di Wilson a trattenere l’ovale quei due secondi di troppo, in parte per l’autentica girandola di personale che sta minando la posizione di tackle destro, mentre l’intercetto a carico del forte regista è di piena responsabilità di Chris Carson, il quale ha messo per aria il pallone in un drive che sarebbe potuto finire a punti decretando un cambio d’inerzia determinante.

In assenza dei vecchi segni di dominio i Seahawks rischiano di farsi eliminare dall’elenco di contender a causa della loro incapacità di essere costantemente completi. Prima era solo una questione difensiva non più di tanto preoccupante dal momento che si segnava ad occhi chiusi, ora che invece la pass rush pare aver trovato i ritmi giusti è il reparto offensivo a fare acqua, non una bellissima notizia per dei sogni che potrebbero terminare sul campo di una qualsiasi delle squadre della Nfc (Saints e Packers su tutte) che in questo momento stanno dimostrando di valere più di Seattle in ottica postseason.

LOS ANGELES CHARGERS

L’impietosa gara contro i Patriots si è trasformata nella più brutta delle figure rimediate quest’anno dai Chargers, una squadra che ha sinora dimostrato di poter battere solamente avversari pessimi (Bengals, Jaguars, Jets) e nulla più. Il 45-0 rimediato domenica ha dimostrato la chiara necessità di ristrutturazione totale cui i losangeleni dovranno presto sottoporsi, migliorando nel contempo la loro disciplina interna e operando correttamente verso gli special team, protagonisti di una fase di gioco che si tende a mettere in secondo piano ma che in realtà rappresenta un valore assai importante per gli esiti di qualsiasi gara.

Basti pensare al fatto che i Chargers hanno ricevuto una penalità in tre delle cinque circostanze di punt giocate da New England, a causa dell’errato conteggio degli uomini mandati in campo, e mettendo inoltre assieme le azioni salienti delle squadre speciali emerge una vera e propria ricetta per il disastro. Un field goal mancato da Bagdley, una meta concessa su ritorno di punt, un’altra elargita su un ritorno di punt bloccato, ed un altro punt ritornato per 61 yard sono azioni che non dovrebbero poter comparire assieme nel tabellino di una singola partita professionistica. Lo svolgimento delle ostilità è stato tale da permettere una comoda giornata in ufficio a Cam Newton – poi sostituito da Jarrett Stidham – per un gioco di passaggi che non ha superato le 130 yard, ed il miglior ricevitore di squadra è risultato essere Gunner Olszewski con una sola ricezione – vincente – per 38 yard, oltre al ritorno di punt realizzato nel secondo quarto per il provvisorio 14-0.

Il povero Justin Herbert è stato costretto a rimanere invece in campo prendendo una valanga di colpi in una partita assolutamente inutile, che lo ha visto completare il 49% dei 53 passaggi tentati rimediando due intercetti e poco altro, scoprendo una gestione della gara discutibile da parte di Anthony Lynn ed evidenziando la totale mancanza di talento della linea offensiva, che dai draft più recenti non ha mai colpevolmente trovato una soluzione adeguata nel personale selezionato.

HONORABLE MENTION: ARIZONA CARDINALS

Il miracolo confezionato da Murray e Hopkins contro i Bills ha spostato in secondo piano il record di 1-4 con cui i Cardinals hanno concluso le loro ultime cinque uscite, un computo deleterio per la loro personale corsa ai playoff. Dopo un big play di Murray per il tight end Dan Arnold nel primo quarto, l’attacco di Arizona è rimasto completamente bloccato per tutto il primo tempo della sfida contro i Rams, la difesa ha concesso 351 yard ad un Jared Goff ultimamente in grande difficoltà permettendogli pure completare il 91% dei passaggi tentati in fase di conversione di terzo down. I Cardinals escono sconfitti da entrambe le ultime due dispute interne alla Nfc West, staccandosi sia da Los Angeles che da Seattle di due partite piene facendo traballare le loro prospettive di giocare la postseason.

One thought on “Best & worst of the Nfl: week 13 edition

  1. Da tifoso Seahawks cullavo la speranza di arrivare al termine della RS con un 13-3, che con qualche congiunzione astrale favorevole ci avrebbe consentito di giocare al Lumen Field le eventuali sfide cruciali con New Orleans o Green Bay in ottica SB, trasferte che invece mi sono sempre apparse proibitive, specie al Lambeau Field.
    Il tuo collega Mattia Righetti è sempre stato di penna indulgente con Seattle, ma allo stato attuale delle cose ci troviamo di fronte ad un team che può vantare evidenti lacune (come hai perfettamente evidenziato) non facilmente colmabili nel breve periodo per cui capace di reggere uno, al massimo due turni di PO.

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